martedì 18 giugno 2013

Treccine e gancio. Anita, avvocato e professionista della boxe italiana

Nata in Madagascar da mamma del luogo e papà italiano Anita Torti, avvocato e pugile, si sta facendo onore negli ultimi anni sui ring di tutto il mondo. E' una delle tre donne professioniste della boxe italiana pesi leggeri. Del paese d'origine della mamma ricorda il profumo dello zenzero e della frutta, a Milano ha appreso l'arte del combattimento. 

Anita Torti, avvocato civilista con studio in via Francesco Sforza, 36 anni, è una delle tre donne professioniste della boxe italiana categoria leggeri. Un mese fa, in Belgio, ha combattuto per il titolo mondiale Wibf perdendo ai punti contro la belga Delfin Persoon. «Poco male, mi sto già preparando al prossimo assalto al titolo».

 Siamo all’interno di un cortile dietro viale Toscana dove ha sede la MMA Atletica Boxe palestra per chi la boxe è una cosa seria. Garcia Amadori, maestro di pugilato, da tre anni e mezzo allenatore e mentore dell’avvocato Torti. «L’ho preparata a combattere come un uomo», è la presentazione di Amadori. «In media le donne boxeur hanno uno stile approssimativo, Anita invece ha appreso la tecnica maschile e in allenamento i suoi sparring partner sono esclusivamente uomini».
Lei si allena tutti i giorni: «Una vita d’inferno, al mattino tra il tribunale e lo studio, pausa pranzo allenamento, di nuovo in studio, alla sera ancora palestra».

La prima volta che ha indossato i guantoni è stato a New York nel 2009: «Mi ero trasferita negli Stati Uniti perché avevo intenzione di esercitare la professione lì. Per caso ho iniziato a frequentare la palestra Gleasons a Brooklyn. Mi sono appassionata immediatamente e, grazie al mio passato nella savate (la boxe francese, ndr ) in poco tempo ho raggiunto un buon livello come pugile». Decisa a diventare professionista, l’avvocato Torti ha iniziato a combattere sotto la bandiera del Kosovo: «In Italia, per ottenere la licenza devi disputare una serie di match. Io non avevo incontri alle spalle, così mi sono tesserata per la federazione kosovara. Per loro ho sostenuto tre match per il titolo mondiale». Ad oggi, questo il suo curriculum: 8 match dei quali 6 vinti per ko. «Sono una picchiatrice, dicono che ho il pugno pesante. Amo tirare di jab , ma il mio colpo migliore è l’ over hook , il gancio. Diciamo che nella vita di tutti i giorni so difendermi, ma sono una donna pacifica».

Anita Torti è civilista: «Ho esercitato anche nel penale ma non avevo il giusto distacco per fare la difesa. Il più delle volte avrei mandato in galera i miei clienti. Ora mi occupo di diritto di Famiglia, il mio futuro è questo, la boxe rimane una passione». Single («Non ho tempo per un uomo»), spirito gaudente («Amo la vita notturna»), buona lettrice («Adoro la Fallaci»), l’aspirante campionessa del mondo tra un pugno e l’altro si preoccupa dell’estetica («Ho lavorato molto sulla difesa, so coprirmi bene il volto»), e delle sue treccine rasta: «Ho i capelli ricci ed è un omaggio alla terra di mia mamma, il Madagascar». A proposito, che dicono in famiglia della sua passione per la boxe? «Che combattevo l’ho tenuto nascosto a lungo, anche per non fare spaventare la mamma. L’ha scoperto quando un giornale pavese ha scritto di me»


Anita Torti affronterà il 13 Luglio a Berlino  la fortissima  plurititolata WBO, WIBF, WBF  Ramona Kuehne per il Titolo WBO. Un match attesissimo.


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-                             Léa Ratsimbazafy, vive a Roma dal 2001 con la famiglia.

Avventura in Madagascar: coccodrilli, serpenti e il viale dei Baobab al tramonto.

Ripartono Pinuccio e Doni, coppia di centauri sponsorizzati GIVI, amanti dei viaggi perigliosi su due ruote. Dopo il tour in Mongolia hanno deciso di cimentarsi con le strade sterrate dell'ottavo continente. Partenza: 25 giugno da Milano. www.givi.it

Pinuccio Gammino, 54 anni, e Doni Chiesa, 53, due pasticceri di Baggio (Milano), sono conosciuti su Internet per i blog sui quali documentano i loro viaggi mozzafiato. Quest'anno hanno scelto il Madagascar. La partenza è prevista per il 25 giugno in aereo da Milano Linate, arrivo alla capitale Antananarivo dove hanno già prenotato una Honda Transalp 600. GIVI li accompagna in questa avventura con alcuni suoi prodotti: la borsa da serbatoio linea Easy EA102, 2 marsupi linea Easy EA108, proiettori alogeni supplementari S310 e altri piccoli utili accessori come una borsa impermeabile interna T471S per il computer portatile, i lucchetti e le cinghie di fissaggio. “Abbiamo utilizzato gli accessori GIVI anche nel precedente viaggio in Asia: hanno dato ottime prestazioni. Soprattutto le borse morbide hanno retto bene l'acqua pur avendo preso pioggia in Siberia per tutta la strada del ritorno” – dichiara Pinuccio.


Pinuccio e Doni saliranno in sella il 26 giugno e ci rimarranno fino al 14 agosto per 50 giorni. Antananarivo è al centro del Madagascar ed è il punto focale di ogni percorso. Pinuccio e Doni si dirigeranno prima a nord fino a Antsiranana (nota anche come Diego Suarez), per poi scendere lungo la costa est che si affaccia sull'Oceano Indiano. Tornando indietro faranno tappa all'isola di Nosy Be per dedicarsi a quattro giorni di immersioni subacquee. Ripartiranno dalla capitale in direzione della costa ovest. Lungo il percorso è in programma la discesa del fiume Tsiribihina e una sosta al villaggio di Salary, località della costa dove ci sono gli ultimi pescatori nomadi del mare: “Escono a vela e passano le notti sulle spiagge utilizzando la vela come tenda” – spiega Pinuccio. Altre soste imperdibili sono il viale dei Baobab al tramonto a Morondava sul canale di Mozambico; le rocce rosse di Bemaraha e la punta estrema di Fort-Dauphin a sud. Nel rientro verso la capitale non tralasceranno la visita al Parco Nazionale dell'Isalo.
La coppia ha deciso di noleggiare una Honda Transalp 600 proprio identica a quella che hanno dovuto lasciare a casa perché: “Ci ha sempre servito bene e dato che non ha elettronica, è facilmente riparabile” – dice Pinuccio, che prosegue raccontando quali sono le difficoltà che pensano di trovare durante il viaggio: “Il Madagascar ha solo il 10% di strade asfaltate, noi affronteremo lo sterrato come una sfida, anche se la pioggia ci preoccupa un po' perché trasforma la strada in una fanghiglia viscida. Inoltre imbarcheremo la moto su piroghe e carri trainati dagli zebù per scendere lo Tsibiringa. Contrariamente al nostro solito cercheremo di fare a meno della tenda, anche se farà parte del nostro bagaglio: ce l'hanno sconsigliata a causa dei coccodrilli e dei serpenti, opteremo per le capanne e conteremo sull'ospitalità dei locali”.

Pinuccio e Doni erano già stati in Madagascar nel 1995 con un viaggio organizzato. Erano rimasti affascinati dalla gentilezza e generosità della popolazione locale e dalla biodiversità di quello che i biogeografi chiamano l'ottavo continente. “Doni era così attratta dalle differenze etniche che caratterizzano le diverse tribù nei modi di vestire e di vivere, che da tempo voleva tornarci – spiega Pinuccio. – Io ero restio, finché lei non ha trovato la carta vincente per persuadermi: «Perché non ci andiamo in moto?» mi ha chiesto. Così mi sono lasciato trasportare dall'idea di affrontare strade difficili e di arrivare nei luoghi a cui ha accesso solo una moto”.

Le avventure di Pinuccio e Doni si possono seguire in diretta sul blog http://madagascarpinuccioedoni.blogspot.it e sul loro sito
www.pinuccioedoni.it.
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Manager lascia tutto per giro del mondo in bici

Parte dalla Sardegna l'impresa di un anno di Stefano Cucca

Dalla scrivania, con i budget   delle aziende sempre davanti agli occhi, alla sella di una bici per ammirare panorami e sentire storie da tutto il mondo. Stefano Cucca, 34 anni, consulente strategico e docente di management, l'8 giugno da Sorso, su cittadina d'origine in provincia di Sassari, darà inizio all'avventura Rumundu: 300 tappe, 30.000 chilometri e 9 milioni di pedalate passando per l'Europa, l'America, l'Asia, l'Africa. Lascia tutto per realizzare il suo progetto: pedalare dalla Sardegna al resto del mondo alla ricerca di storie di vita sostenibili. Il via lo darà simbolicamente il suono della tromba del jazzista Paolo Fresu. Per Cucca un anno intero per attraversare il pianeta e rientrare: dalla Sardegna a tutto lo stivale per raggiungere il nord Europa e l'Islanda. E poi arrivare in Canada, Stati Uniti, Giappone, Cina, Isole del Pacifico, Nuova Zelanda, Australia, Madagascar e Sud Africa, per fare infine ritorno in Italia passando dalle porte dell'Oriente.
"Non sto scappando - ha spiegato questa mattina in una conferenza stampa - voglio solo vedere se un altro mondo, più sostenibile, è possibile: capire, raccogliendo esperienze e racconti, se è possibile rallentare. Non è necessario fermare la tecnologia e il progresso ma trovare un equilibrio con noi stessi e con tutto quello che ci circonda. Perché nella vita non bisogna mai smettere di sognare". Cucca ha non solo voglia di conoscere, ma anche le gambe per inseguire il suo progetto: in giro per il mondo ha partecipato all'Ironman, la gara più dura di thriatlon che richiede un'ottima preparazione fisica. E, proprio in Australia, tre anni fa, è nata l'idea del giro del mondo. Un incontro con il mondo che potrà essere seguito ogni giorno attraverso internet (www.rumundu.com): l'obiettivo è quello di costituire una vera e propria community sostenibile.
"Il nome del progetto - ha spiegato Cucca - è opera di mia nonna. Un giorno, al rientro da un viaggio, mi chiese con la sua novantenne serenità 'ma tu sei sempri in giru pa' ru mundu?'. E da quel giorno Rumundu è stato". Sabato la partenza: si comincia attraversando Nurra, Meilogu, Planargia, Campidano, Marmilla, Trexenta, Gerrei per poi arrivare a Cagliari. Dal capoluogo si cercherà un passaggio per la Sicilia a bordo di una barca a vela per risalire l'Italia e visitare comunità, eco villaggi, case ecologiche, condomini solidali, cohousing, orti urbani. Sarà solo l'inizio di un lunghissimo viaggio
Fonte ANSA
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Concerto per don Pietro Ganapini

Le comunità dei vicariati della montagna si stringono attorno all’impegno missionario di mons. Pietro Ganapini, “patriarca” dell’esperienza evangelizzatrice della diocesi reggiana-guastallese, in Madagascar dal 1961.
Le comunità dei vicariati della montagna si stringono attorno all’impegno missionario di mons. Pietro Ganapini, “patriarca” dell’esperienza evangelizzatrice della diocesi reggiana-guastallese, in Madagascar dal 1961. A Carpineti si è svolto “Al canto per il Madagascar” presso la chiesa di Maria Ausiliatrice, nel luogo in cui Don Pietro ha vissuto e studiato presso il seminario di  Marola e dove rientra per i brevi periodi di cura e ristoro.
Nell’occasione le corali  della collina e dell’Appennino si  sono date appuntamento per dare sfoggio dei loro repertori di musica religiosa e rendere così omaggio al  talento e alla passione musicale del sacerdote nato a Bera di Pantano.
Don Pietro è autore di numerose composizioni di musica sacra in lingua italiana e malgascia ed è stato protagonista di  attività concertistica alla radio-tv di Stato dell’isola africana. Proprio con un suo brano si è conclusa la serata,  interpretato insieme da tutte le corali.
Si sono alternate: la corale “S. Prospero” di Carpineti e Pantano, il coro vicariale “Oltre la Sparavalle” di Cervarezza e Talada, il coro “Mundura” di Montalto e Vezzano e la corale  della Resurrezione di Castelnovo ne’ Monti.
La manifestazione, promossa dall’associazione AMGA (Amis du Père Ganapini) e dal CMD (Centro missionario diocesano), coniuga la riconoscenza per la testimonianza missionaria ultracinquantennale di Don Pietro e una  importante  azione di solidarietà tra chiese sorelle per il sostegno alla costruzione della chiesa di Ifarihy, la parrocchia alla periferia della capitale Antananarivo in cui Don Pietro opera attualmente. Le somme ricavate durante la serata saranno destinate ai  lavori per la nuova Chiesa di Ifarihy.
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Madagascar: inaugurato il Centro nazionale di Lotta alla Malaria finanziato dal Governo del principato di Monaco

Il sostegno della Cooperazione monegasca alla lotta contro la malaria in Madagascar è attivo da una decina di anni con un programma di appoggio ai Servizi Sanitari dell'isola di Santa Marie, in partnership con la Repubblica di Madagascar e l'OMS

Il 6 giugno 2013, è stato inaugurato, in presenza del rappresentante del Principato di Monaco, della Repubblica del Madagascar e dell'organizzazione Mondiale della Salute, OMS, in Madagascar, il Centro Nazionale di Lotta contro la Malaria finanziata dal Governo Principesco.
Il sostegno della Cooperazione monegasca alla lotta contro la malaria in Madagascar è attivo da una decina di anni con un programma di appoggio ai Servizi Sanitari dell'isola di Santa Marie, in partnership con la Repubblica di Madagascar e l'OMS.
I risultati molto incoraggianti perchè il tasso di diffusione nei bambini è sceso di oltre il 55% in solamente due anni, e si è arrivati alla costruzione dal Centro Nazionale di Lotta contro la Malaria, nella capitale, per potere agire in tutto il paese che conta più di 21 milioni di abitanti.
Con più di 800 m² ed un centinaio di tecnici, lo stabile raggruppa tutte le attività di lotta contro la malaria (ricerca, documentazione, formazione, sorveglianza, studi)
Al di là del sostegno alla costruzione di una parte delle attrezzature e delle spese di funzionamento, il Governo Principesco ha messo a disposizione una biologa, Volontario Internazionale di Monaco, per poter seguire le attività in loco.
Questa partnership stretta tra i Ministeri della Salute malgascia, l'OMS ed il Governo Principesco hanno guidato il programma che mira ora " l'accelerazione della lotta contro la malaria fino alla sua prato-eliminazione in Africa orientale ed Australe nel 2015" sostenuto dal 2010 dalla Cooperazione monegasca.
L'insieme di queste azioni ha permesso di contribuire alla diminuzione del 20% del numero di decessi dovuto a questa malattia

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L'invasione delle locuste nel Madagascar

Sciami di milioni locuste invadono i campi coltivati, divorando ogni cosa. Un fenomeno terrificante per noi, che i malgasci affrontano con grande serenità.
Sopraffazione, interazione, collaborazione. Nel ciclo vitale della natura niente va perduto, ma la convivenza tra specie diverse a volte è difficile.
In Madagascar periodicamente si ripresenta l'arcaico antagonismo tra uomo e locusta migratoria, in un circolo vitale dove le due specie cercano spazi e cibo per la propria sopravvivenza.
Complice la deforestazione, i campi coltivati sono obiettivo di sciami di locuste volanti che ricoprono a miliardi cieli e vegetazione, distruggendo le produzioni agricole, il lavoro dell'uomo, i pascoli del bestiame, col rischio di procurare gravi carestie alla popolazione.
Il loro istinto di sopravvivenza trova il nutrimento che occorre loro per vivere.
"Di necessità virtù" recita un proverbio e il popolo malgascio per rimpinguare lo scarso menù cattura le stesse locuste adoperando mani e reti intrappolandone quanto basta per molti pasti discretamente nutrienti. 
L'evento viene vissuto con preoccupazione, ma anche in giocosa armonia con la natura che da un lato toglie e dall'altro offre.
Donne e ragazze si inoltrano nei campi in mezzo agli sciami vorticosi di locuste, e con perizia girano e stendono le reti cercando di accaparrarsi le prede, gli uomini le seguono agevolmente con i pesanti sacchi sulle spalle, fino a che lo scenografico evento naturale non volge al termine.

(Questo reportage è stato svolto in Aprile del 2013 nel sud del Madagascar nei pressi dell'Isalo National Park e la cittadina di Ranohira).
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Offerta di nickel in forte crescita nonostante i consumi depressi

Le scorte di nickel nei magazzini del London Metal Exchange sono ai massimi storici, vicine a 178.500 tonnellate, e il prezzo del metallo è sceso la settimana scorsa al livello più basso da 4 anni: 14.770 dollari per tonnellata al settlement. Da allora c'è stato un certo recupero, al traino degli altri non ferrosi (ieri era 15.335 $), ma le prospettive per il mercato – guidato dalla domanda di acciaio inox – non sono affatto incoraggianti. Anche perché l'offerta di nickel continua a crescere a ritmi forsennati.
Una serie di progetti minerari avviati tra il 2006 e il 2008, quando le quotazioni del metallo bruciavano un record dietro l'altro fino a superare 50mila $/tonn, stanno entrando in produzione in questo periodo: un timing davvero pessimo, legato in alcuni casi anche a difficoltà tecniche, che hanno rallentato la realizzazione degli impianti, ma che è difficile imputare soltanto ad errori di pianificazione. Il risultato è ci sono 250-300 mila tonnellate di nuova capacità produttiva che stanno arrivando sul mercato, in un momento in cui non si intravvede una solida ripresa della domanda e in cui, secondo stime di Wood Mackenzie, almeno il 40% dei produttori di nickel stanno lavorando in perdita.
L'ultimo "debutto" riguarda Koniambo: l'11 aprile, poco prima di fondersi con Glencore, Xstrata ha annunciato che la miniera e la fonderia in Nuova Caledonia erano pronte ad avviare la produzione commerciale. Il progetto, che ha richiesto un investimento di oltre 5 miliardi di dollari, risale in realtà al 2006: la mineraria l'aveva rilevato con l'acquisto di Falconbridge e allora il nickel valeva oltre il doppio di oggi.
Una storia analoga ha Goro, sempre in Nuova Caledonia: asset che la brasiliana Vale ha ottenuto nello stesso anno rilevando Inco. Quando sia Goro che Koniambo avranno raggiunto la piena produzione, sul mercato arriveranno 130mila tonnellate di nickel in più, un decimo dell'attuale offerta mondiale.


Di recente sono entrati in funzione anche Ramu, miniera di Rio Tinto in Papua Nuova Guinea, Ravensthorpe – il maxiprogetto australiano su cui Bhp Billiton aveva gettato la spugna, ma che è stato rilevato e completato da First Quantum – e Ambatovy, realizzata da Sherritt International in Madagascar. Tutti i progetti contavano sull'insaziabilità dell'industria siderurgica cinese. Ma la fame di nickel di Pechino in parte si è smorzata e in parte è stata soddisfatta con l'autoproduzione del metallo dalla ghisa ("nickel pig iron").
Fonte: Il sole 24 ore
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Le memorie di Vollard

Avrebbe voluto fare il chirurgo Ambroise Vollard, ma quando entrò per la prima volta in una sala operatoria, svenne. Ripiegò così sul Diritto. E poiché nell'isola tropicale dov'era nato, primo dei dieci figli di un benestante notaio francese, l'università non c'era, il padre lo spedì a Montpellier, per via del clima più mite di quello di Parigi. La sua isola era la colonia francese della Réunion, un tempo l'Ile Bourbon, al largo (molto al largo; un puntino nell'Oceano Indiano) del Madagascar: un paradiso terrestre dove i bianchi vivevano da re. Quanto a lui, il primo ricordo che ne conservava era quello di un gattino rosso in una distesa di nontiscordardimé: «Allora non avevo idea di cosa fossero i "colori complementari" ma il mio occhio rimase incantato da quell'accostamento cromatico», scriverà. La sua strada era evidentemente segnata: studente svogliato sia a Montpellier che – ben presto – a Parigi, più che nelle aule lo si poteva incontrare fra i bouquiniste dei Lungosenna, intento a comprare stampe e disegni. Ma fu proprio grazie a questa vita da studente scioperato se, dopo un bel po' di fame vera («mangiavo gallette: costavano meno del pane») e più di un transito attraverso minuscole mansarde che erano per lui casa e bottega, Ambroise Vollard sarebbe entrato nel ristrettissimo club dei fondatori del moderno mercato dell'arte; quello che tuttora conosciamo.
Gusto, intuito, amore per il nuovo e per la trasgressione alle mode correnti, oltre a una buona dose di coraggio, aiutarono questo francese d'Oltremare dalla figura pesante e goffa a eccellere nella sofisticatissima Parigi, a dispetto del carattere burbero così ben descritto – seppure "in cifra" – da Gertrude Stein: «Un personaggio imbronciato che sulla soglia della sua bottega, le mani appoggiate allo stipite, guarda i passanti con l'aria di mandarli al diavolo».
Ma a ben pensarci fu forse proprio quel tratto a concorrere alla sua fortuna nella Parigi della Belle Epoque, meta di ricchissimi e viziatissimi personaggi del gran mondo internazionale, dove lui (già con i primi e più modesti clienti e poi più che mai con i grandi collezionisti) aveva messo in atto un sistema infallibile: se un "amateur" tirava sul prezzo, la sua risposta indignata era: «Ma che fa, contratta? Allora questo disegno per lei non è più a 120 franchi ma a 150!». E il collezionista, non si sa come, accettava sempre.
Un'altra sua massima era «mai influenzare l'amatore». L'aveva messa a punto quando uno di essi, entusiasta del «meraviglioso paesaggio cubista» appena acquistato, sentitosi ribattere che era un Uomo con chitarra, stizzito gli restituì il dipinto.
L'autobiografia Memorie di un mercante di quadri, uscita in Francia nel 1937 e ora ripubblicata in Italia da Johan&Levi (pagine 256, € 25,00) dopo le edizioni Einaudi, esaurite, è una miniera di notizie succose su quella Parigi, di cui Vollard con una prosa piana, vicina al parlato, restituisce un'immagine priva di enfasi, cogliendo taccagnerie e bizze dei magnati e umanissimi malanimi di quegli artisti che per noi sono quasi divinità – Cézanne e Renoir (i suoi prediletti), Manet, Monet, Degas, van Gogh, Bonnard e Denis, Vlaminck e Derain, Picasso e Matisse – ma che per lui erano i "suoi" artisti; quasi sempre, poi, salvati dalla miseria proprio dalla sua tutela.
Apprendiamo così, tra mille altri gustosissimi gossip, che l'americano Henry Havemayer, re dello zucchero e grande collezionista, rinunciò a uno spettacolo dell'Opéra Comique perché restava un solo palco per quattro: «Capisce, siamo in tre – spiegò a Vollard –; avrei pagato un posto per niente». E scopriamo che il banchiere Isaac de Camondo, in cerca di (ulteriore) legittimazione sociale attraverso l'arte contemporanea, rifiutò delle Bagnanti di Cézanne: «E queste sarebbero Bagnanti? – obiettò a Vollard – ma se non c'è nemmeno una goccia d'acqua!». Ma soprattutto conosciamo da vicino gli artisti. C'è Degas (che tra l'altro non ama affatto gli impressionisti-Doc: «Renoir? Dipinge con gomitoli di lana»), con il suo caratteraccio: invitato da Vollard a una delle famose cene nella cantina della galleria di rue Laffitte, informali ma assai snob e assai ambìte, gli dettò le regole: «Piatti senza burro, niente fiori in tavola, pochissima luce, il gatto rinchiuso altrove, fuori i cani e signore non profumate. E a tavola alle 7.30 in punto!».
Manet, poi, parigino raffinato, non sopportava il realismo dello "zotico" Courbet («nel Funerale a Ornans ha seppellito tutti: preti, parenti, beccamorti. Perfino l'orizzonte pare dieci piedi sottoterra!») e tanto meno tollerava il rozzo Cézanne. Che a sua volta non faceva che provocarlo, tanto che quando quello gli chiese cosa stesse preparando per il Salon, gli rispose serafico: «un vaso di m...».
Manet non amava nemmeno Renoir: a Monet, che invece stimava, suggerì di invitarlo a cambiar mestiere: «Lo vede anche lei che la pittura non è il suo forte!», argomentò. Ma di Renoir scopriamo qui anche la leggendaria ignoranza: non solo rifiutò di leggere Madame Bovary («sorbirsi 300 pagine per sapere che un farmacista è stato cornificato!») ma nel leggere una recensione di Henri Bergson si lamentò con Vollard dell'insopportabile «abitudine moderna di affidare la critica d'arte a giornalisti di cronaca nera»...
Quanto a Vollard, il suo vero orgoglio pare essere stata l'attività di editore di incisioni e libri d'arte: Verlaine illustrato da Bonnard, Baudelaire e Ronsard da Emile Bernard, Gogol e La Fontaine da Chagall, l'Histoire naturelle di Buffon (oltre a una quantità di altre superbe incisioni) da Picasso, sono solo alcuni dei libri d'artista che pubblicò, ai quali volle aggiungere, da autore, le monografie di Cézanne, Renoir e Degas e una riflessione sulla guerra che nel titolo, Les Réincarnations du Père Ubu, rendeva omaggio allo sfortunato amico Alfred Jarry, uno dei padri, con il suo Ubu Roi, del teatro dell'assurdo.
Fonte: 24 ore
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Madagascar: presidenziali ancora rinviate, Paese allo sbando

Lo stallo politico, i problemi di finanziamento, nonché innumerevoli ostacoli logistici stanno minacciando di far deragliare definitivamente le elezioni presidenziali, le prime dal colpo di Stato del 2009 che ha affossato l'isola in una crisi profonda. Già fissata per il prossimo 24 luglio, di fronte alle contestazioni sulla legittimità di alcuni candidati, il governo ha deciso di spostarne nuovamente la data, stavolta al 23 agosto.

Dalla primavera del 2009, quando il presidente Marc Ravalomanana è stato costretto a dimettersi dal potere militare dopo scontri violenti con i manifestanti anti-governo, il Madagascar non ha più avuto un presidente eletto. Caduto Ravalomanana, i militari hanno prontamente consegnato il potere in mano al leader dell'opposizione Andry Rajoelina, che ha immediatamente sciolto i due rami del Parlamento. 
Sotto il governo di transizione guidato da quest'ultimo, le elezioni presidenziali, inizialmente previste per il 26 novembre 2010, sono state rimandate ben quattro volte. Motivo per cui l'Unione Europea, gli Stati Uniti e altri Paesi hanno bloccato gli aiuti economici all'isola, mentre l'Unione africana l'ha sospeso finchè non tornerà a essere uno Stato di diritto.  
A due anni dalla caduta del presidente, il 16 settembre 2011, Rajoelina e tre dei quattro maggiori partiti d'opposizione avevano firmato un piano d'azione politico in cui veniva impedito all'ex presidente e all'attuale leader di candidarsi per un ulteriore mandato. Il documento prevedeva inoltre che altri eventuali candidati avrebbero dovuto dimettersi da qualsiasi incarico governativo.
Eppure finora tre dei 50 candidati si sono presentati nonostante la palese violazione dell'accordo e la pressione internazionale a ritirarsi. Si tratta dell'attuale presidente a interim, Rajoelina, l'ex presidente Didier Rastiraka (in carica tra il 1975 e il 1993 e dal 1997 al 2002) e Lalao Ravalomanana, moglie dell'ex presidente spodestato. Rajoelina inizialmente aveva dichiarato di non voler correre per la presidenza, ma ha poi cambiato sorprendentemente idea. 
Vista la situazione di stallo politico, ai tre canidati e rispettivi coniugi è stato vietato l'ingresso nell'Unione europea. Per quanto riguarda i restanti candidati, ecco un fotomontaggio di coloro che vanno preparandosi fin dal 2011: 



La crisi nella leadership del Paese ha avuto conseguenze di vasta portata ben oltre l'arena politica, come segnala un rapporto della Banca Mondiale:

- L'economia è in stallo, il reddito pro capite è diminuito. 
- La povertà è in netto aumento. 
- La situazione sociale è peggiorata. 
- Le finanze pubbliche sono sempre più sotto pressione. 
- Gli aiuti esteri sono ancora bloccati.  
- Le infrastrutture sono deteriorate. 
- La capacità di far fronte agli shock interni è gravemente ridotta. 
- Finora solo la forza del settore agricolo ha contribuito a evitare una crisi alimentare. 
- I problemi di vecchia data di governance del Madagascar sono stati esacerbati. 
- La resistenza del settore privato è sempre più messa alla prova. 

In effetti oltre il 92 per cento della popolazione vive con meno di due dollari al giorno. A causa del forte calo delle opportunità di lavoro in seguito alla crisi, la povertà ha spinto le donne a prostituirsi sempre di più, una tendenza dimostrata dalle 29.000 lavoratrici sessuali registrate nella città di Toamasina nel 2012, contro le 17.000 del 1993. Un documentario di Journeyman Pictures affronta proprio queste tematiche.  

A complicare una situazione già tesa, il Paese è stato recentemente colpito dal ciclone Haruna che ne ha devastato gran parte dell'area meridionale. Alla catastrofe è seguita poi un'infestazione di locuste, che ha distrutto un'agricoltura già fragile. Elezioni trasparenti, credibili e tempestive sono viste da molti come il primo, fondamentale passo verso l'uscita dalla crisi, ma le presidenziali sembrano ancora lontane. Nel frattempo rimane la domanda: per quanto tempo ancora ancora il popolo malgascio riuscirà a sopportare in silenzio questi disagi?  
Fonte :La stampa.it TRADUZIONE DI ELENA INTRA
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Rassegna di saggi sportivi per i progetti in Madagascar

Rassegna di saggi a sostegno dei tanti progetti umanitari dell'associazione Alfeo Corassori nella Terra Rossa
Si incontrano in una maratona  di spettacoli al Palapanini di Modena per tendere la mano al diritto alla vita.
La Polisportiva Alfeo Corassori, fondata e da sempre ispirata ai principi di solidarietà umana, ha aperto le sue porte ai bambini di ogni età, dai giovani agli anziani, dai 3 ai 100 anni, promuovendo uno sport finalizzato alla socializzazione, al divertimento, allo stare bene insieme, uno sport aggregante e non di divisione, uno sport come diritto per tutti e non selettivo.
Da ormai oltre 10 anni la Polisportiva non si è fermata a Modena ma si è allungata oltre l’Equatore, con un grande abbraccio -vero e reale- alla meravigliosa gente del Madagascar, per portare la solidarietà concreta.
La Polisportiva è la culla dove è nata la Nostra Associazione: si è cominciato con un grande sogno -l’Ospedale Pediatrico di Fianarantsoa- ma in quasi 10 anni di attività tanti altri sogni si sono realizzati…le inaugurazioni di scuole, ambulatori, case e per ultimo anche un campo da calcio ed uno di basket hanno scandito nel tempo le nostre missioni. Ora però vogliamo impegnarci in una nuova avventura: la costruzione di un grande Ospedale al Nord. Per questo ci serve il contributo di tanti generosi: il ricavato delle manifestazioni sarà interamente devoluto al sostegno del progetto.
Nei due giorni di rassegna si esibiranno, tra i piccolissimi e gli adulti, quasi 1000 soci della Polisportiva, la stragrande maggioranza saranno giovani che, con la loro esibizione, cercheranno di regalare un sorriso ai loro coetanei malgasci. Istruttori, atleti piccoli e grandi si esibiranno intrattenendovi con balli, acrobazie e tante dimostrazione sportive.
Siete tutti invitati alla grande performance sportiva, ma soprattutto a questa grande festa della solidarietà.
Sabato sera, alle 21, poi, "I ragazzi delle Pieve di Scandiano" –un numeroso gruppo di 80 giovani- ci regalerà un affascinante musical dal titolo : "I 10 Comandamenti".
I malgasci muoiono soprattutto di fame, di freddo, di malattie e nel Mondo non se ne parla perché se ne vanno sorridendo, senza rivoltarsi, senza disturbare le coscienze straniere, ma noi non vogliamo chiudere gli occhi ed essere indifferenti: abbraccia insieme a noi la gente del Madagascar. Cerchiamo tutti  insieme  di regalare a tutti i bambini del Madagascar almeno la possibilità di una vita migliore.

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