Nato il 21 giugno nel 1931 a Siracusa, il campione d'apnea
Enzo Maiorca vanta molti record d'immersione, tra i quali lo spettacolare -101
mt in assetto variabile del 1988, raggiunto a 57 anni d'età. Indiscusso padre
della subacquea italiana assieme a Luigi Ferraro e Duilio Marcante, Maiorca,
oltre al mare, è stato scrittore e, per un breve periodo, parlamentare. Per il
suo 80° compleanno è stato premiato alla Festa della marineria della Spezia,
dove ha presentato il suo ultimo romanzo, 'Sotto il segno di Tanit' (Mursia).
Il mare, il suo sogno da bambino?
Sì, questo era il mio sogno. Volevo vivere sul mare. La mia
carriera sportiva nasce tuttavia da una sorta di rivalsa infantile. Terminato
il liceo classico a 17 anni, contavo di andare all'Accademia navale di
Livorno, ma a questo mio padre si oppose. Mi proibì, diciamo, il mare
orizzontale. A questo punto il mare me lo sono voluto riprendere in
verticale, cominciando l'attività subacquea. Da qui discendono i risultati
sportivi ai quali sono arrivato.
Come ha iniziato a immergersi?
La mia prima immersione in assoluto è stata con una maschera
antigas adattata artigianalmente. Con quella ho visto per la prima volta la
profondità. Quel giorno ricordo che il mare mi apparve come un forziere, uno
scrigno spalancato pieno di tesori preclusi agli uomini della terra.
Cosa spinge verso le profondità estreme
Io posso parlare per me stesso e per le mie figlie Rossana e
Patrizia, che sono state anche loro campionesse d'apnea. Siamo sempre scesi in
immersione per noi stessi, per trarre la nostra misura umana dalla profondità,
non per la conquista del metro in più. Il mare non lo conquista nessuno. Il
superamento delle proprie paure è invece un trionfo interiore bellissimo, che
si consegue solo con se stessi, e non ha testimoni, se non il mare stesso.
La scienza e la tecnologia che ruolo hanno avuto?
Io e la scienza abbiamo navigato, se mi consente il termine, in
rotta di collisione. Dal 1950 a tutto il 1980 la ricerca medica preconizzava
continuamente per me la morte per schiacciamento. I fisiologi
indicavano limiti di profondità invalicabili, oltre i
quali l'acqua mi avrebbe certo stritolato: però io li superavo.
Cominciarono così a capire che c'era qualcosa di sbagliato nei
loro modelli. A quei tempi non si conosceva il meccanismo di
autocompensazione del corpo umano alla pressione idrostatica. Devo
dire grazie al mare, che ha perdonato bonariamente la mia prosopopea,
forse perché la mia superbia d'uomo sotto la superficie dell'acqua si
trasformava in rispetto.
Le attrezzature moderne cambiano il rapporto dell'apneista con la
profondità?
Posso confessarle una cosa? Io di attrezzature moderne non ne
conosco. Ho sempre le mie vecchie pinne ad ali di farfalla, piccole e
leggerissime: spostano poca acqua, ma non stancano. Anche la maschera che uso
oggi è quella di sempre.
A lei il mare ha mai parlato?
Si. Quando ho raggiunto i 101 metri mi ha detto: "Enzo:
fermati, non andare oltre". Ho raccolto l'invito e mi sono reso conto che
la cesura, il taglio doveva essere netto, definitivo. Il mare ci dice tante
cose. Bisogna saperlo ascoltare. E' la scuola migliore che l'uomo possa avere,
secondo me.
Quale è il ricordo più bello
Una cosa che è successa a poche centinaia di metri al largo di
Siracusa, dove ero in barca con le mie figlie. Un delfino ha iniziato a
nuotarci attorno insistentemente, fino a condurci su una spadara, una di quelle
reti killer che, seppur vietate, continuano ad essere gettare nel nostro mare.
Il delfino ci ha invitato inequivocabilmente a seguirlo verso il fondo, dove
abbiamo trovato ammagliata nella rete la sua compagna. Usando i coltelli
da sub l'abbiamo liberata e riportata su. Era in fin di vita. La delfina in
superficie ha partorito un piccolo delfinotto, e piano piano, dopo
essersi ripresa, ha iniziato ad allattare. Alla fine tutta la famiglia
riunita si è allontanata. E' stata una grandissima emozione.
L'ultimo suo romanzo è 'Sotto il segno di Tanit', di cosa parla?
Parla dell'amore per il mare, ovviamente, e dell'amore verso la
vita. E' una storia di un'avventura subacquea tra tonni e pesci che si risolve
grazie all'intervento di un palombaro della Regia marina. Un romanzo tra
le cui pagine traspare la mia stessa vita.
Superato il muro degli ottant'anni, che si augura per il nostro MARE
Una pulizia maggiore, e una maggiore accortezza di chi ci abita.
Sembra che ci sia una proterva ostinazione a distruggerlo questo nostro mare,
invece dovremmo fare tutti di più per rispettarlo e difenderlo.
Enzo Maiorca
Altri Faccia a faccia
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