lunedì 25 novembre 2013

Il gioielliere vegetariano in Madagascar

Incontrando gli amici, al rientro dal mio primo viaggio in Madagascar, alla domanda cosa ti sei portato dal Madagascar, ho risposto: “la voglia di tornare”. 

Mi chiamo Roberto Severoni, ho conseguito la maturità scientifica ed ho interrotto gli studi universitari all’inizio del quinto anno perchè avevo necessità di avere un reddito.

All’età di 23 anni fui introdotto nel settore delle pietre preziose da un parente e per circa 27 anni ho avuto la possibilità di fare importanti esperienze lavorative in tutto il settore dei preziosi conseguendo una professionalità che mi consente di operare sia a livello nazionale che internazionale.

L’incontro importante....
Nel 2007 ho conosciuto Beniamino Anzalone, ricercatore indipendente, proprietario di un importantissimo ed innovativo brevetto denominato “carne vegetale”.
Questa conoscenza è arrivata nella mia vita quando decisi di approfondire in modo, anche imprenditorialmente, il settore dell’alimentazione. Le conoscenze che man mano acquisivo sull’alimentazione mi hanno portato a sviluppare una nuova conoscenza anche di me stesso, tanto da rendere naturale il passaggio ad uno stile di alimentazione che non fa più uso di proteine animali ne dei suoi derivati. In occidente questa alimentazione è chiamata alimentazione vegana.

E poi...
Nel 2010 divenni socio di un’azienda che era stata fondata proprio per mettere in produzione le scoperte e le invenzioni di Beniamino Anzalone.
Questa nuova esperienza mi ha permesso di essere al fianco dell’attività di ricerca di Beniamino e di poter comprendere la portata di questa scoperta, che potrebbe costituire, se fosse applicata in modo diffuso nel settore agroalimentare, una importante innovazione a beneficio di tutti.

In cosa consiste la ricerca
Questa ricerca si fonda sull’applicazione, in modo innovativo, dei principi della biodinamica  nei processi di trasformazione del cibo e anche per la creazione di cibi nuovi.
La Biodinamica è stata introdotta all'inizio del secolo scorso da Rudolf Stainer come metodologia agricola per migliorare la resa e la qualità delle coltivazioni.

Progetti
La possibilità di fondare una nuova azienda agroalimentare fondata sui più sani principi dell’integrità biologica e assolutamente rispettosa del valore della natura e dell’uomo che ne fa parte, mi ha portato insieme a Beniamino Anzalone, in Madagascar dove cercheremo di trasformare in realtà un progetto che Beniamino ha in studio da oltre venti anni.

Quando sei arrivato in Madagascar
Sono arrivato in Madagascar per la prima volta il 26 settembre 2013 e la partenza è stata preceduta da una emozionante attesa perché questa meta era sempre stata nei miei sogni ed è arrivata veramente in modo improvviso.
La sensazione appena arrivato è stata molto piacevole, non immaginavo che avrei trovato un clima cosi favorevole tanto da non sentire alcun problema di adattamento.
Ho avvertito subito la potenza energetica di questa terra, bella ed affascinante.

Com’è il Madagascar
Certamente bisogna fare i conti con uno stato sociale molto arretrato e povero e con una popolazione in lotta quotidiana per avere ciò di cui necessita primariamente.
L’incontro con il tessuto sociale della popolazione è stato intenso e a volte problematico soprattutto per chi come me conosce oltre alla propria lingua solo la lingua inglese, ma sicuramente favorito dall’eccezionale disponibilità ed attenzione di un personaggio straordinario quale è Aldo Sunseri.

Difficoltà
Per me, che sono venuto in Madagascar per espletare incombenze burocratiche, posso dire che di difficoltà ne ho incontrate e non poche, ma pian piano, “mora mora”, come dicono i malgasci ogni problema è stato risolto.

Le tue prime considerazioni 
Con una riflessione più oggettiva posso dire che i problemi che si incontrano quando si sceglie di venire a vivere in Madagascar, sono gli stessi problemi che incontrano coloro che ci vivono già e a tal proposito ricordo un discorso che mi fece un vecchio contadino conosciuto nell’entroterra della Sardegna. Egli parlando dell’arretratezza della Sardegna rispetto al resto d’Italia, mi disse che: il progresso fa parte dell’uomo, è inscindibile dall’uomo stesso perché appartiene alla sua vita, quindi il progresso arriverà sempre, è solo una questione di tempo, il problema non è nel progresso o nel tempo in cui questo arriva, ma nel modo in cui questo arriva e questo modo con cui il progresso arriva dipende solo dall’uomo.

Come hai trovato i malgasci
Ho trovato gli abitanti del Madagascar estremamente gioviali e disponibili, hanno un modo di vivere la vita che tende a ricercare la serenità, ho avuto la sensazione che sia un popolo a cui piace stare in pace.
Sono comunque rimasto colpito dalla loro operosità, nel bisogno delle necessità della vita che spesso è dura e nella voglia di crescere e di essere riconosciuti in un’identità nazionale che ha saputo integrare, forse meglio che in altre nazioni, una grande diversità di provenienze etniche e nazionali.

Cosa hai visto
            Nel mio primo viaggio in Madagascar ho soggiornato e visitato solo la zona della Capitale Antananarivo. Ho trovato un clima molto piacevole che mi ha permesso di sentirmi subito fisicamente a mio agio. Ho potuto veder un bellissimo altopiano florido circondato da monti dal pendio dolce che per alcuni tratti possono ricordare paesaggi della nostra Italia centrale. La capitale è una metropoli affollata e il traffico si concentra in poche vie spesso strette e brulicanti di attività commerciali che ben esprimono l’operosità e l’ingegnosità del popolo malgascio.

Al rientro
            Incontrando gli amici, al rientro dal mio primo viaggio in Madagascar, alla domanda cosa ti sei portato dal Madagascar, ho risposto: la voglia di tornare.
Questo è il sentimento che ha accompagnato il viaggio di ritorno in Italia e credo che sia la cosa più bella che ho portato dal Madagascar insieme a papaie, manghi freschi, la marmellata di fragole di Aldo. Quello che rimane dal Madagascar è una sensazione particolare, un ricordo di profumi, colori, la forza energetica della terra, un aria leggera, una grande sensazione di piacevolezza la giovialità di un popolo che ama la vita nonostante una condizione generale di povertà.
Intendi ritornare in Madagascar
         Penso che tornerò spesso in Madagascar anzi spero proprio che le cose vadano bene e mi permettano di avere in questa terra la mia nuova casa.
 Dal Madagascar l’Italia sembra proprio lontana e stando in Italia sembra che il Madagascar non esista. La condizione triste che il nostro paese sta vivendo con la politica si riflette anche sulla politica estera che verso questo paese è inesistente.
  A rappresentare gli italiani in Madagascar c’è l’UIM, Unione Italiani nel Mondo a cui Aldo Sunseri continua a dedicare il suo tempo mettendosi al servizio di tutti gli italiani che arrivano per fornire assistenza e aiuto per tutto ciò che può essere utile per orientarsi in un paese che conosciamo poco e che definiamo genericamente terzo mondo.
Grazie Aldo!
Roberto Severoni
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-      Alessandra
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È arrivato in nave tanti anni fa e oggi gestisce anche una radio

Sposata con un ingegnere ha un bel negozio con i vetri di Murano

-      Olga del Madagascar
Vive in Italia, ma il suo cuore è sempre in Madagascar

Anche Lea vive a Roma e i suoi figli studiano all’Università

In Italia facevo il fiorista collaborando nella azienda familiare

Intervista: Daniel Gianfalla, fratello del siciliano linciato

Barbarie senza fine, Roberto era innocente. Carte alla procura.
Nel Medioevo gli inquisitori erano legittimati dalle leggi barbare del tempo a torturare e mandare a morte eretici e dissidenti. Pretendevano il pentimento e comminavano la pena capitale. Le fiamme mondavano corpo e anima del condannato. Monito per il popolo, giustizia per il Potere.
Sono passati cinque secoli, e ci sono luoghi del mondo in cui la civiltà non solo si è fermata, ma ha fatto passi indietro. In Madagascar, per esempio, tre persone, fra le quali un cittadino italiano, nato e vissuto per molti anni a Palermo, Roberto Gianfalla, è stato torturato, linciato e ucciso da una folla inferocita, dopo un tribunale “popolare”. Non aveva commesso alcun crimine, era innocente. Gli hanno addebitato il traffico di droga e di organi.
Le voci della sua presunta attività sono arrivate in Italia, “indenni”. Roberto Gianfalla, dopo essere stato torturato, linciato ed ammazzato, ha così subito l’infamia di colpe mai commesse, crimini aberranti.
“E’ stato ammazzato cento volte”, protesta Daniel Gianfalla, fratello di Roberto, tornato a Palermo la settimana scorsa. “Non avremo pace, io e mia sorella Carmela, che vive come me in Francia, fino a che non avremo giustizia e il nome di mio fratello non sarà “riabilitato”.
SiciliaInformazioni si è occupata più volte di Roberto, signor Gianfalla. Abbiamo subito sospettato che avesse subito una fine atroce e non c’entrasse nulla con il traffico di organi e la droga…
“Siete stati gli unici in Italia. In Francia, invece, i giornali hanno preteso la verità. Anche un cittadino francese, amico di Roberto, è stato torturato e linciato, Sebastien Judalet. In Francia si sono mobilitati. La polizia francese ha condotto delle indagini ed ha ricostruito i fatti. In Italia questa terribile storia è passata inosservata. Non abbiamo avuto nemmeno le condoglianze dal Ministero degli Esteri. Non solo: abbiamo dovuto pagare la custodia della salma di mio fratello cento euro al giorno. Un dono, ci hanno detto. Incredibile. Siamo stati costretti a “premiare” la comunità che ha torturato e linciato Roberto per potere riavere il suo corpo…”.
Avete ottenuto la restituzione della salma?
“Il rimpatrio è previsto per mercoledì, costerà tredicimila euro, dono compreso. Non chiediamo nulla, tuttavia. Nessun risarcimento, niente. Vogliamo giustizia, che si sappia quel che è accaduto. Siamo assistititi da un avvocato e invieremo un esposto alla Procura della Repubblica di Palermo. L’ultima residenza italiana di Roberto è stata Palermo. Poi ha girato il mondo…”.
Perché suo fratello ha scelto il Madagascar?
“Aveva perduto la famiglia a causa della separazione: tre figli per i quali aveva rinunciato a tutto. In Madagascar aveva trovato ciò che cercava, serenità e una compagna, che cominciava a frequentare. Cercava pace, aveva saputo che lì si stava bene con poco. In Messico aveva aperto una pizzeria. Era un pittore ed un poeta, aveva un animo gentile. Ci scrisse che in Magadascar aveva trovato il paradiso… Abbiamo avuto il suo diario. Altro che paradiso, non sapeva che avrebbe patito l’inferno…”.
Traffico di organi, droga e altre turpi attività. Tutto hanno addebitato a suo fratello, signor Daniel Gianfalla. Perché?
“Per noi è una cosa inaccettabile, incomprensibile. Non c’è alcun indizio, alcun evento, episodio, documento che lasci sospettare qualcosa. Niente. Roberto non beveva e non ha mai consumato droghe, ha lavorato onestamente. Gli piaceva girare il mondo, ma questa non è una colpa. Ha sofferto molto a causa della separazione. In Madagascar viveva in una capanna, dieci euro al mese. Si era fatto qualche amico per sbarcare il lunario, accompagnava i turisti nei tour, come Sebastien, il francese linciato, e il malgascio, che ha subito la stessa orribile fine…”.
Avete cercato di ricostruire i fatti?
“Abbiamo saputo di un bambino sparito e trovato morto, privo di organi. Il nipote del malgascio linciato. Ebbene, quel bambino era stato gettato a mare ed era diventato cibo per i pesci, ecco perché era privo di alcuni organi”.
Come spiega tanta ferocia? Com’è stato possibile che non sia intervenuta la polizia?
“In Madagascar c’è stato un golpe militare, si fanno giustizia da sé. Spevantano i bambini, annunciando l’arrivo degli uomini bianchi. Il linciaggio è avvenuto a quindici giorni dalle elezioni, le prima dal giorno del golpe. Lo zio del bambino scomparso era stato interrogato dalla polizia e rilasciato. Pare che i poliziotti non avessero alcuna voglia di occuparsene. La sua liberazione avrebbe provocato la protesta. La fazione di opposizione agli attuali governanti aveva bisogno di un capro espiatorio, di dimostrare che il popolo si faceva giustizia e che lo Stato era assente. Hanno strappato un nome al malgascio, quello di Sebastien. E poi, sotto tortura, un nome a Sebastien, quello di Roberto. Sono stati filmati anche gli interrogatori. Una ferocia inaudita. Agghiacciante. Una donna, che faceva da giudice, non riusciva nemmeno a capire le risposte di mio fratello. Se penso che in Italia non si è levata nemmeno una voce…”.
Avete avuto contatti con la Farnesina?
”Il governo italiano non riconosce i golpisti. Ci siamo rivolti al consolato italiano di Lione, in Francia. Mia sorella non vive più. Roberto è stato ammazzato come un cane. Anzi, peggio. Non lo hanno ucciso con un colpo di pistola, ha subito le pene dell’inferno. L’hanno trascinato con i piedi per centinaia di metri prima di ammazzarlo. Poi ci hanno ballato sopra, hanno fatto festa. Uomini, donne e bambini. Allucinante. Ci sono i filmati. Poi è arrivata in Europa la voce del traffico di organi. E Roberto è stato ammazzato un’altra volta. Voglio credere nella giustizia italiana. E’ immorale questo silenzio”.
Noi le staremo vicini, Daniel, come abbiamo fatto finora. Racconteremo tutto ciò che serve.
“Confido nella vostra sensibilità. Io sono un siciliano emigrato in Francia. Ma sono rimasto cittadino italiano, come mia sorella. Noi amiamo il nostro Paese. Roberto era una persona perbene, gli va restituita almeno la dignità. Lo dobbiamo a lui, a noi stessi, ai suoi figli…”.
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Madagascar, una meraviglia della natura

Una terra dai mille colori, dalla vegetazione lussureggiante, dal mare cristallino, popolato da simpatici abitanti, che supera di gran lunga l'immaginario collettivo e che alimenta sempre di più il mal d'Africa
Scendo dall’aereo ancora stordita dopo nove ore di volo e mi ritrovo in una stanza adibita ad aeroporto in cui il rullo che trasporta le valigie è umano, formato da una decina di malgasci che in coro ci chiedono: “mancia, mancia”.
Anche questa è una delle mille sfaccettature che caratterizzano questa splendida terra.
Saliamo nel pulmino che ci porta nella località di Andilana, una delle zone più belle di Nosy Be e dove è situato il nostro villaggio turistico e veniamo catturati da quello stile di vita così lento e pacato, ben diverso dalla conosciuta frenesia.
Percorriamo Hellville, il capoluogo dell’isola e tutto è un susseguirsi di colori contrastanti: le strade asfaltate ma coperte di terra mista a polvere, i negozietti locali che pullulano di primizie a chilometri zero tra cui banane, ananas, mango, papaya, un paradiso per gli amanti della frutta, intervallati da qualche localino tipico, bianco e azzurro, adibito a ristorantino con appesi in strada baguette e pesci. Più in là il verde intenso degli alberi e delle palme, che fanno da sfondo a questo pittoresco ritratto.
Sono le otto del mattino ed il sole è già alto nel cielo. Poco fuori dalla città ammiriamo la vera essenza del Madagascar: prati stepposi dove pascolano pacatamente gli zebù, o simpaticamente chiamati da loro “zio bù”. Sono le nostre mucche, molto più magre e con una strana gobba dietro alla testa, considerata tra l’altro, la parte più prelibata del bovino.
Più in là un gruppo di fortunati bambini con lo zainetto in spalla, si avviano con molta calma a scuola. Eh si, il loro motto è “more more” ovvero “calma calma”; d’altronde qui le giornate scorrono con un ritmo decisamente più lento.
Anche le donne, tutte pitturate in viso con una pasta particolare per proteggersi dal sole, si danno il loro da fare. Fuori dalle loro piccole ma graziose capanne elevate da terra, accendono dei fuochi sopra ai quali ci sono dei catini di ferro dove bolle del riso, elemento base della loro alimentazione. Qualcuna accudisce i bambini più piccoli, qualche altra ricama magnifici parei colorati con tanto di pizzi e merletti. Gli uomini invece intagliano il legno che abbonda in Madagascar.
Ogni tanto qualcuno guarda il nostro pulmino ed emette un timido “ciao”.
Arriviamo nel villaggio e ciò che notiamo immediatamente è un giardino zoologico di un verde che sembra finto. Ci allontaniamo dal caos di valigie e ci inoltriamo in un susseguirsi di palme e alberi. Tutto intorno c’è un silenzio magico, interrotto dai versi di qualche animale che non riusciamo a decifrare. Poco dopo sbuca da dietro un albero un simpatico omino, tutto di verde vestito che ci fa notare una famiglia di camaleonti, tassativamente mimetizzati tra le piante. Ne prende uno in mano e ce lo mostra. Non avevo mai visto prima un essere simile, così strano e bello allo stesso tempo. Gli occhi girano a 360 gradi, la coda si attorciglia lungo la mano e di tanto in tanto estrae una lingua degna di nota. Il suo colore varia dal verde scuro, al verde smeraldo sino ad un rosso vermiglio e penso a come il nostro Creatore abbia potuto inventare tanto. Senza che nemmeno ce lo chiedesse, il nostro nuovo amico si arrampica atleticamente su una palma alta circa venti metri e ci fa avere un cocco appena raccolto. Taglia la dura corteccia con un arnese simile ad un’ascia e ci fa assaporare una delizia che prima d’ora non avevamo mai assaggiato: il latte di cocco. Mangiamo anche il frutto, ben diverso da quello che troviamo al supermercato
Ringraziato per la dolce sorpresa, ci avviamo verso la reception, oltrepassiamo la scenografica piscina e ci avviamo verso una magnifica laguna di acqua cristallina dove veniamo immancabilmente presi d’assalto dai beach boys, simpatici ragazzi malgasci che inizialmente possono sembrare insistenti, ma in realtà non fanno altro che tentare di portare a casa dei soldi offrendoci delle escursioni ben organizzate.
Prenotiamo immediatamente la gita a Nosy Iranja per il giorno seguente e Nosy Tanikely e Nosy Kombe per la domenica.
Siamo pronti all’escursione con tanto di cappellini e creme solari e salpiamo a bordo di uno scafo, piccolo ma confortevole verso Nosy Iranja, o anche isola delle tartarughe e dopo circa due ore di navigazione vediamo davanti ai nostri occhi ciò che mai avremo potuto immaginare. Un vero e proprio paradiso terrestre formato da due isolette ricche di vegetazione e collegate tra loro da una striscia di sabbia bianchissima che ci acceca e tutto circondato da una mare celeste da cartolina: una libidine per la vista.
Scendiamo ancora impressionati da tanta bellezza e ci tuffiamo in quelle acque calde senza esitazione, sentendoci degli dei nati da quel mare. Il nostro assaggio non dura granché perché veniamo richiamati dalla guida, il nostro beach boy malgascio, ad addentrarci all’interno del villaggio locale ed anche lì è una sorpresa continua. Veniamo accolti da una moltitudine di tovaglie colorate svolazzanti e da bambini urlanti e festosi che ci salutano con un “ciao mozzarelline”.
Percorriamo un tratto di foresta in salita, ricca di piante di vaniglia e cannella, dove si può scorgere, tra le fitte ramificazioni, un pezzetto di blu del mare e raggiungiamo una scuola pullulante di bambini che stanno imparando i giorni della settimana in francese, ma la loro attenzione viene distolta dalla nostra presenza e in un batter d’occhio veniamo circondati da manine in attesa di una penna o di una caramella. Non avendo portato nulla con noi, diamo loro dei braccialettini in gomma colorati e nei loro occhi esplode una gran gioia che ci dimostrano scrivendo sulle lavagnette: “grazie”. Banali fatti che riempiono il cuore.
Poco dopo saliamo su un faro lì vicino dal quale è possibile vedere l’immensità del mare fino alla costa del Madagascar. Anche la lingua di sabbia è ben visibile, sembra un fascio di luce che da lì a poco andrà a scomparire a causa della marea.
Ci affrettiamo a scendere per goderci ancora un po’ il mare e per riempirci la pancia di riso e aragosta in compagnia di simpatici paperi pronti a punzecchiare il terreno alla ricerca di qualche chicco.
Ed ecco la mascotte dell’isola da ben centocinquanta anni: la tartaruga gigante. Ebbene si, chissà quanti volti avrà visto in tutti questi anni di vita.
Nosy Iranja è anche l’isola delle tartarughe marine che ogni primavera vengono lì a deporre le uova.
La giornata è ormai finita, risaliamo nella nostra barchetta dove ci attende il “marinaio” con il bottino del giorno: una cernia di cinquanta chili!
Il Madagascar non ha ancora finito di stupirci e lungo il tragitto, percorrendo parte del Canale del Mozambico, vediamo la regina del mare, in tutta la sua magnificenza: la balena che volteggia tranquilla ad una decina di metri dalla nostra barca, che mai prima d’ora sembra così piccola.
I giorni in villaggio trascorrono piacevolmente, tra giochi in spiaggia e spettacoli serali, ma attendiamo con ansia la domenica per goderci ancora quest’angolo di paradiso.
Salpiamo, sempre in compagnia del nostro ormai amico beach boy, alla volta di Nosy Tanikely (isola piccola) e, armati di maschera e boccaglio ci immergiamo in un acquario a misura d’uomo, meno ricco dei fondali del Mar Rosso, ma comunque coralli dorati, anemoni adornati da pesci pagliaccio, pesci pappagallo e ricci di mare non mancano
Nosy Kombe (isola dei lemuri) è invece l’isola dei lemuri, simpaticissime scimmiette che vivono in mezzo alla foresta, insieme al serpente boa, ma che interagiscono tranquillamente con l’uomo. Così mi faccio prendere dall’euforia e do loro delle banane da mangiare. Non occorre nemmeno chiamarli, dato che uno di loro mi balza in spalla, facendomi quasi cadere dallo spavento e mi toglie di mano la banana che accuratamente sbuccia. Un altro ancora mi sale in testa.
È facile distinguere il maschio dalla femmina. Il primo è tutto nero, la seconda marrone rossiccia. Uno tutto bianco invece salta acrobaticamente di ramo in ramo volendosi così distinguere dagli altri non solo per il colore.
Le escursioni naturalistiche sono al loro termine, ma non la nostra giornata.
È domenica e i malgasci fanno grande festa bevendo rum e altri alcolici, ma lo spettacolo più atteso è la “Moraingj” ovvero la lotta malgascia.
La guida ci accompagna a Dzamanzar, suo paese natale, in una arena gremita di gente, in cui noi spiccavamo per il nostro colorito. Ed ecco che la calma domenicale viene interrotta da questi uomini provenienti da villaggi limitrofi che si sfidano tra loro. Lo sfidante passeggia attorno ad un cerchio lanciando sguardi di sfida finché non trova qualcuno che accetta. Questo tipo di lotta comporta agilità e rapidità di movimenti ed è accompagnata da suoni, canti e dalle urla degli spettarti che incitano i giovani. Notiamo che molti di loro masticano qualcosa e ci viene spiegato che si tratta di foglie di Kat, una pianta eccitante che aiuta a non sentire il dolore. Restiamo impressionati da tanta ferocia, ma per loro è come assistere ad una partita di calcio.
Terminiamo la giornata partecipando ad una messa cantata in coro da tutti i fedeli ed il tutto è così bello che ci viene da andarci più spesso.

Che dire, il Madagascar è una terra dai mille colori, dalla vegetazione lussureggiante, dal mare cristallino, popolato da simpatici abitanti, che ha superato di gran lunga le nostre aspettative e che porteremo sempre nel cuore, alimentando sempre più il nostro mal d'Africa.

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IL FUTURO DEL MADAGASCAR TRA ELEZIONI E LOCUSTE

All’inizio del mese scorso, il Madagascar è tristemente balzato agli onori della cronaca per un efferato caso di nera avvenuto a Nosy Be, dove alcuni abitanti della piccola isola hanno linciato tre uomini, accusati di aver abusato di un bambino e di essere coinvolti in un traffico di organi. L’eco della notizia è arrivato fino in Italia perché uno dei tre era un nostro connazionale, originario di Palermo. Bisogna dire che la comunità italiana in Madagascar è molto apprezzata per l’azione svolta nei settori del commercio, della sanità e dell’educazione. I nostri connazionali che hanno scelto di vivere nell’isola sono circa un migliaio, in gran parte religiosi e missionari, ai quali negli ultimi anni si sono aggiunti anche molti pensionati, che hanno lasciato l’Italia per beneficiare della buona qualità e del costo relativamente basso della vita.
Però, tolto questo cruento episodio, sul quale, dopo l’incriminazione di due malgasci, non è ancora stata fatta piena chiarezza dagli inquirenti locali, la copertura riservata dai media nazionali alla quarta isola più grande del mondo è praticamente nulla. Proviamo a recuperare questo gap, proprio in un momento in cui il Paese africano sta decidendo il suo futuro con le prime elezioni dopo il colpo di Stato del marzo 2009, che provocò la destituzione dell’allora presidente Marc Ravalomanana, salito al potere dopo le controverse elezioni del febbraio 2002, per portare in carica ad interim il trentanovenne Andry Rajoelina. Dopo ripetuti rinvii, il Paese è tornato alle urne e secondo gli osservatori internazionali si è trattato di elezioni regolari, libere e trasparenti, anche se non è ancora ben chiaro il ruolo avuto dall’esercito. Ad ogni modo, questa potrebbe essere l’occasione propizia per aprire una nuova stagione democratica nell’isola al largo della costa dell’Africa sud-orientale.
La Ceni-t, la Commissione elettorale nazionale indipendente di transizione, ha reso noto che servirà un secondo turno per determinare il nome del futuro presidente del Madagascar. Il presidente della Commissione, Béatrice Atallah, ha annunciato che il prossimo 20 dicembre andranno al ballottaggio il candidato del partito Avana Richard Jean-Louis Robinson e l’ex ministro delle Finanze Hery Rakotoarimanana Rajoanarimampianina. Il primo, dato per favorito e sostenuto dall’ex presidente Marc Ravalomanana, del quale è stato ministro della Salute, ha ottenuto il 21,10% dei consensi mentre il secondo, candidato dell’attuale capo di Stato Andry Rajoelina, si è fermato al 15,93% delle preferenze. Nella sostanza, i quattro anni di stallo politico hanno seriamente compromesso la crescita economica dell’isola, tenendo lontani gli investitori stranieri. Per avere un’idea più precisa del tracollo finanziario malgascio, basti pensare che nell’anno del golpe, il 2009, è stato registrato un Pil negativo pari al 4,6% contro un incremento del 7,1%, rilevato l’anno precedente.
Secondo le stime della Banca mondiale, dal 2009 al 2012, i progressi del Pil registrati dal Madagascar sono stati nulli, mentre per il 2013 l’istituto di Washington prevede un aumento pari a un modesto 2,6%, quasi la metà della media del 5% segnata prima della crisi. Nel frattempo, la crescita demografica continua senza sosta, il reddito pro capite è precipitato ai livelli del 2001 e oltre il 92% dei malgasci vive con meno di due dollari al giorno. Ma anche altri indici lanciano ombre inquietanti sul futuro del Paese: più della metà dei bambini patisce ritardi nello sviluppo, come conseguenza diretta di una cronica malnutrizione.
Non è però così inusuale per l’Africa che un Paese ricco di giacimenti petroliferi e minerari si trovi in una situazione socio-economica difficilissima, con un indice di povertà in continua ascesa, acuito, in questo caso, dalle forti problematiche legate alle precarie condizioni sanitarie e all’embargo internazionale imposto nel marzo del 2010, a seguito del colpo di Stato. Il tutto aggravato dalla peggiore invasione di locuste che dal 1950 a oggi abbia mai infestato il Paese. Una calamità che ha costretto l’esecutivo di Antananarivo a dichiarare lo stato di emergenza non avendo fondi a sufficienza per pagare la bonifica necessaria a debellare gli sciami, ciascuno dei quali composto da miliardi di insetti che stanno danneggiando seriamente ampie aree di terra coltivata e di pascoli.
Nel sud del Paese le locuste hanno rovinato il 70% delle colture di cereali, tra cui quelle di mais e di riso, il principale alimento di base; mentre la produzione fuori stagione è diminuita rispetto agli anni precedenti, poiché gli agricoltori sono riluttanti a seminare a causa della minaccia, ponendo in questo modo a rischio anche il prossimo ciclo produttivo e la sicurezza alimentare di oltre metà della popolazione. In uno scenario del genere, appare chiaro che chiunque sarà il prossimo presidente dovrà affrontare sfide durissime verso la via della stabilizzazione, che per il governo malgascio sembra ancora molto lontana.
Pubblicato in FOCUS

- See more at: http://www.stellanova.it

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Il direttore del carcere Comandini osservatore elettorale nel Paese africano

LUGANO - Anche quest’anno, puntualmente, seguendo una tradizione che dura ormai da parecchio tempo (quando ancora operava per la Croce Rossa Svizzera in Ticino), il direttore generale delle strutture carcerarie ticinesi, Fabrizio Comandini, per una decina di giorni ha lasciato il posto di comando ai suoi collaboratori e si è recato all’estero, per svolgere il delicato compito di osservatore elettorale.

È un ruolo importante, effettuato in Paesi dove solitamente il «clima», soprattutto in occasione delle votazioni popolari, è generalmente difficile da gestire; tanto, infatti, da necessitare della presenza anche di «ispettori» internazionali, in grado di vigilare sulla legittimità delle varie operazioni di voto e conteggio delle relative preferenze. Questa volta, Comandini, insieme ad altri svizzeri, si è recato in Madagascar, dove si è svolto il 1. turno delle presidenziali (il 2. turno, con l’elezione del presidente e le legislative, è previsto, invece, per il 20 dicembre prossimo). Il bilancio di quest’ultima esperienza è stato positivo, anche se non è sempre semplice svolgere la missione in Paesi in cui vi sono grandi aspettative e fermento. Nella fattispecie, dopo il colpo di stato nel 2009 – spiega Comandini – tutto e passato nelle mani di un Governo di transizione, in attesa delle nuove elezioni presidenziali.
Con «ispettori» locali
Comandini, di recente è dunque volato in Madagascar per conto dell’Organizzazione internazionale della francofonia: ha svolto il suo compito unitamente ad altre decine di osservatori provenienti da diverse nazioni e ad alcune centinaia di «ispettori» locali. Ha lavorato in modo tranquillo e non ha assistito ad alcun incidente durante le operazioni di voto. La presenza di osservatori elettorali – sottolinea comunque il nostro interlocutore – è basilare per contribuire a mantenere il clima tranquillo in un alveo di correttezza, indispensabile in simili frangenti.

Guida Madagascar: cosa vedere e cosa fare nell’isola dei sogni

Tutto quello che c’è da sapere sul Madagascar/Roma – Il Madagascar è una terra insulare, situata nell’oceano Indiano, al largo della costa orientale dell’Africa. E’ il posto ideale non solo per le amanti delle isole tropicali: questa terra, infatti, offre molto più del dolce far niente su spiagge sabbiose o d’immersioni in acque cristalline alla scoperta di barriere coralline. Le splendide foreste sono ricche miriadi di piante e foglie gocciolanti su cui strisciano e saltellano bizzarre creature come lemuri, camaleonti, pervinche e baobab, aloe, gechi e sifaka. Prima di partire, però, è necessario avere alcune informazioni.

COME ARRIVARE - Naturalmente il mezzo migliore per raggiungere il Madagascar è l’aereo. Air Italy effettua un volo diretto da Milano e da Roma per Nosy Be, con tempo di percorrenza di circa 11 ore. Con Air France si raggiunge Antananarivo facendo scalo a Parigi.
QUANDO ANDARE - Le stagioni sono invertite rispetto a quelle del nostro emisfero. Il periodo migliore va da aprile a ottobre, mentre da novembre a marzo si va incontro al rischio di uragani.
COSA METTERE IN VALIGIA Per lui, l’abbigliamento consigliato è: pantaloni lunghi in cotone o lino e camicie con le maniche lunghe. Costume da bagno, tutto l’occorrente per il trekking se si va nei parchi, compreso una k-way. Un golfino o giubbino per le serate fresche. Per lei, invece, l’abbigliamento giusto è: costume da bagno, scarponcini da trekking o arrampicata, pantaloni lunghi e camicie con maniche lunghe, di colori non troppo vivaci. Cappello e felpe. E’ importante portare anche i medicinali che si assumono di solito,compresse contro i disturbi gastro-intestinali repellenti per le zanzare.
COSA VEDERE - Tra le città da visitare c’è sicuramente la capitale Antananarivo, ricca di edifici storici. Una delle zone più vivaci è quella intorno a Kianja ny Fahaleovantena (Place de l’Indépendance), dove ci sono molti ristoranti e locali. Bellissimo è anche il lago di Anosy, circondato da alberi di jacaranda, in mezzo al quale sorge un monumento ai caduti della prima guerra mondiale. Da non perdere sono i tanti variopinti mercati che si svolgono in città, il più grande dei quali è quello di Zoma, dove viene venduto il meglio dell’artigianato locale. Per gli amanti del mare, invece, il posto ideale è Nosy Be, una bella isola con tante spiagge e fondali incontaminati, divenuta il principale centro turistico del Paese. Tra i parchi naturali presenti nell’isola, il più bello è il Parc National des Tsingy de Bemaraha, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Per chi, invece, vuole fare un safari, c’è il Parc National de Ranomafana dove è possibile avere un incontro ravvicinato con la natura sia di giorno che di notte.
COSA MANGIARE - L’ingrediente principale della cucina malgascia è il riso, accompagnato da carne di zebù, pollo, maiale, pesce e crostacei. Molto gustosa è la frutta, soprattutto ananas, lytchees, mango e banane. I piatti tipici sono il ravitoto (uno stufato con germogli di manioca e pezzi di zebù o maiale) e ilmosakiky (spiedini di carne accompagnati da mango condito e tagliato a sottili filamenti oppure da patate o altro ancora). Infine, da assaggiare è anche betsabetsa, una bevanda alcolica prodotta con la canna da zucchero.

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