venerdì 25 gennaio 2013

C’è il petrolio nel futuro del Madagascar?

 Il Madagascar ha iniziato ad estrarre i suoi primi barili di petrolio dal giacimento di Tsimiroro. Si tratta di una prima installazione pilota capace di produrre solo 45 barili di petrolio al giorno attraverso una tecnica di iniezione di vapore nei pozzi. Il petrolio di Tsimiroro è infatti di una qualità definita “pesante” per la cui estrazione si deve far ricorso all’iniezione di vapore nei condotti per ridurre la viscosità del greggio e permetterne il suo deflusso.
L’impianto di Tsimiroro servirà a mettere a punto la tecnica e vedere come il greggio reagisce a contatto con il vapore, tenendo conto della sua viscosità e della presenza di sabbia. Un altro aspetto da prendere in esame è la profittabilità economica dell’impresa. Al momento la capacità di 45 barili al giorno è al di sotto della produzione di 100 barili al giorni per pozzo, stabilito per il progetto sperimentale. Ma nelle prossime settimane inizierà lo sfruttamento di un secondo pozzo che si spera abbia un rendimento maggiore.




Una parte della produzione di petrolio verrà utilizzata per produrre il vapore necessario all’estrazione di ulteriori quantitativi di greggio, il resto verrà sottoposto ad analisi per verificare la possibilità del suo utilizzo per produrre bitume e per alimentare centrali elettriche.
L’azienda incaricata del progetto, con una sede operativa a Houston, in Texas, ed un domicilio legale alle Bermuda, è specializzata nello sfruttamento di giacimenti di greggio pesante, più difficile e costoso da sfruttare rispetto ad altri tipi di petrolio. Il rialzo dei prezzi dei carburanti, l’aumento della domanda e il progressivo esaurimento dei giacimenti di greggio leggero, hanno reso economicamente conveniente lo sfruttamento delle riserve di greggio pesante, caratterizzato da un’alta viscosità e da un alto tenore di zolfo. Questo presuppone anche la costruzione di nuove raffinerie o l’adattamento di quelle esistenti per trattare questo tipo di petrolio. Diventa quindi comprensibile perché i produttori statunitensi guardino con interesse crescente al petrolio estratto nel Golfo di Guinea, in Africa occidentale, e a quello della Libia. Questo greggio, a basso contenuto di zolfo, è compatibile con le raffinerie texane che utilizzano un greggio simile (il West Texas Intermediate o WTI), estratto nel Golfo del Messico, senza dover quindi effettuare costosi investimenti per adattare i propri impianti per trattare il greggio pesante.
Ma la fame di petrolio rende ormai indispensabile lo sfruttamento delle riserve del greggio pesante. La Cina sta investendo 3 miliardi di dollari per costruire impianti di raffinazione di questo tipo di greggio. Il Madagascar spera di diventare un futuro esportatore di petrolio. Per far sì che la futura manna petrolifera sia utilizzata per lo sviluppo della popolazione, le autorità dell’isola hanno preso ad esempio la Norvegia che ha costituito un fondo per le future generazioni finanziato dai proventi della vendita di petrolio del Mar del Nord. (L.M.) (Agenzia Fides)


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