lunedì 5 novembre 2012

La corsa al carbone sub sahariano: Sudafrica e Madagascar si confrontano

di Giuseppe Matarazzo

La gestione delle risorse naturali in Africa, in particolare il loro sfruttamento, è considerata una delle principali opportunità per il raggiungimento di uno sviluppo economico duraturo. Tra le risorse naturali, quelle minerarie, benché distribuite  geopoliticamente in maniera diseguale, rappresentano una leva imprescindibile per la crescita sociale, politica ed economica di numerosi paesi africani. Tra i settori in continua crescita a livello internazionale quello carbonifero costituisce uno dei veri e propri motori dell’economia nazionale per diversi paesi che, come il Sudafrica, hanno fatto del carbone un mezzo di sostentamento energetico ed al contempo una fonte di reddito indispensabile attraverso le esportazioni. D’altra parte il carbone costituisce la fonte più utilizzata per produrre energia elettrica il cui consumo negli ultimi anni, attraverso la crescente domanda da parte dei paesi in via di sviluppo, è aumentato vertiginosamente.  Di conseguenza nuove prospettive di sviluppo si fanno largo nel settore carbonifero e paesi come la Repubblica del Madagascar rischiano di compromettere il ruolo di titolare assoluto a livello regionale detenuto dalla repubblica sudafricana. Sudafrica e Madagascar da commercianti nel settore carbonifero rischiano di diventare potenziali rivali, tuttavia entrambi offrono numerose possibilità per futuri investimenti in questo settore così strategico per le economie emergenti.


La Repubblica  Sudafricana, tra i più grandi produttori, consumatori ed esportatori di carbone, rappresenta un attore chiave sui mercati carboniferi mondiali. La produzione del carbone sudafricano, industria ultracentenaria e braccio energetico dell’attività estrattiva diamantifera, presenta diverse peculiarità: l’attività estrattiva ha costi molto contenuti, dovuti alla presenza della roccia sedimentaria a un’esigua distanza rispetto al suolo; si avvale del più grande terminal per le esportazioni carbonifere; è privilegiata da una posizione geografica strategica per le rotte commerciali, rappresentando il collegamento naturale tra i due oceani, Atlantico e Pacifico.  Queste caratteristiche fanno del “paese arcobaleno” un esportatore competitivo sui mercati internazionali, soprattutto in Europa, Cina e India. Produzione e consumo di carbone sono rimasti relativamente stabili negli ultimi dieci anni, nonostante i gruppi ambientalisti  imputino all’attività estrattiva  l'inquinamento ambientale. Oltretutto l'uso del carbone, specialmente da parte della  Eskom (la società elettrica statale) e Sasol,  si prevede continui o addirittura acceleri nei prossimi anni. Le riserve di carbone sudafricane sono stimate tra i 15 e 55 miliardi di tonnellate, il 96%  è costituito da carbone bituminoso, il restante è diviso in maniera equa tra  metallurgico ed antracite. La maggior parte delle riserve sono situate nel bacino centrale che comprende il Witbank, Highveld ed Ermelo. Inoltre l’area Waterberg è al centro degli sforzi di esplorazione e potrebbe diventare un importante sito di estrazione, oltre ai bacini carboniferi della Provincia del Limpopo che sono in fase di studio, con particolare attenzione al carbon coke. Ciononostante, l’esposizione sudafricana all’interno dei consessi  internazionali in merito alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra unita ai problemi strutturali del paese potrebbero avere notevoli ripercussioni sul settore carbonifero, agevolando seppur in maniera indiretta, potenziali concorrenti come la Repubblica del Madagascar.

Le scoperte dei primi giacimenti di carbone all’interno della repubblica malgascia risalgono agli inizi del XX secolo quando la Francia avviò la costruzione di una serie di trincee esplorative e di cunicoli nella parte sud occidentale del paese oggi nota come bacino carbonifero di Sakoa.  In seguito diverse società estere intrapresero un intermittente processo di esplorazione e di studi di fattibilità che non portarono tuttavia a un’adeguata risposta alle possibilità d’investimento nel settore. Tutto ciò fu accompagnato dalla mancanza di una politica strutturata nei confronti del carbone che, di fatto, ostacolò ogni possibilità di sfruttare una risorsa da cui il paese dipendeva sia da un punto di vista energetico che commerciale.  Negli anni ’90 il Madagascar importava gran parte del carbone dalla vicina Repubblica Sudafricana e solo dal 2000 in poi, attraverso la stretta collaborazione con le Istituzioni Finanziarie Internazionali, Banca Mondiale e Fondo Monetario in particolare, la Repubblica Malgascia ha adottato una serie di riforme per la ristrutturazione del settore minerario. Tutto ciò ha favorito il ritorno di cospicui investimenti esteri e nonostante la raccolta dati in merito alle stime sulle riserve carbonifere siano in corso di definizione, nella sola area esplorata di Sakoa quest’ultime raggiungono i 3 miliardi di tonnellate. L’instabilità politica che negli ultimi anni ha caratterizzato il Madagascar non ha garantito la continuità nello sviluppo del settore carbonifero che rimane un ottimo potenziale per gli sviluppi futuri del sistema economico nazionale.

Mentre produzione e utilizzo di carbone crescono smisuratamente, il dibattito sul diritto allo  sviluppo e la necessità della tutela ambientale da parte delle economie emergenti torna prepotentemente sulla scena internazionale. In questo senso il Sudafrica è un esempio lungimirante,  registrando tra le più alte emissioni di CO2 e rappresentando la bandiera africana dello sviluppo nei forum mondiali deve rispondere  agli stringenti vincoli internazionali oltre a dover affrontare le numerose problematiche interne al paese. Nonostante le ultime rivendicazioni sindacali abbiano solo lambito il settore carbonifero, permangono diversi problemi di natura politica e strutturale. Tra i problemi più importanti del comparto carbonifero sudafricano persiste la mancanza di pianificazione e di coordinamento degli investimenti tra le miniere di proprietà privata e quelle di proprietà dello Stato. Conseguenza diretta di questa lacuna è la carenza  infrastrutturale delle ferrovie che interessano soprattutto le aree portuali. Senza un’adeguata politica di sviluppo del settore minerario la Repubblica sudafricana  continuerà a non massimizzare il proprio potenziale in termini di esportazioni,  anche a fronte del notevole incremento della domanda di energia elettrica a livello nazionale e internazionale. D’altra parte la Repubblica del Madagascar deve confrontarsi con un apparato burocratico troppo pesante e poco produttivo che insieme ad un livello infrastrutturale ancora nella sua fase embrionale rallenta il processo di sviluppo economico del paese.  Tuttavia la collaborazione tra i due paesi e le Istituzioni Finanziarie Internazionali ha sicuramente accelerato il processo di riforma interno per la predisposizione di una politica organica nei confronti del carbone, abbassando il rischio sugli investimenti nel settore. Malgrado ciò la capacità d’investimento nel comparto energetico sub sahariano non potrà prescindere dalla volontà di saper coniugare istanze nazionali ed internazionali, nel pieno rispetto del diritto al mutuo sviluppo ed alla tutela ambientale.
Fonte: AGI

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