La gestione delle risorse naturali in Africa, in particolare il loro sfruttamento, è considerata una delle principali opportunità per il raggiungimento di uno sviluppo economico duraturo. Tra le risorse naturali, quelle minerarie, benché distribuite geopoliticamente in maniera diseguale, rappresentano una leva imprescindibile per la crescita sociale, politica ed economica di numerosi paesi africani. Tra i settori in continua crescita a livello internazionale quello carbonifero costituisce uno dei veri e propri motori dell’economia nazionale per diversi paesi che, come il Sudafrica, hanno fatto del carbone un mezzo di sostentamento energetico ed al contempo una fonte di reddito indispensabile attraverso le esportazioni. D’altra parte il carbone costituisce la fonte più utilizzata per produrre energia elettrica il cui consumo negli ultimi anni, attraverso la crescente domanda da parte dei paesi in via di sviluppo, è aumentato vertiginosamente. Di conseguenza nuove prospettive di sviluppo si fanno largo nel settore carbonifero e paesi come la Repubblica del Madagascar rischiano di compromettere il ruolo di titolare assoluto a livello regionale detenuto dalla repubblica sudafricana. Sudafrica e Madagascar da commercianti nel settore carbonifero rischiano di diventare potenziali rivali, tuttavia entrambi offrono numerose possibilità per futuri investimenti in questo settore così strategico per le economie emergenti.
Le
scoperte dei primi giacimenti di carbone all’interno della repubblica malgascia
risalgono agli inizi del XX secolo quando la Francia avviò la costruzione di
una serie di trincee esplorative e di cunicoli nella parte sud occidentale del
paese oggi nota come bacino carbonifero di Sakoa. In seguito diverse società
estere intrapresero un intermittente processo di esplorazione e di studi di
fattibilità che non portarono tuttavia a un’adeguata risposta alle possibilità
d’investimento nel settore. Tutto ciò fu accompagnato dalla mancanza di una
politica strutturata nei confronti del carbone che, di fatto, ostacolò ogni
possibilità di sfruttare una risorsa da cui il paese dipendeva sia da un punto
di vista energetico che commerciale. Negli anni ’90 il Madagascar
importava gran parte del carbone dalla vicina Repubblica Sudafricana e solo dal
2000 in poi, attraverso la stretta collaborazione con le Istituzioni
Finanziarie Internazionali, Banca Mondiale e Fondo Monetario in particolare, la
Repubblica Malgascia ha adottato una serie di riforme per la ristrutturazione
del settore minerario. Tutto ciò ha favorito il ritorno di cospicui
investimenti esteri e nonostante la raccolta dati in merito alle stime sulle
riserve carbonifere siano in corso di definizione, nella sola area esplorata di
Sakoa quest’ultime raggiungono i 3 miliardi di tonnellate. L’instabilità
politica che negli ultimi anni ha caratterizzato il Madagascar non ha garantito
la continuità nello sviluppo del settore carbonifero che rimane un ottimo
potenziale per gli sviluppi futuri del sistema economico nazionale.
Mentre
produzione e utilizzo di carbone crescono smisuratamente, il dibattito sul
diritto allo sviluppo e la necessità della tutela ambientale da parte
delle economie emergenti torna prepotentemente sulla scena internazionale. In
questo senso il Sudafrica è un esempio lungimirante, registrando tra le
più alte emissioni di CO2 e rappresentando la bandiera africana dello sviluppo
nei forum mondiali deve rispondere agli stringenti vincoli internazionali
oltre a dover affrontare le numerose problematiche interne al paese. Nonostante
le ultime rivendicazioni sindacali abbiano solo lambito il settore carbonifero,
permangono diversi problemi di natura politica e strutturale. Tra i problemi
più importanti del comparto carbonifero sudafricano persiste la mancanza di
pianificazione e di coordinamento degli investimenti tra le miniere di
proprietà privata e quelle di proprietà dello Stato. Conseguenza diretta di
questa lacuna è la carenza infrastrutturale delle ferrovie che
interessano soprattutto le aree portuali. Senza un’adeguata politica di
sviluppo del settore minerario la Repubblica sudafricana continuerà a non
massimizzare il proprio potenziale in termini di esportazioni, anche a
fronte del notevole incremento della domanda di energia elettrica a livello nazionale
e internazionale. D’altra parte la Repubblica del Madagascar deve confrontarsi
con un apparato burocratico troppo pesante e poco produttivo che insieme ad un
livello infrastrutturale ancora nella sua fase embrionale rallenta il processo
di sviluppo economico del paese. Tuttavia la collaborazione tra i due
paesi e le Istituzioni Finanziarie Internazionali ha sicuramente accelerato il
processo di riforma interno per la predisposizione di una politica organica nei
confronti del carbone, abbassando il rischio sugli investimenti nel settore.
Malgrado ciò la capacità d’investimento nel comparto energetico sub sahariano
non potrà prescindere dalla volontà di saper coniugare istanze nazionali ed
internazionali, nel pieno rispetto del diritto al mutuo sviluppo ed alla tutela
ambientale.
Fonte:
AGI
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