venerdì 30 novembre 2012

Missioni e rapporti di Amnesty International


REPUBBLICA DEL MADAGASCAR
Capo di stato: Andry Nirina Rajoelina
Capo del governo: Jean Omer Beriziky
(subentrato a Camille Albert Vital a ottobre)
Pena di morte: abolizionista de facto
Popolazione: 21,3 milioni
Aspettativa di vita: 66,7 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 57,7‰
Alfabetizzazione adulti: 64,5%
Le forze di sicurezza hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani, tra cui uccisioni illegali, torture, arresti e detenzioni illegali. Sono continuate le vessazioni e le intimidazioni di giornalisti e avvocati, così come la detenzione senza processo di oppositori politici. Le condizioni carcerarie erano pessime e i diritti dei detenuti sono stati sistematicamente violati.

CONTESTO
Il 17 settembre, nella capitale Antananarivo, a seguito della mediazione della Comunità per lo sviluppo dell’Africa del Sud (Southern African Development Community – Sadc), i leader politici malgasci hanno sottoscritto una “road map” per risolvere la crisi politica in corso. A ottobre è stato nominato un nuovo primo ministro e a novembre è stato formato un governo di unità nazionale, che comprendeva membri dell’opposizione. L’ex presidente Didier Ratsiraka è rientrato in Madagascar a novembre, dopo nove anni di esilio in Francia ma è tornato a Parigi il 12 dicembre. Il 1° dicembre è stato proclamato un nuovo parlamento di transizione.

UCCISIONI ILLEGALI
Membri delle forze di sicurezza hanno ucciso sospetti criminali nella pressoché totale impunità.
L’8 settembre, tre uomini sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco ad Antananarivo da agenti di polizia del gruppo d’intervento rapido (Rapid Intervention Group – Gir). Secondo quanto riferito, gli uomini erano disarmati e non hannooppostoresistenza agliordini della polizia di fermarsi. Nonostantela vasta risonanza ottenuta dall’episodio, a fine anno non era stata avviata alcuna inchiesta.
Il 9 dicembre, il procuratore Michel Rahavana è stato ucciso nei pressi del suo ufficio e del carcere di Toliara, da un gruppo di poliziotti che tentavano di liberare un loro collega che era stato arrestato dal procuratore in relazione a un furto. A seguito di uno sciopero dei magistrati, il ministro della Giustizia ha annunciato a fine anno che sarebbe stata condotta un’indagine.

DECESSO IN CUSTODIA
Il 17 luglio, il tassista Hajaharimananirainy Zenon, conosciuto come Bota, è morto dopo essere stato arrestato e torturato nel quartiere 67 ha di Antananarivo, da membri del corpo della polizia d’intervento, che hanno scaricato il suo cadavere presso l’obitorio dell’ospedale di Antananarivo il mattino seguente. La famiglia di Hajaharimananirainy Zenon ha sporto formale denuncia il 30 agosto ma a fine anno non era chiaro se fosse stata avviata un’inchiesta ufficiale.

DETENZIONE SENZA PROCESSO
Decine di percepiti o reali oppositori dell’Alta autorità di transizione (Haute autorité de la transition – Hat) sono rimasti detenuti senza processo, alcuni dal 2009.
Rakotompanahy Andry Faly, un ex stagista presso l’emittente radiofonica Malagasy Broadcasting System (Mbs), è rimasto in detenzione malgrado le sue gravi condizioni di salute e le ripetute richieste di concessione della cauzione, respinte dalle autorità. Andry Faly fu arrestato nel giugno 2009, assieme ad altri tre dipendenti dell’Mbs ad Antananarivo, da membri della commissione d’inchiesta congiunta nazionale, un organo di sicurezza creato proprio dalla Hat. Nel luglio 2011, è stato trasferito nell’infermeria del carcere centrale di Antanimora, ad Antananarivo, dove si trovava ancora a fine anno. Era tra i 18 detenuti che nel 2010 intrapresero uno sciopero della fame per chiedere alle autorità di portare avanti il processo a loro carico.

CONDIZIONI CARCERARIE
Le condizioni carcerarie erano pessime e i diritti dei prigionieri sono stati ignorati. I detenuti non hanno avuto accesso ad adeguate cure mediche, cibo o servizi igienici. Secondo un rapporto di giugno delle autorità, nelle carceri erano detenute 19.870 persone, a fronte di una capacità massima di 10.319. Tra queste c’erano 785 donne e 444 minori. Il rapporto inoltre affermava che 10.517 prigionieri erano in detenzione preprocessuale.

PENA DI MORTE
Secondo dati ufficiali, nel braccio della morte c’erano 58 detenuti, alcuni dei quali attendevano da anni che il loro caso fosse esaminato dalla Corte suprema.

DIRITTI DEI MINORI
L’Unicef ha documentato che i bambini in Madagascar erano colpiti da grave malnutrizione, mancanza di alloggio, istruzione, cure mediche di base e da uno scarso, se non nullo, accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici. L’Unicef ha dichiarato che continuava nell’impunità il fenomeno della tratta di minori a scopo di lavoro domestico e sfruttamento sessuale.

DETENZIONI E ARRESTI ARBITRARI
Detenzioni e arresti arbitrari sono stati prassi comune. In alcuni casi, gli avvocati che  assistevano o difendevano presunti o reali oppositori della Hat sono stati anch’essi sottoposti ad arresti e detenzioni, che di fatto erano vessazioni e intimidazioni che hanno impedito loro di esercitare il diritto di fornire assistenza legale ai clienti. Il 28 febbraio, Rolland Stephenson Ranarivony, avvocato di un membro della Chiesa riformata protestante del Madagascar, è stato arrestato e detenuto da funzionari della direzione per la sicurezza del territorio (Direction de la surveillance du territoire - DST), dopo che si era presentato per chiedere informazioni riguardo alla situazione del suo cliente, trattenuto dalla DST presso una cella ad Antananarivo. Egli è stato rilasciato il giorno stesso, dopo che il presidente dell’ordine degli avvocati malgasci aveva protestato pubblicamente per il suo arresto e la sua detenzione.

LIBERTÀ DI ESPRESSIONE – MEZZI D’INFORMAZIONE
Gli organi di stampa privati e coloro che venivano ritenuti legati all’opposizione sono stati presi di mira dalla Hat. Secondo il ministero delle Comunicazioni, ad agosto, è stata notificata la sospensione a 80 organi di stampa, dopo che le loro licenze erano state giudicate illegali. Alcuni proprietari di testate e giornalisti hanno denunciato che si trattava di una decisione politicamente motivata. A fine anno, non era chiaro se le sospensioni fossero ancora in vigore.

MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Delegati di Amnesty International hanno visitato il Madagascar a settembre.


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Il salasso per gli italiani residenti all’estero


Sì, proprio così, con l'Imposta Municipale Unica (IMU) - che ha sostituito la vecchia Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) - introdotta dal nuovo governo di Mario Monti con il Decreto Salva Italia, per cercare di far evitare al Paese il fallimento economico in cui l'aveva trascinata il precedente governo Berlusconi, anche gli emigrati italiani proprietari di un bene immobile in Italia da quest'anno sono stati chiamati a contribuire al salvataggio del nostro Paese.
E sarà un vero e proprio salasso poiché l'IMU ha ereditato la discriminazione della vecchia ICI nei confronti degli iscritti all'AIRE per i quali la loro abitazione in Italia era già stata considerata la seconda casa e non la prima con tutti i benefici connessi che ne sarebbero derivati. Così che gli emigrati, come seconda casa, dovranno pagare un'imposta che potrà ammontare al 7,6 per mille, mentre per la prima casa la percentuale sarebbe stata al massimo del 4 per mille con la detrazione dell'importo fisso di 200 euro e di 50 euro per ogni figlio a carico convivente con età non superiore a 26 anni. Ma il salasso sarà ancor più doloroso perché la stessa norma che ha introdotto l'IMU prevede che la rendita catastale sia rivalutata, come già per l'ICI, non solo del 5% per le case classificate A1-A2-A3-A4-A5 (con esclusione dell’A10), bensì anche di un ulteriore 60% del moltiplicatore per il calcolo del valore catastale che da 100 passerà pertanto a 160.
A/1
Abitazioni di tipo signorile (Unità immobiliari appartenenti a fabbricati ubicati in zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello superiore a quello dei fabbricati di tipo residenziale)
A/2
Abitazioni di tipo civile (Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello rispondente alle locali richieste di mercato per fabbricati di tipo residenziale)
A/3
Abitazioni di tipo economico (Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche di economia sia per i materiali impiegati che per la rifinitura, e con impianti tecnologici limitati ai soli indispensabili)
A/4
Abitazioni di tipo popolare (Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche costruttive e di rifiniture di modesto livello. Dotazione limitata di impianti quantunque indispensabili)
A/5
Abitazioni di tipo ultrapopolare (Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche costruttive e di rifiniture di bassissimo livello. Di norma non dotate di servizi igienico-sanitari esclusivi)
A/10
Uffici e studi privati (Rientrano in questa categoria quelle unità immobiliari che per tipologia, dotazione di impianti e finiture sono destinate all'attività professionale)
Ipotizzando, per semplificare, che la rendita catastale della casa posseduta in Italia sia di 1'000 euro, con il 5% il valore ammonterà a 1'050 euro che, con il nuovo moltiplicatore di 160, comporterà un aggiornamento della rendita catastale a 168'000 (1'050 x 160). Se il bene posseduto fosse stato considerato "prima casa" l'importo lordo dell'IMU sarebbe stato di euro 672 (168'000 x 4/1000) che, dopo la detrazione fissa di 200 euro e quella di altri 100 euro (ipotizzando due figli a carico), sarebbe diventato un importo netto da pagare di 372 euro. Mentre trattandosi di "seconda casa" l'emigrato, non potendo usufruire di alcuna detrazione e con una aliquota del 7,6 per mille, su quello stesso bene dovrà pagare una imposta di 1'276,80 euro ( 168'000 x 7,6/1000), cioè ben 904,80 euro in più!
Una cifra enorme che, aggiunta alle altre spese fisse che si debbono pagare quando si possiede una casa o un appartamento in Italia (corrente elettrica, acqua, gas e Tarsu), potrà scoraggiare molti emigrati dal continuare a mantenere una tale proprietà per un bene del quale ci si avvale per brevi periodi nell'anno o il cui costo può diventare insopportabile economicamente per molti proprietari emigrati che devono vivere con la sola pensione. Il risultato sarà che, loro malgrado, si vedranno costretti a vendere la proprietà dopo di che si sfilaccerà inesorabilmente il loro legame, ed anche quello dei figli,  con la terra di origine impoverendo ulteriormente molti comuni che spesso vivono proprio della ricchezza che vi portano ogni anno il loro emigrati.
Tuttavia per gli italiani che lavorano all’estero per lo Stato italiano (per esempio i diplomatici), quindi non per i comuni emigrati, è stata riconosciuta un’aliquota IMU ridotta di 0,4 punti percentuali e la detrazione di 200 euro se l’immobile in Italia è adibito ad abitazione principale.
Complimenti a coloro che in Parlamento hanno consentito questo salasso per gli italiani all'estero!
Chi vorrà saperne di più potrà rivolgersi ad una sede del patronato ITAL-UIL (www.ital-uil.it), oppure ad un Circolo della UIM (www.uim.it), che, attraverso il CAF-UIL, potranno calcolare e rendere possibile anche il pagamento dell'IMU senza doversi recare il Italia. (dino nardi*\aise)
* Coordinatore UIM Europa e membro Cgie

Madagascar, quando la caccia ai ladri di bestiame diventa un massacro





Operazione Tandroka” è il suo nome ufficiale. La tandroka è una piccola rana del Madagascar. Ma il nome corretto dovrebbe essere “Operazione massacro”.
A settembre, le forze di sicurezza del Madagascar hanno lanciato una campagna per porre fine ai furti di bestiame, soprattutto mucche e zebù,  nella parte meridionale dell’isola.
In passato la figura del dahalo, il ladro di bestiame,  faceva a pieno titolo parte della cultura tradizionale del Madagascar meridionale: diventare dahalo segnava il passaggio dall’adolescenza all’età adulta (con buona pace delle comunità cui venivano portati via gli animali).
Ma ora, secondo il governo, dietro quest’attività c’è la regia del crimine organizzato.
Quello che è certo è che, prima del lancio dell’”Operazione Tandroka”,  nelle attività di contrasto all’abigeato erano stati uccisi 14 membri delle forze di sicurezza.
I risultati ufficiali dell’ “Operazione Tandroka” sono, secondo il governo, lusinghieri: in meno di un mese, nella regione di Anosy, sono stati uccisi 40 ladri di bestiame e ne sono stati arrestati 76.
Gli altri risultati di cui il governo tace, denunciati invece da Amnesty International, sono questi: anziani, disabili, persone con difficoltà motorie e bambini bruciati vivi nei villaggi dati alle fiamme dalle forze di sicurezza.
Nel distretto di Elonty, a settembre, le forze di sicurezza hanno appiccato il fuoco a 95 abitazioni uccidendo almeno 11 persone tra cui una bambina di sei anni.  Una scuola è stata rasa al suolo e i raccolti sono stati distrutti: le forze di sicurezza hanno replicato di aver distrutto solo le coltivazioni di cannabis.
Ancora più grave appare il bilancio degli scontri tra le comunità250 persone uccise nella sola città di Fort-Dauphin. In un altro villaggio, seppur avvisate di un’imminente spedizione punitiva, le forze di sicurezza hanno lasciato fare, limitandosi alla fine a contare il numero dei morti uccisi a colpi di machete: 86.
Amnesty International, che già nel suo Rapporto annuale 2012 aveva denunciato le violazioni dei diritti umani nel paese, ha sollecitato il governo malgascio a mettere sotto controllo le forze di sicurezza, in particolare le Forze speciali d’intervento, e ad avviare un’inchiesta indipendente su questi massacri, se necessario chiedendo l’assistenza degli esperti delle Nazioni Unite.
A maggio ci saranno le elezioni presidenziali: questi mesi di violenza, che vanno ad aggiungersi a cinque anni di crisi politica, gettano un’ombra inquietante sui rischi per la sicurezza della popolazione civile nella campagna elettorale.
Fonte: corriere.it
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La generosità





Vero è una aspirante suora…ormai aspirante da più di 20 anni..una donna grande e grossa, con tantissimi capelli lunghissimi.. e di una  delicatezza molto particolare con tutti gli ammalati . E’ la seconda volta che viene ricoverata qui , o come preferisce dire lei, viene qui a fare la vacanze. Si è  portata da casa un rotolo di  fehiara, una fibra plastica, che sa intrecciare benissimo per fare borse per la spesa. Ne ho comprato altri rotoli e le ho chiesto di insegnare agli ammalati interessati… E’stata molto contenta di questo incarico particolare. Ha voluto anche due quaderni: uno per registrare le borse finite da vendere e la fehiara utilizzata e l’altro per le osservazioni dell’insegnante. Quest’ultimo è segretissimo  e nessuno lo  può vedere tranne me.  Ogni mattina la sua frase d’esordio con i suoi alunni è sempre la stessa:  “Dovete approfittare oggi se volete imparare,  perché domani viene sicuramente mio fratello a prendermi”  e con me:”Enrica, bisogna avvisare mio fratello che aspetti qualche giorno a venire perché io qui sono occupata…” In realtà suo fratello, che è un prete, l’ha accompagnata qui 4 mesi fa e poi non si è mai più visto…..Quando sta bene, Vero va personalmente a vendere le borse al mercato  e al suo ritorno, tutti si fanno trovare pronti  per la  distribuzione dei soldi che ha guadagnato. Lei ne dà a tutti quelli che le sembra ne abbiano bisogno: ai bimbi per le mutande, a  Monique per  l’olio per i capelli, a Marie per un paio di ciabatte.. alcune volte  ha distribuito soldi anche sulla strada ai passanti con vestiti stracciati … Berthine, che divide con lei la stanza , è sconfortata ed  ha chiuso a chiave i suoi vestiti in uno sgabuzzino “ Dobbiamo fermarla perché non è padrona del suo corpo… adesso le ho detto che prima di dare via qualcosa deve chiederti il permesso, Enrica …”  E’ vero che aveva  7  pantaloni  e gliene sono rimasti 3, che aveva 4 vestiti gliene sono rimasti due , quattro  piatti e gliene è rimasto solo uno.. ma  per la verità gliene serve solo uno … Secondo me  sa benissimo quello che fa.
Julia è una insegnante di filosofia di Tulear, laureata in 4 anni anziché in tre (ci tiene a specificare sempre che all’inizio ha fatto fatica…). Parla molto ed è  molto simpatica, ma è sempre un po’ in ansia per l’alimentazione. Lei mangia alla cantine, ma diciamo che integra o meglio immagina di integrare il menù con altre cose ..Nel bel mezzo delle visite, quando l’ufficio della dottoressa è pieno di gente,(..nel rispetto  della privacy), ecco che puntualmente si fa avanti Julia : “scusatemi, fatemi passare , solo una domanda dottoressa, posso mangiare la marmellata?”, “E la maionese?”” E il gelato?”… ormai ci dovrei essere abituata, come si fa a stare seri??...immaginatevi  la faccia degli altri malati a queste domande…Soprattutto dei nuovi arrivati: d’istinto guardano me, l’unica straniera, con lo sguardo di…dei bambini che fanno <>, e occorre avvertirli che  qui di gelato, marmellata e maionese neanche l’ombra..ma che ci sono altre cose buone. Solo Julia sostiene di averne una scorta nel frigo(…) della sua camera….
Ma c’è stato un giorno che  Julia ha avuto la sua rivincita: ha ricevuto davvero una marmellatina , quelle minuscole dalle colazione in hotel ed è venuta trionfante a farcela vedere a tutti...  poi  l’ha divisa tra tutti ,  anche tra quelli che l’hanno sempre presa in giro per le sue domande…
Ieri notte è piovuto molto forte e la sua stanza singola, pur essendo nello  stabile più recente, si è allagata. Al mattino mi è corsa incontro  piangendo e chiedendo di andare a casa … io le ho proposto piuttosto di cambiare stanza…fino a che avremo riparato il tetto, ma poi la dottoressa  Helene mi ha detto che la mandava a casa per non avere problemi..”Ma quando tornerà?” ho chiesto, in quanto non è di certo guarita.. “Quando le giornate saranno secche”mi ha risposto la dottoressa . Sul suo carnet è stato scritto che è in uscita libera finché le giornate non saranno secche … Quindi ci siamo salutate e l’aspettiamo tra una settimana, un mese..forse 3 mesi … solo Dio lo sa.  Siamo un ospedale strano …
Baopascaline viene sempre a prendere il suo pasto con almeno 3 ore di ritardo: colazione alle 10, pranzo alle 3 del pomeriggio,  cena..diciamo che spesso salta la cena perché quando si presenta è già stata chiusa baracca e  le cuoche dormono. Al richiamo dei pasti , automaticamente, si dirige spedita a lavare i vestiti..Non c’è niente da fare. Ma c’è da dire che quando finalmente si fa viva, lo fa con grande stile. Io mi godo sempre lo spettacolo: mentre è ancora lontana comincia  a salutare, come se non ci si vedesse da mesi, poi  si appoggia al  bancone deserto e prima di toccare il suo riso vuole fare almeno mezz’ora di chiacchiere con le cuoche ormai rassegnate.. poi fa un paio di balli di ringraziamento, e finalmente si avvia verso la sua camera con il piatto di riso. Dicono che è furba e non vuole fare fila, ma secondo me non è solo questo..la mia teoria è che per lei, abituata a non avere niente, venire a prendere il pasto è un rito, con un suo cerimoniale dove lei deve essere la protagonista …
Un’altra  sua  particolarità è che nel camminare  ogni tanto si incanta: fa un passo avanti  e uno indietro, uno avanti e uno indietro anche cento volte.  Da sempre. La cosa buffa è che a forza di farglielo notare, se ne rende conto anche lei  e quindi nel bel mezzo dell’inceppo, ha preso l’abitudine di dire” En panne aho!En panne aho! Vonjeo aho!”cioè “ Sono in panne, sono in panne, aiutatemi”...come un’auto! Mi è  andata di traverso una banana dal ridere… la prima volta che ho capito cosa stava dicendo … la situazione si risolve sempre con qualcuno che la chiama, o le da una spintarella e lei si rimette in moto regolarmente con un gran sorriso …
Adesso da qualche mese ha trovato un lavoretto (che chiaramente fa nelle ore dei pasti…): va a spazzare il cortile di una casa vicina e per la prima volta dopo vent’anni riceve un salario. Un salario in frutta: mango, banane, nespole… e ogni giorno, tutta contenta, condivide con quelli che conosce (anche con me..) tutto quello che ha ricevuto. Non le rimane mai niente in mano alla sera  e va  bene così…
Questa è una cosa che mi riempie il cuore di meraviglia ogni giorno … Forse che i malati mentali  sanno essere generosi  perché non si rendono conto davvero del valore delle cose, perché non sanno guardare al futuro???  Non ci credo.
 Credo piuttosto che siano incredibilmente generosi perché si rendono conto meglio di tutti noi del vero e unico valore delle cose:  condividerle.
E’una facoltà che la malattia stessa ti dona  .. chi sa di avere bisogno di aiuto ogni giorno…quando  finalmente ha qualcosa da poterti dare, quando è il suo momento … non perde tempo!
In questo senso è vero: la maggior parte degli ammalati  non sa vedere oltre… oltre alle persone che gli sono messe accanto e per quelle è pronta a spendere tutto quello che ha.
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Detenuti: condannati anche alla malnutrizione cronica


In Madagascar dopo il colpo di stato del 2009 l’economia del paese è precipitata ed anche il sistema carcerario si sta rapidamente deteriorando. Nel 2008 l’Unione Europea ha stanziato 2,5 milioni di dollari alle ong impegnate a migliorare le condizioni dei centri di detenzione, ma questi fondi andranno esauriti entro la fine di quest’anno e non si sa se il Ministero della Giustizia, il cui bilancio è stato ridotto del 40% nel 2011, avrà denaro per il 2013. Tra i problemi più urgenti da fronteggiare emerge la malnutrizione cronica, alla quale sembrano “condannati” i detenuti malgasci oltre che alla pena giudiziaria. La relazione per il 2011 sui diritti umani in Madagascar, curata dal Dipartimento di Stato americano, ha evidenziato che questa piaga colpisce fino a due terzi dei detenuti di alcune carceri ed è per loro la causa di morte più comune. Nel 2008 il Ministero della Giustizia aveva pianificato un incremento delle razioni giornaliere nelle prigioni, ma i benefattori hanno congelato gli aiuti in conseguenza del colpo di Stato, e i bilanci di tutti i ministeri sono stati ridotti. Nel mese di luglio 2012, Medicins du Monde, una delle 5 ong attive in 24 prigioni nel nord del Madagascar finanziate dall’Unione Europea, ha distribuito razioni extra di Koba - arachidi schiacciate - e manioca ai prigionieri malnutriti.
Anche se i fondi per le carceri sono diminuiti, continua ad aumentare il numero dei detenuti. Le 83 prigioni del paese erano state preventivate per accogliere 10.319 carcerati, ma in realtà ne ospitano 19.870. Il sovrappopolamento è spesso del 100%. Si possono trovare 150 persone in una cella prevista per 40. Oltre al cibo sono molto precarie le condizioni igieniche, mancano acqua e sapone per tutti i carcerati e la sfida contro i topi è costante. Secondo l’ Handicap International (HI), nel 2012 l’80% dei detenuti sono stati abbandonati dalle rispettive famiglie, spesso perché quelle più povere non sono in grado di assisterli economicamente. Oltre 3/4 della popolazione del paese vive con meno di 1 dollaro al giorno. L’HI ha anche sottolineato il fatto che metà dei detenuti malgasci soffre di diverse forme di disturbi mentali. Inoltre solo il 47% sono condannati, mentre tanti trascorrono anni in attesa del giudizio. (AP) (26/11/2012 Agenzia Fides)

Il Peperoncino: No alle solite leggende: può far bene, ma anche male, molto male


 Fa bene al sesso”, “cura tutte le malattie”, dicono nei bar di provincia nel Sud d’Italia e del Mondo, dall’India alla Calabria, dalla Cina all’Abruzzo, dal Messico alla Spagna, da Cuba al Brasile (e ora ovviamente nei più balordi siti di Internet), i religionari del piccante, coloro che seguendo i mangiatori dozzinali Mao Tse Tung e Che Guevara (per i quali “il piccante è rivoluzionario”) in cuor loro si sentono eroi del dolore “virile” (perché questo, sotto sotto, è il problema…), quello da bruciore, proprio come i Cinesi amano (e patiscono per questo i tumori a bocca ed esofago) oltre al piccante anche il bollente (tè e zuppe, ma anche semplice acqua bollente) che fanno soffrire “ma temprano”. Sono i sostenitori fanatici autonominatisi “esperti” del peperoncino piccante, capaci anche se non sanno leggere e interpretare uno studio e odiano la scienza, di scrivere perfino opuscoli e “libri” che ne elencano senza il minimo senso critico mirabolanti proprietà, sempre ignorando o tacendo sui suoi effetti secondari gravi. E’ un fanatismo, una religione.
Piace a tutti, certo, insaporire con un sapore deciso un piatto evidentemente scondito. Ma perché era scondito? Questo è un altro punto da sottolineare: non si usano per ignoranza e insensibilità le tante erbe aromatiche e i tanti sapori delicati offerti dalla Natura, e si preferisce coprire tutto con un solo sapore pungente, rozzo e invadente che fotografa in modo impietoso la mancanza di gusto e raffinatezza del cuoco. Fateci caso: i grandi utilizzatori del piccante in genere non capiscono nulla di gastronomia, sono gente di bocca buona. Il piccante anestetizza la lingua e il gusto.
Nonostante le superstizioni del popolino risalenti ai tempi degli Antichi, quando i tanti poveri invidiavano il pepe dei pochissimi ricchi, il piccante ha sempre un valore biologico negativo. Alla luce dell’ecologia e dell’evoluzione, il sapore piccante è interpretato come un segnale di pericolo da parte della Natura, un avvertimento della specie al predatore (e l’uomo, tanto più se vegetariano o naturista, dopo gli animali erbivori è il “predatore” per antonomasia di vegetali), proprio come gli aculei d’un istrice o le affilate unghie d’un gatto dovrebbero dissuadere i loro attaccanti carnivori. La differenza è che il piccante “avverte” in tempo il predatore: si pensi ai tanti funghi velenosi di sapore piccante.
E che il peperoncino possa non solo far bene (è, tra l’altro, antidolorifico e mucocinetico), ma anche far male, non è frutto di chissà quali revisionismi anti-Natura di oggi: è ingenuo, sottoculturale e anti-naturista idealizzare la Natura come “buona” in ogni caso, come ben sapeva il saggio Socrate mentre beveva la cicuta. Del resto la selezione dei cibi tra tutti quelli possibili, spezie comprese, è interamente opera dell’Uomo. Già nel mio Manuale di Terapie con gli Alimenti (1995) sulla base di numerosi studi, anche di ricercatori indiani, che di piccante s’intendono e vedono ogni giorno numerosissimi cancri alla bocca, allo stomaco e al fegato (l’Estremo Oriente è primo al Mondo!) si poneva il problema dei danni da cibi piccanti. Come, p.es, lo studio di oncologi di Bombay (India) sui topi, il quale evidenzia che «chilli acts as a promoter in stomach and liver carcinogenesis», cioè il peperoncino agisce come un promotore della carcinogenesi in stomaco e fegato (Agrawal et al.), lo studio di Toth e coll. che avevano osservato tumori duodenali in animali trattati con capsaicina, e lo studio degli indiani Chitra e coll.

Un problema dibattuto è se aumenti o diminuisca il rischio ulcera gastrica, e irriti o lesioni fegato e reni. Su questo ci sono studi con esiti diversi: alcuni (Myers e coll). hanno documentato danni al DNA e sanguinamenti nello stomaco simili a quelli ottenuti con l’aspirina; altri dopo un pasto “messicano” con 30 g di peperoncino jalapeño in 12 volontari non hanno visto erosioni allo stomaco (Graham e coll.). Del resto, tutte le spezie se usate in eccesso, cronicamente e insieme tra loro (il che spesso amplifica gli effetti, positivi e negativi), danno rischi. Come la yaji, popolare salsa ricca di spezie (peperoncino, pepe nero, chiodo di garofano e zenzero) usata quotidianamente in Nigeria, che ha fatto mettere le mani nei capelli ai biopatologi nigeriani in uno studio che riporta il maggior rischio di necrosi del fegato (Nwaopara e coll.) e altri danni tra cui una potente reazione immunitaria, infiammazioni, e nei casi più gravi nefropatie, lesioni cutanee, fibrosi, cirrosi epatica (A.A. Eddy). Ma sono evidentemente, come nella dieta di alcuni strati popolari urbani in Asia e Africa, casi legati ad alimentazione carente di cibi antiossidanti, poco o nulla riferibili alla nostra alimentazione. Però denunciano quello che potrebbero fare le spezie se assunte in modo sbagliato e in diete sbagliate, come può accadere anche da noi in anziani, malati, giovani, soggetti culturalmente isolati ed emarginati. Più vicini a noi i rischi di irritazione e infiammazione nell’ultimo tratto intestinale e ancor più alle vie urinarie, e talvolta – nei casi di abusi prolungati –  con maggior rischio di prostatite (la prostata è molto sensibile alle spezie irritanti) e perfino, a lungo andare, di tumore della prostata.
Il pungente peperoncino aiuta come efficace mucocinetico a eliminare il catarro bronchiale, ma intanto provoca quel sintomo leggero e passeggero chiamato ialoproctite (bruciore anale). Per uso topico, cosparso in soluzione oleosa sulla parte dolorante, è un potente antidolorifico (infatti era presente nel rimpianto “Linimento Sloan”), perché interrompe la trasmissione del dolore attraverso le fibre nervose periferiche C (ma in alcuni casi agisce perfino sui neuroni centrali, ha provato la rivista Pain), attutendo o facendo cessare dolori e pruriti post-erpetici che magari duravano da anni (“fuoco di S.Antonio” o herpes zoster).
Ma in individui e diete a rischio può provocare nuovi e gravissimi dolori, quelli da tumori della bocca, della gola, dell’esofago ecc. Vale la pena abusarne? No, decisamente no. E talvolta non vale neanche la pena usarne. Ai primi problemi, ai primi sintomi anomali, meglio smettere del tutto, e ricorrere semmai ad altre spezie. Oltretutto il peperoncino ha sapore, ma non ha odore. Che per una spezia non è il massimo.
Il peperoncino, stando ai tanti studi pubblicati e alle inesorabili statistiche mediche, si comporta proprio come un "condimento del diavolo": fa insieme bene (piccole quantità e uso sporadico) e male (grandi quantità e uso quotidiano). Come si usa fare in Oriente e solo in poche zone d’Italia (Calabria, Abruzzo). Consumarlo spesso o in abbondanza, e senza accompagnarlo nel medesimo pasto da molti cibi protettivi (dal peperoncino!), come insalate crude abbondanti e frutta e perfino latte, fa solo male. Parlano gli studi epidemiologici in Asia e Sud del Mondo, ma anche i consigli degli urologi. Si sapeva già del maggior rischio di irritazione alle vie urinarie e di tumori alla bocca e alle alte vie digestive. Ora emerge anche il rischio prostata.
''Il peperoncino – spiega il prof. Vincenzo Mirone, presidente della SIU (Società Italiana di Urologia) – usato spesso come Viagra dei poveri, non deve essere consumato in eccesso, se si vogliono evitare guai e rischi di tumore alla prostata. Un uso sconsiderato infatti infiamma la ghiandola, stimolando il desiderio nell'uomo da una parte, ma facendo venire anche la prostatite, legata ai tumori, così come dimostrano gli ultimi studi scientifici'' (Giornata europea di informazione sulle malattie della prostata. Ansa, 12 settembre 2007). E il tumore della prostata è la principale causa di morte per tumore nella popolazione maschile, dopo quello al polmone. “Il peperoncino non va consumato più di due volte a settimana", raccomanda l'esperto. "Una notizia, questa – commenta con ironia il prof. Franco Cuccurullo, presidente del Consiglio Superiore di Sanità e rettore dell'Università di Chieti – che in molte Regioni del Meridione potrebbe condurre alla pubblica lapidazione chi le diffonde. Ma non bisogna avere paura di dire la verità quando di mezzo c'è la salute". Perciò occorre maggiore divulgazione: “Al sud – ha ricordato – si fa un uso smodato di peperoncino. Dobbiamo dire a tutti che non è senza conseguenze”(Agi, 12 settembre 2007).
E il prof. Fabrizio Iacono, urologo dell’università «Federico II» di Napoli, conferma: «I cibi piccanti, contrariamente ai luoghi comuni sul loro valore afrodisiaco, sono da evitare perché creano infiammazione» (interv. M. Pappagallo, Corr. Sera. 20 agosto 2012). E soprattutto «Il peperoncino abbinato a un superalcolico potrebbe essere causa di défaillance imbarazzanti: o nulla o troppa velocità (eiaculatio praecox)». Insomma, lavox populi e tutti gli opuscoli e articoletti sul web e i dépliant del Capsor sbagliano. E meno male che Iacono, Mirone e Cuccurullo sono tutti uomini di scienza meridionali! Essendo intelligenti prendono le distanze dalle superstizioni tipiche del Sud.
Triste parabola del piccante. Un tempo il pepe, altra spezia utile ma irritante, importato via Samarcanda da Giava e Malabar, era un costosissimo condimento da Re. Nei forzieri del Tesoro pubblico dell'antica Roma imperiale c'erano sacchi di pepe, come se fosse oro, per tacere degli Horrea piperataria. Per millenni i poveri hanno invidiato ai ricchi due sapori che non potevano facilmente avere: il dolce e il piccante. Ma il secondo è il più raro in Natura. Grazie a Cristoforo Colombo che lo importò dall'America, col peperoncino, che è economicissimo e cresce dappertutto, anche sul davanzale d’una finestra, finalmente anche i poveri potevano conoscere il sapore piccante. E si sentirono tutti Re.
Ma nel piccante c'è il tranello. Già il sapore dovrebbe mettere sull’avviso. Il piccante, come l’amaro, in una visione evoluzionistica dei rapporti trofici tra animali e piante, è considerato una allarme. Nella lotta incessante tra piante e animali predatori, la Natura sembra “difendere” le piante con pesticidi antibiotici o antinutritivi o fitormonali o comunque tossici, che allontanano o puniscono la specie degli invasori. Ma che pensare d’un veleno di difesa che "tradisce" la specie vegetale che dovrebbe difendere facendosi "scoprire" per il suo sapore piccante? Gli etologi e gli entomologi ci diranno se insetti e bruchi siano in grado di percepire il piccante. E i predatori mammiferi? E l’Uomo, che a differenza degli animali, consumatori eventuali e casuali, ne è talvolta un grande consumatore? Quel che è certo, è che gli uccelli non sentono il piccante del peperoncino, e infatti hanno contribuito mangiandone le bacche a diffonderne i semi in varie parti del mondo.
Dopo la pubblicazione del mio "Manuale di terapie con gli alimenti" della Mondadori, distrutto dallo stress e ancora timoroso su come un librone di 760 pagine, con 3200 riferimenti scientifici (una cosa che neanche esisteva nelle università Usa, figuriamoci in quelle italiane), sarebbe stato accolto dal largo pubblico italiano, mi rinfrancai solo grazie ad una commovente lettera d'un anziano di 80 anni che mi ringraziava come se io fossi stato un taumaturgo. Il poveretto soffriva da 10 anni di herpes zoster ("fuoco di S.Antonio") con dolori lancinanti e-o prurito. Sul mio libro aveva letto, alla voce "Dolore" lo studio con cui i ricercatori avevano provato che la capsaicina – il principio attivo pungente del peperoncino – attraverso la sostanza P riesce, in un complesso meccanismo d'azione, a interrompere la trasmissione del dolore. Il vecchio si era fatto da sé o aveva commissionato in farmacia, seguendo le indicazioni del mio libro, un "olio al peperoncino" non molto diverso da quello per uso alimentare, lo aveva spalmato sulla parte dolorante, massaggiando bene. E, riferiva che per la prima volta in 10 anni il dolore e il prurito erano del tutto scomparsi.
Oltre questo uso "topico", locale, l'uso alimentare è ben noto. Porta vantaggi, come una capacità mucocinetica, ovvero tale da umidificare l'albero respiratorio ed espellere il muco. Alle volte, quando si è un po' raffreddati e intasati, un brodo piccante con peperoncino ci fa bene. Ed ha anche un’azione antiossidante. Ho letto studi che lo considerano addirittura anticancro, ma evidentemente in organi diversi da quelli di cui stiamo parlando. Ha anche un curioso effetto paradosso: secondo alcuni, stimolando a reagire la mucosa gastrica (“reazione adattativa”), come dire, ipotonica, in alcuni casi potrebbe aumentare perfino le difese anti-ulcera. Ho proprio letto così in un lontano studio, e perciò ho inserito questa proprietà difensiva nella voce "Peperoncino" dell’enciclopedico manuale Alimentazione Naturale.
Ma alcuni studi più recenti su giovani volontari sani consumatori della tipica "pizza di New York" tanto di moda tra i latinos, perché al peperoncino piccante messicano "jalapeno", hanno evidenziato preoccupanti microlesioni a livello dello stomaco.
In epidemiologia, poi, sono dolori. E’ ormai super-provato che i popoli dell’estremo Oriente, forti consumatori di peperoncino, pepe e altre droghe molto piccanti (e tra i vari cibi piccanti, come pepe e peperoncino, sono analoghi i pregi, i difetti e i meccanismi d'azione, al contrario di quanto crede la gente), hanno un maggior rischio di tumori al naso, alla bocca, alla laringe e all'esofago.
Quindi il sapore piccante, di per sé, è una spia di cibo potenzialmente tossico, che solo una dieta antiossidante ricca di verdure e frutta può neutralizzare e consentire, entro certi limiti (es: una dieta naturale all’antica). Basti pensare ai tanti funghi piccanti, stupidamente ricercatissimi e a caro prezzo, proprio nelle stesse province in cui si eccede in peperoncino, tutti velenosi, poco, molto o moltissimo (alcuni potenzialmente mortali: dipende dalla quantità e ripetizione del pasto, perché la tossina si accumula), da Lactarius acerrimus, il fungo “asquant” del Barese, a L. piperatus, in Calabria essiccato e polverizzato come se fosse peperoncino, alle russole piccanti, come R. emetica o peperino.
Così come sono tossici molti altri composti naturali anche poco piccanti, come gli indolo-glucosinolati delle Brassicacee (rucola, ravanello, rafano, broccoli, crescione, rapa, broccoletti di rapa, ecc.), che proprio grazie alla loro tossicità spingono addirittura all’apoptosi o suicidio programmato le cellule cancerose. La Natura ha tanti, apparenti contrasti: in questo caso “chiodo scaccia chiodo”. 
Fatto sta, e tutti i medici urologi lo sanno, che molti, anche in Italia, dopo aver ripetutamente consumato cibi ricchi di peperoncino manifestano bruciore e perfino difficoltà alla minzione, o minzioni ripetute (stranguria, come l’eccesso di crescione, in cui però prevale l’effetto anticancro dei tiocianati), o la già detta ialoproctite, caratteristico bruciore anale alla defecazione.
Ma il maggior rischio di cancro da spezie piccanti degli Orientali va interpretato con intelligenza. Quei popoli per ragioni igieniche consumano di rado verdure crude (protettive delle alte vie digestive) e poco o niente latte (tranne che in India), anch’esso protettivo. E per di più hanno una dieta complessiva ad alto rischio, perché insieme col piccante ingeriscono ogni giorno per tutta la vita anche una quantità di salsa di soia, cibi affumicati o sotto sale (presenza del radicale N-nitroso, quindi nitrosamine, e poi muffe, aflatossine e altre sostanze cancerogene). Il piccante in eccesso, in quel contesto a rischio, è la ciliegina sulla torta.
Da noi, in Europa e specialmente in Italia, dove il piccante è meno frequente per l’idiosincrasia di casalinghe e cuochi verso le spezie, e comunque il peperoncino viene tamponato dalla tipica abbondanza di verdure, frutti crudi, latte e latticini, il rischio è di gran lunga minore. Tanto che, ma solo in rari casi, potrebbero prevalere i vantaggi del dannatissimo "pepe rosso" o "della Cayenna", imitazione popolare del pepe dei Re. Ma non in paesini e regioni dove il peperoncino è talmente diffuso nella dieta da essere diventato ormai un condimento quotidiano, anzi, una sorta di emblema abusivo del mangiar bene e della buona salute.
In ogni caso, prudenza e molta moderazione con questi "veleni naturali". Non fatevi convincere da certi opuscoli di esaltati, come capitò a me da giovanissimo, quando spargevo peperoncino su tutte le pietanze, a pranzo e a cena. Non imitate i montanari calabresi della leggenda che mangiavano il peperoncino piccantissimo (“diavolicchiu”) a morsi, accompagnandolo solo con poco pane e molto vino, e fumandoci pure sopra. Consumatelo di rado, in polvere, quindi ben amalgamato ai cibi, in piccole quantità e durante pasti abbondanti, ricchi di verdura e frutta fresca, per esempio arance. E, se siete uomini, non più di una o due volte a settimana, come consigliano i medici della SIU. E ai primi sintomi (bruciore, stranguria ecc.) smettete.
Alcuni costituenti del peperoncino sono irritanti, il che potrebbe plausibilmente aumentare l’infiammazione nello stomaco. In sintesi [sul forte consumo di peperoncino]
 “esiste una evidenza che suggerisce una sua associazione con un aumentato rischio di cancro allo stomaco”.
In altre parole, i severi criteri scientifici usati dai due organismi nel valutare gli studi finora pubblicati fanno sì che il maggior rischio statisticamente significativo ci sia, anche se non alto. Il che non vuol dire "basso rischio", sia chiaro, ma solo che finora non si è ancora riusciti ad avere le prove di un rischio alto. Il che è comprensibile, vista la difficoltà estrema di separare il consumo di un cibo – tanto più di una spezia che si misura in grammi o decigrammi – dalla dieta generale di un individuo o di una popolazione. Fatto sta che questa semplice prova di rischio deve mettere in moderato allarme, spingendoci ad evitare ogni eccesso.
E tanti studi epidemiologici in estremo Oriente mostrano alti tassi di tumori alla bocca, al naso e alle alte vie digestive, per l’abuso tipico degli orientali di alimenti piccanti, soprattutto peperoncino, uniti a cibi conservati sotto sale, e non accompagnati da adeguati consumi di verdure e latticini, come invece accade in Occidente.
Infine il problema della eventuale cottura. Può essere cotto il peperoncino? No, assolutamente: il calore distrugge parte dei suoi principi attivi. In India, dove però si abbonda in piccante e anche il peperoncino viene mescolato ad altre spezie (p.es. è nel curry), può capitare che sia cotto o più spesso (e più correttamente) aggiunto in fine cottura. La differenza è una questione di tempi e di consistenza. Si può tollerare che sia aggiunto a pezzetti in fine cottura al riso e coinvolto in un minuto di cottura, ma non quando è in polvere: va aggiunto a fuoco spento o direttamente sui piatti, a seconda dei gusti di ognuno.
Fonte Nico Valerio http://alimentazione-naturale.blogspot.it
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