Lo stallo politico, i
problemi di finanziamento, nonché innumerevoli ostacoli logistici stanno
minacciando di far deragliare
definitivamente le elezioni
presidenziali, le prime dal colpo di Stato del 2009 che ha affossato l'isola in
una crisi profonda. Già fissata
per il prossimo 24 luglio, di fronte alle contestazioni sulla legittimità di
alcuni candidati, il governo ha deciso
di spostarne nuovamente la data,
stavolta al 23 agosto.
Dalla primavera del 2009,
quando il presidente Marc Ravalomanana è stato costretto a dimettersi dal
potere militare dopo scontri violenti con i manifestanti anti-governo, il
Madagascar non ha più avuto un presidente eletto. Caduto Ravalomanana, i
militari hanno prontamente consegnato il potere in mano al leader
dell'opposizione Andry Rajoelina, che ha immediatamente sciolto i due rami del
Parlamento.
Sotto il governo di
transizione guidato da quest'ultimo, le elezioni presidenziali, inizialmente
previste per il 26 novembre 2010, sono state rimandate ben quattro volte.
Motivo per cui l'Unione Europea, gli Stati Uniti e altri Paesi hanno bloccato gli aiuti economici all'isola, mentre
l'Unione africana l'ha sospeso finchè non tornerà a essere uno Stato di
diritto.
A due anni dalla caduta del
presidente, il 16 settembre 2011, Rajoelina e tre dei quattro maggiori partiti
d'opposizione avevano firmato un piano d'azione politico in cui veniva impedito
all'ex presidente e all'attuale leader di candidarsi per un ulteriore mandato.
Il documento prevedeva inoltre che altri eventuali candidati avrebbero dovuto
dimettersi da qualsiasi incarico governativo.
Eppure finora tre dei 50 candidati si
sono presentati nonostante la palese violazione dell'accordo e la pressione
internazionale a ritirarsi. Si tratta dell'attuale presidente a interim,
Rajoelina, l'ex presidente Didier Rastiraka (in carica tra il 1975 e il 1993 e
dal 1997 al 2002) e Lalao Ravalomanana, moglie dell'ex presidente spodestato.
Rajoelina inizialmente aveva dichiarato di non voler correre per la presidenza,
ma ha poi cambiato sorprendentemente idea.
Vista la situazione di stallo politico,
ai tre canidati e rispettivi coniugi è stato vietato l'ingresso nell'Unione
europea. Per quanto riguarda i restanti candidati, ecco un fotomontaggio di
coloro che vanno preparandosi fin dal 2011:
La crisi nella leadership del Paese ha avuto conseguenze di
vasta portata ben oltre l'arena politica, come segnala un rapporto della Banca Mondiale:
- L'economia è in stallo,
il reddito pro capite è diminuito.
- La povertà è in netto
aumento.
- La situazione sociale è
peggiorata.
- Le finanze pubbliche sono
sempre più sotto pressione.
- Gli aiuti esteri sono
ancora bloccati.
- Le infrastrutture sono
deteriorate.
- La capacità di far fronte
agli shock interni è gravemente ridotta.
- Finora solo la forza del
settore agricolo ha contribuito a evitare una crisi alimentare.
- I problemi di vecchia
data di governance del Madagascar sono stati esacerbati.
- La resistenza del settore
privato è sempre più messa alla prova.
In effetti oltre il 92 per
cento della popolazione vive con meno di due dollari al giorno. A causa del
forte calo delle opportunità di lavoro in seguito alla crisi, la povertà ha
spinto le donne a prostituirsi sempre di più, una tendenza dimostrata dalle
29.000 lavoratrici sessuali registrate nella città di Toamasina nel 2012,
contro le 17.000 del 1993. Un documentario di Journeyman Pictures affronta proprio queste tematiche.
A complicare una situazione
già tesa, il Paese è stato recentemente colpito dal ciclone Haruna che ne ha devastato gran parte
dell'area meridionale. Alla catastrofe è seguita poi un'infestazione di
locuste, che ha distrutto un'agricoltura già
fragile. Elezioni trasparenti, credibili e tempestive sono viste da molti come
il primo, fondamentale passo verso l'uscita dalla crisi, ma le presidenziali
sembrano ancora lontane. Nel frattempo rimane la domanda: per quanto tempo
ancora ancora il popolo malgascio riuscirà a sopportare in silenzio questi
disagi?
Fonte :La stampa.it TRADUZIONE DI ELENA INTRA
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