In questo inizio 2013 le
elezioni sono state posticipate più volte e non si esclude la possibilità di un
nuovo governo di transizione. I malgasci sono stanchi del protrarsi
dell’incertezza, delle ristrettezze economiche e hanno ormai perso ogni
speranza. «Viviamo in un caos economico, giuridico, politico, sociale, ma
soprattutto morale – spiega monsignor Vella – Mentre le multinazionali stanno
depredando l’isola delle sue ricchezze, i tantissimi, troppi, partiti politici
guardano unicamente al proprio tornaconto e le persone vengono comprate a basso
prezzo». I diritti minimi, come la scuola e l’accesso alle cure sanitarie, non
sono garantiti dallo Stato. Solo il 15% della popolazione accede alle cure
mediche di base e nei villaggi i bambini muoiono ancora per malattie
perfettamente curabili.
«Si può accettare la povertà di una famiglia che vive in una casa di paglia, ma
non è tollerabile che non possa curare i propri figli per mancanza di denaro o
di un ospedale nelle vicinanze. Perché questa non è povertà, è miseria». Anche
nei villaggi più remoti, immersi nella boscaglia, la Chiesa ha costruito scuole
e dispensari che accolgono fedeli di ogni religione. Nel Nord del Paese e nelle
regioni costiere la percentuale dei cattolici è minima: tra il 2 e il 15%. «Ma
le nostre porte sono aperte a tutti», afferma monsignor Vella, ricordando
l’opera encomiabile di tanti sacerdoti, religiosi e religiose che percorrono a
piedi anche cento chilometri per incontrare comunità molto isolate. La
drammaticità del momento sta causando l’abbandono dei tradizionali valori
malgasci - famiglia, solidarietà, rispetto della persona - «sostituiti dalla
brama di potere e dalla voglia di facile guadagno, dal libertinaggio e dal
relativismo esasperato».
L’assenza di
punti di riferimento ha conseguenze tragiche sulla formazione dei giovani. «I
genitori non riescono più ad educare i figli e gli insegnanti, prostrati dalle
avversità, non possono svolgere a pieno il loro dovere. Fortunatamente, e
possiamo dirlo a testa alta, la Chiesa cattolica fa tanto, anzi tantissimo in
questo campo. Per questi ragazzi le nostre scuole rappresentano l’unica ancora
di salvezza». L’educazione è tra le priorità della Chiesa cattolica. «Siamo
fortemente preoccupati per il futuro dei giovani malgasci ed è essenziale
garantire loro il diritto allo studio e alla formazione». Spesso nei villaggi
vi è soltanto la scuola primaria e per proseguire gli studi, ragazzi di soli 11
o 12 anni sono costretti a trasferirsi. Soli, lontani da casa e con pochissimo
denaro a disposizione, gli adolescenti sono esposti a numerosi pericoli.
E per proteggerli la diocesi di Ambanja ha creato “villaggi” in cui vivono gli
studenti, affidati alle cure di una famiglia, oppure di religiose o sacerdoti.
«Da quando abbiamo iniziato, i giovani che continuano a studiare sono
nettamente aumentati – spiega il presule – Con una guida accanto è più facile
per loro non perdersi o correre il rischio di essere sfruttati. Altrimenti, una
volta esauriti i soldi, i ragazzi rischiano di cadere nel giro della
criminalità e le ragazze in quello della prostituzione». In Madagascar la
prostituzione è un fenomeno diffuso – e in alcune zone lo è anche il turismo
sessuale – e spesso sono gli stessi genitori a vendere le figlie adolescenti
per necessità economiche.
Fonte:La
Perfetta Letizia
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