lunedì 1 luglio 2013

La stampa italiana fa schifo



"I senatori e le senatrici M5S smentiscono personalmente e categoricamente ciò che è affermato nell'articolo de La Stampa di Jacopo Iacoboni "I quindici senatori del M5S sull’orlo della scissione". I senatori e le senatrici: Lorenzo Battista, Alessandra Bencini, Rosetta Blundo, Elisa Bulgarelli, Francesco Campanella, Monica Casaletto, Cristina De Pietro, Paola De Pin, Serenella Fucksia, Mario Giarrusso, Barbara Lezzi, Michela Montevecchi, Ivana Simeoni smentiscono personalmente che siano dei "parlamentari decisi ad andar via…". È evidente che la campagna mediatica in atto è tesa a minare le fondamenta del MoVimento al quale si lascia spazio solo per sterili polemiche anziché informare circa il buon lavoro svolto in Parlamento. Si riservano azioni legali nel caso in cui la notizia non verrà smentita direttamente dal quotidiano interessato in quanto i senatori oggetto dell'articolo non hanno rilasciato alcuna dichiarazione in merito." Senatori e senatrici: Lorenzo Battista, Alessandra Bencini, Rosetta Blundo, Elisa Bulgarelli, Francesco Campanella, Monica Casaletto, Cristina De Pietro, Paola De Pin, Serenella Fucksia, Mario Giarrusso, Barbara Lezzi, Michela Montevecchi, Ivana Simeoni

L’articolo incriminato

I quindici senatori del M5S sull’orlo della scissione


Ecco chi sono. Usciranno da epurati con Gambaro o no? Il Pd manda segnali. E Sonia Alfano tesse la tela Adele Gambaro a un passo dall’espulsione è questione che ormai va oltre lei e il Movimento cinque stelle. Proviamo allora a fotografarla, incrociando ogni elemento possibile. Compreso il contesto. 

Ieri Pier Luigi Bersani, rispondendo in un’intervista al Corriere a una domanda sullo «smottamento in corso tra i grillini», ha detto: «Io sostengo Letta, persona intelligente, capace, leale. Ma Berlusconi non pensi di avere in mano le chiavi del futuro. Ci pensi bene. Stavolta staccare la spina al governo non comporta automaticamente andare a votare». E in mattinata l’ex candidato del Pd alla Regione Lombardia, Umberto Ambrosoli, ha twittato, in modo persino più inconsueto per un impolitico: «La mossa di Bersani (predisposizione maggioranza Csx + parte M5s) è buona risposta a chi dice “O Gov approva xyz o stacchiamo la spina”». Come se quella di Bersani fosse una vera e propria «mossa», la «predisposizione» di una maggioranza alternativa a quella Pd-Pdl. 

Potrà apparire bizzarro, ma è esattamente ciò che denunciano i parlamentari del M5s più vicini a Grillo (che tra l’altro martedì faranno un sit in a Roma): sostengono che è in corso un’operazione politica forte, «molto più al Senato che alla Camera perché è lì che servono i voti». Tra l’altro al Senato gli ultraquarantenni sono più sensibili al richiamo del tengo famiglia, mi piglio tutto lo stipendio e mi sistemo. I giovani reggono meglio. Di certo l’uscita di un gruppo di eletti - stavolta davvero, mai come oggi - è vicina. Chi la fronteggia la chiama una «scissione», cercata e voluta con un piano a freddo. Gli altri la chiamano «epurazione». Come che sia, è possibile quantificare questo gruppo che uscirà? Perché che esca pare probabile; la domanda è un’altra: l’uscita avverrà con un’espulsione, o perché i dissidenti se ne vanno? La partita è qui. 
Ancora ieri sera un ordine del giorno dell’assemblea dei senatori per mettere ai voti l’espulsione della Gambaro non c’era; e molti - anche tra quelli che non la pensano affatto come lei - lavoravano per scongiurare questa ipotesi, per la quale invece spingono Crimi e Morra (ipotesi - notare - che sembra paradossalmente gradita agli epurandi). Nel frattempo però è possibile dire quanti siano, e chi, i parlamentari decisi (o costretti, o ben disposti) ad andar via. Al Senato sarebbero quindici, o pochi di più. Si tratta degli emiliani, tre dei quali vicini a Favia. Oltre alla Gambaro c’è l’altra bolognese, Elisa Bulgarelli, che lavorò a lungo con Favia (e anzi, lo rimproverò quando, eletto in Regione, se ne uscì sostenendo che a lui le attiviste stiravano le camicie). Poi Michela Montevecchi, che è stata la capolista in Emilia Romagna (neoletta diceva «io mi aspetto una presa di responsabilità per fare in modo che il governo duri il più a lungo possibile»). Ivana Simeoni, laziale, e Paola De Pin, veneta, sono molto orientate a uscire. Serenella Fucksia, marchigiana, si è battuta molto per la Gambaro e potrebbe seguirla se fosse cacciata. Rosetta Blundo, abruzzese, ci sta pensando, ma non è detto. Cristina De Pietro, ligure, è una che oscilla assai. I siciliani Francesco Campanella e Giarrusso hanno conquistato fin dall’inizio una certa ribalta nel ruolo: sarebbe una sorpresa se restassero. Altri, come Monica Casaletto (lombarda), Alessandra Bencini, o la pugliese Barbara Lezzi, hanno difeso la Gambaro; se ne andranno se lei viene espulsa. 

Non oscilla Lorenzo Battista, il senatore triestino. I friulani - alla Camera anche Walter Rizzetto e Aris Prodani - sono un’enclave che chiama «partito» il Movimento, ha un direttivo, mantiene un’associazione pagata; cose inaudite, nello spirito dei fondatori. Hanno sempre chiesto uno statuto, e alcuni ieri hanno quasi finito di scriverne uno. Alla Camera i numeri non contano, il Pd la maggioranza lì ce l’ha. Gli emiliani del M5S sono sette, anche se non tutti già sicuri. Giulia Sarti, per dire, è un po’ a metà del guado. E è un ago della bilancia. Ci sono Currò e Zaccagnini. 

Grillo e Casaleggio sanno che un’espulsione è un orrore e li fa perdere comunque. «Ma un logoramento con un dissidente ogni due settimane è peggio». Grillo a ritirare il simbolo non ci ha mai pensato, risulta qui. Semmai a volte pensa davvero: sapete che c’è? me ne vado e andiamo tutti a casa. 

Forse può essere interessante notare che, se l’operazione politica giova al Pd, non è il Pd che materialmente ci lavora; Civati assolutamente no, e neanche Sel. Sapete chi entra in gioco? Ingroia e poi l’area De Magistris. Segnalano una Sonia Alfano assai attiva. 
Fonte: La stampa JACOPO IACOBONI
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Cosa sono Google Glass

Da ormai molti mesi si vocifera riguardo i Google Glasses, cosa sono?

Cos’è il Project Glass

Il Project Glass è l’ultimo progetto del colosso di Mountain View, Google, un paio di occhiali che permetterà a chi li indossa di avere avanti ai propri occhi, con una proiezione sulla retina, una realtà più completa rispetto tutti gli altri esseri viventi grazie alla realtà aumentata.

Che cos’è la realtà aumentata?

Per realtà aumentata si intende la percezione sensoriale umana arricchita da informazioni, di solito manipolate attraverso la tecnologia elettronica, che non sono normalmente percepibili attraverso i soli cinque sensi.

Cosa sono i Google Glass


Il Google Glass, secondo i più fondati rumors diffusi da Google stesso e da chi i Google Glasses li ha testati o visti in anticipo alla convention annuale Google I/O, renderà possibile visionare, quando il progetto sarà finito e non ora che è ancora un prototipo, informazioni riguardanti le nostre amicizie sui vari social network, riguardo la realtà che ci circonda come previsioni meteo eventuali informazioni su mezzi pubblici o traffico, indicazioni stradali grazie ai servizi google maps, e tante altre informazioni.


Sergey Brin, fondatore di Google, che indossa un prototipo di Google Glass
Sarà inoltre possibile leggere i messaggi che riceviamo sul nostro smartphone o come instant messaging ed effettuare chiamate e video chiamate con semplici comandi vocali, gli occhiali Google potranno infatti interagire con i dispositivi vicini tramite il bluetooth.
Fino a pochissimo tempo fa tutto questo era solo pura fantascienza ma a breve sarà possibile vivere la propria vita avendo ogni informazione necessaria per poter vivere e godere ogni istante a pieno.

Cosa si prova a indossarli

Piuttosto che descrivere l’esperienza, vi mostriamo questo video pubblicitario prodotto da Google per descrivere cosa si prova a indossare e usare i Google Glass. Per altri video sui Google Glass vai a questa pagina.

Rivoluzione Google Glass: gli occhiali hi-tech entrano in sala operatoria


 Dei Google Glass se ne parla da mesi, sia in termini di funzionalità che di privacy, ancora prima che approdino sul mercato. E dagli Stati Uniti arriva una notizia di un altro possibile impiego: un medico ha indossato gli occhiali a realtà aumentata in una sala operatoria per un intervento di chirurgia allo stomaco e ha documentato il tutto in tempo reale sul suo blog. Il medico si chiama Rafael Grossmann e lavora all'Eastern Maine Medical Center. 

«Ho preso ogni precauzione per assicurare che la privacy del paziente, da cui ho ottenuto un consenso informato, fosse tutelata», spiega Grossman sul suo blog - in un post intitolato "Glass, passami il bisturi" - specificando che lo streaming di video e foto non hanno mai mostrato dati identificativi nè il volto del paziente.

«Volevo dimostrare - aggiunge il medico - che questo è uno strumento intuitivo con grandi potenzialità per la salute, in modo particolare per la chirurgia. Potrebbe migliorare le consultazioni all'interno di una equipe, favorire il parere di esperti dall'esterno, ma anche rivelarsi un utile strumento didattico». 

Grossmann ha indossato i Glass per tutta la durata dell'intervento e le immagini che i suoi occhiali carpivano erano proiettate sul display di un iPad. Oltre al suo blog, il medico ha documentato l'operazione in tempo reale grazie ad un "hangout" su Google, la funzione che permette le conversazioni di gruppo. «Credo sia la prima volta che i Glass entrino in una sala operatoria - conclude Grossmann - siamo riusciti a mostrare anche la tecnica endoscopica in modo veloce, economico e mantenendo anonima l'identità del paziente».
Fonte: Il messaggero



martedì 18 giugno 2013

Treccine e gancio. Anita, avvocato e professionista della boxe italiana

Nata in Madagascar da mamma del luogo e papà italiano Anita Torti, avvocato e pugile, si sta facendo onore negli ultimi anni sui ring di tutto il mondo. E' una delle tre donne professioniste della boxe italiana pesi leggeri. Del paese d'origine della mamma ricorda il profumo dello zenzero e della frutta, a Milano ha appreso l'arte del combattimento. 

Anita Torti, avvocato civilista con studio in via Francesco Sforza, 36 anni, è una delle tre donne professioniste della boxe italiana categoria leggeri. Un mese fa, in Belgio, ha combattuto per il titolo mondiale Wibf perdendo ai punti contro la belga Delfin Persoon. «Poco male, mi sto già preparando al prossimo assalto al titolo».

 Siamo all’interno di un cortile dietro viale Toscana dove ha sede la MMA Atletica Boxe palestra per chi la boxe è una cosa seria. Garcia Amadori, maestro di pugilato, da tre anni e mezzo allenatore e mentore dell’avvocato Torti. «L’ho preparata a combattere come un uomo», è la presentazione di Amadori. «In media le donne boxeur hanno uno stile approssimativo, Anita invece ha appreso la tecnica maschile e in allenamento i suoi sparring partner sono esclusivamente uomini».
Lei si allena tutti i giorni: «Una vita d’inferno, al mattino tra il tribunale e lo studio, pausa pranzo allenamento, di nuovo in studio, alla sera ancora palestra».

La prima volta che ha indossato i guantoni è stato a New York nel 2009: «Mi ero trasferita negli Stati Uniti perché avevo intenzione di esercitare la professione lì. Per caso ho iniziato a frequentare la palestra Gleasons a Brooklyn. Mi sono appassionata immediatamente e, grazie al mio passato nella savate (la boxe francese, ndr ) in poco tempo ho raggiunto un buon livello come pugile». Decisa a diventare professionista, l’avvocato Torti ha iniziato a combattere sotto la bandiera del Kosovo: «In Italia, per ottenere la licenza devi disputare una serie di match. Io non avevo incontri alle spalle, così mi sono tesserata per la federazione kosovara. Per loro ho sostenuto tre match per il titolo mondiale». Ad oggi, questo il suo curriculum: 8 match dei quali 6 vinti per ko. «Sono una picchiatrice, dicono che ho il pugno pesante. Amo tirare di jab , ma il mio colpo migliore è l’ over hook , il gancio. Diciamo che nella vita di tutti i giorni so difendermi, ma sono una donna pacifica».

Anita Torti è civilista: «Ho esercitato anche nel penale ma non avevo il giusto distacco per fare la difesa. Il più delle volte avrei mandato in galera i miei clienti. Ora mi occupo di diritto di Famiglia, il mio futuro è questo, la boxe rimane una passione». Single («Non ho tempo per un uomo»), spirito gaudente («Amo la vita notturna»), buona lettrice («Adoro la Fallaci»), l’aspirante campionessa del mondo tra un pugno e l’altro si preoccupa dell’estetica («Ho lavorato molto sulla difesa, so coprirmi bene il volto»), e delle sue treccine rasta: «Ho i capelli ricci ed è un omaggio alla terra di mia mamma, il Madagascar». A proposito, che dicono in famiglia della sua passione per la boxe? «Che combattevo l’ho tenuto nascosto a lungo, anche per non fare spaventare la mamma. L’ha scoperto quando un giornale pavese ha scritto di me»


Anita Torti affronterà il 13 Luglio a Berlino  la fortissima  plurititolata WBO, WIBF, WBF  Ramona Kuehne per il Titolo WBO. Un match attesissimo.


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-                             Léa Ratsimbazafy, vive a Roma dal 2001 con la famiglia.

Avventura in Madagascar: coccodrilli, serpenti e il viale dei Baobab al tramonto.

Ripartono Pinuccio e Doni, coppia di centauri sponsorizzati GIVI, amanti dei viaggi perigliosi su due ruote. Dopo il tour in Mongolia hanno deciso di cimentarsi con le strade sterrate dell'ottavo continente. Partenza: 25 giugno da Milano. www.givi.it

Pinuccio Gammino, 54 anni, e Doni Chiesa, 53, due pasticceri di Baggio (Milano), sono conosciuti su Internet per i blog sui quali documentano i loro viaggi mozzafiato. Quest'anno hanno scelto il Madagascar. La partenza è prevista per il 25 giugno in aereo da Milano Linate, arrivo alla capitale Antananarivo dove hanno già prenotato una Honda Transalp 600. GIVI li accompagna in questa avventura con alcuni suoi prodotti: la borsa da serbatoio linea Easy EA102, 2 marsupi linea Easy EA108, proiettori alogeni supplementari S310 e altri piccoli utili accessori come una borsa impermeabile interna T471S per il computer portatile, i lucchetti e le cinghie di fissaggio. “Abbiamo utilizzato gli accessori GIVI anche nel precedente viaggio in Asia: hanno dato ottime prestazioni. Soprattutto le borse morbide hanno retto bene l'acqua pur avendo preso pioggia in Siberia per tutta la strada del ritorno” – dichiara Pinuccio.


Pinuccio e Doni saliranno in sella il 26 giugno e ci rimarranno fino al 14 agosto per 50 giorni. Antananarivo è al centro del Madagascar ed è il punto focale di ogni percorso. Pinuccio e Doni si dirigeranno prima a nord fino a Antsiranana (nota anche come Diego Suarez), per poi scendere lungo la costa est che si affaccia sull'Oceano Indiano. Tornando indietro faranno tappa all'isola di Nosy Be per dedicarsi a quattro giorni di immersioni subacquee. Ripartiranno dalla capitale in direzione della costa ovest. Lungo il percorso è in programma la discesa del fiume Tsiribihina e una sosta al villaggio di Salary, località della costa dove ci sono gli ultimi pescatori nomadi del mare: “Escono a vela e passano le notti sulle spiagge utilizzando la vela come tenda” – spiega Pinuccio. Altre soste imperdibili sono il viale dei Baobab al tramonto a Morondava sul canale di Mozambico; le rocce rosse di Bemaraha e la punta estrema di Fort-Dauphin a sud. Nel rientro verso la capitale non tralasceranno la visita al Parco Nazionale dell'Isalo.
La coppia ha deciso di noleggiare una Honda Transalp 600 proprio identica a quella che hanno dovuto lasciare a casa perché: “Ci ha sempre servito bene e dato che non ha elettronica, è facilmente riparabile” – dice Pinuccio, che prosegue raccontando quali sono le difficoltà che pensano di trovare durante il viaggio: “Il Madagascar ha solo il 10% di strade asfaltate, noi affronteremo lo sterrato come una sfida, anche se la pioggia ci preoccupa un po' perché trasforma la strada in una fanghiglia viscida. Inoltre imbarcheremo la moto su piroghe e carri trainati dagli zebù per scendere lo Tsibiringa. Contrariamente al nostro solito cercheremo di fare a meno della tenda, anche se farà parte del nostro bagaglio: ce l'hanno sconsigliata a causa dei coccodrilli e dei serpenti, opteremo per le capanne e conteremo sull'ospitalità dei locali”.

Pinuccio e Doni erano già stati in Madagascar nel 1995 con un viaggio organizzato. Erano rimasti affascinati dalla gentilezza e generosità della popolazione locale e dalla biodiversità di quello che i biogeografi chiamano l'ottavo continente. “Doni era così attratta dalle differenze etniche che caratterizzano le diverse tribù nei modi di vestire e di vivere, che da tempo voleva tornarci – spiega Pinuccio. – Io ero restio, finché lei non ha trovato la carta vincente per persuadermi: «Perché non ci andiamo in moto?» mi ha chiesto. Così mi sono lasciato trasportare dall'idea di affrontare strade difficili e di arrivare nei luoghi a cui ha accesso solo una moto”.

Le avventure di Pinuccio e Doni si possono seguire in diretta sul blog http://madagascarpinuccioedoni.blogspot.it e sul loro sito
www.pinuccioedoni.it.
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Manager lascia tutto per giro del mondo in bici

Parte dalla Sardegna l'impresa di un anno di Stefano Cucca

Dalla scrivania, con i budget   delle aziende sempre davanti agli occhi, alla sella di una bici per ammirare panorami e sentire storie da tutto il mondo. Stefano Cucca, 34 anni, consulente strategico e docente di management, l'8 giugno da Sorso, su cittadina d'origine in provincia di Sassari, darà inizio all'avventura Rumundu: 300 tappe, 30.000 chilometri e 9 milioni di pedalate passando per l'Europa, l'America, l'Asia, l'Africa. Lascia tutto per realizzare il suo progetto: pedalare dalla Sardegna al resto del mondo alla ricerca di storie di vita sostenibili. Il via lo darà simbolicamente il suono della tromba del jazzista Paolo Fresu. Per Cucca un anno intero per attraversare il pianeta e rientrare: dalla Sardegna a tutto lo stivale per raggiungere il nord Europa e l'Islanda. E poi arrivare in Canada, Stati Uniti, Giappone, Cina, Isole del Pacifico, Nuova Zelanda, Australia, Madagascar e Sud Africa, per fare infine ritorno in Italia passando dalle porte dell'Oriente.
"Non sto scappando - ha spiegato questa mattina in una conferenza stampa - voglio solo vedere se un altro mondo, più sostenibile, è possibile: capire, raccogliendo esperienze e racconti, se è possibile rallentare. Non è necessario fermare la tecnologia e il progresso ma trovare un equilibrio con noi stessi e con tutto quello che ci circonda. Perché nella vita non bisogna mai smettere di sognare". Cucca ha non solo voglia di conoscere, ma anche le gambe per inseguire il suo progetto: in giro per il mondo ha partecipato all'Ironman, la gara più dura di thriatlon che richiede un'ottima preparazione fisica. E, proprio in Australia, tre anni fa, è nata l'idea del giro del mondo. Un incontro con il mondo che potrà essere seguito ogni giorno attraverso internet (www.rumundu.com): l'obiettivo è quello di costituire una vera e propria community sostenibile.
"Il nome del progetto - ha spiegato Cucca - è opera di mia nonna. Un giorno, al rientro da un viaggio, mi chiese con la sua novantenne serenità 'ma tu sei sempri in giru pa' ru mundu?'. E da quel giorno Rumundu è stato". Sabato la partenza: si comincia attraversando Nurra, Meilogu, Planargia, Campidano, Marmilla, Trexenta, Gerrei per poi arrivare a Cagliari. Dal capoluogo si cercherà un passaggio per la Sicilia a bordo di una barca a vela per risalire l'Italia e visitare comunità, eco villaggi, case ecologiche, condomini solidali, cohousing, orti urbani. Sarà solo l'inizio di un lunghissimo viaggio
Fonte ANSA
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Concerto per don Pietro Ganapini

Le comunità dei vicariati della montagna si stringono attorno all’impegno missionario di mons. Pietro Ganapini, “patriarca” dell’esperienza evangelizzatrice della diocesi reggiana-guastallese, in Madagascar dal 1961.
Le comunità dei vicariati della montagna si stringono attorno all’impegno missionario di mons. Pietro Ganapini, “patriarca” dell’esperienza evangelizzatrice della diocesi reggiana-guastallese, in Madagascar dal 1961. A Carpineti si è svolto “Al canto per il Madagascar” presso la chiesa di Maria Ausiliatrice, nel luogo in cui Don Pietro ha vissuto e studiato presso il seminario di  Marola e dove rientra per i brevi periodi di cura e ristoro.
Nell’occasione le corali  della collina e dell’Appennino si  sono date appuntamento per dare sfoggio dei loro repertori di musica religiosa e rendere così omaggio al  talento e alla passione musicale del sacerdote nato a Bera di Pantano.
Don Pietro è autore di numerose composizioni di musica sacra in lingua italiana e malgascia ed è stato protagonista di  attività concertistica alla radio-tv di Stato dell’isola africana. Proprio con un suo brano si è conclusa la serata,  interpretato insieme da tutte le corali.
Si sono alternate: la corale “S. Prospero” di Carpineti e Pantano, il coro vicariale “Oltre la Sparavalle” di Cervarezza e Talada, il coro “Mundura” di Montalto e Vezzano e la corale  della Resurrezione di Castelnovo ne’ Monti.
La manifestazione, promossa dall’associazione AMGA (Amis du Père Ganapini) e dal CMD (Centro missionario diocesano), coniuga la riconoscenza per la testimonianza missionaria ultracinquantennale di Don Pietro e una  importante  azione di solidarietà tra chiese sorelle per il sostegno alla costruzione della chiesa di Ifarihy, la parrocchia alla periferia della capitale Antananarivo in cui Don Pietro opera attualmente. Le somme ricavate durante la serata saranno destinate ai  lavori per la nuova Chiesa di Ifarihy.
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Madagascar: inaugurato il Centro nazionale di Lotta alla Malaria finanziato dal Governo del principato di Monaco

Il sostegno della Cooperazione monegasca alla lotta contro la malaria in Madagascar è attivo da una decina di anni con un programma di appoggio ai Servizi Sanitari dell'isola di Santa Marie, in partnership con la Repubblica di Madagascar e l'OMS

Il 6 giugno 2013, è stato inaugurato, in presenza del rappresentante del Principato di Monaco, della Repubblica del Madagascar e dell'organizzazione Mondiale della Salute, OMS, in Madagascar, il Centro Nazionale di Lotta contro la Malaria finanziata dal Governo Principesco.
Il sostegno della Cooperazione monegasca alla lotta contro la malaria in Madagascar è attivo da una decina di anni con un programma di appoggio ai Servizi Sanitari dell'isola di Santa Marie, in partnership con la Repubblica di Madagascar e l'OMS.
I risultati molto incoraggianti perchè il tasso di diffusione nei bambini è sceso di oltre il 55% in solamente due anni, e si è arrivati alla costruzione dal Centro Nazionale di Lotta contro la Malaria, nella capitale, per potere agire in tutto il paese che conta più di 21 milioni di abitanti.
Con più di 800 m² ed un centinaio di tecnici, lo stabile raggruppa tutte le attività di lotta contro la malaria (ricerca, documentazione, formazione, sorveglianza, studi)
Al di là del sostegno alla costruzione di una parte delle attrezzature e delle spese di funzionamento, il Governo Principesco ha messo a disposizione una biologa, Volontario Internazionale di Monaco, per poter seguire le attività in loco.
Questa partnership stretta tra i Ministeri della Salute malgascia, l'OMS ed il Governo Principesco hanno guidato il programma che mira ora " l'accelerazione della lotta contro la malaria fino alla sua prato-eliminazione in Africa orientale ed Australe nel 2015" sostenuto dal 2010 dalla Cooperazione monegasca.
L'insieme di queste azioni ha permesso di contribuire alla diminuzione del 20% del numero di decessi dovuto a questa malattia

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L'invasione delle locuste nel Madagascar

Sciami di milioni locuste invadono i campi coltivati, divorando ogni cosa. Un fenomeno terrificante per noi, che i malgasci affrontano con grande serenità.
Sopraffazione, interazione, collaborazione. Nel ciclo vitale della natura niente va perduto, ma la convivenza tra specie diverse a volte è difficile.
In Madagascar periodicamente si ripresenta l'arcaico antagonismo tra uomo e locusta migratoria, in un circolo vitale dove le due specie cercano spazi e cibo per la propria sopravvivenza.
Complice la deforestazione, i campi coltivati sono obiettivo di sciami di locuste volanti che ricoprono a miliardi cieli e vegetazione, distruggendo le produzioni agricole, il lavoro dell'uomo, i pascoli del bestiame, col rischio di procurare gravi carestie alla popolazione.
Il loro istinto di sopravvivenza trova il nutrimento che occorre loro per vivere.
"Di necessità virtù" recita un proverbio e il popolo malgascio per rimpinguare lo scarso menù cattura le stesse locuste adoperando mani e reti intrappolandone quanto basta per molti pasti discretamente nutrienti. 
L'evento viene vissuto con preoccupazione, ma anche in giocosa armonia con la natura che da un lato toglie e dall'altro offre.
Donne e ragazze si inoltrano nei campi in mezzo agli sciami vorticosi di locuste, e con perizia girano e stendono le reti cercando di accaparrarsi le prede, gli uomini le seguono agevolmente con i pesanti sacchi sulle spalle, fino a che lo scenografico evento naturale non volge al termine.

(Questo reportage è stato svolto in Aprile del 2013 nel sud del Madagascar nei pressi dell'Isalo National Park e la cittadina di Ranohira).
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Offerta di nickel in forte crescita nonostante i consumi depressi

Le scorte di nickel nei magazzini del London Metal Exchange sono ai massimi storici, vicine a 178.500 tonnellate, e il prezzo del metallo è sceso la settimana scorsa al livello più basso da 4 anni: 14.770 dollari per tonnellata al settlement. Da allora c'è stato un certo recupero, al traino degli altri non ferrosi (ieri era 15.335 $), ma le prospettive per il mercato – guidato dalla domanda di acciaio inox – non sono affatto incoraggianti. Anche perché l'offerta di nickel continua a crescere a ritmi forsennati.
Una serie di progetti minerari avviati tra il 2006 e il 2008, quando le quotazioni del metallo bruciavano un record dietro l'altro fino a superare 50mila $/tonn, stanno entrando in produzione in questo periodo: un timing davvero pessimo, legato in alcuni casi anche a difficoltà tecniche, che hanno rallentato la realizzazione degli impianti, ma che è difficile imputare soltanto ad errori di pianificazione. Il risultato è ci sono 250-300 mila tonnellate di nuova capacità produttiva che stanno arrivando sul mercato, in un momento in cui non si intravvede una solida ripresa della domanda e in cui, secondo stime di Wood Mackenzie, almeno il 40% dei produttori di nickel stanno lavorando in perdita.
L'ultimo "debutto" riguarda Koniambo: l'11 aprile, poco prima di fondersi con Glencore, Xstrata ha annunciato che la miniera e la fonderia in Nuova Caledonia erano pronte ad avviare la produzione commerciale. Il progetto, che ha richiesto un investimento di oltre 5 miliardi di dollari, risale in realtà al 2006: la mineraria l'aveva rilevato con l'acquisto di Falconbridge e allora il nickel valeva oltre il doppio di oggi.
Una storia analoga ha Goro, sempre in Nuova Caledonia: asset che la brasiliana Vale ha ottenuto nello stesso anno rilevando Inco. Quando sia Goro che Koniambo avranno raggiunto la piena produzione, sul mercato arriveranno 130mila tonnellate di nickel in più, un decimo dell'attuale offerta mondiale.


Di recente sono entrati in funzione anche Ramu, miniera di Rio Tinto in Papua Nuova Guinea, Ravensthorpe – il maxiprogetto australiano su cui Bhp Billiton aveva gettato la spugna, ma che è stato rilevato e completato da First Quantum – e Ambatovy, realizzata da Sherritt International in Madagascar. Tutti i progetti contavano sull'insaziabilità dell'industria siderurgica cinese. Ma la fame di nickel di Pechino in parte si è smorzata e in parte è stata soddisfatta con l'autoproduzione del metallo dalla ghisa ("nickel pig iron").
Fonte: Il sole 24 ore
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Le memorie di Vollard

Avrebbe voluto fare il chirurgo Ambroise Vollard, ma quando entrò per la prima volta in una sala operatoria, svenne. Ripiegò così sul Diritto. E poiché nell'isola tropicale dov'era nato, primo dei dieci figli di un benestante notaio francese, l'università non c'era, il padre lo spedì a Montpellier, per via del clima più mite di quello di Parigi. La sua isola era la colonia francese della Réunion, un tempo l'Ile Bourbon, al largo (molto al largo; un puntino nell'Oceano Indiano) del Madagascar: un paradiso terrestre dove i bianchi vivevano da re. Quanto a lui, il primo ricordo che ne conservava era quello di un gattino rosso in una distesa di nontiscordardimé: «Allora non avevo idea di cosa fossero i "colori complementari" ma il mio occhio rimase incantato da quell'accostamento cromatico», scriverà. La sua strada era evidentemente segnata: studente svogliato sia a Montpellier che – ben presto – a Parigi, più che nelle aule lo si poteva incontrare fra i bouquiniste dei Lungosenna, intento a comprare stampe e disegni. Ma fu proprio grazie a questa vita da studente scioperato se, dopo un bel po' di fame vera («mangiavo gallette: costavano meno del pane») e più di un transito attraverso minuscole mansarde che erano per lui casa e bottega, Ambroise Vollard sarebbe entrato nel ristrettissimo club dei fondatori del moderno mercato dell'arte; quello che tuttora conosciamo.
Gusto, intuito, amore per il nuovo e per la trasgressione alle mode correnti, oltre a una buona dose di coraggio, aiutarono questo francese d'Oltremare dalla figura pesante e goffa a eccellere nella sofisticatissima Parigi, a dispetto del carattere burbero così ben descritto – seppure "in cifra" – da Gertrude Stein: «Un personaggio imbronciato che sulla soglia della sua bottega, le mani appoggiate allo stipite, guarda i passanti con l'aria di mandarli al diavolo».
Ma a ben pensarci fu forse proprio quel tratto a concorrere alla sua fortuna nella Parigi della Belle Epoque, meta di ricchissimi e viziatissimi personaggi del gran mondo internazionale, dove lui (già con i primi e più modesti clienti e poi più che mai con i grandi collezionisti) aveva messo in atto un sistema infallibile: se un "amateur" tirava sul prezzo, la sua risposta indignata era: «Ma che fa, contratta? Allora questo disegno per lei non è più a 120 franchi ma a 150!». E il collezionista, non si sa come, accettava sempre.
Un'altra sua massima era «mai influenzare l'amatore». L'aveva messa a punto quando uno di essi, entusiasta del «meraviglioso paesaggio cubista» appena acquistato, sentitosi ribattere che era un Uomo con chitarra, stizzito gli restituì il dipinto.
L'autobiografia Memorie di un mercante di quadri, uscita in Francia nel 1937 e ora ripubblicata in Italia da Johan&Levi (pagine 256, € 25,00) dopo le edizioni Einaudi, esaurite, è una miniera di notizie succose su quella Parigi, di cui Vollard con una prosa piana, vicina al parlato, restituisce un'immagine priva di enfasi, cogliendo taccagnerie e bizze dei magnati e umanissimi malanimi di quegli artisti che per noi sono quasi divinità – Cézanne e Renoir (i suoi prediletti), Manet, Monet, Degas, van Gogh, Bonnard e Denis, Vlaminck e Derain, Picasso e Matisse – ma che per lui erano i "suoi" artisti; quasi sempre, poi, salvati dalla miseria proprio dalla sua tutela.
Apprendiamo così, tra mille altri gustosissimi gossip, che l'americano Henry Havemayer, re dello zucchero e grande collezionista, rinunciò a uno spettacolo dell'Opéra Comique perché restava un solo palco per quattro: «Capisce, siamo in tre – spiegò a Vollard –; avrei pagato un posto per niente». E scopriamo che il banchiere Isaac de Camondo, in cerca di (ulteriore) legittimazione sociale attraverso l'arte contemporanea, rifiutò delle Bagnanti di Cézanne: «E queste sarebbero Bagnanti? – obiettò a Vollard – ma se non c'è nemmeno una goccia d'acqua!». Ma soprattutto conosciamo da vicino gli artisti. C'è Degas (che tra l'altro non ama affatto gli impressionisti-Doc: «Renoir? Dipinge con gomitoli di lana»), con il suo caratteraccio: invitato da Vollard a una delle famose cene nella cantina della galleria di rue Laffitte, informali ma assai snob e assai ambìte, gli dettò le regole: «Piatti senza burro, niente fiori in tavola, pochissima luce, il gatto rinchiuso altrove, fuori i cani e signore non profumate. E a tavola alle 7.30 in punto!».
Manet, poi, parigino raffinato, non sopportava il realismo dello "zotico" Courbet («nel Funerale a Ornans ha seppellito tutti: preti, parenti, beccamorti. Perfino l'orizzonte pare dieci piedi sottoterra!») e tanto meno tollerava il rozzo Cézanne. Che a sua volta non faceva che provocarlo, tanto che quando quello gli chiese cosa stesse preparando per il Salon, gli rispose serafico: «un vaso di m...».
Manet non amava nemmeno Renoir: a Monet, che invece stimava, suggerì di invitarlo a cambiar mestiere: «Lo vede anche lei che la pittura non è il suo forte!», argomentò. Ma di Renoir scopriamo qui anche la leggendaria ignoranza: non solo rifiutò di leggere Madame Bovary («sorbirsi 300 pagine per sapere che un farmacista è stato cornificato!») ma nel leggere una recensione di Henri Bergson si lamentò con Vollard dell'insopportabile «abitudine moderna di affidare la critica d'arte a giornalisti di cronaca nera»...
Quanto a Vollard, il suo vero orgoglio pare essere stata l'attività di editore di incisioni e libri d'arte: Verlaine illustrato da Bonnard, Baudelaire e Ronsard da Emile Bernard, Gogol e La Fontaine da Chagall, l'Histoire naturelle di Buffon (oltre a una quantità di altre superbe incisioni) da Picasso, sono solo alcuni dei libri d'artista che pubblicò, ai quali volle aggiungere, da autore, le monografie di Cézanne, Renoir e Degas e una riflessione sulla guerra che nel titolo, Les Réincarnations du Père Ubu, rendeva omaggio allo sfortunato amico Alfred Jarry, uno dei padri, con il suo Ubu Roi, del teatro dell'assurdo.
Fonte: 24 ore
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