domenica 8 dicembre 2013

Discese ardite e risalite

Sulle strade del Madagascar in visita a 17 villaggi
Mentre percorriamo le strade del Madagascar mi viene spontaneo pensare a "le discese ardite e le risalite" evocate in una delle canzoni di Lucio Battisti.
In oltre trent'anni d'Africa, raramente mi sono trovato ad affrontare strade sterrate (a volte poco più di semplici piste) con simili pendenze.
Il paesaggio degli altopiani centrali è caratterizzati da un susseguirsi infinito di brulle colline di terra rossa, segnate da profonde ferite dovute all'erosione. Qualche chiazza di verde più intenso è presente solo nei fondo valle dove piccole risaia contendono la poca acqua disponibile ad alcuni alberi di mango o eucalipton sopravvissuti (finora) al fuoco che contadini e allevatori usano per bruciare l'erba secca e favorire così la crescita di quella verde.
Le strade che collegano gli sperduti villaggi sono in realtà delle vere e proprie opere di ingegneria civile. Le pendenze, a volta, sono davvero "ardite" e non riesco a immaginare come sia possibile muoversi durante la stagione delle piogge, se già ora ho il mio bel daffare a evitare sassi enormi e a superare buche profondissime. Le quattro ruote motrici della nostra auto fanno miracoli sulla strada asciutta, ma poco o nulla servirebbero quando tutto si trasforma in uno scivoloso pantano.

Ma "le discese ardite e le risalite" sono una metafora perfetta anche per raffigurare quanto sta accadendo a coloro che abitano oggi le 17 casette del 17esimo villaggio del "progetto ASA" e, ai sedici gruppi che, prima di loro, anno dopo anno, hanno popolato gli altri villaggi simili.
Iniziatore e principale artefice di questo straordinario progetto di recupero umano è Jacques Troncon, un frate francese che dal 1991 è riuscito a ridare fiducia e speranza a centinaia di famiglie in difficoltà della capitale Tananarive. Per questo ha fondato l'ASA, un'associazione che si prefigge di combattere la povertà in Madagascar attraverso il reinserimento nella società di famiglie che, dopo essere immigrate nella capitale in cerca di lavoro, si ritrovano a sopravvivere vendendo quanto trovano nei cassonetti delle immondizie.
Per uscire da quella situazione, l'ASA propone alle famiglie di seguire un programma di formazione agricola e artigianale della durata di tre anni nei centri di formazione di Antanety a 17 Km dalla capitale.


Al termine di questo processo di riabilitazione, le famiglie vengono trasferite in un villaggio costruito su un terreno messo a disposizione dallo stato (ben 20.000 ettari!), situato nella regione Bongolava, 200 Km a ovest della capitale.
A ogni famiglia vengono assegnati un alloggio, tre ettari di terreno coltivabile, due zebù, una carretta e un aratro. L'Associazione continua inoltre a concedere aiuti alimentari alle famiglie per altri due anni, diminuendoli progressivamente fino alla loro autosufficienza alimentare. Dopo 7 anni le famiglie diventano infine proprietarie della terra che hanno coltivato e della loro abitazione.
Dal 1997 sono state finora 1531 le persone ospitate in 16 villaggi . Ogni due o tre villaggi viene anche realizzata una scuola elementare e un dispensario medico e, nel villaggio centrale di Ampasipotsy, esiste anche un grande vivaio per la coltivazione di piante, verdura e frutta e una scuola professionale che prepara muratori e sarte e organizza corsi di agricoltura e allevamento.
Tradendo un po' di emozione, mescolata a po' di orgoglio, dopo aver superato l'ennesima "discesa ardita" facciamo il nostro ingresso nel 17esimo villaggio, quello costruito dal nostro operatore Maurizio Crespi.

Le 17 casette sono davvero molto belle e, rispetto a quelle viste nei villaggi circostanti, sono dotate anche di una cucina annessa all'abitazione (normalmente i malgasci cucinano all'aperto su stufette a carbone) e di un pannello solare sul tetto che garantisce un po' di illuminazione.
Il nostro arrivo crea un po' di trambusto nella gente impegnata a piantare alberi e piante da frutto e a tracciare le strade interne al villaggio. Ognuno vuole salutare Fr. Jacques e Maurizio che qui ha vissuto e lavorato per 6 mesi percorrendo ogni giorno in bicicletta la strada dal 16esimo villaggio dove viveva in una semplice stanza del dispensario medico.


Entriamo nella casa di Laurent e di Aurelie, genitori di 8 figli, l'ultimo dei quali, la bellissima Chantale, ha solo un anno e mezzo. La loro storia è simile a quella di tanti altri. Lasciato il villaggio di origine che non garantiva più la sopravvivenza, avevano emigrato nella capitale in cerca di fortuna per trovare, invece, miseria e disperazione a causa anche di una grave malattia che aveva colpito il padre. Alla fine si erano ridotti tutti a recuperare rifiuti in uno dei grandi cassonetti della città.
Nella casetta accanto abitano Aina e Felutire con i loro due bambini di 4 e sei anni. Il loro matrimonio non era stato accettato dalla famiglia di lei e alla fine si erano ritrovati in città a vivere in condizioni davvero precarie a causa delle ricorrenti crisi epilettiche che impedivano all'uomo di avere un lavoro stabile. In tutti l'incontro con l'ASA ha cambiato la vita e dopo una disperata discesa verso il degrado, un lungo e impegnativo cammino di formazione, ora è in corso la risalita verso un futuro migliore.
E certamente un futuro già presente è quello dei numerosissimi ragazzi che frequentano la vicina scuola elementare. Mentre cantano per noi l'inno del Madagascar mi ritrovo a pensare che senza Fr. Jaques e i i suoi collaboratori, senza Maurizio e, un po' anche senza "Insieme si può...", questi ragazzi sarebbero ora in un cassonetto della capitale a contendere ad altri ragazzi una lattina o una bottiglia di plastica.
Oggi, invece, sono dei cittadini a tutti gli effetti e domani potranno contribuire a costruire un Madagascar migliore dove non ci siano più ragazzi che per vivere sono costretti a rovistare nelle immondizie.

P.S. Mentre facciamo ritorno al centro di Ampasipotsy dove ci attendono un letto e una buona cena, preparata dagli operatori dell'ASA, veniamo sorpresi da uno spettacolare, ma allo stesso tempo preoccupante, temporale. Il cielo fino a poco prima azzurro, diventa improvvisamente nerissimo ed è solcato da enormi fulmini che anticipano l'arrivo della prima pioggia stagionale. Bene per il terreno, male, molto male per noi che dobbiamo ancora affrontare numerose "discese ardite".

Ma, anche questa volta, siamo fortunati e riusciamo a rientrare prima che il temporale si scateni. La notte è costantemente illuminata da impressionanti fulmini e bagnata da scrosci furiosi di pioggia. Il nuovo giorno, però, ci accoglie con un sole splendente e un'aria tersa che rende il paesaggio delle "colline della speranza" ancora più affascinante. Un po' a malincuore facciamo ritorno nella capitale accolti dal solito traffico caotico che ci fa rimpiangere decisamente le sia pur disastrate strade degli altopiani.

Il mattino seguente, un messaggio inviatoci da Fr. Jacques ci informa che il giorno prima, durante il pomeriggio il centro di Ampasipotsy è stato colpito da un fortissimo ciclone che ha scoperchiato quasi tutti i tetti della scuola elementare. Fortunatamente le lezioni erano finite da poco e non si lamentano né vittime, né feriti. Alla mia domanda su cosa intende fare ora, il religioso che sta dedicando la propria vita ai più poveri del Madagascar, mi risponde semplicemente: "Ora ricostruiremo la scuola. La Provvidenza non ci abbandonerà!".
di Piergiorgio Da Rold
Articoli correlati


Esperienza di Vita, Fede e Amore in Madagascar

Cerco silenzio, mi siedo con calma, faccio un lungo sospiro e tento  a occhi chiusi di riassemblare i pezzi di un’esperienza intensa, piena e ricca di sensazioni vissuta in Madagascar con altri 10 amici e l’associazione UnicoSole-Onlus di Seriate.
Faccio fatica a condividerle, come se sprecassi la bellezza di quello che ho provato, sentito, visto. Come se raccontare significasse sminuire qualcosa che con le parole non è condivisibile. Poi mi viene in mente una citazione di un famoso film (Into the Wild) “La felicità non è reale se non è condivisa”… e allora mi fermo e racconto con cura e attenzione  quelle che sono state per me immagini di vita vera.
Il Madagascar, terra delicata e potente, gente bella come non si incontra più nelle nostre vite frettolose, sorrisi pieni e reali, cuori spalancati, porte spalancate, braccia spalancate.
La terra è madre, la fede è potente, contagiosa, da fare invidia. Quando si prega, si canta e si balla, ci si prende per mano, ci si scambia la forza e il coraggio di credere in Dio, si sorride e ci si commuove. Le celebrazioni eucaristiche durano delle ore, eppure nessuno se ne accorge. È il miglior tempo speso di tutto il viaggio. Dio è ovunque, nelle mani strette che pregano dei bambini, nelle voci calde delle donne che cantano, nell’orgoglio con cui danzano gli uomini. C’è cura e rispetto tra loro, verso di noi, verso ogni cosa.
Mi emoziona ripensare a Padre Pedro seduto su una panchina, con la sua barba bianca e lunga, circondato da bambini dappertutto, a leggere loro la Bibbia. Un momento indimenticabile, suggestivo.
L’accoglienza, la capacità di condivisione e divisione ti ha lasciato basìto. Il povero sei tu, i ricchi sono loro. Sono ricchi di umanità, per questo come ha detto una nostra compagna di viaggio, Sonja, siamo noi a rischiare di essere poveri. Allora, con un pizzico di egoismo cerchi di rubare da loro quella gentilezza che non sai più riconoscere in te, tenti di lasciarti contagiare da tanta dedizione, magari al ritorno, riuscirai a sentirti nuovamente così… bene.
Intensi sono gli odori, gli sguardi, le mani che si stringono e ringraziano, i sapori della frutta, del riso, dello zebù, i mercati, la terra e la sabbia, la fitta foresta, la deserta Ihosy , la caotica Antananarivo, i mercatini artigianali, la strada, la lingua, il cielo di notte, la fatica nell’adattarsi, le onde dell’oceano Indiano, il gusto del pesce appena pescato, i progetti dell’associazione,  le inaugurazioni, i rituali, la vaniglia, le parole di Michel, l’italiano allegro di Padre Maurice, la capacità di Padre Giangi di far ridere chiunque incontrasse, “noi” e “loro” nel continuo tentativo di mescolarci, conoscerci, viverci.
Michel, presidente dell’associazione Rainay, ci ha chiesto di portare via dal Madagascar solo le cose belle e di lasciare quelle brutte. Mi porto via ogni cosa, gelosamente la custodirò, la condividerò. Ogni cosa ha avuto un senso, nel viaggio che ho fatto dentro di me. Ringrazio profondamente ogni persona che ho incontrato, per averlo reso il viaggio più intenso che abbia mai fatto.
Tornerò in Madagascar, presto tornerò.
Un abbraccio, Valentina e Roberto
Articoli correlati

La testimonianza di due giovani sacerdoti

Per dieci anni nel cuore del Madagascar

Per dieci anni vivranno a 14mila chilometri di distanza dalle loro parrocchie, dai loro parenti e dagli amici di una vita. Per dieci anni la loro casa sarà la comunità di Ihosy, nell'entroterra del Madagascar. Eppure nei volti di don Emanuele Piredda, 39 anni di Ossi, e don Francesco Meloni, 34 anni di Sorso, non c'è traccia di preoccupazione, ansia, paura. "Stiamo realizzando un grande sogno - dicono ai giornalisti a pochi giorni dalla loro partenza.- Un sogno che non è soltanto nostro". Don Emanuele ci tiene a evitare ogni forma di protagonismo: "La notizia più importante non è tanto la nostra partenza, ma le condizioni di vita nel Madagascar. Perché occorre riflettere su una cosa. Se ci sono comunità povere è perché ci sono alcune parti del mondo che si sono arricchite senza troppi scrupoli". Don Francesco, da parte sua, spiega il motivo che li ha spinti a partire. "Non dobbiamo essere egosti. La diocesi di Sassari ha circa 150 sacerdoti, mentre la diocesi che ci ospiterà ha appena 40 sacerdoti, ed è grande come due volte la Sardegna. Inoltre gran parte dei missionari presenti ha già superato i 75 anni di età. Al di là dei numeri, è chiaro che un clero così anziano non può arrivare fino all'ultimo villaggio per servire al meglio questi nostri fratelli cristiani". Ieri mattina nel corso di una conferenza stampa l'arcivescovo di Sassari padre Paolo Atzei ha spiegato le motivazioni di fondo di questa esperienza in Madagascar. "Era da tanto tempo che la nostra diocesi desiderava concretizzare una missione al servizio dei più poveri. Quando sono venuto a Sassari mi ricordo che ci riempivamo la bocca della parola "missione" in ogni veglia di preghiera per la giornata delle missioni. Ora, dopo tanti anni di attesa di sacerdoti "fidei donum", questo grande avvenimento è pronto ad entrare nei nostri cuori, perché la missione riguarda tutti, nessuno escluso. L'esempio di questi due giovani sacerdoti che servirà a capire che i problemi reali non sono quelli della nostra vita quotidiana, che a volte ci inventiamo, ma le esigenze concrete dei poveri". Una realtà generosa, quella di Sassari, che vede attualmente impegnati circa 40 missionari in tutto il mondo al servizio del Vangelo. Grazie all'intercessione del vescovo mercoledì 16, poco prima della partenza per Antananarivo, don Emanuele e don Francesco avranno la possibiltà di incontrare papa Francesco. Ancora non si sa cosa gli diranno, ma su una cosa hanno le idee chiare. La missione è prima di tutto un'occasione di testimonianza. "Non solo ci sentiamo chiamati ad andare, ma anche a ritornare, perché sappiamo che raccontare quello che abbiamo vissuto è importante quanto l'andare". Nel frattempo non mancheranno le occasioni di testimonianza "a distanza". E' già attivo un blog nel quale don Francesco e don Emanuele racconteranno la loro avventura. Lo si può trovare all'indirizzo www.diariomissionario.org, dove è anche possibile, per chi lo desidera, effettuare delle donazioni a favore dalla missione. Intanto la chiesa turritana è già mobilitata per accompagnare questi due sacerdoti nella fase della partenza. Giovedì 10 ottobre alle 18.30 si svolgerà un congresso diocesano missionario nella Sala Mons. Isgrò. Venerdì 11 alle 20 al Teatro Smeraldo ci sarà una rappresentazione teatrale per giovani, con ingresso gratuito, sul tema della missione. Il giorno successivo il programma proseguirà con una "festa dei ragazzi missionari" a partire dalle 16 nella parrocchia di Santa Maria di Pisa. La serie di eventi si concluderà domenica 13 ottobre, alle ore 20, nella cattedrale di San Nicola con la consegna del mandato missionario.
Articoli correlati

Il Papa proclama 7 nuovi santi, per la prima volta una pellerossa


Africa: il pil cresce, la povertà pure



L'evidente crescita economica dei Paesi africani (con un tasso medio annuo superiroe al 5%), dovuta in gran parte ai massicci investimenti cinesi, è in contrasto con i dati forniti dall'Unicef secondo cui nell'Africa Sub Sahariana 18mila bambini al giorno muiono prima dei 5 anni, raggiungendo così la più alta percentuale di mortalità infantile al livello planetario.

In un editoriale pubblicato ieri su Avvenire, padre Giulio Albanese spiega i dati del grande paradosso africano: il Pil cresce assieme alla povertà in Africa. <>.replica watches uk ugg outlet

In Africa, scrive Albanese, c'è soprattutto “un evidente fenomeno di impoverimento strutturale. Basti pensare al land grabbing, vale a dire all'accaparramento indiscriminato dei terreni Replica Handbags UK replica watches replica rolex watches, poco importa se foreste pluviali o sconfinate savane, operato negligentemente dalle compagnie straniere, con la conseguente svendita delle risorse minerarie e agricole di molti Paesi come la Sierra Leone o la Liberia”.


La società civile africana invoca una revisione delle intese relativamente ad ogni settore imprenditoriale, con previa analisi analisi pubblica dettagliata circa le risorse da sfruttare: è quanto riguarda padre Giulio Albanese nel suo articolo.
Articoli correlati

La Chiesa cattolica in Madagascar

Detenuti: condannati anche alla malnutrizione cronica

venerdì 6 dicembre 2013

Crisi, pensionati in fuga: all'estero si sta meglio

L'Inps: sono 500mila

In Madagascar ho ritrovato la mia tranquillità, lontano dallo stress quotidiano e con una natura che mi circonda. Questo è quanto afferma Francesco Di Chiara, che da pensionato in Italia viveva di stenti e sacrifici.
In Madagascar ha trovato un ampio appartamento con giardino e si puo’ permettere di pagare due cameriere e un giardiniere che gli sistema le aiuole. Ringrazio l’UIM che mi ha aiutato in questo mio trasferimento consigliandomi  e assistendomi. Sicuramente questa nuova vita mi darà una nuova linfa e mi farà vivere ancora per molti anni in questo paradiso.
Vanna si occupa dei suoi animali, coltiva il terreno e ha una passione per le erbe medicinali.La mattina raccoglie piante e frutta, nel pomeriggio mezz’ora di nuoto in piscina e la sera, grazie a internet, parla con i figli e gli amici rimasti in Europa. Vanna ha lasciato l’Italia nel 2002 per andare ad abitare in Senegal dove vive grazie alla pensione che le arriva dall’Italia. Ha scelto di trasferirsi, spiega, «per avere una qualità di vita diversa, a contatto con la natura, in un Paese dove non fa mai freddo e dove l'euro ha una capacità d'acquisto maggiore».

Come lei quasi 500mila italiani percepiscono la pensione all’estero. Un numero, spiega l’Inps, che dopo essere cresciuto è ormai stabile da tre anni. Una parte di questi italiani ha lavorato per un certo periodo nel nostro Paese e poi è emigrata. Una parte è formata da pensionati (talvolta pre-pensionati) che con 600 o 1000 euro al mese si sono fatti una nuova vita all’estero. 

L’Inps spiega che la parte più difficile della stima consiste nell’accertare quanti pensionati all’estero conservino appieno ancora oggi il diritto, ossia quanti di loro siano ancora in vita. Intanto, dal Canada alla Thailandia, incassano più di un miliardo di euro all’anno. In Asia i più ricchi: più di mille italiani percepiscono una pensione media mensile di 1.344,52 euro, contro i 121.763 (cifra più bassa) di chi risiede in America settentrionale. E poi ci sono i cosiddetti “non ripartibili”, quelli che l’Inps non ha idea di dove siano: più di 20mila i pensionati che intascano una cifra media mensile di 247,80 euro. 

Massimo, direttore del sito mollotutto (una guida per chi decide di andarsene), spiega che chi, non più giovanissimo, decide di emigrare lo fa non solo per trovare il relax, ma anche per dedicarsi a nuovi lavori e attività. È il caso di Pasquale, commercialista romano che con venti anni di contributi si è trasferito in Brasile. «Da almeno cinque anni - racconta - la mia attività risentiva della crisi del mercato: i clienti faticavano a pagarmi. Forte di alcuni risparmi, del mensile che mi spettava per il lavoro svolto in Italia e dell’affitto di una mia proprietà, sono partito con la mia famiglia e ho comprato una villa in Brasile, dove il costo della vita era bassissimo». Qui si è dedicato alla consulenza per le imprese italiane con interessi in Brasile, all’organizzazione e gestione di eventi e all’insegnamento dell’italiano. 

Una nuova vita che tuttavia mette alla prova a cominciare dalle scomodità: «Ci si adatta a spiagge sporche che non indicano divieti di balneazione, a un assistenzialismo statale carente, alla lavastoviglie che non esiste...», spiega Pasquale. Eppure la scelta di vivere all’estero è spesso così radicata che il ritorno non è programmato. «Malgrado abbia perso mio marito da sei anni - racconta Vanna - e che qui in Senegal, per una donna sola, non siano tutte rose e fiori, non me ne andrei mai».
In Madagascar esiste un Patronato Ital Uil con sede nella capitale e delegazioni al Sud (Tulear) e al Nord (Nosy Be) che aiuta tutti i pensionati nei rapporti con l’INPS.

Inoltre la sede UIM Madagascar è in grado di darvi informazioni e assistenza per il rilascio dei visti di lungo soggiorno, costituzioni societarie ecc..Informazioni: italuil.madagascar@yahoo.it




lunedì 25 novembre 2013

Il gioielliere vegetariano in Madagascar

Incontrando gli amici, al rientro dal mio primo viaggio in Madagascar, alla domanda cosa ti sei portato dal Madagascar, ho risposto: “la voglia di tornare”. 

Mi chiamo Roberto Severoni, ho conseguito la maturità scientifica ed ho interrotto gli studi universitari all’inizio del quinto anno perchè avevo necessità di avere un reddito.

All’età di 23 anni fui introdotto nel settore delle pietre preziose da un parente e per circa 27 anni ho avuto la possibilità di fare importanti esperienze lavorative in tutto il settore dei preziosi conseguendo una professionalità che mi consente di operare sia a livello nazionale che internazionale.

L’incontro importante....
Nel 2007 ho conosciuto Beniamino Anzalone, ricercatore indipendente, proprietario di un importantissimo ed innovativo brevetto denominato “carne vegetale”.
Questa conoscenza è arrivata nella mia vita quando decisi di approfondire in modo, anche imprenditorialmente, il settore dell’alimentazione. Le conoscenze che man mano acquisivo sull’alimentazione mi hanno portato a sviluppare una nuova conoscenza anche di me stesso, tanto da rendere naturale il passaggio ad uno stile di alimentazione che non fa più uso di proteine animali ne dei suoi derivati. In occidente questa alimentazione è chiamata alimentazione vegana.

E poi...
Nel 2010 divenni socio di un’azienda che era stata fondata proprio per mettere in produzione le scoperte e le invenzioni di Beniamino Anzalone.
Questa nuova esperienza mi ha permesso di essere al fianco dell’attività di ricerca di Beniamino e di poter comprendere la portata di questa scoperta, che potrebbe costituire, se fosse applicata in modo diffuso nel settore agroalimentare, una importante innovazione a beneficio di tutti.

In cosa consiste la ricerca
Questa ricerca si fonda sull’applicazione, in modo innovativo, dei principi della biodinamica  nei processi di trasformazione del cibo e anche per la creazione di cibi nuovi.
La Biodinamica è stata introdotta all'inizio del secolo scorso da Rudolf Stainer come metodologia agricola per migliorare la resa e la qualità delle coltivazioni.

Progetti
La possibilità di fondare una nuova azienda agroalimentare fondata sui più sani principi dell’integrità biologica e assolutamente rispettosa del valore della natura e dell’uomo che ne fa parte, mi ha portato insieme a Beniamino Anzalone, in Madagascar dove cercheremo di trasformare in realtà un progetto che Beniamino ha in studio da oltre venti anni.

Quando sei arrivato in Madagascar
Sono arrivato in Madagascar per la prima volta il 26 settembre 2013 e la partenza è stata preceduta da una emozionante attesa perché questa meta era sempre stata nei miei sogni ed è arrivata veramente in modo improvviso.
La sensazione appena arrivato è stata molto piacevole, non immaginavo che avrei trovato un clima cosi favorevole tanto da non sentire alcun problema di adattamento.
Ho avvertito subito la potenza energetica di questa terra, bella ed affascinante.

Com’è il Madagascar
Certamente bisogna fare i conti con uno stato sociale molto arretrato e povero e con una popolazione in lotta quotidiana per avere ciò di cui necessita primariamente.
L’incontro con il tessuto sociale della popolazione è stato intenso e a volte problematico soprattutto per chi come me conosce oltre alla propria lingua solo la lingua inglese, ma sicuramente favorito dall’eccezionale disponibilità ed attenzione di un personaggio straordinario quale è Aldo Sunseri.

Difficoltà
Per me, che sono venuto in Madagascar per espletare incombenze burocratiche, posso dire che di difficoltà ne ho incontrate e non poche, ma pian piano, “mora mora”, come dicono i malgasci ogni problema è stato risolto.

Le tue prime considerazioni 
Con una riflessione più oggettiva posso dire che i problemi che si incontrano quando si sceglie di venire a vivere in Madagascar, sono gli stessi problemi che incontrano coloro che ci vivono già e a tal proposito ricordo un discorso che mi fece un vecchio contadino conosciuto nell’entroterra della Sardegna. Egli parlando dell’arretratezza della Sardegna rispetto al resto d’Italia, mi disse che: il progresso fa parte dell’uomo, è inscindibile dall’uomo stesso perché appartiene alla sua vita, quindi il progresso arriverà sempre, è solo una questione di tempo, il problema non è nel progresso o nel tempo in cui questo arriva, ma nel modo in cui questo arriva e questo modo con cui il progresso arriva dipende solo dall’uomo.

Come hai trovato i malgasci
Ho trovato gli abitanti del Madagascar estremamente gioviali e disponibili, hanno un modo di vivere la vita che tende a ricercare la serenità, ho avuto la sensazione che sia un popolo a cui piace stare in pace.
Sono comunque rimasto colpito dalla loro operosità, nel bisogno delle necessità della vita che spesso è dura e nella voglia di crescere e di essere riconosciuti in un’identità nazionale che ha saputo integrare, forse meglio che in altre nazioni, una grande diversità di provenienze etniche e nazionali.

Cosa hai visto
            Nel mio primo viaggio in Madagascar ho soggiornato e visitato solo la zona della Capitale Antananarivo. Ho trovato un clima molto piacevole che mi ha permesso di sentirmi subito fisicamente a mio agio. Ho potuto veder un bellissimo altopiano florido circondato da monti dal pendio dolce che per alcuni tratti possono ricordare paesaggi della nostra Italia centrale. La capitale è una metropoli affollata e il traffico si concentra in poche vie spesso strette e brulicanti di attività commerciali che ben esprimono l’operosità e l’ingegnosità del popolo malgascio.

Al rientro
            Incontrando gli amici, al rientro dal mio primo viaggio in Madagascar, alla domanda cosa ti sei portato dal Madagascar, ho risposto: la voglia di tornare.
Questo è il sentimento che ha accompagnato il viaggio di ritorno in Italia e credo che sia la cosa più bella che ho portato dal Madagascar insieme a papaie, manghi freschi, la marmellata di fragole di Aldo. Quello che rimane dal Madagascar è una sensazione particolare, un ricordo di profumi, colori, la forza energetica della terra, un aria leggera, una grande sensazione di piacevolezza la giovialità di un popolo che ama la vita nonostante una condizione generale di povertà.
Intendi ritornare in Madagascar
         Penso che tornerò spesso in Madagascar anzi spero proprio che le cose vadano bene e mi permettano di avere in questa terra la mia nuova casa.
 Dal Madagascar l’Italia sembra proprio lontana e stando in Italia sembra che il Madagascar non esista. La condizione triste che il nostro paese sta vivendo con la politica si riflette anche sulla politica estera che verso questo paese è inesistente.
  A rappresentare gli italiani in Madagascar c’è l’UIM, Unione Italiani nel Mondo a cui Aldo Sunseri continua a dedicare il suo tempo mettendosi al servizio di tutti gli italiani che arrivano per fornire assistenza e aiuto per tutto ciò che può essere utile per orientarsi in un paese che conosciamo poco e che definiamo genericamente terzo mondo.
Grazie Aldo!
Roberto Severoni
Altre interviste on line

La cantante malgascia che vive e lavora in Italia
La storia di un medico che aiuta i bambini poveri del Madagascar

Il Medico dell’OMS per la malaria

L’agronomo toscano che coltiva la Jatropha

Stefano della gelateria italiana si racconta

Nata in Madagascar esercita in Italia

Vive a Nosy Be ed ha un diving

L’Alberto professionista del turismo in Madagascar

-      Alessandra
Per uno scherzo ha lavorato con Kokoa a Nosy Be

Manuela fornisce i più importanti ristoranti del vero gelato italiano

Vive a Cagliari ma si è sposata con il rito malgascio

Cronaca di una ragazza felinese che sta provando da tre mesi un’altra vita

ExCandidato a Presidente della Repubblica del Madagascar

In una foresta ha costruito il suo villaggio

Vive e ospita i suoi amici e clienti in una isola deserta

Ha battuto tutti i record di immersione

Pino Schintu, genovese, grande professionista della fotografia

Fra Marino vive e lavora al nord in una zona impervia del Madagascar

È arrivato in nave tanti anni fa e oggi gestisce anche una radio

Sposata con un ingegnere ha un bel negozio con i vetri di Murano

-      Olga del Madagascar
Vive in Italia, ma il suo cuore è sempre in Madagascar

Anche Lea vive a Roma e i suoi figli studiano all’Università

In Italia facevo il fiorista collaborando nella azienda familiare

Intervista: Daniel Gianfalla, fratello del siciliano linciato

Barbarie senza fine, Roberto era innocente. Carte alla procura.
Nel Medioevo gli inquisitori erano legittimati dalle leggi barbare del tempo a torturare e mandare a morte eretici e dissidenti. Pretendevano il pentimento e comminavano la pena capitale. Le fiamme mondavano corpo e anima del condannato. Monito per il popolo, giustizia per il Potere.
Sono passati cinque secoli, e ci sono luoghi del mondo in cui la civiltà non solo si è fermata, ma ha fatto passi indietro. In Madagascar, per esempio, tre persone, fra le quali un cittadino italiano, nato e vissuto per molti anni a Palermo, Roberto Gianfalla, è stato torturato, linciato e ucciso da una folla inferocita, dopo un tribunale “popolare”. Non aveva commesso alcun crimine, era innocente. Gli hanno addebitato il traffico di droga e di organi.
Le voci della sua presunta attività sono arrivate in Italia, “indenni”. Roberto Gianfalla, dopo essere stato torturato, linciato ed ammazzato, ha così subito l’infamia di colpe mai commesse, crimini aberranti.
“E’ stato ammazzato cento volte”, protesta Daniel Gianfalla, fratello di Roberto, tornato a Palermo la settimana scorsa. “Non avremo pace, io e mia sorella Carmela, che vive come me in Francia, fino a che non avremo giustizia e il nome di mio fratello non sarà “riabilitato”.
SiciliaInformazioni si è occupata più volte di Roberto, signor Gianfalla. Abbiamo subito sospettato che avesse subito una fine atroce e non c’entrasse nulla con il traffico di organi e la droga…
“Siete stati gli unici in Italia. In Francia, invece, i giornali hanno preteso la verità. Anche un cittadino francese, amico di Roberto, è stato torturato e linciato, Sebastien Judalet. In Francia si sono mobilitati. La polizia francese ha condotto delle indagini ed ha ricostruito i fatti. In Italia questa terribile storia è passata inosservata. Non abbiamo avuto nemmeno le condoglianze dal Ministero degli Esteri. Non solo: abbiamo dovuto pagare la custodia della salma di mio fratello cento euro al giorno. Un dono, ci hanno detto. Incredibile. Siamo stati costretti a “premiare” la comunità che ha torturato e linciato Roberto per potere riavere il suo corpo…”.
Avete ottenuto la restituzione della salma?
“Il rimpatrio è previsto per mercoledì, costerà tredicimila euro, dono compreso. Non chiediamo nulla, tuttavia. Nessun risarcimento, niente. Vogliamo giustizia, che si sappia quel che è accaduto. Siamo assistititi da un avvocato e invieremo un esposto alla Procura della Repubblica di Palermo. L’ultima residenza italiana di Roberto è stata Palermo. Poi ha girato il mondo…”.
Perché suo fratello ha scelto il Madagascar?
“Aveva perduto la famiglia a causa della separazione: tre figli per i quali aveva rinunciato a tutto. In Madagascar aveva trovato ciò che cercava, serenità e una compagna, che cominciava a frequentare. Cercava pace, aveva saputo che lì si stava bene con poco. In Messico aveva aperto una pizzeria. Era un pittore ed un poeta, aveva un animo gentile. Ci scrisse che in Magadascar aveva trovato il paradiso… Abbiamo avuto il suo diario. Altro che paradiso, non sapeva che avrebbe patito l’inferno…”.
Traffico di organi, droga e altre turpi attività. Tutto hanno addebitato a suo fratello, signor Daniel Gianfalla. Perché?
“Per noi è una cosa inaccettabile, incomprensibile. Non c’è alcun indizio, alcun evento, episodio, documento che lasci sospettare qualcosa. Niente. Roberto non beveva e non ha mai consumato droghe, ha lavorato onestamente. Gli piaceva girare il mondo, ma questa non è una colpa. Ha sofferto molto a causa della separazione. In Madagascar viveva in una capanna, dieci euro al mese. Si era fatto qualche amico per sbarcare il lunario, accompagnava i turisti nei tour, come Sebastien, il francese linciato, e il malgascio, che ha subito la stessa orribile fine…”.
Avete cercato di ricostruire i fatti?
“Abbiamo saputo di un bambino sparito e trovato morto, privo di organi. Il nipote del malgascio linciato. Ebbene, quel bambino era stato gettato a mare ed era diventato cibo per i pesci, ecco perché era privo di alcuni organi”.
Come spiega tanta ferocia? Com’è stato possibile che non sia intervenuta la polizia?
“In Madagascar c’è stato un golpe militare, si fanno giustizia da sé. Spevantano i bambini, annunciando l’arrivo degli uomini bianchi. Il linciaggio è avvenuto a quindici giorni dalle elezioni, le prima dal giorno del golpe. Lo zio del bambino scomparso era stato interrogato dalla polizia e rilasciato. Pare che i poliziotti non avessero alcuna voglia di occuparsene. La sua liberazione avrebbe provocato la protesta. La fazione di opposizione agli attuali governanti aveva bisogno di un capro espiatorio, di dimostrare che il popolo si faceva giustizia e che lo Stato era assente. Hanno strappato un nome al malgascio, quello di Sebastien. E poi, sotto tortura, un nome a Sebastien, quello di Roberto. Sono stati filmati anche gli interrogatori. Una ferocia inaudita. Agghiacciante. Una donna, che faceva da giudice, non riusciva nemmeno a capire le risposte di mio fratello. Se penso che in Italia non si è levata nemmeno una voce…”.
Avete avuto contatti con la Farnesina?
”Il governo italiano non riconosce i golpisti. Ci siamo rivolti al consolato italiano di Lione, in Francia. Mia sorella non vive più. Roberto è stato ammazzato come un cane. Anzi, peggio. Non lo hanno ucciso con un colpo di pistola, ha subito le pene dell’inferno. L’hanno trascinato con i piedi per centinaia di metri prima di ammazzarlo. Poi ci hanno ballato sopra, hanno fatto festa. Uomini, donne e bambini. Allucinante. Ci sono i filmati. Poi è arrivata in Europa la voce del traffico di organi. E Roberto è stato ammazzato un’altra volta. Voglio credere nella giustizia italiana. E’ immorale questo silenzio”.
Noi le staremo vicini, Daniel, come abbiamo fatto finora. Racconteremo tutto ciò che serve.
“Confido nella vostra sensibilità. Io sono un siciliano emigrato in Francia. Ma sono rimasto cittadino italiano, come mia sorella. Noi amiamo il nostro Paese. Roberto era una persona perbene, gli va restituita almeno la dignità. Lo dobbiamo a lui, a noi stessi, ai suoi figli…”.
Articoli correlati
dei militari nel sud del Paese
Madagascar, quando la caccia ai ladri di bestiame diventa un massacro
ALDO SUNSERI: IL MADAGASCAR DEVE AVERE UN’AMBASCIATA!
Guida per gli italiani all'estero - Edizione 2012.pdf
Il Patronato Ital Uil a difesa degli italiani all’estero
Aldo Sunseri nominato tesoriere dell’Unione Italiani nel Mondo

L’Unione Italiani nel Mondo offre i seguenti servizi alternativi agli italiani del Madagascar