In Madagascar - a Fort Dauphin, nel
sud-est dell’isola – c’è stato un crudele massacro legato a dei furti. Furti
non di denaro ma di zebù. Qui, infatti, lo zebù è la vera ricchezza della
gente: una famiglia è tanto più ricca e potente quanti più zebù possiede e in
molte tribù si stipulano ancora i matrimoni barattando la donna con l’animale.
Tanto più la ragazza è giovane, quanti più zebù occorrono per ‘comprarla’ come
sposa, ebbene sì!
Per colpa degli zebù, ieri sono morte
centinaia di persone: almeno novanta dahalos – così si chiamano tradizionalmente
i ladri di bestiame – sono stati uccisi durante due spedizioni punitive
condotte dagli abitanti dei villaggi depredati.
Se la notizia rimbalza indifferente alla
maggior parte di noi, risucchiati come siamo da catastrofi socio-economiche ben
più clamorose – personalmente mi si stringe il cuore. Non solo per quelle
persone semplici e istintivamente pacifiche ma anche per i poveri zebù che,
alla fine, sono quelli che faranno la fine peggiore.
“Non si butta via niente dello zebù! E’
come il maiale per voi ...” mi spiegavano i ragazzi malgasci, quando,
quest’estate a Nosy Be, m’intenerivo e accarezzavo rapita le gobbe gommose di
ogni zebù che mi capitava sotto tiro. Sono animali docili e mansueti: a
guardarli negli occhi grandi e acquosi, leccati da lunghe e folte ciglia, mi
sembrava di sprofondare in uno stato d’animo umano, grato e compassionevole.
Purtroppo, credo d’essere l’unica creatura al mondo che si pone in silente
dialogo con uno zebù e che, oltretutto, lo confessa pubblicamente senza vergogna.
La realtà è ben diversa, lo zebù è cibo e
ricchezza. Nella capitale, Hellville, c’è persino uno Zeburger, popolare quanto
un nostro Burger King o McDonald e mi hanno assicurato che gli hamburger di
zebù non hanno nulla da invidiare a quelli di manzo consumati da noi (sempre
che di manzo si tratti).
Sarà! Io preferisco pensarla come
Montaigne (che amava e rispettava moltissimo tutti gli animali), quando
riferendosi alla sua cara gatta, pensava: “Chissà se quando gioco con la
mia gatta, non sia lei a giocare con me?”
Ebbene, forse anche gli zebù hanno un
linguaggio e sono animati da pensieri, sentimenti, sogni, speranze, paure.
Magari si prendono gioco di noi quando ci ammazziamo per un pezzo di carne;
certamente soffrono quando vengono sacrificati per i piaceri degli umani; ma
forse si commuovono anche, quando qualcuno, amorevolmente, li guarda negli
occhi, carezzando con dolcezza le loro gommose gobbe.
Fonte:
paolacerana.blogspot.comArticoli correlati
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