Sulle strade del Madagascar
in visita a 17 villaggi
Mentre
percorriamo le strade del Madagascar mi viene spontaneo pensare a "le
discese ardite e le risalite" evocate in una delle canzoni di Lucio
Battisti.
In oltre trent'anni d'Africa, raramente mi sono trovato ad affrontare strade sterrate (a volte poco più di semplici piste) con simili pendenze.
In oltre trent'anni d'Africa, raramente mi sono trovato ad affrontare strade sterrate (a volte poco più di semplici piste) con simili pendenze.
Il
paesaggio degli altopiani centrali è caratterizzati da un susseguirsi infinito
di brulle colline di terra rossa, segnate da profonde ferite dovute
all'erosione. Qualche chiazza di verde più intenso è presente solo nei fondo
valle dove piccole risaia contendono la poca acqua disponibile ad alcuni alberi
di mango o eucalipton sopravvissuti (finora) al fuoco che contadini e
allevatori usano per bruciare l'erba secca e favorire così la crescita di
quella verde.
Le strade che collegano gli sperduti villaggi sono in realtà delle vere e proprie opere di ingegneria civile. Le pendenze, a volta, sono davvero "ardite" e non riesco a immaginare come sia possibile muoversi durante la stagione delle piogge, se già ora ho il mio bel daffare a evitare sassi enormi e a superare buche profondissime. Le quattro ruote motrici della nostra auto fanno miracoli sulla strada asciutta, ma poco o nulla servirebbero quando tutto si trasforma in uno scivoloso pantano.
Le strade che collegano gli sperduti villaggi sono in realtà delle vere e proprie opere di ingegneria civile. Le pendenze, a volta, sono davvero "ardite" e non riesco a immaginare come sia possibile muoversi durante la stagione delle piogge, se già ora ho il mio bel daffare a evitare sassi enormi e a superare buche profondissime. Le quattro ruote motrici della nostra auto fanno miracoli sulla strada asciutta, ma poco o nulla servirebbero quando tutto si trasforma in uno scivoloso pantano.
Ma
"le discese ardite e le risalite" sono una metafora perfetta anche
per raffigurare quanto sta accadendo a coloro che abitano oggi le 17 casette
del 17esimo villaggio del "progetto ASA" e, ai sedici gruppi che,
prima di loro, anno dopo anno, hanno popolato gli altri villaggi simili.
Iniziatore e principale artefice di questo straordinario progetto di recupero umano è Jacques Troncon, un frate francese che dal 1991 è riuscito a ridare fiducia e speranza a centinaia di famiglie in difficoltà della capitale Tananarive. Per questo ha fondato l'ASA, un'associazione che si prefigge di combattere la povertà in Madagascar attraverso il reinserimento nella società di famiglie che, dopo essere immigrate nella capitale in cerca di lavoro, si ritrovano a sopravvivere vendendo quanto trovano nei cassonetti delle immondizie.
Per uscire da quella situazione, l'ASA propone alle famiglie di seguire un programma di formazione agricola e artigianale della durata di tre anni nei centri di formazione di Antanety a 17 Km dalla capitale.
Iniziatore e principale artefice di questo straordinario progetto di recupero umano è Jacques Troncon, un frate francese che dal 1991 è riuscito a ridare fiducia e speranza a centinaia di famiglie in difficoltà della capitale Tananarive. Per questo ha fondato l'ASA, un'associazione che si prefigge di combattere la povertà in Madagascar attraverso il reinserimento nella società di famiglie che, dopo essere immigrate nella capitale in cerca di lavoro, si ritrovano a sopravvivere vendendo quanto trovano nei cassonetti delle immondizie.
Per uscire da quella situazione, l'ASA propone alle famiglie di seguire un programma di formazione agricola e artigianale della durata di tre anni nei centri di formazione di Antanety a 17 Km dalla capitale.
Al
termine di questo processo di riabilitazione, le famiglie vengono trasferite in
un villaggio costruito su un terreno messo a disposizione dallo stato (ben
20.000 ettari!), situato nella regione Bongolava, 200 Km a ovest della
capitale.
A ogni famiglia vengono assegnati un alloggio, tre ettari di terreno coltivabile, due zebù, una carretta e un aratro. L'Associazione continua inoltre a concedere aiuti alimentari alle famiglie per altri due anni, diminuendoli progressivamente fino alla loro autosufficienza alimentare. Dopo 7 anni le famiglie diventano infine proprietarie della terra che hanno coltivato e della loro abitazione.
A ogni famiglia vengono assegnati un alloggio, tre ettari di terreno coltivabile, due zebù, una carretta e un aratro. L'Associazione continua inoltre a concedere aiuti alimentari alle famiglie per altri due anni, diminuendoli progressivamente fino alla loro autosufficienza alimentare. Dopo 7 anni le famiglie diventano infine proprietarie della terra che hanno coltivato e della loro abitazione.
Dal
1997 sono state finora 1531 le persone ospitate in 16 villaggi . Ogni due
o tre villaggi viene anche realizzata una scuola elementare e un dispensario
medico e, nel villaggio centrale di Ampasipotsy, esiste anche un grande vivaio
per la coltivazione di piante, verdura e frutta e una scuola professionale che
prepara muratori e sarte e organizza corsi di agricoltura e allevamento.
Tradendo un po' di emozione, mescolata a po' di orgoglio, dopo aver superato l'ennesima "discesa ardita" facciamo il nostro ingresso nel 17esimo villaggio, quello costruito dal nostro operatore Maurizio Crespi.
Tradendo un po' di emozione, mescolata a po' di orgoglio, dopo aver superato l'ennesima "discesa ardita" facciamo il nostro ingresso nel 17esimo villaggio, quello costruito dal nostro operatore Maurizio Crespi.
Le
17 casette sono davvero molto belle e, rispetto a quelle viste nei villaggi
circostanti, sono dotate anche di una cucina annessa all'abitazione
(normalmente i malgasci cucinano all'aperto su stufette a carbone) e di un
pannello solare sul tetto che garantisce un po' di illuminazione.
Il nostro arrivo crea un po' di trambusto nella gente impegnata a piantare alberi e piante da frutto e a tracciare le strade interne al villaggio. Ognuno vuole salutare Fr. Jacques e Maurizio che qui ha vissuto e lavorato per 6 mesi percorrendo ogni giorno in bicicletta la strada dal 16esimo villaggio dove viveva in una semplice stanza del dispensario medico.
Il nostro arrivo crea un po' di trambusto nella gente impegnata a piantare alberi e piante da frutto e a tracciare le strade interne al villaggio. Ognuno vuole salutare Fr. Jacques e Maurizio che qui ha vissuto e lavorato per 6 mesi percorrendo ogni giorno in bicicletta la strada dal 16esimo villaggio dove viveva in una semplice stanza del dispensario medico.
Entriamo
nella casa di Laurent e di Aurelie, genitori di 8 figli, l'ultimo dei quali, la
bellissima Chantale, ha solo un anno e mezzo. La loro storia è simile a quella
di tanti altri. Lasciato il villaggio di origine che non garantiva più la
sopravvivenza, avevano emigrato nella capitale in cerca di fortuna per trovare,
invece, miseria e disperazione a causa anche di una grave malattia che aveva
colpito il padre. Alla fine si erano ridotti tutti a recuperare rifiuti in uno
dei grandi cassonetti della città.
Nella
casetta accanto abitano Aina e Felutire con i loro due bambini di 4 e sei anni.
Il loro matrimonio non era stato accettato dalla famiglia di lei e alla fine si
erano ritrovati in città a vivere in condizioni davvero precarie a causa delle
ricorrenti crisi epilettiche che impedivano all'uomo di avere un lavoro
stabile. In tutti l'incontro con l'ASA ha cambiato la vita e dopo una
disperata discesa verso il degrado, un lungo e impegnativo cammino di
formazione, ora è in corso la risalita verso un futuro migliore.
E certamente un futuro già presente è quello dei numerosissimi ragazzi che frequentano la vicina scuola elementare. Mentre cantano per noi l'inno del Madagascar mi ritrovo a pensare che senza Fr. Jaques e i i suoi collaboratori, senza Maurizio e, un po' anche senza "Insieme si può...", questi ragazzi sarebbero ora in un cassonetto della capitale a contendere ad altri ragazzi una lattina o una bottiglia di plastica.
Oggi, invece, sono dei cittadini a tutti gli effetti e domani potranno contribuire a costruire un Madagascar migliore dove non ci siano più ragazzi che per vivere sono costretti a rovistare nelle immondizie.
E certamente un futuro già presente è quello dei numerosissimi ragazzi che frequentano la vicina scuola elementare. Mentre cantano per noi l'inno del Madagascar mi ritrovo a pensare che senza Fr. Jaques e i i suoi collaboratori, senza Maurizio e, un po' anche senza "Insieme si può...", questi ragazzi sarebbero ora in un cassonetto della capitale a contendere ad altri ragazzi una lattina o una bottiglia di plastica.
Oggi, invece, sono dei cittadini a tutti gli effetti e domani potranno contribuire a costruire un Madagascar migliore dove non ci siano più ragazzi che per vivere sono costretti a rovistare nelle immondizie.
P.S.
Mentre facciamo ritorno al centro di Ampasipotsy dove ci attendono un letto e
una buona cena, preparata dagli operatori dell'ASA, veniamo sorpresi da uno
spettacolare, ma allo stesso tempo preoccupante, temporale. Il cielo fino a
poco prima azzurro, diventa improvvisamente nerissimo ed è solcato da enormi
fulmini che anticipano l'arrivo della prima pioggia stagionale. Bene per il
terreno, male, molto male per noi che dobbiamo ancora affrontare numerose
"discese ardite".
Ma, anche questa volta, siamo fortunati e riusciamo a rientrare prima che il temporale si scateni. La notte è costantemente illuminata da impressionanti fulmini e bagnata da scrosci furiosi di pioggia. Il nuovo giorno, però, ci accoglie con un sole splendente e un'aria tersa che rende il paesaggio delle "colline della speranza" ancora più affascinante. Un po' a malincuore facciamo ritorno nella capitale accolti dal solito traffico caotico che ci fa rimpiangere decisamente le sia pur disastrate strade degli altopiani.
Il mattino seguente, un messaggio inviatoci da Fr. Jacques ci informa che il giorno prima, durante il pomeriggio il centro di Ampasipotsy è stato colpito da un fortissimo ciclone che ha scoperchiato quasi tutti i tetti della scuola elementare. Fortunatamente le lezioni erano finite da poco e non si lamentano né vittime, né feriti. Alla mia domanda su cosa intende fare ora, il religioso che sta dedicando la propria vita ai più poveri del Madagascar, mi risponde semplicemente: "Ora ricostruiremo la scuola. La Provvidenza non ci abbandonerà!".
di
Piergiorgio Da Rold
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