All’inizio del mese scorso, il Madagascar è tristemente
balzato agli onori della cronaca per un efferato caso di nera avvenuto a Nosy
Be, dove alcuni abitanti della piccola isola hanno linciato tre uomini,
accusati di aver abusato di un bambino e di essere coinvolti in un traffico di
organi. L’eco della notizia è arrivato fino in Italia perché uno dei tre era un
nostro connazionale, originario di Palermo. Bisogna dire che la comunità
italiana in Madagascar è molto apprezzata per l’azione svolta nei settori del
commercio, della sanità e dell’educazione. I nostri connazionali che hanno
scelto di vivere nell’isola sono circa un migliaio, in gran parte religiosi e
missionari, ai quali negli ultimi anni si sono aggiunti anche molti pensionati,
che hanno lasciato l’Italia per beneficiare della buona qualità e del costo
relativamente basso della vita.
Però, tolto questo cruento episodio, sul quale, dopo
l’incriminazione di due malgasci, non è ancora stata fatta piena chiarezza
dagli inquirenti locali, la copertura riservata dai media nazionali alla quarta
isola più grande del mondo è praticamente nulla. Proviamo a recuperare questo
gap, proprio in un momento in cui il Paese africano sta decidendo il suo futuro
con le prime elezioni dopo il colpo di Stato del marzo 2009, che provocò la
destituzione dell’allora presidente Marc Ravalomanana, salito al potere dopo le
controverse elezioni del febbraio 2002, per portare in carica ad interim il
trentanovenne Andry Rajoelina. Dopo ripetuti rinvii, il Paese è tornato alle
urne e secondo gli osservatori internazionali si è trattato di elezioni
regolari, libere e trasparenti, anche se non è ancora ben chiaro il ruolo avuto
dall’esercito. Ad ogni modo, questa potrebbe essere l’occasione propizia per
aprire una nuova stagione democratica nell’isola al largo della costa
dell’Africa sud-orientale.
La Ceni-t, la Commissione elettorale nazionale indipendente
di transizione, ha reso noto che servirà un secondo turno per determinare il
nome del futuro presidente del Madagascar. Il presidente della Commissione,
Béatrice Atallah, ha annunciato che il prossimo 20 dicembre andranno al
ballottaggio il candidato del partito Avana Richard Jean-Louis Robinson e l’ex
ministro delle Finanze Hery Rakotoarimanana Rajoanarimampianina. Il primo, dato
per favorito e sostenuto dall’ex presidente Marc Ravalomanana, del quale è
stato ministro della Salute, ha ottenuto il 21,10% dei consensi mentre il
secondo, candidato dell’attuale capo di Stato Andry Rajoelina, si è fermato al
15,93% delle preferenze. Nella sostanza, i quattro anni di stallo politico
hanno seriamente compromesso la crescita economica dell’isola, tenendo lontani
gli investitori stranieri. Per avere un’idea più precisa del tracollo
finanziario malgascio, basti pensare che nell’anno del golpe, il 2009, è stato
registrato un Pil negativo pari al 4,6% contro un incremento del 7,1%, rilevato
l’anno precedente.
Secondo le stime della Banca mondiale, dal 2009 al 2012, i
progressi del Pil registrati dal Madagascar sono stati nulli, mentre per il
2013 l’istituto di Washington prevede un aumento pari a un modesto 2,6%, quasi
la metà della media del 5% segnata prima della crisi. Nel frattempo, la
crescita demografica continua senza sosta, il reddito pro capite è precipitato
ai livelli del 2001 e oltre il 92% dei malgasci vive con meno di due dollari al
giorno. Ma anche altri indici lanciano ombre inquietanti sul futuro del Paese:
più della metà dei bambini patisce ritardi nello sviluppo, come conseguenza diretta
di una cronica malnutrizione.
Non è però così inusuale per l’Africa che un Paese ricco di
giacimenti petroliferi e minerari si trovi in una situazione socio-economica
difficilissima, con un indice di povertà in continua ascesa, acuito, in questo
caso, dalle forti problematiche legate alle precarie condizioni sanitarie e
all’embargo internazionale imposto nel marzo del 2010, a seguito del colpo di
Stato. Il tutto aggravato dalla peggiore invasione di locuste che dal 1950 a
oggi abbia mai infestato il Paese. Una calamità che ha costretto l’esecutivo di
Antananarivo a dichiarare lo stato di emergenza non avendo fondi a sufficienza
per pagare la bonifica necessaria a debellare gli sciami, ciascuno dei quali
composto da miliardi di insetti che stanno danneggiando seriamente ampie aree
di terra coltivata e di pascoli.
Nel sud del Paese le locuste hanno rovinato il 70% delle
colture di cereali, tra cui quelle di mais e di riso, il principale alimento di
base; mentre la produzione fuori stagione è diminuita rispetto agli anni
precedenti, poiché gli agricoltori sono riluttanti a seminare a causa della
minaccia, ponendo in questo modo a rischio anche il prossimo ciclo produttivo e
la sicurezza alimentare di oltre metà della popolazione. In uno scenario del
genere, appare chiaro che chiunque sarà il prossimo presidente dovrà affrontare
sfide durissime verso la via della stabilizzazione, che per il governo
malgascio sembra ancora molto lontana.
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