mercoledì 10 settembre 2014

Riake Resort & Villa

Qui lo sguardo si perde tra il blu dell’oceano ed il verde dei curatissimi giardini, nella lussureggiante vegetazione che circonda questo Resort da sogno. Davvero impagabile.

Siamo abituati a girare il mondo alla scoperta di “meraviglie” ma questo angolo di paradiso, oasi di pace e relax, l’unico situato a nord dell’isola di Sainte Marie è davvero idilliaco, da stupore. La strada per arrivarci (dall’aeroporto ci si impiega circa 1 ora di asfalto e 30 minuti di sterrato in mezzo alla foresta passando nel villaggi locali) è molto suggestiva, affascinante.
Tutte le strutture del Riake ( i cui servizi non hanno nulla da invidiare a quelli di Resort più “stellati” – la pulizia, il cibo, il trattamento, la cura nei dettagli…insomma “tutto” è a livelli molto alti, altro che due stelle- ) sono in stile malgascio perfettamente integrate nella natura che le ospita. I bungalow -solo 8-  con doccia a cascata e materassi ultracomodi,  sono  piccole bomboniere confortevoli che si affacciano sulla più bella ed  immensa spiaggia dell’isola.

Qui lo sguardo si perde tra il blu dell’oceano ed il verde dei curatissimi giardini, nella lussureggiante vegetazione che circonda questo Resort da sogno. Davvero impagabile.
Siamo stati fortunati col tempo (ha piovuto solo un giorno intero, un paio d’ore per due pomeriggi e qualche scroscio nella notte) considerato che in Agosto a ST. M. è inverno. La temperatura era intorno ai 35 gradi, il clima sempre ventilato. Purtroppo l’oceano era mosso e fare il bagno diventava problematico per la forte corrente. Ma da settembre inizia l’estate, il mare è piatto e i suoi colori che già ci sembravano stupefacenti sono ancora più accesi.


Cibo? Colazioni incantevoli servite nei gazebi sulla spiaggia, pranzi e cene con prodotti locali freschissimi sia di pesce (aragoste e gamberoni a volontà) che di carne, verdura e frutta. Nostalgia di pizze, focacce, pasta? Chiedete pure e ritroverete i sapori di casa. Il personale del Riake è gentilissimo e sempre sorridente.
Escursioni? Sissi è una guida eccellente e ci ha mostrato luoghi bellissimi nelle varie gite di terra e di mare.
Con i quad attraversando foreste, spiagge e sentieri siamo arrivati alle “Piscine naturali” -tre piscine d’acqua di mare incastonate tra le rocce- dove è possibile fare il bagno e dall’alto vedere un panorama mozzafiato.


Abbiamo trascorso un giorno a Ile  Aux Nattes spiagge paradisiache e acqua turchese, non ci sono auto e si può sia circumnavigarla  in piroga,  sia girarla a piedi  per incontrare gli abitanti dell’isola e i lemuri; e poi pranzare da soli in riva al mare.
Siamo stati alla Baia d’Ampaniby, prima passando a piedi nell’entroterra e poi facendoci trasportare da una piroga fra le mangrovie fino ad arrivare in una spiaggia deserta, protetta dalla barriera corallina, dove dopo un bel bagno e un po di snorkelling abbiamo gustato dell’ottimo granchio cucinato in modo speciale. Il rientro avviene camminando tra campi di vaniglia, chiodi di garofano e di riso e capanne di locali dove tutti -dai bambini agli adulti- regalano gran sorrisi.
Al Riake si organizzano passeggiate di mezza o intera giornata alla scoperta della natura, della cultura, della diversità della flora e della fauna di questa bellissima isola.
Sempre in quad abbiamo fatto altre escursioni sia nell’entroterra che lungo la splendida spiaggia del resort.
(A proposito di spiagge: abbiamo visto quelle della parte ovest dove ci sono tutti gli alberghi -anche i più famosi/quotati dell’isola-. A parte il fenomeno delle maree molto visibile, erano tutte strette, contenute, nulla a che vedere rispetto a quella magnifica (lunghissima e larghissima) del Riake, che “da solo” è nella parte nord est dell’isola).
E poi… vedere la balene dalla terrazza del bungalow o nell’oceano con Bertrand è un’emozione fortissima.
Ambizzu che si occupa della Reception  è cordiale, sveglio e volenteroso d’imparare la nostra lingua.
Maurizio il proprietario è un tenerone tutta simpatia ed allegria,  molto premuroso e disponibile nell’esaudire desideri e bisogni dei clienti .
Helene la sua compagna è dolcissima, è un piacere chiacchierare con lei.
Abbiamo trascorso una vacanza unica e stupenda, quindici giorni (dal 3 al 18.08 ) da tenere nel cuore con i ricordi più cari.
Immersioni?
Il Resort si appoggia al Bora Dive and Research situato al Princesse (vicino all’aeroporto), i dive master e le guide sono molto affidabili. Purtroppo o non era stagione o è stata solo sfortuna, ma per via della poca visibilità ho fatto solo un paio di tuffi. Mi sono bastati. Il primo un relitto, il Serapis  mercantile in legno affondato nel 1781, oggi se ne vede solamente l’ancora e un paio di cannoni; il  secondo Big Ice dove qualche branco di pesci si intrufolava nei pochi anfratti visibili. L’unica cosa bella è stato sentire i suoni e i canti delle balene che si propagavano nell’acqua intorno a noi.

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E’ successo ancora!

Quando Tina me lo indicò, mentre, con un gomito appoggiato al bancone del bar sorseggiava un Pastis parlando con un altro francese, a me sembrò molto più vecchio dei suoi 58 anni. Tina abbassò la voce dicendomi che si chiamava Benno e nella vita aveva fatto il mercenario, vuoi perché si rendeva conto di parlare di una persona a pochi metri da noi, e che avrebbe potuto capire e non gradire di essere oggetto delle nostre attenzioni, vuoi perché i vazaha che uccidono per mestiere suscitano un certo rispetto nei malgasci, che di solito uccidono quando sono ubriachi e per motivi venali. Fatto sta che anche per me la figura del mercenario, di quelli alla “Beau Geste", per intenderci, richiama alla mente la Legione Straniera e, necessariamente, una vita avventurosa e spericolata. Benno, a cui mi piace attribuire il nome di Jacques, non so perché, non è morto colpito da pallottola o da un colpo di macete, ma annegato nel mare di Anakao il 26 luglio 2011. Ovvero due anni dopo che l’avevo visto io nel bar del Sud Sud. 

Se vogliamo un esempio di come nascono le leggende, considerato che il mercenario Benno, classe 1951, magari non aveva mai ucciso nessuno in vita sua e aveva fatto solo lavoro d’ufficio, bisogna che io racconti le due versioni che circolano sulla sua morte. La prima, che nasce dai pettegolezzi che in Madagascar si chiamano Radio Babaky e di cui i residenti stranieri non sono esenti, mi descrive un Benno che sapeva nuotare benissimo, ma che non ha potuto fronteggiare i sei malgasci che erano caduti in acqua con lui, in seguito al ribaltamento del motoscafo veloce dovuto al vento forte, e che gli si erano aggrappati non sapendo nuotare nella speranza che il vazaha li salvasse da morte certa. E questa versione ci mostra l’eroe occidentale a cui i neri si rivolgono nel momento del bisogno, come avviene con il dottore bianco nella giungla, a cui si portano i feriti e i malati.

L’altra versione è molto più prosaica e ha dell’incredibile nel modo in cui io sono venuto a conoscerla. Stavo infatti facendo colazione nel villaggio, con the e boko boko, quando entra nel chiosco un malgascio che si siede a chiacchierare con il padrone della struttura. Poiché Tina, come tutti i malgasci, attacca discorso anche con gli sconosciuti, pone all’uomo appena entrato qualche domanda sul modo di ritornare a Tulear via mare. Ebbene, salta fuori che l’uomo si chiama Fulgence, è di etnia Vezo, abita ad Anakao ed è l’unico sopravvissuto del naufragio del motoscafo veloce, detto Vedette, in cui persero la vita 13 persone tra cui Benno.
Quando Tina mi ha riferito ciò, ho subito pensato alla legge di Attrazione e per l’ennesima volta ho dovuto constatare che nel momento in cui ho bisogno di qualcosa, quel qualcosa mi si appalesa. Sono anni che mi capita questo e sempre mi stupisco. Chi devo ringraziare per questi privilegi? L’universo? Zanahary? Lasciamo la questione in sospeso, perché penso che rimarrà sempre irrisolta e proseguiamo con la versione fornita dal sopravvissuto.

Fulgence Tovondrany ha recisamente negato che sei malgasci si siano aggrappati a Benno, trascinandolo a fondo, per il semplice motivo che Jacques Benno era ubriaco quando è salito sulla Vedette e lo era ancora quando la Vedette si è ribaltata. Un uomo ubriaco in mare, che sappia o meno nuotare, semplicemente non ha la coordinazione motoria per nuotare con onde alte. Che di 14 passeggeri siano morti tutti tranne il nostro Fulgenzio è una prova che il mare non scherza, quando è arrabbiato. La versione edulcorata probabilmente è nata tra i vazaha francesi residenti, ma io, per rispetto alla verità, devo piegarmi alla testimonianza dell’unico sopravvissuto, il signor Tovondrany Fulgence, che venerdì 22 agosto è venuto a far colazione nello stesso chiosco in cui mi trovavo io, proprio il giorno in cui avevo deciso di raccontare la storia di Benno. Storia che ha un risvolto amaro. In realtà Benno era riuscito a nuotare fino a riva, nonostante la sbornia ma, arrivato sulla battigia senza più forze, non è stato soccorso dai malgasci, che si sono limitati a tastarlo per vedere se aveva denaro addosso. Qualche metro più in là, Fulgente Tovondrany ricevette le cure del caso, fu portato in una capanna, gli furono cambiati gli abiti bagnati e gli fu frizionato il petto fino a farlo rinvenire. Se avessero fatto la stessa cosa con Benno, sarebbe ancora vivo, ma Benno era un vazaha e il razzismo dei neri verso i bianchi ha deciso della sua vita. Benno morì sulla battigia, senza soccorsi.
Come corollario, c’è da dire che tre settimane fa è successo ancora. Con le stesse modalità: un motoscafo veloce, il vento forte improvviso, la Vedette che si ribalta e 10 persone che annegano in mare, compreso un vazaha francese, sua moglie malgascia e il loro guardiano. E’ successo al largo di Antsiranana.
Ma c’è un’altra storia che voglio qui raccontare e che ci mostra un Madagascar in cui la vita e la morte giocano continuamente a rimpiattino, o perché la Natura si arrabbia o perché la natura umana fa anche di peggio. Il risultato è che la gente muore e il furto di bestiame è il modo con cui molta gente muore. L’abigeato come primaria causa di mortalità adulta.
Il 15 agosto scorso, a Beroy, poco a nord di Itampolo, alle otto del mattino, cinque malaso hanno ucciso un allevatore di omby, portandoglieli via tutti. La gente del villaggio si è messa sulle loro tracce, osservando le impronte sulla sabbia. Ne hanno raggiunti tre uccidendoli sul posto, mentre gli altri due sono riusciti a scappare nella boscaglia più profonda, insieme alla piccola mandria che avevano rapito. Il padre di uno dei due banditi uccisi, stando al racconto di Dongary, il gestore del Sud Sud che vediamo qui in foto, voleva andare alla polizia e fare denuncia contro ignoti per l’omicidio del figlio, ma poi ha desistito. Anche Dongary, che è lontano parente del giovane linciato, ha detto che è stato meglio se il vecchio genitore non ha fatto la denuncia perché il giovane ladro di ombyera miola be di carattere, cioè fuori di testa e cattivo. Quindi, è stato meglio se qualcuno l’ha tirato giù dalle spese. Non si sa se gli altri due malaso verranno mai catturati. Va aggiunto inoltre che uno dei tre uccisi è rimasto dieci giorni esposto al sole nella boscaglia perché nessuno della sua famiglia aveva il coraggio di andare a recuperarlo. Temevano la vendetta del figlio dell’allevatore. Il luogo dove giaceva è stato, poi, dato alle fiamme purificatrici. Tina, mentre passavamo nei pressi con il camion brousse per tornare a Tulear, mi ha detto di aver visto volteggiare i corvi sul quel macabro luogo maledetto. Immagine da film western.
Furti di bestiame ce ne saranno sempre in Madagascar perché sono diventati una consuetudine, ma trattandosi di un’attività che può avere risvolti mortali, mi chiedo perché molti giovani decidano di dedicarvisi. Forse qualcuno potrebbe rispondermi con un’altra domanda: perché nel sud Italia molti giovani subiscono il fascino della malavita e si arruolano nella Mafia o nella Camorra? Se mi è lecito supporre che in Madagascar ci sia una forza misteriosa che potremmo chiamare “Cupio dissovi” e che porta tanti giovani a diventare malaso, come se sapessero di andare incontro alla morte, si potrebbe dire la stessa cosa anche dell’Italia?
Ovvero, c’è un desiderio inconscio di morte in molti – chiamiamoli così – giovani guerrieri che scelgono la strada della violenza e dell’illegalità?
Io non posso rispondere a queste domande perché non ho le competenze per farlo, ma siccome nei telegiornali e sulla carta stampata si mostrano spessissimo le foto dei malaso uccisi dalla gente inferocita, non dovrebbero queste immagini fungere da deterrente all’entrata nella confraternita dei malaso? C’è dietro qualche rito d’iniziazione? C’è qualche pulsione di morte che io non riesco a intravedere? Forse un giorno qualcuno, malgascio o vazaha che sia, riuscirà a chiarirmi questo enigma antropologico. 

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miscuglio di culture e tradizioni diverse. E dove la morte riesce a
diventare "l’evento più importante della vita".

La felicità non è reale se non è condivisa”…
e allora mi fermo e racconto con cura e attenzione 

Un altro avvenimento significativo  degli ultimi tempi, è la morte di Martial il ray aman-dreny di Ambokala.  Lo chiamavamo “chef de Region”perché ha lo stesso nome del ricco e prepotente capo della Vatovavy- Fitovinany

le proibizioni e i limiti che gli uomini si danno è la lista dei tabù dei Vezo


Nuove specie di primati

scoperte in Madagascar


Un team di ricerca malgascio-tedesco ha scoperto una nuova specie di primati nella foresta di Sahafina, nel Madagascar orientale, in una foresta ancora non analizzata dagli scienziati. Il nome della nuova specie è lemure-topo di Gerp (Microcebus gerpi), in onore del team di ricerca malgascio (Groupe d'Étude et de Recherche sur les Primates de Madagascar). Diversi ricercatori di Gerp hanno visitato la Foresta Sahafina nel 2008 e nel 2009 elaborando un inventario dei lemuri locali. 
Il team d ricerca ha catturato numerosi esemplari di lemure-topo, e li anno rilasciati dopo averli misurati, pesati e fotografati, e dopo aver preso dei piccoli campioni da biopsie per gli studi genetici.
Ute Radespiel, dell’Istituto di Zoologia dell'Università di Medicina Veterinaria di Hannover, ha analizzato i campioni e i dati morfologici, confermando che gli animali della foresta di Sahafina appartengono a una specie non ancora individuata dalla scienza.
"Siamo rimasti molto sorpresi da questi risultati. La Foresta di Sahafina è a soli 50 km dal Parco Nazionale di Mantadia, nel Madagascar orientale, che ospita diverse specie molto più piccole, come il Lemure topo di Goodman. Al contrario, topo lemure del Gerp appartiene al gruppo dei lemuri topo più grandi, con una massa corporea di circa 68g, una specie di gigante, rispetto al lemure topo di Goodman (che pesa appena 44g).
La distribuzione del lemure topo del Gerp è probabilmente limitata ai residui frammenti di foresta pluviale di pianura del Madagascar orientale. L’avanzata della deforestazione rappresenta una grave minaccia per questi animali.
I ricercatori di Hannover e del Madagascar hanno pubblicato la loro scoperta nella rivista Primates.
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Il termine "camaleonte" viene comunemente
usato come sinonimo di mimetismo. 

i primi camaleonti apparsero in Africa e migrarono verso il Madagascar

La Riserva Peyreiras

 Madagascar Exotic



La Riserva Peyreiras o Madagascar Exotic di Marozevo costituisce una tappa obbligatoria e caldamente raccomandata quando si discende verso la costa est del Madagascar. E’ situata a 72 km dalla capitale passando attraverso la verdeggiante foresta di Mandraka. La Riserva porta il nome del naturalista che l’ha creata: André Peyreiras. Egli era un ricercatore appassionato della biodiversità malgascia e non si conta il tempo da lui trascorso a studiarla.
Questo centro di riproduzione ospita un numero considerevole di specie di rettili, anfibi, mammiferi ed insetti. Un mammifero residente di questo luogo è il Tenrec eucaudatus, un animale insettivoro molto celebre in Madagascar. Nella parte alta della collina una striscia di foresta primaria accoglie diversi esemplari di Sifaka e di lemuri fulvi. Questi animali sono stati ricollocati in questa zona per salvarli dal degrado che ha colpito il loro habitat naturale. All’interno di questa riserva sono state disposte diverse gabbie di ampie dimensioni riproducenti tipici ecosistemi del Madagascar. Una di queste gabbie destinate alla riproduzione ospita le farfalle destinate all’esportazione come la famosa farfalla cometa Argema mittrei. E’ divertente poi prendere in mano i gechi della specie Uroplatus, che assumono caratteri molto diversi e sono accomunati dell’incredibile capacità mimetica. C’è poi l’emozionante gabbia dei camaleonti, che accoglie molte specie diverse tra cui spicca il più grande camaleonte del Madagascar Calumma parsonii e la specie più piccola Brookesia. 

La gabbia degli anfibi ospita le sgargianti rane arancioni Mantella aurantiaca molto apprezzate dagli europei e dagli americani come animale da terrario. La regina di questo ambiente è Dyscophus guineti o rana pomodoro, un anfibio dall’aspetto veramente minaccioso. La zona dei coccodrilli permette di vederli a distanza ravvicinata, mentre la gabbia dei serpenti consente di avvicinare e toccare l’innocuo Sanzinia madagascariensis.

Questa Riserva è un luogo che ha una nota artificiale, nonostante sia perfettamente calata all’interno della foresta, ma offre la grande opportunità di vedere e persino toccare alcune tra le specie di animali più singolari ma anche meglio nascoste dell’ecosistema malgascio.



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Andasibe è considerata il paradiso degli anfibi del Madagascar:
nell’area che comprende un raggio di 30 Km intorno alla città
vivono più di 100 specie.

Si tratta di un " museo vivente ", un " santuario della natura ",
un piccolo continente  che concentra 12.000 specie di piante e
specie di vertebrati, mammiferi,rettili, anfibi e uccelli che sono endemiche. 

La sopravvivenza di questa straordinaria fauna è a rischio causa l’alterazione degli habitat

L'incanto delle bellezze naturali e l'eccezionale biodiversità sono i maggiori
tratti distintivi di una terra definita "l'ottavo continente"

Grazie all’isolamento geografico, il paese è un paradiso di biodiversità.

Ma la pressione demografica e l’instabilità politica accelerano il saccheggio

delle sue preziose risorse.

un luogo in cui il tempo sembra essersi praticamente fermato
sotto molto punti di vista,primo fra tutti quello naturalistico

Nicola, da alcuni anni, è impegnato a salvaguardare, attraverso un piano
di ripopolamento,alcune specie arboree autoctone molto preziose della famiglia dei “palissandri”

Il termine "camaleonte" viene comunemente
usato come sinonimo di mimetismo.

Nella foresta pluviale ricompare il Lemure Notturno

Tra gli alberi dragoni di Maromizha 

Sono davvero poche le immagini di Aye-aye in natura, avvistarne un esemplare è una cosa molto difficile perché si tratta di animali notturni e spesso solitari” 

A darne certezza ai ricercatori in campo, le foto in bianco e nero scattate dalle fotocellule delle camere trap posizionate fra i cespugli di questa porzione centro-orientale di foresta.
“Sono davvero poche le immagini di Aye-aye in natura, avvistarne un esemplare è una cosa molto difficile perché si tratta di animali notturni e spesso solitari” - dichiara Caterina Spezio, Responsabile del Dipartimento Ricerca e Conservazione del Parco Natura Viva di Bussolengo, una delle strutture UIZA che partecipa al progetto Volohasy-Bambù. “Normalmente si trovano solo delle tracce come le tipiche incisioni/buchi sul legno che fanno con il loro dito medio, lungo scheletrico e ricurvo. Difficile poi è calcolarne la densità poiché un solo individuo fa diversi e molteplici buchi. Questo avvistamento fatto con la camera trap ci porta a poter essere certi della presenza dell’Aye-aye in quella porzione di foresta”.
Il monitoraggio di questo piccolo animale, che ricorda il personaggio spielbergiano ET a causa del suo dito medio lungo e scheletrico e che è annoverato come Endangered nella lista rossa della IUCN, rientra nell’ ambito del progetto Volohasi- Bambù avviato lo scorso aprile dall’Università di Torino e dall’Unione Italiana Giardini Zoologici e Acquari (UIZA).  L’ obiettivo è ambizioso: combattere la perdita di habitat forestale in Madagascar, fenomeno che rappresenta la prima causa di estinzione delle specie, in particolar modo di lemuri. Si sta lavorando per affiancare ad un’ampia azione di riforestazione delle zone degradate della foresta, una più specializzata opera di habitat restoration focalizzata su specie vegetali appartenenti alla famiglia del bambù, risorsa fondamentale per la specie Hapalemur griseus eProlemur simus.
Negli ultimi 150 anni, infatti, la comunità scientifica ha assistito a una rilevante perdita degli ecosistemi forestali a causa di pratiche d’agricoltura slash and burn-taglia e brucia (tavy)e del taglio illegale di legname per la produzione di materiale da costruzione.  
Il Daubentonia madagascariensis (specie scoperta per la prima volta dallo zoologo tedesco Schreiber nel 1775), più conosciuto con il nome di Aye-aye, ha una caratteristica molto particolare che gli consente di procacciarsi il cibo: il dito medio lungo e scheletrico che ricorda quelle di ET, il piccolo mostriciattolo di Spielberg! 
Appartiene all’ordine dei Primati ed è una proscimmia della famiglia Daubentoniidae.  Ha un corpo lungo fino a 80-90 cm con tutta la coda che può misurare da sola fino a 40-50 cm e un peso intorno ai 2,50 kg. 
Di giorno riposa appollaiato dentro a tane che si fabbrica all’interno dei tronchi degli alberi. Esce poco prima del tramonto alla ricerca di cibo e rientra nella sua tana prima che faccia giorno. E’ un animale onnivoro che si ciba di vermi, insetti e larve ed erba. Oltre al caratteristico dito medio Aye-aye ha delle peculiarità anatomiche che lo distinguono dagli altri lemuri: ha incisivi in continua crescita (che hanno portato a pensare per tempo che si trattasse di un roditore) e delle grandi orecchie per sentire le larve e gli insetti nascosti nel legno!
Nella cultura popolare è considerato come portatore di sciagure e sventura. Secondo gli indigeni rappresenta il messaggio del diavolo.
http://www.italiaambiente.it/
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alla scoperta della cultura malgascia e di un mondo veramente primitivo

 È consigliata la lettura sia a coloro che desiderano
visitare questo paese e anche a coloro che lo hanno
già visitato per scoprire quello che si sono persi.

Il Santuario Della Natura
Questo paese, grazie soprattutto alla sua fantastica flora,
si è guadagnato l’appellativo di “Santuario Della Natura”.

un patrimonio mondiale da difendere

martedì 9 settembre 2014

Italiano in Madagascar punto da una zanzara

Aimone, detto Imo, ha un pessimo rapporto con i suoi cani. Ha provato anche a cacciarli di casa, ma la prima cosa che hanno fatto è stata quella di mangiare qualche tacchino o qualche anatra del vicinato, e la gente è andata da lui a chiedere il risarcimento. Quindi ha dovuto riprenderseli in cortile, ma non gli dà da mangiare e gli augura di morire con tutto il cuore. Più volte al giorno. E’ Ivette, la sua compagna di etnia Betsileo, che dà da mangiare ai cani. Tuttavia, a parte questo, ogni volta che vado a trovarlo (l’ultima, venerdì 5 settembre mi ha prestato tre libri) vengo a conoscenza di storie di cronaca nera, marrone o variamente colorata. Ma c’è da dire ancora, a proposito di Deficiente, il maschio, e di Margò, la femmina, che quando il 12 febbraio 2013 c’è stata l’alluvione, con il fiume Filarhena che ha portato i coccodrilletti in città, Imo si è ritrovato Deficiente nell’acqua, in evidente difficoltà e, per salvarlo, l’ha messo sul quad. Margò se l’è cavata da sola. Da quella volta, Deficiente sale da solo sul piccolo mezzo a quattro ruote, anche sapendo che non deve farlo. Il titolo di questo articolo avrebbe infatti potuto essere: “Il cane sul quad”, ma non lo è.



Dopo un anno e mezzo, e cioè pochi giorni fa, Gigi Colapietra, che fa l’allenatore per la squadra di calcio femminile di Aimone e che vediamo qui insieme a Melania Conte, è stato punto da una zanzara alle tre e mezza di notte. Quando Gigi viene punto, poi non riesce più a dormire e così si è alzato, è andato in cucina e si è preparato la prima colazione. Stava sorseggiando il caffé che, con la coda dell’occhio, vede una testa che si ritrae, fuori dalla porta del cucinino. Esclama: “Aurora, smettila di fare scherzi!”, ma nel silenzio che segue sente il lieve russare della sua compagna, proveniente dalla camera da letto. A Gigi vengono i capelli dritti. Si fa coraggio e, pur potendo farlo trovandosi in cucina, non afferra alcun coltello e va alla ricerca dell’intruso. Sullo stesso piano c’è il bagno. Accende la luce e, non volendo prendersi, magari, una coltellata, anziché entrare lentamente con tutto il corpo, sferra un calcio alla porta, facendola sbattere sul muro, così se qualcuno vi fosse stato nascosto dietro, se la sarebbe presa sul muso. In bagno non c’è nessuno e subito dopo sente un rumore di qualcosa che rotola giù dalle scale.


“Come!? Giù dabbasso ci sono gli uffici, con le finestre, dotate di inferriate, che danno sulla strada. Come hanno fatto ad entrare?”


E infatti, deve essersi trattato di un ragazzino molto giovane e molto magro, che uscì dallo stesso pertugio da cui era entrato, alla maniera dei gatti. Fuori c’era qualche adulto, meglio in carne, a bordo di un mezzo, con cui entrambi si sono dileguati. Il proverbio dice: “L’amore fa fare i salti, ma la fame li fa far più alti”. Un altro titolo alternativo di questo articolo avrebbe potuto essere: “Un ladro acrobatico”, ma non lo è. Cosa avrebbe potuto succedere se Gigi Colapietra ed Aurora Giordano fossero stati nel loro letto a dormire, con un intruso fra i piedi, animato di non si sa quali intenzioni? In Madagascar certe zanzare sono davvero pericolose. Certe altre salvano la vita.
Fonte: Freeanimals 
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centrali del Madagascar.

Laureato in Scienze dell'educazione, ho lavorato come educatore