Laureato
in Scienze dell'educazione, ho lavorato come educatore in diversi settori e per
diversi anni sia in Italia (Catanzaro, Torino, Brindisi, Napoli) che in
Madagascar (Nord, Centro e Sud) seguendo diversi progetti.
Dove vivi
Vivo
in Madagascar da tredici anni. Sono sposato, mia moglie è malgascia, abito a
Fort Dauphin e abbiamo un bimbo.
Come trovi il Madagascar
Trovo
quest'isola affascinante, anche se mi accorgo che la gente ha una
mentalità molto diversa da quella in cui sono nato. Soprattutto nelle zone
rurali. Per chi vive nella capitale, Antananarivo, o le grandi città è
già un po' diverso.
Quali sono le differenze
Ciò
che per noi è scontato, qui non lo è affatto. Ci sono dei modi di pensare e di
comportarsi che per gli europei sono acquisiti e che fanno parte da secoli
della cultura occidentale, ma che qui risultano estranei alla mentalità
tradizionale. Chi viene in Madagascar e ci vive prima o poi se ne
rende conto.
E cioè.....
Arrivando
in Madagascar in genere si viene in contatto con uno spaccato di vita
socialmente e economicamente molto diverso dal nostro. Ricordo la mia prima
impressione quando uscendo dall'areoporto di Ivato e in direzione Tana, vedevo
molta gente che a piedi, spesso nudi, si muoveva secondo lo stesso passo, come
un'unico corpo, nell'identica direzione. Fu spontaneo per me chiedere: Ma dove
va tutta questa gente? E invece semplicemente era il loro modo di
spostarsi: sembravano insieme, ma ognuno era per i fatti suoi.
Allora
arrivando in Madagascar capita che subito ci si attiva per organizzare
iniziative di aiuto, anche se, secondo me, è meglio prima di agire stare
ad osservare.
Come bisogna comportarsi
Osservare
e cercare di capire, potrebbe essere l'occasione per cominciare a entrare
in questa nuova mentalità, che poi è anche un nuovo mondo. Un mondo fatto di
prescrizioni, tradizioni ancestrali, leggi non scritte che spesso cozzano con
la nostra mentalità costruttivistica, organizzatrice e razionale.
Ma cosa c’è proprio di diverso
Quello
che è diverso è proprio la mentalità, il modo di pensare.
Entrare
in una nuova mentalità è difficile. Non è qualcosa che avviene in automatico.
Racconta le tue esperienze
Mi
trovavo al Nord del Madagascar, zona Sakalava, e molta gente stava davanti a un
grosso cancello chiuso, che aveva in un lato una porticina. - Aspettate
qualcuno?, chiedo. - No, è che vorremmo uscire ma la porta è chiusa. - Ma
strano perché questa porticina è sempre aperta. Avete già provato? - Sì, molti
hanno cercato di aprire ma non ci sono riusciti. Allora mi accosto alla porta,
giro la maniglia e la porta si apre, non era chiusa a chiave. Tutti cercavano
di aprire la porta spingendo verso l'alto la maniglia, nessuno aveva provato a
spingere verso il basso.
Sembra
quasi una situazione comica.
Allo
stesso modo la chiave nella toppa, in genere viene montata al contrario. Per
aprire bisogna girare da sinistra verso destra. Ma poi in fondo cos'è il
contrario? Forse siamo noi al contrario rispetto a loro. Lo stesso vale
per gli interruttori della luce. Però è vero che questa tendenza è anche indice
di una mentalità diversa.
Cos’altro puoi raccontarci
Al
Sud del Madagascar viveva un europeo. Aveva messo su un piccolo ristorante.
Ogni tanto gironzolava per il villaggio e aveva notato degli anziani che
mendicavano. Decise così che ciò che avanzava dal ristorante fosse dato a loro.
Ma qualcuno dopo qualche tempo gli disse: “Senti io comprendo la mentalità dei
vahaza (i non-malgasci o il bianco vengono chiamati così), ma qui la gente
pensa in modo diverso. Il giorno che tu non potrai più dare loro del cibo,
queste persone andranno in giro a dire: “Che tipo ingrato. Ci ha dato finora
del cibo e ora non ce ne da più.” E' la mentalità di chi ti dice: Se vuoi
farlo, fallo pure, sei tu che decidi, ma io non te l'ho chiesto e non ho alcun
debito verso di te.
Altra esperienza personale
Una
ragazzina otto anni mendicava per la strada. Settembre, ottobre, novembre,
dicembre. Pensai: se questa è qui da quattro mesi scolastici, allora vuol dire
che veramente i genitori, pescatori, non hanno i mezzi per farla studiare. Cosi
anche con difficoltà, decido di pagarle gli studi presso una scuola religiosa
privata che lei stessa aveva scelto. Passa un anno e termina la scuola. La cosa
che mi meraviglio' per tutto l’anno è che nessuno della famiglia mi espresse un
minimo di ringraziamento, per esempio come si faceva da noi in modo semplice: "Ecco qui un
cartoccio con 3 sardine. Grazie per il vostro interessamento". Sta per
iniziare il nuovo anno. Questa volta mi interesso presso un'associazione
affinché si possa prendere cura della piccola. Penso che sia meglio passare
attraverso qualcosa di ufficiale. L'associazione accetta e chiede alla madre di
presentarsi con la carta d'idendità. Il giorno dopo incontro una intermediaria
della famiglia che mi dice che non c'era più bisogno perché avevano già trovato
un altro privato che pagava per la piccola. Prima la bimba mi salutava quando
mi incontrava, dopo indifferenza totale: aveva ricevuto l’ordine di stare alla
larga. In pratica succede, e questo mi è stato confermato da un’altro
straniero, che lo stesso bambino è pagato allo stesso tempo da due o tre realtà
differenti: privati, associazioni. Allora si gioca in modo che gli uni non
vengano a sapere degli altri. Questa è una mentalità della convenienza e
aggiungerei della povertà.
Ma come vengono giudicate
Tutte
queste realtà fanno parte della vita di questa gente e non sono giudicate in
modo negativo. La legge non è ancora un punto di riferimento. Qui è negativo
ciò che va contro le tradizioni o i tabù (fady).
La
tradizione per esempio mette in secondo piano la donna, e allora la legge
recita: E’ malgascio il bambino nato da padre malgascio.
Come vivono la malattia, la morte
Ma
d’altro canto a contatto con questa realtà anche noi incontriamo l’ «altro noi»
dimenticato. Un’accettazione maggiore della vita in senso più naturale e meno
tecnologizzato. La malattia, la morte sono realtà che fanno parte della vita e
che si vivono senza l’ansia che contraddistingue la nostra civiltà. Il rapporto
col dolore e la precarietà si vivono in modo più degno. Ognuno fa fronte ad
essi come può e senza lamentarsi. Ricordo la mia prima visita in un
dispensario: c’erano bambini con piaghe, malati, ma nessuno di loro piangeva.
Il dolore è portato con dignità.
Ci
sono scolari che nelle zone di brousse possono stare anche tre giorni senza
mangiare, e non è affatto raro, ma continuano ogni giorno ad andare a scuola.
Ognuno
fin da piccolo è stato educato, nelle giusta proporzione, a badare a se stesso.
Se cadi, nessuno ti aiuta, ma sei tu che devi cercare di rimmetterti in piedi
da solo. E’ che la vita te la devi costruire da solo e non essere un peso per
gli altri. Qui ci sono persone molto avanti negli anni che continuano a
lavorare per poter vivere. E quando incontro queste persone, io le saluto con
molto rispetto.
Le tue foto cosa raccontano
Attraverso
le foto, cerco di raccontare questo mondo, la gente che incontro, le situazioni
vissute, anche particolari, come in "Un popolo unito nel pericolo" o
alcuni piccoli gruppi custodi di tradizioni secolari, quali i pescatori del
vecchio Porto di Fort Dauphin o i Mikea della zona Masikoro, Sud-Ovest. Sono
immagini di vita. Vita semplice e ancora legata a ritmi naturali, a rituali
secolari. E' anche una società in lenta trasformazione dove nuove realtà a
volte entrano in dialogo e in conflitto con antiche credenze.
Come sei entrato nel mondo della
fotografia
La
fotografia è stata da sempre la mia passione, fin da quando ero ragazzo e
ancora oggi, cerco in qualche modo di farne il mio lavoro. Ho anche
ricevuto alcuni riconoscimenti: Gran Prix del Mois de la Photo Sar'nao
nel 2010, "Avec les jeunes de Madagascar" nel 2011, Laureat au Prix
du Jury Ilford nel 2013.
Perché il bianco e nero
Prediligo
il bianco e nero perché lo trovo più interessante per raccontare la vita della
gente. Ho anche un sito web in cui è possibile vedere ciò che viene fuori dalla
mia macchina fotografica: www.salvatore-avallone.com
“Dialoghi interiori”
Dal
1992 ho lavorato a un’idea che voleva realizzare una nuova forma di
espressione. Da questa intuizione sono nati i «Dialoghi interiori», realizzati
con una Leica M6. La mia prima vera macchina è stata un Ricoh 35EE.
Il digitale
Ho
lavorato con le pellicole fino a quando nel 2008 sono passato al digitale. Sono
le foto che si possono vedere nel mio sito.
Avere il privilegio
di possedere un’opera d’arte
Le foto di Salvatore Avallone si possono
acquistare direttamente dal sito internet o contattare direttamente l'autore
("Contatto" nel menu del sito) e averle consegnate a domicilio; in
Italia hanno delle quotazioni ufficiali fino a 300 euro, ma per i lettori de
“Il mio Madagascar” sarà riservato un prezzo particolare per chi vive in Italia
e ancora più particolare per i connazionali del Madagascar.
Qualche commento dal libro d’oro:
23/12/2013
grazie
per le tue foto sempre così piene di umanità e di vita quotidiana. In chi le
guarda e le contempla non possono che suscitare amore e compassione per ciò che
è umano. Grazie.
10/10/2012
J'ai découvert les
photographies de Salvatore Avallone dans l'article que la revue Réponses Photo
lui a consacré en novembre 2011. J'ai été très impressionné par l'optimisme qui
rayonne de ces images et j'ai aussitôt acheté 3 photographies que je ne me
lasse pas de contempler chez moi.
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