domenica 19 gennaio 2014

Bellissimo tour del Madagascar

La descrizione di questo tour è un esempio per chi vuole veramente vedere questa Isola Rossa, ha la durata di un mese, ma è veramente completo. È consigliata la lettura sia a coloro che desiderano visitare questo paese e anche a coloro che lo hanno già visitato per scoprire quello che si sono persi.

Viaggio on the road su piste nelle zone occidentali e del Sud e poi la discesa del fiume Tsiribihina in barca.
Visitato l’Altipiano Centrale, zona Sud e Sudovest
Durata del tour 1 mese
Erano ormai alcuni anni che desideravamo vedere il Madagascar, per molti motivi non eravamo mai riusciti ad organizzate la vacanza.
Fortunatamente quest’anno ce l’abbiamo fatta.
Per organizzare questo tour ci siamo letti decine di diari di viaggio pubblicati sul sito di Turisti per Caso, tutto il Lonely Planet, il volume “Tre mesi di Viaggio nell’Isola Rossa” di Claire e Reno Marca, il volume n° 203 di Meridiani sul Madagascar, la giuda Madagascar dell’Editrice DUMONT e studiato i vari programmi di viaggio in Madagascar di vari Tour Operator.
Alla fine abbiamo imbastito un nostro programma della durata di un mese per vedere la parte sud dell’isola.
Dai vari diari di viaggio di Turisti per Caso abbiamo rilevato i nominativi degli Autisti/Guide con fuoristrada che hanno accompagnato gli autori dei diari dai quali veniva anche evidenziato la capacità, l’affidabilità, l’efficienza degli stessi.
Abbiamo inviato il nostro programma ai diversi Autisti/Guida con la richiesta di costo del tour, ci hanno risposto quasi tutti e dopo una valutazione abbiamo scelto, Mr. Mahery Rajaona (e-mail: maheryt@yahoo.fr) che ha suggerito alcune modifiche al nostro programma per ottimizzare i percorsi, siamo stati veramente fortunati con questa scelta.
Mr. Mahery si è dimostrato una persona simpatica, onesta, veramente efficiente, bravo autista , appassionato del suo lavoro e anche competente come guida,per noi è stato il massimo su tutto.
Per tutte le tappe del tour ci ha suggerito e prenotato gli Hotel e ci ha organizzato la discesa del fiume Tsiribihina in barca. 
1° Giorno
Viaggio da Milano, via Parigi per Antananarivo con arrivo alle 4.30 del giorno successivo.
I voli aerei sono stati prenotati da noi con Air Madagascar per poter ottenere gli sconti sui due voli interni.
Debbo dire che è stata una buona scelta perché il volo intercontinentale è stato confortevole (con un buono spazio tra i sedili) ed i pasti serviti erano buoni.
Ci fermiamo circa due ore presso la casa della nostra guida per sistemare le carte del contratto, per un caffè e poi partiamo direttamente per il tour.

2° GIORNO DA ANTANANARIVO AD ANTSIRABE – KM 180

Abbiamo attraversato Tana il mattino presto (5.30) ma il traffico era già caotico con moltissima gente per le strade, direzione Sud sulla RN 7.
Tana e tutta la zona centrale del Madagascar sono su un altipiano che va da circa 1000 mslm fino ai 1500 mslm di Tana.
L’altipiano è molto bello con moltissime risaie e terrazzamenti, bei villaggi con case in muratura, lungo il fiume moltissime fornaci per la cottura dei mattoni, molte donne che lavano i panni e li stendono nei prati formando bellissime chiazze multicolori.
Attraversando i vari villaggi, lungo la strada, vediamo moltissimi banchi per la vendita dei loro prodotti artigianali, della verdura e della frutta da loro prodotta.
Arriviamo ad Antsirabe alle 12.00, Mahery ha prenotato l’alloggio presso l’Hotel Green Park con dei bei bungalow grandi e puliti, il tutto in un parco con 2 laghetti, belle piante e molti fiori.
Pranziamo in Hotel con ottimi piatti tipici malgasci.
Alle 16.00 andiamo a vedere i laghi Andraivabe e Tritiva, niente di particolare.
Ceniamo in Hotel, ottima cena. Anche il ristorante si è rivelato buono

3° GIORNO - DA ANTSIRABE AD AMBOSITRA – KM 90

Visita al mercato per l’acquisto della frutta che ci servirà per mezzogiorno (abbiamo spiegato a Mahery che noi a mezzogiorno non pranziamo, preferiamo mangiare un po’ di frutta e cenare bene alla sera).
Andiamo poi a vedere gli artigiani che lavorano le pietre, i corni di Zebù, fanno i ricami e le miniature di macchine, moto e biciclette ricavate dalle lattine delle bibite; abbiamo già iniziato ad acquistare alcuni souvenir che ci trascineremo per tutto il viaggio.
Partiamo per Ambositra, sempre sulla RN 7, il percorso è diverso, ora ci sono montagne, pinete, rocce, terreni rossi, nelle valli bellissime risaie che sembrano ricami nel terreno.
Le case tutte in muratura o fango sono rosse, piene di bimbi, la gente è sorridente.
Arriviamo ad Ambositra verso le 15.00, prendiamo alloggio presso l’Hotel des Artigianes, molto carino, pulito, le strutture,i rivestimenti e l’arredamento è tutto in legno intagliato e intarsiato, le camere sono spaziose.
Usciamo per visitare l’artigianato del legno dove vengono fatte belle sculture e bellissimi intarsi.
Ceniamo in Hotel, il ristorante è ottimo.

4° GIORNO DA AMBOSITRA AD FIANARANTSOA – KM140

Passiamo al mercato per l’acquisto della solita frutta.
Partiamo sempre sulla RN 7, dopo circa 1,5 ore di viaggio arriviamo al villaggio della tribù dei Zafimaniry, qui le case sono tutte in legno, le porte e finestre sono tutte decorate e intagliate, la povertà è tanta, i bimbi sono sporchi. Rispetto a quanto visto finora è una tribù completamente separata dal contesto.
Proseguiamo, il paesaggio è sempre bellissimo, il colore rosso prevale su tutto.
Arriviamo a Fianarantsoa a fine pomeriggio, andiamo subito ad acquistare i biglietti di prima classe del treno per Manakara del giorno successivo.
Prendiamo alloggio presso l’Hotel Zomatel, la camera è molto piccola e spoglia.
Andiamo a cenare al Ristorante Panda, la cena è ottima.

5° GIORNO - DA FIANARANTSOA A MANAKARA IN TRENO – KM 170

Treno alle ore 7.00, Le carrozze sono in condizioni disastrose, tutti i sedili lerci, strappati, con buchi, ma la partenza è puntuale (questo treno è famoso per la mancanza di puntualità e per i guasti), attraversiamo moltissimi villaggi, risaie, foreste piantagioni di tè.
Il treno si ferma in tutti i villaggi, all’arrivo del treno tutto il villaggio si accalca attorno ci sono sempre tanti bimbi, venditrici di frutta, molti piatti di pesce e altra roba fritta, in alcuni villaggi vendevano anche dei bei gamberoni di fiume cotti.
Sul treno salivano e scendevano persone con le cose più disparate, dalle fascine di legna alle ceste di frutta, verdura, patate, galline ecc… e tutti mangiavano in continuazione.
Il viaggio è durato 12 ore, molto lungo, sul treno non esiste illuminazione e l’ultimo tratto è stato tutto al buio, ma questa volta il treno è arrivato puntuale alle 19.00 a Manakara, anche qui la stazione è al buio totale.
Fuori c’era Mahery ad attenderci, ci ha portati fuori Manakara all’Hotel Les Delicies, la camera è molto grande, dalla doccia esce acqua giallastra.
Abbiamo cenato al ristorante dell’Hotel in centro a Manakara, la cena con aragosta è stata ottima.
Anche qui c’è tanto buio ovunque, non ci rendiamo conto di dove siamo, lo scopriamo il mattino successivo che siamo ai bordi di una bella laguna.

6° GIORNO - DA MANAKARA A RANOMAFANA – KM 150

Alle 7.00 ci rechiamo al mercato di Manakara per l’acquisto della frutta ma troviamo solo banane e in una pasticceria dei pasticcini
Partenza per il Parco di Ranomafana, durante il percorso acquistiamo della frutta.
Il panorama è sempre molto vario, ci sono moltissime palme del viaggiatore e folta vegetazione, montagne, colline, fiumi con dentro sempre molti bambini.
Arriviamo alle 15.30, prendiamo alloggio presso l’Hotel Sokele de La Mania, tutti bungalow, belli, puliti.
Usciamo alle 17.30 con Mahery e una guida per vedere i lemuri notturni (lemure topo), i camaleonti e le rane, belli e interessanti.
Ritorniamo in Hotel, ceniamo a lume di candela, mangiamo gamberoni di fiume, cena ottima.

7° GIORNO - DA RANOMAFANA AD AMBALAVAO – KM 100

Alle 7.00 partenza per un giro nel Parco di circa 4 ore con guida, la foresta è molto fitta, vediamo non molto bene diverse varietà di lemuri perché sono tutti in alto sulle altissime piante e vari bei camaleonti.
Ritorniamo a Fianarantsoa, ci fermiamo per la pausa pranzo poi in macchina facciamo un giro della città visitando la parte vecchia, siamo saliti al belvedere per ammirare il panorama di tutta la città.
Si riparte per Ambalavao, durante il percorso abbiamo visitato gli artigiani che lavorano il Sisal dal quale vengono estratte lunghe fibre usate per produrre corde e altri manufatti.
Ci siamo poi fermati presso gli artigiani che producono e lavorano la seta. Qui il baco viene tagliato poi fatto bollire, la seta viene poi staccata dal baco e filata a mano sulle ginocchia.
I manufatti prodotti sono veramente belli.
Ad Ambalavao prendiamo alloggio all’Hotel Buganvillee, bello, pulito e ha un ottimo ristorante dove abbiamo cenato.
8° GIORNO - DA AMBALAVAO A RANOHIRA – KM210
Partenza alle 7.30 per la visita ai laboratori artigiani della produzione della carta che viene ricavata dalla lavorazione della corteccia di una pianta locale.
I prodotti sono cartelline, buste, carta da scrivere quadri ecc... sono veramente belli.
Siamo poi partiti alla volta del Parco dell’Ania dove abbiamo finalmente visto da vicino i lemuri che si muovevano in terra con i cuccioli aggrappati alla mamma.
Siamo ripartiti per Ranohira, il percorso è veramente bello, dall’altipiano a quota 1200 mslm si scende a quota 300 mslm per poi risalire a 800mslm.
Durante la discesa la vegetazione cambia completamente, dai terreni fertili dell’altipiano si passa ai terreni brulli e rocciosi con la vegetazione tutta gialla e secca e ogni tanto si vede qualche villaggio mimetizzato nell’ambiente circostante.
Si risale a 800 mslm, vediamo una grande pianura brulla e in gran parte bruciata perché la vegetazione secca viene incendiata per fare ricrescere l’erba dei pascoli per gli Zebù nella stagione delle piogge.
Arrivati a Ranohira prendiamo alloggio all’Hotel Orchidea, buono e con camere grandi.
Alle 16.45 partiamo con Mahery per vedere il tramonto del sole alla Finestra dell’Isalo. Si tratta di una roccia forata attraverso la quale si vede il sole tramontare, ma la cosa più bella è la colorazione delle rocce durante il tramonto.
Ceniamo al ristorante dell’Hotel, anche qui il ristorante è discreto.

9° GIORNO  - VISITA DEL PARCO DELL’ISALO

Alle 6.30 andiamo al mercato per acquistare la frutta e l’acqua necessari per la giornata nel parco.
Alle 7.00 incontriamo Coco, la nostra guida, paghiamo l’ingresso poi partiamo in macchina per l’avvicinamento all’ingresso del Parco.
Ci incamminiamo con destinazione Piscina Naturale, poi per il Belvedere, durante il percorso dentro un’oasi di verde ai lati si ergono pareti di arenaria erosa in modo incredibile dagli agenti atmosferici e dagli svariati colori.
In alto negli anfratti delle pareti la locale tribù dei Bara rica le tombe per i loro morti che poi chiudono con un muro di sassi
Arrivati al belvedere vediamo un profondo canyon con una fitta vegetazione, scendiamo fino ad un torrente e proseguiamo il percorso in un sentiero lungo il torrente e arriviamo al campeggio, proseguiamo fino alla Piscina Azzurra e alla Piscina Nera.
Decidiamo di fare un bagno ristoratore nella Piscina Azzurra, l’acqua è abbastanza fredda ma dopo il caldo avuto durante il percorso è veramente un piacere.
Ritorniamo per andare alla cascata, salita abbastanza ripida con gradini scolpiti nella roccia, la cascata è piccola ma cade in una grande pozza che è veramente suggestiva.
Durante il percorso abbiamo visto da vicino vari tipi di Lemuri, alle 15.30 arriviamo al parcheggio.
Rientro in Hotel e cena al ristorante dell’Hotel

10° GIORNO - DA RANOHIRA A TULEAR – KM 240

Alle 7.00, andiamo al mercato per l’acquisto della frutta, partenza alle 8.00, il percorso è un continuo saliscendi, il paesaggio brullo, incrociamo molte mandrie di Zebù dirette al mercato e vediamo i primi Baobab.
Prima di arrivare a Tulear visitiamo l’Arboretum, è un Giardino Botanico dove è stata ricostruita la Foresta Spinosa caratteristica di tutta la zona Sud del Madagascar.
Nel Giardino abbiamo visto diversi camaleonti e l’Uccello del Paradiso con le piume dai bellissimi colori.
Arriviamo a Tulear, molto caotica, tantissima gente, tantissimi pous-pous.
Prendiamo alloggio presso l’Hotel Chez Alain, tutti bungalow molto belli, grandi e puliti.
Andiamo con Mahery a visitare Tulear, ci fermiamo da Giancarlo (un italiano che ha aperto un ristorante a Tulear) a prendere una buonissima spremuta di frutta poi passiamo ad acquistare i biglietti per Anakao e ad acquistare la frutta che ci servirà per il percorso di 4 giorni da Anakao a Fort Dauphin.
Alla sera ceniamo da Giancarlo, cena buonissima, tutto pesce e promettiamo a Giancarlo che il 15-10 quando ripasseremo da Tulear alla fine del tour ritorneremo per un altro pasto.

11° GIORNO - DA TULEAR AD ANAKAO CON MOTOSCAFO

Ore 8.15 andiamo al porto, prendiamo il motoscafo per Anakao, il viaggio dura circa 1 ora, durante il viaggio vediamo una balena.
Sbarchiamo sulla spiaggia davanti all’Hotel Atlantis, prendiamo possesso di un bellissimo bungalow, molto grande e con una magnifica vista sul mare, è posizionato in alto su una duna a circa 40 metri dal mare, da li il panorama è stupendo, si vede tutto il golfo di Anakao, l’isola di Nosy Ve, il mare è verde e al largo diventa azzurro, è un paradiso.
Il bungalow è costruito con cannicciati vari, circola molta aria, non c’è acqua corrente ne energia elettrica. Un piccolo generatore, che spengono alla sera, provvede all’energia necessaria per il frigorifero e per le poche lampadine.
La doccia si fa riempiendo un piccolo serbatoio sospeso con acqua calda da bottiglie riscaldate al sole, pure il WC si pulisce con secchi d’acqua.
Lunga camminata sulla spiaggia fino al villaggio dei pescatori, assaliti da torme di bimbi con la richiesta di regali e caramelle.
Ceniamo al ristorante dell’Hotel, non c’è scelta ma comunque la cena non è stata male.
Dopo cena ci sdraiamo a guardare il cielo stellato, fantastico con miliardi di stelle e con la via lattea che non vedevo da quando ero piccolo.

12° GIORNO - ESCURSIONE IN PIROGA ALL’ISOLA NOSY VE

Colazione scarsa.
Al mattino ci siamo accordati con alcuni pescatori per cenare con aragosta in spiaggia davanti all’Hotel, loro volevano fare la cena al villaggio ma Mahery lo ha sconsigliato perché troppo lontano e per il troppo buio
Partenza alle 8.00 per l’escursione, la piroga è con vela quadrata e bilanciere governata da 2 pescatori.
Il mare è calmo, e c’è una tiepida brezza, dopo circa mezzora approdiamo all’isola.
La spiaggia è bianca, pulita, ci sono conchiglie ovunque mentre il mare visto dalla spiaggia ha tutte le tonalità del verde e al largo diventa azzurro.
L’isola è un parco naturale protetto, ci nidifica il Fetonte Codarossa che abbiamo visto mentre covava.
Facciamo un bellissimo bagno, la temperatura dell’acqua è buona poi ci incamminiamo per fare il giro dell’isola.
Al ritorno il pranzo è pronto, i pescatori hanno cotto alla brace il pesce, hanno steso a terra la vela e ci siamo accomodati a mangiare, ottimo.
Alle 14.30 siamo partiti dall’isola per il ritorno in Hotel.
Alla sera i pescatori hanno cotto l’aragosta sulla brace e abbiamo cenato alla luce del fuoco, intorno buio profondo, lo sciabordio delle onde e miriadi di stelle, è stata una bella e buona cena.

13° GIORNO - DA ANAKAO A ITAMPOLO – KM 170 TUTTA PISTA SABBIOSA

Ci alziamo alle 6.00 per vedere l’alba e le centinaia di piroghe dei pescatori al largo alcune a remi moltissime a vela.
Alle 7.00 partenza, il percorso, tutto su pista sabbiosa attraverso un bella foresta spinosa, attraversiamo vari sperduti villaggi sempre con moltissimi bimbi, abbiamo notato che non ci sono scuole ne ambulatori medici, queste popolazioni sono proprio lontanissime da qualsiasi civilizzazione.
Arriviamo al Parco di Tsimanampetsoe per vedere il grande lago delle dimensioni di km 2 x 12 e i fenicotteri.
Il lago è di un bel colore verde chiaro ma i fenicotteri sono al largo e si vedono solo i puntini bianchi.
Visitiamo la Grotta di Mitoko con all’interno un piccolo laghetto con dentro pesciolini bianchi ciechi e tra i sassi c’era anche un grosso serpente Boa che dormiva.
Nel parco ci sono anche 2 baobab, uno detto sorridente per via della stana forma della corteccia ha un’età di circa 1500 anni mentre il secondo ha la circonferenza del tronco di circa 13 metri e ha 3000 anni, vediamo anche un Ficus gigantesco con il diametro della chioma di circa 40 metri e con le radici che scendono in una grotta sottostante lunghe oltre 15 metri. Nella caverna c’è un piccolo lago con una profondità di 45 metri dove si immergono i sub.
Si torna sulla pista, ai lati vediamo molte tartarughe, ci siamo dovuti fermare anche a spostarle dalla pista.
Lungo il percorso ci fermiamo per uno spuntino a base di frutta sotto un pianta.
Arriviamo a Itampolo alle 16.00, prendiamo alloggio all’Hotel Sud Sud, siamo tutti impolverati.
Nell’Hotel non c’è acqua corrente ne energia elettrica, un piccolo generatore che spengono alle 10 provvede per il necessario.
Depositiamo i bagagli e andiamo a fare una camminata lungo la bellissima spiaggia bianca.
Il tempo si sta guastando con molte nuvole, il mare è mosso e c’è un forte vento.
Cena a base di pesce alle 19.00 al ristorante dell’Hotel, tutto buono.
Durante il percorso da Anakao non abbiamo trovato altre macchine con altri turisti, nell’Hotel siamo solo noi.

14° GIORNO - DA ITAMPOLO A LAVANONO – KM 185 TUTTA PISTA SABBIOSA

Partenza alle 7.30 per un'altra giornata in macchina sulle piste del Sud del Madagascar, Mahery ci ha detto che questo tragitto viene fatto da pochissimi quindi non si sa mai in che stato si trovano le piste.
Dopo circa 2 ore passiamo da un grosso villaggio, qui c’è una scuola, decidiamo di fermarci per regalare un pallone e delle penne
Attraversiamo un fiume in secca con fondo sabbioso e con il rischio di insabbiarsi, arriviamo ad un altro villaggio dove era in corso un mercato, c’erano tantissime persone con indumenti coloratissimi e tanti bimbi, ci hanno accolto con tanti sorrisi.
Nel mercato si vende di tutto, manioca, verdure, tessuti, vari oggetti di uso normale ma non c’era frutta.
Dopo il villaggio la foresta spinosa è cambiata, i fichi d’india sono la vegetazione più esuberante e invadono anche la pista fino a renderla una strettoia.
Anche durante questo tratto incrociamo tante tartarughe molto grosse, sembra che nel Sud del Madagascar ce ne sono migliaia.
Arriviamo ad un altro villaggio, ci dicono che la pista è impraticabile a causa i fichi d’india, e indicano un altro percorso, al successivo villaggio ci dicono che abbiamo sbagliato strada, un ragazzo si offre di accompagnarci a prendere quella giusta. Torniamo indietro e alla fine prendiamo la strada corretta ma i fichi d’india la hanno ristretta, noi la allarghiamo con la macchina.
Attraversiamo un nuovo fiume in secca ancora con il rischio di insabbiarci.
Ci fermiamo per il solito spuntino a base di frutta, ne diamo un po’ ad un contadino che sta passando, le piace e ci dice che quella frutta non la ha mai mangiata (pom canel), si è tenuto i semi da piantare.
Nel tardo pomeriggio arriviamo a Lavanono, prendiamo alloggio presso l’Hotel Gigi, tutti bungalow molto belli con terrazza sul mare un bel parco realizzato con piante spinose, la posizione e la visione del golfo è mozzafiato anche se il tempo è brutto, c’è molto vento e il mare è molto mosso e fa fresco.
I bungalow non sono dotati di bagno, la doccia e il bagno sono localizzati lontano ma il tutto è pulitissimo.
Anche qui siamo gli unici clienti, ceniamo ottimamente al ristorante dell’Hotel.

15° GIORNO - DA LAVANONO AL PARCO DI BERENTY – KM 195 PISTA SABBIOSA + EX STRADA ASFALTATA

Partiamo alle 8.00, il percorso è sempre una pista ma finisce la foresta spinosa, iniziamo a vedere un po’ di verde e molte coltivazioni, i villaggi che attraversiamo sono sempre simili, tantissimi bimbi e molta povertà.
Circa 50 km prima di arrivare a Berenty incrociamo la Statale 10, finisce la pista e inizia una delle strade più brutte che conosco; è una strada che molto tempo fa era asfaltata ma ora c’è un misto di asfalto ed enormi buche che costringono a procedere lentamente con continui scossoni.
Incrociamo la deviazione per il Parco di Berenty, da qui si stende a perdita d’occhio una enorme coltivazione di piante di Sisal che alimentano una industria locale che produce corde, hanno distrutto tutta la foresta per questa piantagione.
Arriviamo finalmente a Berenty, è una piccola estensione di foresta che è stata salvata dalla distruzione ed è diventata riserva.
C’è un centro di accoglienza, un museo, un bel ristorante e una serie di bungalow per l’alloggio dei visitatori, tutti gli edifici e i viali sono molto curati.
Prendiamo alloggio, la sistemazione è buona, la camera grande e pulita.
Dentro il parco si vedono lemuri Katta e Ballerini ovunque, facciamo anche una visita guidata notturna per vedere i lemuri Microcebis (molto piccoli) che sono notturni e diversi camaleonti.
Ceniamo al ristorante del Parco, abbiamo trovato il cibo buono e molto curato.

16° GIORNO - VISITA DEL PARCO DI BERENTY E TRASFERIMENTO A FORT DAUPHIN – KM 90

Colazione alle 7.00, nella zona ristorante ci sono molti lemuri e i camerieri devono controllare i tavoli perché i lemuri salgono a mangiare quello che trovano
Partiamo alle 7.30 per la visita, la guida Jean parla solo francese, passeggiamo nei vari viali del parco con tanti begli alberi quali Tamarindi, Ficus, Euforbie ecc… e tanti lemuri Katta e Ballerini, per ultimo visitiamo il museo dove è conservata una antica abitazione della etnia Antandroy, ciotole varie ricavate da zucche, monili, attrezzi vari per l’agricoltura e fotografie.
Nel parco vediamo un coccodrillo dentro una grande vasca e molte tartarughe.
Alle 10.30 partiamo per Fort Dauphin, la strada è sempre asfalto con enormi buche, il panorama cambia nuovamente ci sono montagne, coltivazioni, risaie, le montagne hanno vari colori ma prevale sempre il rosso.
Ora vediamo anche grossi alberi di Mango e di Litchi, palme del pellegrino, molti stagni, sulla strada molto movimento di gente con carichi vari sulla testa, biciclette che trasportano sacchi di carbone di legna.
Arriviamo a Fort Dauphin, piove, ma le strade ora sono buone (qui c’è una miniera dove una compagnia Canadese estrae minerali vari che servono per l’elettronica quali cellulari computer, microprocessori ecc… e che si preoccupa anche di tenere in ordine le strade), la città è sulla riva del mare, tutte le case sono in muratura, è carina, ordinata e pulita.
Prendiamo alloggio all’Hotel Lavasoa, tutti bungalow sono posizionati in alto sopra la spiaggia di Libanona,
Ci viene assegnato il bungalow n° 6 dalla cui posizione Lonely Planet dice che si vede il più bel panorama del Madagascar.
Nel tardo pomeriggio facciamo con Mahery un giro per la città dove scopriamo che c’è anche la pasticceria Colbert con ottimi prodotti, alla fine andiamo a cena da George, ottimo ristorante sulla spiaggia di Lavasoa.

17° GIORNO - TOUR NEI DINTORNI DI FORT DAUPHIN

Giornata nuvolosa, non fa freddo, andiamo verso nord su strade molto dissestate, c’è moltissima gente per strada.
Vediamo lagune, fiumi, tantissime piante di Litchi, palme del viandante, orecchie di elefante, sterlizie, piante carnivore, attraversiamo anche 2 guadi.
Arriviamo alla baia di Lokaro, bellissima, con tantissime rocce emergenti nel mare, la spiaggia è bianca, molto larga, non c’è nessuno, ma manca il sole e i colori sono opachi ma lo spettacolo è davvero molto bello.
Torniamo a Fort Dauphin e nel pomeriggio scendiamo alla spiaggia dove subiamo il solito assalto dei bimbi.
Ceniamo al ristorante Chez Anita, anche questo ristorante è ottimo.

18° GIORNO - VOLO DA FORT DAUPHIN AD ANTANANARIVO

Oggi giornata di trasferimento il volo è alle ore 14.00, quindi si fa tutto con calma, ci rilassiamo in terrazza, leggiamo poi prendiamo un taxi e andiamo in centro (Mahery è partito in macchina per Antananarivo, 3 giorni di viaggio), durante il tragitto vediamo al largo lo sbuffo e le pinne di una balena.
Facciamo acquisti da Mako poi passiamo dalla pasticceria Colbert.
Alle 12.00 ci rechiamo all’aeroporto, volo regolare, alle 16.30 arriviamo ad Antananarivo, ci aspetta la moglie di Mahery, Malala con l’autista, ci rechiamo al mercato dell’artigianato ma arriviamo che stanno chiudendo quindi andiamo all’Hotel Shangai, vecchio, pulito ma la camera è molto piccola.
Ceniamo nel vicino Ristorante Chalet delle Rose di proprietà di un italiano mangiamo zebù e pesce, il voto è buono.

19° GIORNO - DA ANTANANARIVO A MIANDRIVAZO – KM 400

Partenza alle 6.30, facciamo un giro nella città alta, andiamo al palazzo della Regina costruito nel punto più alto della città, è presto ma con una mancia ai guardiani ci fanno entrare, addirittura ci raggiunge una guida che ci spiega la storia del palazzo
La vista di Tana dall’alto (circa 1600 mslm) è suggestiva, la città è molto grande ed è costruita su colline, proseguiamo il giro mentre la città si sta animando.
Alle 7.30 partiamo per Miandrivazo ma siamo già in coda ed impieghiamo 1 ora per uscire.
Ripercorriamo la RN 7 fino ad Antisrabe, ci fermiamo per uno spuntino.
Dopo 1 ora ripartiamo sulla RN 34, la strada è asfaltata, bella e tortuosa, è tutto un saliscendi per le colline, il paesaggio molto bello con molto verde e tantissime coltivazioni fino a circa la metà del percorso.
Dopo, sempre collinoso ma diventa brullo con poche coltivazioni, in tutta questa parte occidentale vengono allevati gli zebù, al termine della stagione secca tutti i terreni vengono incendiati per bruciare le stoppie in modo che con la stagione delle piogge cresce l’erba fresca.
Dopo nove ore arriviamo a Miandrivazo, solito grosso villaggio con case di fango, prendiamo alloggio all’Hotel Piroga, molto decrepito e sporco.
Ceniamo al ristorante dell’Hotel, la cena è discreta.

20° GIORNO - IMBARCO E DISCESA DEL FIUME TSIRIBIHINA

Alle 9.00 ci siamo recati alla polizia per la registrazione del viaggio, nel villaggio c’è il mercato domenicale con una gran folla.
Partiamo per l’imbarco, dobbiamo percorrere circa 25 km di strada per arrivare al fiume, il fiume è molto largo, pullula di gente che lava, si fa il bagno, ci sono molti bimbi che nuotano.
Li ci aspetta un grosso barcone con motore, lungo circa 10 metri, la tolda è attrezzata con cucina separata, un grande tavolo con sedie e panchine il tutto è coperto da un tavolato, nella parte sopraelevata ci sono due grosse sdraio e due poltrone protette da una tenda.
Ci sono 6 persone di equipaggio composto da 1 guida, 1 cuoco, 1 motorista e 3 mozzi, tutti molto premurosi, noi siamo in 3.
Sulla barca non c’è corrente elettrica.
Partiamo verso le 11.30, pranziamo e discendiamo lentamente il fiume,molto rilassante, ci siamo solo noi, a volte incrociamo qualche piroga degli abitanti locali, dopo circa 4 ore ci fermiamo per vedere una piccola cascata, scendiamo dalla barca, prendiamo un sentiero nella foresta e dopo un piccolo percorso giungiamo alla cascata, facciamo un bel bagno con un piacevole massaggio sotto il getto principale, ci voleva.
Ceniamo mentre ci godiamo il tramonto.
Arrivati nei pressi di un villaggio ci fermiamo, i mozzi ci montano sulla spiaggia 2 tende Decatlon per la notte, viene buio presto, ci sdraiamo sulle coperte fuori dalle tende ad ammirare il cielo stellato, il buio è totale, le stelle sono fantastiche.

21° GIORNO  - DISCESA DEL FIUME TSIRIBIHINA

Sveglia molto presto alle 6.00 perché in tenda comincia a fare caldo.
Si sale sulla barca per la colazione, poi andiamo con la guida a visitare il villaggio di capanne, siamo circondati da moltissimi bimbi che ci prendono per mano.
Nel villaggio c’è anche un grosso magazzino per essiccare il tabacco, un mercato e una chiesa protestante.
Ripartiamo, durante la navigazione vediamo 2 coccodrilli, grossi pipistrelli appesi alle rocce, moltissimi uccelli.
Arriviamo alla 2° tappa alle 15.30, sempre nei pressi di un grosso villaggio, lo visitiamo mentre i mozzi montano le tende sulla spiaggia.
Ceniamo sulla barca poi alle 20.30 scendiamo per andare a vedere una danza attorno ad un fuoco che viene fatta per noi dalle ragazze del villaggio.
La danza è accompagnata dalla musica di uno strumento a forma di chitarra suonato da un anziano musicista, diamo un offerta al capo del gruppo poi a nanna

22° GIORNO - TERMINE DISCESA DEL FIUME TSIRIBIHINA A BEKOPAKA CON 4X4 – KM 100

Sveglia ancora presto, alle 6.00 c’erano già i bimbi fuori dalle tende.
Ci imbarchiamo e partiamo subito, ci facciamo una buona colazione, alle 10 circa ci dicono che dobbiamo pranzare prima perché arriveremo presto ma avendo fatto una buona colazione rifiutiamo il pranzo, chiediamo del caffè.
Diamo la mancia all’equipaggio e visto che noi mangiamo molta frutta ci loro ci regalano alcuni ananas per il viaggio.
Arriviamo a Belo sur Tsiribihina, luogo dello sbarco dove ad attenderci c’è il fuoristrada, ci fermiamo al villaggio per rinfrescarci e bere qualcosa di fresco dopo 3 giorni di bevande alla temperatura ambiente (molto calda).
Partiamo per Bekopaka, 100 km di pista molto dissestata comportano oltre 4 ore di viaggio, prima di arrivare a Bekopaka dobbiamo attraversare un fiume su una chiatta che porta 2 auto.
Finalmente arriviamo all’Hotel Orchidee dove prendiamo alloggio, il posto è bello, ordinato e pulito, la camera grande, c’è anche la piscina, un bel bar e un grande ristorante sotto un paiote in legno coperto di cannicciato.
Ceniamo nel ristorante dell’Hotel, tutto abbastanza buono.

23° GIORNO - VISITA AL PARCO DEI GRANDI TSINGI DI BEMARAHA E AI PICCOLI TSINGI – 35 KM

Partenza alle ore 6.30, ci fermiamo ad acquistare l’acqua un po’ di frutta e una pila aggiuntiva per la visita, ci rechiamo alla sede del parco per i biglietti e per prendere la guida, ripartiamo in 4x4 per l’ingresso del parco, sono 17 km da fare su una pista totalmente impraticabile.
La guida ci fa indossate le imbragature e si parte a piedi per un giro di circa 4 ore, attraversiamo un breve tratto di foresta primaria e arriviamo agli Tsingi.
Sono formazioni rocciose coniche molto taglienti e appuntite, alte fino 60 metri, di colore grigio scuro.
Le rocce sono sedimenti calcarei corrosi dagli agenti atmosferici nel corso dei millenni.
Ci inoltriamo in basso agli Tsingi per strettoie e gallerie molto buie, quando usciamo ci troviamo nel mezzo di alte torri costolute e con bordi taglienti.
Da qui si comincia a salire e scendere su queste torri in sicurezza con i moschettoni dell’imbragatura agganciati alle funi predisposte, sono state predisposte anche delle piattaforme per la visione dall’alto, lo spettacolo è incredibile con un susseguirsi a perdita d’occhio di guglie dalle forme più strane.
Dopo oltre 3 ore di saliscendi arriviamo al parcheggio, torniamo alla sede del parco per l’acquisto degli altri biglietti di ingresso ai Piccoli Tsingi.
Piccolo relax in piscina poi si riparte alle 15.30 per la visita.
I piccoli Tsingi sono molto più bassi, non servono imbragature per accedere, ci sono scale e piattaforme di veduta, sono anche loro simili ai Grandi Tsingi e altrettanto belli.
Ritorniamo in Hotel e ceniamo al ristorante dello stesso.

24° GIORNO - DA BEKOPAKA A MORONDAVA – KM 220

Partenza alle ore 6.30, sempre sulla solita pista dissestata, arriviamo a Belo sur Tsiribihina verso le 10.30, piccola sosta per ristoro, ripartiamo per prendere la chiatta per l’attraversamento del fiume Tsiribahina, sull’altra sponda arriviamo alle 13.
Proseguiamo attraversando il parco di Kirindy e vediamo altri lemuri.
Lungo il percorso ammiriamo tantissimi baobab, enormi, diversi l’uno dall’altro e molto belli, ammiriamo i baobab innamorati (2 baobab attorcigliati tra loro) e arriviamo al famoso viale dei baobab dove ci fermiamo ad aspettare il tramonto durante il quale tutti i colori cambiano, diventa tutto rosa/rosso
Arriviamo a Morondava alle 18.45, alloggiamo all’Hotel Baobab, molto carino e pulito.
Ceniamo al vicino Ristorante Chez Alain con pesce, tutto ottimo.

25° GIORNO - DA MORONDAVA A MANJA – KM 180

Partenza ore 9.00, prima si passa al mercato per l’acquisto della frutta, acquistiamo anche varie spezie da portare in Italia.
Il percorso è vario, troviamo foreste spinose, savane, tantissimi baobab che si ergono altissimi sopra la vegetazione, attraversiamo 6 fiumi, alcuni con acqua bassa altri con acqua fino a circa 1 metro, attraversiamo villaggi più o meno grandi ma sempre con tanti bimbi, arriviamo a Manja alle 17.30.
Prendiamo alloggio all’Hotel Kanto, siamo passati dalle stelle alle stalle ma Mahery dice che è il migliore della zona.
Ceniamo nello stesso Hotel, pasto pessimo.

26° GIORNO - DA MANJA AD ANDAVADAOKA – KM 220

Partiamo alle 5.30, percorso all’inizio simile al giorno precedente, poi diventa più verde, ci sono tantissimi baobab veramente spettacolari, attraversiamo con la chiatta un fiume, molti villaggi e arriviamo al villaggio di Andavadaoka alle 15.30, siamo sul mare, .
Prendiamo alloggio all’Hotel Coco Beach, tutti bungalow sul mare, il panorama è favoloso golfo senza anima viva, mare verde.
Facciamo un bel bagno, l’acqua è calda, trasparentissima, ci sono piccoli isolotti al largo e la spiaggia è di sabbia bianca finissima.
Vediamo un un tramonto stupendo.
Ceniamo nel ristorante dell’Hotel, eccellente.

27° GIORNO - DA ANDAVADAOKA A SALARY – KM 90

Partenza ore 8.00, sono circa 4 ore di pista sabbiosa. Oggi è domenica, attraversiamo il villaggio, tutta la gente è vestita a festa, molti si stanno recando alla messa.
Usciamo, inizia la foresta spinosa, ogni tanto ci troviamo in grandi spazi ricoperti da una bassa vegetazione con tutte le sfumature del rosso, lungo il percorso incrociamo molti bellissimi baobab, altissimi e con la corteccia piena di disegni.
La pista è tutta sabbia, la macchina procede con fatica e con il pericolo continuo di insabbiarsi, dopo 3 ore ci fermiamo per il pranzo al villaggio di Batmilou, località Le Pirate Amoreux dove c’è un piccolo Hotel con 1 bungalow (l’altro è stato distrutto dal ciclone).
Qui il mare ha dei colori mai visti, a strisce verdi, blu, verdi, blu e una spiaggia lunghissima, bianca e completamente deserta.
Martine, la proprietaria Francese ci offre un pranzo veramente eccezionale tutto a base di pesce.
Facciamo uno splendido bagno e alle 14.30 riprendiamo il viaggio.
Arriviamo a Salary alle 15.30, Prendiamo alloggio all’Hotel Salary Beach, localizzato su un promontorio, tutti bungalow alti sul mare, a sinistra e a destra del promontorio ci sono due spiagge bianche e deserte, il mare verde e blu, lo spettacolo è impareggiabile.
Il bungalow che ci hanno assegnato è a due piani con 1 camera sotto e 1 sopra, grande pulito e molto curato.
Ceniamo al ristorante dell’Hotel, anche qui tutto ottimo.

28° GIORNO - DA SALARY A MANGILI-IFATY – KM 70

Nella mattinata abbiamo preso il sole, fatto il bagno e una passeggiata sulla spiaggia, non abbiamo alcuna voglia di partire perché il posto è meraviglioso.
Ore 12 partenza per Mangili-Ifaty, la pista è lungo il mare, ci sono altissime dune di sabbia bianca, ci fermiamo a fare un altro bagno.
Proseguiamo, la pista è sempre sabbiosa, abbiamo il mare alla nostra destra e a sinistra la foresta spinosa
Arriviamo a Ifaty e prendiamo alloggio presso l’Hotel Ifaty Beach, il posto è carino, tutti bungalow, andiamo a vedere il mare, qui la spiaggia è di color nocciola con sabbia fine.
Ceniamo al ristorante dell’Hotel, pasto scadente.

29° GIORNO - DA MANGILI-IFATY A TULEAR – KM 25 E CON VOLO AD ANTANANARIVO

Partenza ore 9.00, lungo il percorso vediamo la bassa marea e la vicina barriera corallina, ci sono alte dune di sabbia nocciola, tutto bello ma molto meno del tratto da Morondava a Salary.
Arrivati a Tulear andiamo al mercato delle verdure e frutta per gli ultimi acquisti di spezie e al mercato dell’artigianato per l’acquisto di cianfrusaglie varie.
A mezzogiorno per festeggiare la conclusione del tour andiamo a pranzo da Giancarlo, direi che Il pranzo è stato luculliano.
Mahery ci porta all’aeroporto per il volo delle 17.30 per Antananarivo, salutiamo Mahery con baci e abbracci e tanti ringraziamenti per la bellissima vacanza e la promessa dell’invio delle foto e del diario di viaggio che invierò anche a Turisti per Caso.
Arriviamo ad Antananarivo alle 18.30, ci rechiamo al vicino Hotel Cheval Blanc, camera brutta, cena pessima sempre nello stesso Hotel poi a nanna presto per la levataccia del giorno dopo.

30° GIORNO - DA ANTANANARIVO A MILANO

Partenza per l’aeroporto alle 5.00, volo alle ore 7.00, tutto bene, tutto regolare e in orario, anche a Parigi e a Milano dove arriviamo alle ore 21.00.
Virgilio, Giuliana, Raffaella
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Dal Madagascar per amore, do lavoro alla mia gente di Eleonora Chioda

Edith Else Jaomazava, 42 anni, vive a Moncalieri, importa vaniglia e altre spezie dal Madagascar. E' arrivata in Italia con un trolley, a 27 anni, per amore. Voleva rivedere un torinese che aveva fatto l'Erasmus in Madagascar. Doveva essere una vacanza. Si è sposata. Ha avuto un figlio. Poi sono arrivati il secondo, il terzo, il quarto. Il trolley è ancora lì, pronto, in un angolo. «Quando i bambini hanno iniziato ad andare all'asilo, ho scoperto dentro di me una forza che non conoscevo. Volevo essere autonoma. Ho iniziato a studiare l'italiano, ho fatto la patente e mi sono messa a cercare lavoro. Babysitter, cameriera. Ed ecco le prime difficoltà: sono una ragazza nera e nessuno mi offriva un lavoro. E' allora che ho capito che dovevo inventarmelo. E ho avuto un flash. Ho rivisto mia nonna che da piccola mi diceva: impara a lavorare la vaniglia, ti servirà. In Madagascar, abbiamo una piantagione di vaniglia bourbon, tramandata da 4 generazioni. Mi sono detta: e se la importassi? Dopo un'analisi attenta ho scoperto che in Italia si usava principalmente un aroma chimico. Ed ecco il piano: torno a casa, prendo due chili di vaniglia e li regalo alle aziende dolciarie che trovo su internet. Detto fatto. E qui la sorpresa: sono stata pagata. Quel primo assegno è stato il segnale che ero sulla strada giusta. Così ho aperto una partita Iva, fatto i corsi per alimentaristi e avviato la Sa.Va, una piccola azienda di Import-export di vaniglia. Di giorno facevo la mamma, di notte lavoravo. Durante i weekend mi alzavo alle 4 e battevo tutte le fiere d'Italia. E' stata durissima, ma il prodotto era buono, arrivava fresco alle aziende italiane direttamente dalla mia piantagione. Nessun intermediario, prezzi competitivi. E ce l'ho fatta. Quando poi, nel 2008, è arrivata la crisi, ho capito che dovevo andare oltre. E ho iniziato a importare altre spezie: chiodi di garofano, pepe nero, coriandolo, zenzero». Nel 2013 Edith ha importato 10 tonnellate di spezie. La vaniglia naturale va coltivata e raccolta, così in Madagascar lei dà lavoro a 300 donne («200 in alcuni periodi, 600 in altri» precisa). Fattura 120mila euro l'anno e ha fondato una Onlus per ricostruire una scuola distrutta dal monsone in Madagascar. «Penso con nostalgia al mio Paese, dove la natura è meravigliosa, ma i miei figli sono italiani.
Eleonora Chioda - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/l8mDg
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Lea ha aperto da poco un laboratorio artigianale in Via Cesare Balbo 4 a Roma


Partito oggi da Siracusa in bici per raggiungere il Madagascar

. Ha preso il via questa mattina dal piazzale antistante il Santuario della Madonnina delle lacrime di Siracusa il viaggio in bicicletta di Matteo Blundo, il 52enne commerciante priolese, che si è prefissato di raggiungere  il Madagascar coprendo in questo modo 40 mila chilometri. Alla partenza, oltre alla moglie, i figli ed alcuni amici, c’era anche l’assessore comunale allo Sport, Maria Grazia Cavarra. Un viaggio che ha lo scopo di sensibilizzare la gente a contribuire alla costruzione di una scuola in Madagascar dove è diffusa la povertà.
Matteo Blundo ci riprova, insomma, e si cimenta nella sua terza e più importante prova. “Questa volta mancherò da casa per un anno e mezzo – spiega mentre prova la bicicletta ed il carrellino che gli faranno compagnia per i prossimi diciotto mesi – Mi sono preparato per questo lungo viaggio soprattutto mentalmente. Da oltre un anno medito quest’impresa che va oltre ogni limite sportivo ed è soprattutto una competizione con me stesso. Non mi preoccupa il fatto di non avere alcuna sovvenzione. Pazienza, significa che farò leva solo ed esclusivamente sulle mie forze”.
 Il viaggio che intraprende partendo dal Santuario della Madonnina delle lacrime di Siracusa conduce Blundo a risalire l’Italia ad affrontare il Medio Oriente, e proseguire verso le terre lontane dell’emisfero australe. “Appartengo ad un ordine cavalleresco – dice Blundo – e questa prova sarà per me importante perché dovrò davvero contare solo sulle mie forze. Se è il caso dovrò vivere come se fossi nel Medioevo, cacciando la selvaggina nutrendomi dei frutti della terra, chiedendo lavoro e perché no, anche elemosina. Questa è una dimensione estrema che però forma ancora di più il carattere e ci fa comprendere come i nostri avi affrontavano viaggi in terre lontane accontentandosi di poco”. La sfida con se stesso è cominciata. Blundo conta molto sull’appoggio della famiglia. “Nelle precedenti esperienze, escursione a Capo Nord e ritorno, viaggio in Terra Santa – afferma Blundo – sono stato appoggiato da tutta la mia famiglia. Oggi ho chiesto a mia moglie un sacrificio ulteriore, ed è grazie a lei se oggi salgo in bici per il viaggio della mia vita”.

Siracusa, Matteo Blundo ha interrotto bruscamente il viaggio per il Madagascar

Ha dovuto interrompere bruscamente il viaggio in bicicletta Matteo Blundo, per rientrare precipitosamente a casa, appena in tempo per assistere la madre morente in ospedale. Blundo era giunto ieri a Torre Annunziata,
accolto da numerose persone, incuriosite dalla presenza di quel ciclista con il carrellino in transito per la loro città. Poi la notizia che le condizioni della madre, Giovanna Riscica di 67 anni, si erano aggravate nelle ultime ore. Così ha preso la decisione di ritornare. Ha preso il treno e questa mattina è giunto appena in tempo per renderle l’ultimo saluto.
“Sono con il morale a pezzi – dice Blundo - Sapevo che mia madre non stava tanto bene. Difatti, prima di partire per questo lungo viaggio, avevo fatto tappa all’ospedale Cannizzaro di Catania dove si trovava ricoverata. Ma pensavo riuscisse a superare la crisi. Invece, è peggiorata in maniera repentina fino a spirare”.
Blundo aveva appreso nel 2010 la morte del padre mentre si trovava in viaggio sempre in bicicletta verso la Terra Santa. “Allora ero troppo lontano per potere tornare a casa e rendere l’estremo saluto a mio padre - dice Blundo – In questa circostanza ero partito da qualche giorno e ho deciso di tornare indietro”.
Il commerciante priolese (che ha lasciato la sua speciale bicicletta a Torre Annunziata presso alcune persone che lo hanno generosamente accolto) vuole, comunque, continuare la propria avventura in bici. “Per il momento sono con il morale a pezzi. Ma sono pronto a tornare più motivato di prima”. Lunedì molto probabilmente si svolgeranno i funerali alla chiesa di San Giuseppe a San Focà, frazione di Priolo Gargallo. Subito dopo Blundo raggiungerà con mezzi pubblici Torre Annunziata da dove ripartirà per il programmato viaggio verso il Madagascar”.
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L’ospedale di due centesi in Madagascar

Lo hanno costruito i coniugi Alessandro Pasotto e Rosanna Tassinari per aiutare la popolazione locale


Hanno realizzato un ospedale nel sudovest del Madagascar, ad Ampasilava, e ora si pongono ulteriori obiettivi. E’ una storia di vera solidarietà quella che vede protagonisti i coniugi Alessandro Pasotto e Rosanna Tassinari, lui medico trentino di nascita e centese d’adozione, lei infermiera caposala di Pieve di Cento.
E’ la storia di persone che, animati dal grande desiderio del ‘fare’, fare per gli altri, sono approdati in terra Malgascia, spinti nella ricerca di ‘luoghi nuovi’ dove condividere la passione per la  natura e le culture locali tanto da creare un Resort che ha come confini la brousse e un mare incantevole. La loro vera professione li ha poi portati a realizzare un ospedale di 550 metri quadri con 8 letti di degenza, 4 ambulatori, una sala operatoria, un laboratorio analisi e un centro radiologico, grazie  alla solidarietà di tanti e il sostegno di amici, oltre al supporto straordinario dei volontari sia professionisti che civili.
La coppia, affiatatissima nella vita coniugale come in quella professionale, da ormai 5 anni  gestisce la struttura creata in una zona dove l’assistenza medica è inesistente (l’ospedale più vicino dista più di 250 chilometri e con servizi  esclusivamente a pagamento). I pazienti, pur di poter usufruire del servizio dato, affrontano viaggi di giorni e giorni trasportati su carretti trainati dagli zebù, e nei casi ‘gravi’ con sistemazioni precarie ricavate con vecchi pagliericci o vecchi sedie. La struttura creata dai coniugi Pasotto, che hanno fondato l’Associazione ‘Amici di Ampasilava’ Madagascar onlus, si regge esclusivamente attraverso donazioni, ricavi  da iniziative private organizzate allo scopo e dal ritorno del ’5xmille’ in quanto riconosciuta dalla regione Emilia Romagna come ‘onlus’.
E’ questa la forza che consente uno straordinario turnover di volontari (medici, infermieri, civili) che utilizzando ferie o aspettativa e pagandosi il biglietto aereo, permettono di mantenere operativo l’ospedale 365 giorni l’anno da 5 anni. I volontari, appagati dal lavoro svolto, dalla gratitudine che la popolazione di etnia ‘Vezo’ trasmette attraverso il sorriso di un bambino operato di cataratta che lo aveva reso pressoché cieco, o dalla partoriente che, salvata in extremis, chiama il proprio nascituro Nando, nome di battesimo del medico intervenuto, al loro rientro trasmettono ad amici e colleghi questa ‘carica’ ricevuta presso l’ospedale ‘Vezo’, creando nuovi volontari e garantendo così continuità alla loro opera. Continuità che in numeri annui significa: 32.000 visite mediche, 130 volontari, 4 equipe chirurgiche, equipe oculistiche e servizio dentistico e odontotecnico; numeri che esaltano la forza della solidarietà.
Prossimo traguardo dei due coniugi è quello di terminare la realizzazione completa del fotovoltaico per abbattere gli enormi costi per la produzione di energia elettrica con i generatori a gasolio. Tutte le info si possono trovare sul sitowww.amicidiampasilava.com

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Amici di Ampasilava Madagascar Ospedale Italiano di Andavadoaka

Al Progetto Ospedale hanno aderito medici e paramedici da tutta Italia, pronti a dare la loro disponibilità e a partecipare a questa impresa come volontari, lavorando gratuitamente.


la testimonianza di un carmelitano
Vi riportiamo l’intervista rilasciata da padre Bruno Dall’Acqua

Il Madagascar non prevede, per i viaggiatori provenienti dall’Europa,
alcuna obbligatorietà nell’effettuare vaccinazioni.

Ad Ampefy l’Ospeale Saint Paul comincia a funzionare

sarò all’ospedale Vezu di Andavadoaka, un piccolo villaggio
di capanne abitato da pescatori, di circa 1.800 persone, nel sud
ovest del Madagascar, sul canale di Mozambico.

Un medico italiano si prende cura degli uomini-risciò ad Antsirabe in Madagascar

Eravamo in 12 Volontari alcuni alla prima esperienza,
altri con tante altre volte alle spalle.

Vi riportiamo l’ultima lettera di padre Marino, direttore del lebbrosario

Volti di Ambanja, storie di coraggio quotidiano

Ospedale Saint Damien ad Ambanja in Madagascar e

diretto da padre Stefano Scaringella

 

Protagonista dell'iniziativa è Cinzia Catalfamo Akbaraly, una milanese, bocconiana, dalla vita assai singolare. 

Abbiamo lavorato molto:
in tre settimane abbiamo trattato un centinaio di persone

Grandi novità qui da noi all’ospedale questo Natale:

i magi ci hanno portato in dono 3 suore trinitarie 


Pasta italiana pronta a sbarcare in Madagascar

La pasta italiana vola alla conquista del Madagascar. Sace ha, infatti, assicurato la fornitura in Madagascar di una linea automatica per la produzione di pasta lunga, realizzata dalla società Fava S.p.A. di Cento, in provincia di Ferrara.  Attiva dal 1937, Fava S.p.A. è considerata un punto di riferimento nella progettazione e costruzione di impianti per pastifici  e rappresenta un’azienda simbolo del Made in Italy per l’elevato contenuto tecnologico e d’innovazione dei propri prodotti. Con un valore della produzione che sfiora i 100 milioni di Euro e un fatturato export del 75%, da anni punta sui mercati internazionali per le proprie strategie di crescita, grazie anche alla partnership ormai decennale con Sace.  Il Madagascar, paese ancora poco esplorato dagli esportatori italiani ma con interessanti possibilità di sviluppo per le imprese pioniere, ha rappresentato per Fava una nuova opportunità, che si è concretizzata con la positiva collaborazione di Sace.  Il contratto di fornitura con Habibo Et Cie Group, primario operatore malgascio nel settore del food, prevede una dilazione di pagamento a 4 anni con copertura Sace. Nell’operazione interviene anche l’Agenzia africana per lo sviluppo economico (ATI - African Trade Insurance Agency), con cui Sace ha siglato un accordo di riassicurazione per aumentare la propria capacità di assunzione di rischi a sostegno delle aziende italiane che esportano e investono in Africa sub-sahariana.  L’operazione conferma l’impegno di Sace in mercati in via di sviluppo ma ad elevato potenziale, confermata da una continua crescita degli impegni in essere in Africa sub-sahariana, dove Sace ha raggiunto un’esposizione di circa € 830 milioni (+45% rispetto al 2012) . Le imprese attive in Africa sub-sahariana possono contare sul supporto di Sace in loco, con un ufficio a Johannesburg e un Desk a Nairobi. (red)

SCHEDA / FAVA, IL PROFILO AZIENDALE
Fondata nel 1937, la Fava S.p.A., all’avanguardia nella progettazione e costruzione di impianti per pastifici, opera con successo nel settore da tre generazioni. La ricerca e l’inventiva che portarono nel 1970 all’ideazione della tecnologia dell’alta temperatura, sono ancora oggi elementi fondamentali di una strategia aziendale sempre pronta al miglioramento per soddisfare ogni esigenza del cliente e di un mercato che evolve.
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Gli investimenti in Madagascar








L’irascibile pesce vela e il saggio maialino

Una battuta di pesca alla traina, in Madagascar. Si parte. I pesci, attirati in superficie dalle acque più tiepide, abbandonano i fondali abboccando con una facilità impressionante. Un paio di colpi decisi sulla testa e il delitto è compiuto



Sono le 8 in punto del 30 giugno, quando lasciamo la spiaggia di Nosy Be, sulla costa nord occidentale del Madagascar. Una lieve brezza e un sole già caldo promettono una navigazione piacevole, anticipata da una bassa marea quasi surreale che ci costringe a raggiungere la barca a piedi, schivando le tane dei granchi nascosti sotto la sabbia umida.
Mio figlio Gabriele e io stiamo partendo per una battuta di pesca alla traina, accompagnati da tre guide malgascie, insieme ad altri due appassionati pescatori italiani. L’unica nota stonata nell’equipaggio sono io, poiché mi accingo ad affrontare un’impresa quanto mai estranea ai miei principi animalisti. Ma l’amore di madre e l’indomito spirito d’avventura mi convincono a trascorrere l’intera giornata in alto mare, tra squali, marlin e chissà che altro.
Si parte: i due potenti motori impennano l’imbarcazione lasciando una coda bianca, densa e vaporosa, che si sguinzaglia tra noi e la spiaggia. Stiamo per imboccare il Canale di Mozambico cavalcando onde dapprima dolci, poi animate da una crescente prepotenza, troppa per i miei gusti, ma la bellezza dei colori e il fascino di quel nulla all’orizzonte rapiscono i miei sensi facendomi sentire un’esploratrice a caccia di approdi sconosciuti.
Qui, le acque sono miti tutto l’anno, grazie all’impatto normalmente lieve dei venti, anche se uragani e cicloni non sono del tutto estranei, soprattutto nei primi mesi dell’anno. Da gennaio a marzo, infatti, le piogge frequenti e abbondanti abbassano di qualche grado la temperatura, favorendo giochi d’aria improvvisi e talvolta violenti, condizionando così anche l’umore del mare. E’ il periodo prediletto dagli esperti pescatori, perché i pesci, attirati in superficie dalle acque più tiepide, abbandonano i fondali abboccando con una facilità impressionante.
Oltre ai tipici pesci mediterranei di grossa taglia, questo tratto di Oceano Indiano è particolarmente ricco di pesci capitano, pesci spada, pesci napoleone, marlin, pesci vela, nonché squali, testuggini, delfini e balene, che proprio durante l’estate raggiungono il Canale per partorire e svezzare i piccoli. Sarebbe un’emozione avvistarle, almeno per me, ma gli altri naviganti sono molto più interessati alla battuta di pesca che a una riflessione poetica della vita.
La loro impazienza, prima tra tutti quella di mio figlio, è palpabile e dopo quasi due ore d’inutile navigazione a caccia di uccelli che indichino la presenza dei pesci, l’entusiasmo iniziale sembra spegnersi nella frustrazione. Niente uccelli, niente pesci! Ma il motto malgascio, sia in terra sia in mare, è “mora-mora”, ovvero calma e pazienza: senza fretta, con calma, si ottiene sempre tutto. Un po’ difficile da assimilare per noi europei sempre alla rincorsa del tempo ma con un po’ d’addestramento anche i nostri spiriti frenetici possono essere educati al piacere dell’attesa.
Certo, in questo caso le onde insistenti non conciliano la quiete e tanto meno il mio stomaco urbano ma un pensiero sembra venirmi in soccorso e mi porta per un attimo lontano dagli sguardi dei pescatori puntati sull’orizzonte agitato. Da qualche parte avevo letto di un filosofo, lo scettico Pirrone, che trovatosi a bordo di una barca durante una burrasca notò, in mezzo ai viaggiatori terrorizzati, un maialino che con porcina serenità d’animo mirava imperturbabile la tempesta.
Così, il filosofo indicò il suino agli umani, come esempio di saggezza da seguire per affrontare la navigazione senza panico e inutile spreco di energie.
Ecco che nel mezzo di questo strambo pensiero volto al controllo delle mie viscere, una forza improvvisa strattona la lenza di una delle canne da pesca. I quattro pescatori s’infiammano e le acque paiono d’un tratto placarsi, quasi a facilitare la potenziale cattura.
A Gabriele è lasciato il privilegio del primo tentativo che, dopo qualche minuto di lotta, si conclude con la conquista di un bel barracuda. La soddisfazione negli occhi di mio figlio mi crea un conflitto interiore che inghiotto in silenzio, accentuato dal fatto che quel povero pesce rubato alla vita sarà subito sacrificato come esca, anziché conservato come bottino.
Non è per catturare pesci così piccoli, infatti, che siamo qui, quindi si prosegue in cerca di creature più grosse, segnalate finalmente dai gabbiani che danzano in circolo su uno specchio di mare poco lontano.
Mora-mora, ci avviciniamo al punto cruciale e mentre i pescatori infilano le canne nella pettorina esasperando inconsapevolmente la propria virilità, io impugno la macchina fotografica, frapponendo così un’illusoria distanza tra la mia coscienza e il massacro che verrà.
Due lenze nutrite da due pezzi di barracuda vengono contemporaneamente messe in moto. Non si tratta di pesci di poco calibro ora, tutto fa presagire la cattura di un paio di grossi pesci vela, le prede più ambite in questo mare. Il pesce vela è un marlin morfologicamente simile al pesce spada, ha un corpo affusolato con una coda bilobata e ha una spada appuntita con cui stordisce le prede di cui si ciba, di solito piccoli bonito.

Il suo nome gli deriva dalla pinna dorsale che può misurare anche un metro e mezzo di lunghezza, il doppio del corpo, dalla foggia di un ventaglio frastagliato che spesso si avvista fuori dall’acqua, ricordando certe pittoresche creature preistoriche. E’ un pesce bellissimo, un delitto ucciderlo: ha una livrea bruna con il ventre più chiaro e le striature iridescenti lungo tutto il corpo sfumano dal verde al viola a seconda del suo stato d’animo, essendo un pesce umorale, si dice.
Beh, quello che Gabriele, dopo alcuni minuti di appassionata battaglia, riesce a catturare, dev’essere di umore nero, perché non appena trascinato sulla barca ormai stremato, il suo bel verde smeraldo puntinato di viola appassisce all’istante in un plumbeo mantello opaco. Un paio di colpi decisi sulla testa e il delitto è compiuto, spegnendo per sempre la natura combattiva della creatura vinta dall’inganno umano.
Non so come Gabriele sia riuscito con le sue sole forze a trainare un essere così possente. Certamente è merito della destrezza e di un’istintiva sensibilità che sin da piccolo ha coltivato a casa con i pesci d’acqua dolce, anche se questa è un’impresa di ben altra portata. Occorre, infatti, entrare in comunicazione con un pesce tanto tenace attraverso la resistenza della lenza, per dosare forza e pazienza e lasciare che la creatura si stanchi lentamente senza concederle lo scatto della fuga improvvisa.
Questo sarà solo il primo di quattro pesci vela catturati anche dagli altri pescatori, il più grande con i suoi 40 chili soppesati dall’occhio esperto dei ragazzi malgasci, mentre un altro più riottoso sfuggirà alla presa, graziato forse dai miei taciti scongiuri. La pesca si concluderà con una bella lampuga, anch’essa dai colori iridescenti che ricordano il turchese delle acque più incontaminate. Un’altra elegante preda che tuttavia sfigura accanto a quei quattro enormi pesci vela ormai esanimi e senza più colore.
Il senso del tempo è nebuloso in alto mare, senza riferimenti visivi è difficile valutare quanta distanza si sia percorsa ma è quasi ora di tornare, lo dicono il sole pomeridiano e la stanchezza che fa da coda all’eccitazione. Il mare nel frattempo s’è acquietato del tutto e il nostro rientro è allietato per una buona mezz’ora da un banco di delfini che sembrano giocare, facendo a gara con l’imbarcazione a chi va più veloce. Almeno loro qui non vengono braccati e possono considerarsi nostri prediletti alleati, avvicinandoci senza timore.
Guardandoli così liberi e guizzanti, recupero una nuova serenità, fiduciosa che un giorno anche Gabriele sentirà sbocciare dentro di sé la stessa coscienza che anima me. Cogliendo la sua espressione ancora carica di orgoglio per l’eroica impresa, mi auguro che crescendo impari a sentirsi altrettanto fiero semplicemente contemplando gli animali, senza trasformarli in inutili trofei.
Spero che capisca che la sregolatezza degli appetiti umani ha superato le esigenze della sazietà, trasformandoci spesso in presuntuosi ingordi incapaci di nutrirci della sola bellezza della Natura.
Capire questo sarà per lui la conquista più importante e, forse, più difficile della sua vita.
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Madagascar, altra bimba uccisa la stampa “scagiona” Gianfalla

Nuova luce sul caso di Roberto Gianfalla, il palermitano linciato lo scorso ottobre, insieme ad un cittadino francese ed un malgascio, nella spiaggia di Nosy Be, in Madagascar. Il seguente articolo, apparso il 9 gennaio su un giornale malgascio, “La Tribune de Diego”, e tradotto da Daniel Gianfalla, fratello dell’italiano ucciso, confermerebbe indirettamente l’innocenza delle tre vittime barbaramente trucidate, accusate di traffico d’organi. Ve lo proponiamo integralmente.
* * * * * *
Una bimba di 6 anni assassinata a Diego Suarez fa temere il ritorno della vendetta popolare 
La scoperta del cadavere atrocemente mutilato di una bimba sparita da sei giorni, ha messo in allarme le autorità locali circa lo sviluppo di manifestazioni simili ai tristi eventi del mese di ottobre a Nosy Be. 
A Antsiranana, corrono voci sull’esistenza di individui (un uomo, una donna e uno straniero) che rapirebbero bambini. Le voci concordano sul fatto che i rapitori attirerebbero bambini con caramelle e soldi, e che dopo li porterebbero via con un 4×4. Il panico ha raggiunto ogni casa, soprattutto nel quartiere della Scama, dove una bimba di 6 anni è stata ritrovata il 26 dicembre in un luogo isolato, ricco di vegetazione, in questo stesso quartiere. Da questo episodio in poi, si parla di numerose sparizioni di bambini, soprattutto nel quartiere della Scama, ma la polizia responsabile della protezione dei minorenni,  che raccoglie le dichiarazioni di casi di scomparse a Antsiranana, ha ricevuto solo due dichiarazioni nella prima settimana di gennaio e i bambini sono stati ritrovati. Le forze dell’ordine prendono comunque questo caso seriamente.
Le emittenti radio e televisive locali, nel 2013, hanno registrato una trentina di casi di scomparse di minorenni. Però i genitori non parlano e nessuno sa se questi casi siano stati risolti.
Ritrovato il corpo senza vita della bimba.
La bimba è scomparsa il 20 dicembre. Sua madre era andata a lavorare a Seimad nella Scama e aveva affidato, come a suo solito, i suoi figli alla nonna. Dopo pranzo i bambini sono andati a giocare “non lontano”, dichiara la madre. Ed è la sorella gemella che si è accorta della sparizione. I vicini e la famiglia hanno cominciato le ricerche. La madre è stata messa al corrente al suo ritorno. Domenica 22 dicembre, lo zio ha sporto denuncia. Il 26 dicembre, il capo quartiere Fokontany ha informato la polizia della scoperta del corpo senza vita di una bambina, in un posto isolato dalle case e nascosto dalla vegetazione. La famiglia ha riconosciuto la bimba scomparsa. Il corpo era in uno stato avanzato di decomposizione e la bimba, secondo il medico legale, sembrerebbe stata brutalizzata e uccisa. La famiglia ha sporto denuncia. Un’autopsia è stata effettuata e la polizia rimane in attesa dei risultati. Un’inchiesta è in corso.
Caso simile a quello di Nosy Be?
La reazione della folla non si è fatta attendere. Degli individui si sono messi alla ricerca di gomme e altri materiali combustibili al fine di linciare le persone che hanno scoperto il cadavere. Solo le autorità del quartiere hanno permesso che la collera della folla non si trasformasse in massacro d’innocenti come a Nosy Be, dove ricordiamo, l’autopsia ha stabilito senza equivoci la presenza di tutti gli organi sul cadavere del bambino, all’origine della collera popolare, dimostrando l’innocenza delle tre persone linciate, e smantellando le voci assurde di traffico di organi.
Questo non ha impedito alle voci più folli di continuare a farsi strada. Tutto concorre, in effetti, nell’immaginario collettivo a collegare l’ultimo caso con quello di Nosy Be. La sparizione di un bambino, la scoperta del suo corpo qualche giorno dopo in decomposizione, le voci sulla presunta sparizione di altri bambini, gli individui sospettati visti quà e là e che sarebbero all’origine della sparizione e del uccisione, il sospetto di uno straniero implicato e il popolo che vuole fare giustizia da se…
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