Edith Else Jaomazava, 42 anni, vive a
Moncalieri, importa vaniglia e altre spezie dal Madagascar. E' arrivata in
Italia con un trolley, a 27 anni, per amore. Voleva rivedere un torinese che
aveva fatto l'Erasmus in Madagascar. Doveva essere una vacanza. Si è sposata.
Ha avuto un figlio. Poi sono arrivati il secondo, il terzo, il quarto. Il
trolley è ancora lì, pronto, in un angolo. «Quando i bambini hanno iniziato ad
andare all'asilo, ho scoperto dentro di me una forza che non conoscevo. Volevo
essere autonoma. Ho iniziato a studiare l'italiano, ho fatto la patente e mi
sono messa a cercare lavoro. Babysitter, cameriera. Ed ecco le prime
difficoltà: sono una ragazza nera e nessuno mi offriva un lavoro. E' allora che
ho capito che dovevo inventarmelo. E ho avuto un flash. Ho rivisto mia nonna
che da piccola mi diceva: impara a lavorare la vaniglia, ti servirà. In
Madagascar, abbiamo una piantagione di vaniglia bourbon, tramandata da 4
generazioni. Mi sono detta: e se la importassi? Dopo un'analisi attenta ho
scoperto che in Italia si usava principalmente un aroma chimico. Ed ecco il
piano: torno a casa, prendo due chili di vaniglia e li regalo alle aziende
dolciarie che trovo su internet. Detto fatto. E qui la sorpresa: sono stata
pagata. Quel primo assegno è stato il segnale che ero sulla strada giusta. Così
ho aperto una partita Iva, fatto i corsi per alimentaristi e avviato la Sa.Va,
una piccola azienda di Import-export di vaniglia. Di giorno facevo la mamma, di
notte lavoravo. Durante i weekend mi alzavo alle 4 e battevo tutte le fiere
d'Italia. E' stata durissima, ma il prodotto era buono, arrivava fresco alle
aziende italiane direttamente dalla mia piantagione. Nessun intermediario,
prezzi competitivi. E ce l'ho fatta. Quando poi, nel 2008, è arrivata la crisi,
ho capito che dovevo andare oltre. E ho iniziato a importare altre spezie:
chiodi di garofano, pepe nero, coriandolo, zenzero». Nel 2013 Edith ha
importato 10 tonnellate di spezie. La vaniglia naturale va coltivata e
raccolta, così in Madagascar lei dà lavoro a 300 donne («200 in alcuni periodi,
600 in altri» precisa). Fattura 120mila euro l'anno e ha fondato una Onlus per
ricostruire una scuola distrutta dal monsone in Madagascar. «Penso con
nostalgia al mio Paese, dove la natura è meravigliosa, ma i miei figli sono
italiani.
Eleonora Chioda - Il Sole 24
Ore - leggi su http://24o.it/l8mDg
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