lunedì 28 ottobre 2013

Washington Vs Parigi o la guerra per il controllo del Canale di Mozambico

L'olio nel Canale del Mozambico e le sue isole strategiche sono la chiave per la crisi malgascia e di essere un canale di transito del petrolio esportatori tanto petrolio dal Medio Oriente verso l'Europa e l'America , questa via di fornire parte della sicurezza nazionale degli Stati Uniti e Francia . Il canale va dal sud del Kenya al Mozambico , tra il Madagascar e le Seychelles . Si tratta di 415 km di larghezza tra il Madagascar e il continente africano . Si tratta di un corridoio sottomarini corridoio viaggio biologico utilizzato da un grande gruppo di uccelli , pesci , mammiferi ...

Il Canale del Mozambico è presentato come l'olio dei mari del Sud paradiso . Nel mese di aprile 2012, l'US Geological Survey ha emesso uno stato di valutazione di petrolio e di gas nel Canale del Mozambico . La presente relazione riguarda geograficamente la costa del Mozambico , la Tanzania , la riva sinistra e la costa occidentale del Madagascar e Seychelles ( riva destra ) . In termini di gas , i campi offshore equiparare al potenziale del Mare del Nord e sul petrolio , sarebbe promettente come il Golfo di Guinea . Nulla sul lato malgascio , le riserve sono stimate a 17 miliardi di barili di petrolio e 167.000 miliardi di piedi di m3 di gas , vale a dire , semplicemente , il livello di Angola . Duncan Clarke , consulente con Global Pacifico con sede a Johannesburg , afferma che il petrolio e il potenziale di gas del Canale di Mozambico è globale, con la possibilità che ci sia più petrolio e gas . La più grande scoperta di gas nel mondo nel 2011 , è stata presentata nel Canale del Mozambico, al largo delle coste del Mozambico ( provincia di Cabo Delgado ) nella zona di permesso di Mamba Sud , stimato a 425 miliardi di m3 da ENI e Anadarko prevede di investire 5 miliardi di dollari per il deposito .

ENI anche fatto scoperte nel Rovuma bacino del fiume Zambesi e il delta ( 240 miliardi di m3 di gas naturale sfruttabili ) . A bordo del Canale di Mozambico , a sud - ovest dell'isola del Madagascar , non c'è olio Morondava Basin, dove il giacimento di petrolio pesante Olio " Sands Bemolanga ( 2 miliardi di riserve) e la cui licenza appartiene Total e il deposito Tsimiroro ( 1 miliardo di riserve ) esplorati dal Madagascar Oil . Laurie Hunter , amministratore delegato della società , ha detto che se i risultati del progetto pilota sono positivi , Tsimiroro sarà gestito per 50 anni per una produzione di 150.000 barili / giorno e l'unico deposito Madagascar posizionato tra i primi 10 in Africa ( Manambolo blocco , Morondava , Manandaza sul Morondava bacino , non sono ancora state esplorate ) .

Il più difficile del problema Canale del Mozambico sono le sparse isole Juan De Nova , Europa e Bassas da India che hanno olio estremamente enorme e potenziale di gas . Juan De Nova si trova nel mezzo del canale è fatto di questa estremamente strategica

La Repubblica autonoma di Madagascar è stata creata il 14 Aprile 1958 e ha ottenuto l'indipendenza nel 1960 . Il 1 ° aprile 1960, un decreto francese stacca reef Tromelin braccio e isolotti dell'arcipelago Juan de Nova , Europa e Bassas da India del Madagascar . Ma nel 1973 , il Madagascar ha sfidato il distacco con il pretesto che viola l'integrità territoriale di un paese coloniale all'indipendenza promosso , ma la Francia ritiene che la scissione è stato fatto con l'approvazione del Presidente Philibert Tsiranana . Nel 1974 , la Francia ha istituito un distaccamento militare a soddisfare le richieste e l'accesso all'isola è consentito solo scienziati sono autorizzati ad attraccare lì . Nel 1979 , l'ONU ha raccomandato alla Francia di avviare i negoziati per la restituzione dell 'isola del Madagascar . Nel 1976 , la Francia aveva départementalisé Isola Mayotte arbitrariamente staccando Comore , per rendere la sovranità francese permanente su tutta l'isola , che si trova a nord del Canale di Mozambico . La legge ordinaria del 21 febbraio 2007 ha legato il Glorioso Isole , Juan de Nova , Europa e Bassas da India a francese Terre australi e antartiche . Marc Ravalomanana ha difeso le isole sparse inalienabili durante i suoi discorsi sul podio delle Nazioni Unite nel 2006 , 2007 e 2008 . Nel 1985 il Madagascar aveva creato la sua ZEE ( zona economica esclusiva di 200 miglia nautiche ) e 150 km dalla costa del Madagascar , Juan De Nova sarebbe naturalmente integrare la ZEE di 200 miglia nautiche dal Madagascar , al largo del Decreto 78-146 del 03 febbraio 1978 , che istituisce un ZEE dalla Francia in mare aperto Juan de Nova , si sovrappone ZEE del Madagascar e , in assenza di un accordo di co-gestione , nessuno possiede nulla .

Possiamo quindi mettere in discussione la legalità e la legittimità delle concessioni e permessi che la Francia ha dato alle compagnie petrolifere che operano in questo settore questione . Infatti un ordine del 23 maggio 2005 consente sondaggi pre di idrocarburi liquidi o gassosi in scantinati marine ( offshore) . L'autorizzazione , denominato " APP Juan de Nova Marittimo " che copre una superficie di 62.000 kmq al largo dell'isola , che concede in licenza la ricerca Osceola Idrocarburi srl , Juan De Nova srl , Marex Inc. , Roc Oil Company Ltd , Juan De Nova Maritime Deep ( Ovest) e la relazione di Juan De Nova Ltd. , Osceola idrocarburi srl ... sono molto promettenti , il rapporto cita foratura condotto a grandi profondità e quindi una operazione molto costosa per il futuro . Un'altra esplorazione offshore e blocchi di produzione in due licenza esclusiva è stata concessa dalla Francia Juan De Nova è Jane e Juan Nova Marittime profonda una licenza su un blocco " BELO Deep" adiacente a esattamente Jdnmp il blocco è dato dal governo malgascio ad operatori olio Jdnmp . Nel marzo del 2012, Total ha fornito quasi 113 milioni dollari per il riacquisto di Wessex Exploration PLC , che detiene il 70 % di esplorazione offshore di diritti e di funzionamento di uno dei due titoli su due blocchi largo dell'isola Juan De Nova .


Riconoscimento alla Fondazione Svizzera Madagascar

La Repubblica del Madagascar ha conferito l'onoreficenza alla FSM per le opere riguardanti la salute, l’istruzione, il sociale e la protezione dell’ambiente che svolge sull’isola di Nosy Be e sulla “ Grande Terre”





Nel corso dei festeggiamenti organizzati il 4,5,e 6 settembre scorso in occasione dei 20 anni di attività umanitaria è stata resa pubblica l’onorificenza al merito per l’opera umanitaria della Fondazione Svizzera Madagascar (FSM). La Repubblica del Madagascar ha conferito l'onoreficenza alla FSM per le opere riguardanti la salute, l’istruzione, il sociale e la protezione dell’ambiente che svolge sull’isola di Nosy Be e sulla “ Grande Terre”
In proposito, durante l’annuale cena di solidarietà svoltasi il 6 settembre scorso al Ristorante Montalbano di Claudio Croci-Torti a San Pietro di Stabio, il deputato Constant Gasstsar, già presidente della Commissione degli Affari Esteri ha comunicato che Mascia Cantoni, presidente della FSM, è stata insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica del Madagascar.
“Un importante riconoscimento che va esteso a tutti coloro che ci sostengono - ha detto Mascia Cantoni ringraziando- che ci onora e ci incoraggia a continuare negli sforzi intrapresi per cercare di migliorare le condizioni di vita di una popolazione ancora fra le più povere al mondo.
L’opera umanitaria della Fondazione Svizzera Madagascar (www.fsmsuisse.org), nata 20 anni fa, vede premiata la sua attività sull’isola di Nosy Be. Un premio al merito che il Governo malgascio difficilmente concede. Un riconoscimento a livello internazionale che conferma l'impegno dell'opera umanitaria.

La Gran Bretagna avrebbe venduto clandestinamente armi a 18 paesi anche al Madagascar

L’accusa è grave: la Gran Bretagna avrebbe rifornito armi e attrezzature tecnologiche in modo clandestino a ben 18 Paesi.

L’accusa è grave: la Gran Bretagna avrebbe rifornito armi e attrezzature tecnologiche in modo clandestino a ben 18 Paesi. A sostenerlo la Camera bassa nei confronti del governo. Il comitato chiede al governo perché si esporti ancora verso l’Arabia Saudita, la Libia, il Kenya, il Madagascar, il Libano o Paesi dell’Africa sub-sahariana. Tutti Paesi dove sono in corso guerre civili.
In particolare, per quanto riguarda il Kenya, il comitato di Westminster ha contestato l’invio in quel Paese, per 6 milioni di sterline di valore, di oggetti come “dispositivi acustici per il controllo delle sollevazioni popolari”, veicoli blindati e altro, proprio nel periodo delle elezioni presidenziali.
I NUMERI DEL TRAFFICO
La preoccupazione principale, secondo il comitato, è che non è possibile seguire il destino di queste attrezzature una volta che vengono vendute; perché non è possibile infatti una loro tracciabilità. L’export britannico nel settore della difesa e della sicurezza è di oltre 11,5 miliardi di sterline all’anno, quasi 14 miliardi di euro. Fra le nazioni che “beneficiano” di questi accordi di vendita, secondo The Independent, Libia, Libano, Arabia Saudita, Oman, isole Comore, Madagascar, Cina, Russia e Argentina.
Peraltro i parlamentari del comitato, nei giorni scorsi, hanno anche “bacchettato” il governo per accordi con l’Egitto del periodo della scacciata del presidente Hosni Mubarak. Poi, chiaramente, quelle licenze furono sospese non appena la situazione si fece troppo problematica.
IL GOVERNO SI DIFENDE
Il governo guidato da David Cameron, chiaramente, si difende. Una portavoce dell’esecutivo ha detto proprio a The Independent: Il Regno Unito opera uno dei più rigorosi regimi di esportazione delle armi nel resto del mondo, ed è stato in prima fila nell’implementazione di trattati di commercio internazionali ben precisi, incluso quelle recente relativo all’Egitto. Noi non autorizziamo le licenze per l’esportazione quando c’è un chiaro rischio che questi beni possano essere usati per la repressione interna”. Eppure il comitato va avanti per la sua strada e chiede spiegazioni a 4 ministri: quello degli Esteri William Hague, il ministro alle Imprese Vince Cable, il ministro della Difesa Philip Hammond e quello per lo Sviluppo internazionale Justine Greening. L’accusa? Non essere in grado di dare assicurazioni sul fatto che le esportazioni britanniche non siano usate per mettere a repentaglio il rispetto dei diritti umani.

giovedì 17 ottobre 2013

Luciano Tuseo insignito dal Governo del Madagascar

In seguito ad una cerimonia ufficiale al Ministero della Sanitá Pubblica del Madagascar,   il Dottore Luciano Tuseo è stato insignito dal Presidente della Repubblica e dal Ministro della Sanitá del Madagascar del titolo di Cavaliere dell’ Ordine Nazionale Malgascio.

Qui di seguito  le foto della cerimonia, il discorso in occasione della cerimonia ed un accenno alla carriera.


Gentili Signori
E ' difficile trovare le parole per esprimere la mia gioia nell’essere qui oggi e ricevere questo importante riconoscimento dallo Stato Malgascio .
Come sapete, ho vissuto in Madagascar quasi dieci anni  con la mia famiglia, i miei figli sono cresciuti in questa grande isola dove abbiamo vissuto felici.
Dal Novembre 2002, quando sono arrivato in questo bellissimo paese per lavorare con l’Organizzazione Mondiale della Sanitá-OMS, un intenso lavoro e’ iniziato in collaborazione con i colleghi del Ministero della Salute Pubblica, il Programma Nazionale per la Lotta contro la Malaria,  l'Organizzazione Mondiale della Sanita  ed i  tanti Partner nella lotta contro la malaria e la salute in generale.
Nel 2003 e nel 2004 , abbiamo lavorato sulla redazione delle politiche e strategie di  lotta contro la malaria, la creazione di un partenariato in supporto del programma nazionale , la mobilizzazione delle risorse finanziarie e tecniche necessarie per l'attuazione dei piani d'azione e le realizzazione delle attività di lotta contro questa malattia  .
Nel 2005, i primi risultati erano giá tangibili. La prevenzione della malaria è stata estesa a tutta la popolazione. Nel 2011, il Madagascar è stato il paese con la maggiore copertura e uso di zanzariere impregnate di insetticida per la prevenzione della malaria,  tra tutti i Paesi africani . Ciò ha contribuito notevolmente alla drastica riduzione, piu del 75%,  del morbiditá  e della mortalitá dovuta alla malattia.
Sono molto felice di aver contribuito con tutta la mia passione, per evitare la perdita di vite umane e  inutili sofferenze alle famiglie malgasce .
Questo sostegno è continuato,  grazie al finanziamento  dalla Cooperazione Internazionale del Principato di Monaco, dell’ OMS e di altri partner, con la costruzione del Centro  per la Lotta contro la Malaria e il Laboratorio Nazionale di Riferimento,   che ha dato finalmente al Programma Malaria la possibilità di svolgere le attività in locali molto piu idonei .
Molti passi sono stati fatti durante i lunghi anni di duro lavoro in collaborazione  colleghi e partner della Sanità in Madagascar
Sara  sempre impresso nella mia memoria, l’ intenso lavoro nella lotta contro la Drepanocitosi in collaborazione con con l’Associazione LCDM, le attivita nell’ambito delle Emergenze Sanitarie e il supporto dato al Programma di  Lotta contro il Cancri Ginecologici  sviluppato dall Fondazione Akbaraly. 
Ho realizzato queste attivita  con passione, la stessa  che ho trovato nei colleghi malgasci con i quali ho lavorato,  ho giusto risposto con la stessa intensità . Un lungo ed intenso viaggio intenso é stato  fatto con molti dei miei colleghi che oggi sono qui presenti in questa sala.
Madagascar rimarrà per sempre nel mio cuore .
Il mio grazie allo Stato Malgascio, al Ministero della Sanità Pubblica , a tutti i colleghi dell’Organizzazione Mondiale della Sanitá  a tutti i livelli, che mi hanno permesso di svolgere questa missione, ai Partner nella lotta contro la Malaria  e tutti coloro che hanno lavorato con me, colleghi e amici per sempre.
Per concludere il mio intervento, vorrei ringraziare il Governo del Madagascar per la onorificienza offertami e voglio dedicarla soprattutto ai bambini, alle donne e agli indigenti, per i quali ho lavorato e mi sono battuto in tutti questi anni .
Signore e signori , vi ringrazio.

Luciano Tuseo

Il Dr, Luciano Tuseo, medico, specialista in Gestione dei Sistemi Sanitari, malariologo e con un aformazione in Business Administration  lavora da 22 anni in Africa e Brasile, ed é  attualmento responsabile per la  Sorveglianza e la Lotta contro le Epidemie di Malaria per i paesi dell’Africa Australe e Orientale nell’Ufficio Regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanita – OMS  in  Harare - Zimbabwe,

Tra le sue molte realizzazioni in Madagscar consideriamo

Lotta contro la malaria :
- Supporto tecnico al Programma Nazionale di Lotta conto la malaria
- Redazione di documenti politici e strategici  et piani operativi nella lotta conto la malaria 
- Supporto alla creazione di un partenariato in supporto al programma nazionale
- Mobilizzazione di fondi necessari alla realizzazione delle attivita di lotta
- Formazione di tecnici sanitari nelle strategie di lotta contro la malaria 
- Realizzazione di un  sistema di sorveglianza epidemiologica per l'individuazione precoce delle  epidemie di malaria
- Supporto al Rinforzo del Sistema Sanitario, per l’eliminazione della Malaria e la Filariosi Linfatica, ed il controllo delle Parassitosi Intestinale e l’ AIDS  nel Distretto Sanitario di Sainte  Marie, con il supporto  della Cooperazione Monegasca :
- Istituzione di un  Sistema Nazione di Farmacovigilanza
- Mobilitazione delle risorse per costruzione ed equipaggiamento del Centro Nazionale per la lotta contro la Malaria , ed il Laboratorio di Riferimento Nazionale
- Organizzazione delle   Conferenze Internazionali: " Intensificazione del Controllo della Malaria verso la sua Eliminazione in Madagascar ", nel 2008 e nel 2011

Lotta contro la Drepanocitosi  :
- La creazione di una partnership nella lotta contro la Drepanocitosi  in Madagascar in collaborazione con la Organizzazione LCDM
- Mobilitare risorse per rafforzare il programma per il Ministero della Salute e la redazione di un progetto contro la malattia ;
- Mobilizzazionedei fondi necessari per la costruzione ed equipaggiamento  del primo centro per la lotta contro la drepanocitosi a Manakara, in collaborazione con la Cooperazione Monegasca e l’associazione LCDM

Lotta contro i cancri   ginecologici :
- Collaborazione con la Fondazione Akbaraly ed il  Ministero della Salute nella redazione  del progetto contro i Cancri Ginecologici  in Madagascar.


Durante la sua carriera, il Dr. Luciano Tuseo ha partecipato e condiviso le sue esperienze in diversi workshop internazionali in diversi settori nella lotta contro la malaria, redatto diversi articolo scientifici e collaborato alla redazione di documenti politici,  satrategici e di orientazione tecnica.
Ha inoltre lavorato e fornito assistenza tecnica in diversi paesi: Italia, Brasile, Angola, Capo Verde,  Gibuti,  Mali , Guinea Bissau , Mozambico, Comoros,  Sierra Leone , Zimbabwe, Botswana,  Swaziland, Namibia,  Sud Africa.




L’Eden Esiste in Madagascar

Nosy Komba è una bellissima isola distante pochi chilometri da Nosy Be (a metà strada tra essa e la terraferma), popolata in gran parte dei lemuri neri (Nosy Komba significa proprio Isola dei Lemuri), una delle specie endemiche del Madagascar.
La geologia dell’isola conferisce al territorio un carattere tutto particolare, con le colline che degradano verso il mare, creando insenature sabbiose e baie protette dove sorgono piccoli villaggi di pescatori. Nosy Komba rappresenta in poche parole una descrizione dell’Eden. Bellissime le sue spiagge, cristallina l’acqua, favolosa la vita sottomarina, tra pesci, tartarughe e coralli colorati.
Il tutto contornato da un’atmosfera romantica, grazie anche alla presenza di resort affacciati sulla spiaggia; uno di questi, lo Tsara Komba Lodge, gestito per l’Italia da Press Tours, è rifinito con un arredamento che richiama lo stile autoctono e si inserisce perfettamente nell’ambiente circostante.
Il centro abitato più importante di Nosy Komba è Ampangorinana, dove gli abitanti hanno fiutato la possibilità di business è hanno quindi riempito le polverose strade con tovaglie ricamate, cesti in tessuto e legno intagliato. Gli abitanti del posto si esibiscono anche in esaltanti danze tribali per i visitatori. Fuori dal villaggio, la vita di Nosy Komba scorre invece molto tranquilla.
L’aspetto naturalistico dell’isola è ovviamente quello più ricercato da chiunque si rechi in questo angolo di paradiso. A Nosy Komba sono presenti numerose baie deserte da esplorare, così come percorsi che conducono sulle colline alla scoperta della fauna selvatica, rappresentata da uccelli, da camaleonti e, ovviamente, dai lemuri neri. La cosa più bella è che spesso ci si trova a contatto con la natura in completa solitudine, avvolti dal fascino misterioso che solo giungle e foreste possono regalare.
Dal punto di vista climatico Nosy Komba si presenta estremamente favorevole; durante l’estate (il nostro inverno) la temperatura non è mai troppo calda grazie ai venti che spirano costanti e, trovandosi nell’area più secca del Madagascar, le piogge sul suo territorio sono limitate, tenendo conto che si tratta sempre di una destinazione tropicale. Piacevolissimo l’inverno, con temperature che oscillano tra i 20° ed i 27° e precipitazioni quasi assenti.

Articoli correlati

Madagascar: spiagge, coralli e piante di baobab

Una delle isole più affascinanti dell'Oceano Indiano
Le meraviglie del Madagascar
Spiagge infinite, coralli ma anche canyon, foreste, piante di baobab e lemuri. Tutto questo e molto di più è il Madagascar, l'isola che sorge di fronte al Mozambico, costa sud occidentale dell'Africa. Meta ideale per chi è alla ricerca di uno splendido paradiso terrestre dove godere di giorni di assoluto relax.

MADAGASCAR, LA TERRA DEI BAOBAB –


L'isola è custode di bellezze naturali incredibili e uniche al mondo. Ma tra tutte le più curiose e particolari sono sicuramente gli alberi di baobab con la loro bizzarra forma a fungo. Non avete la più pallida idea di cosa siano i baobab? Avete presente il libro “Il piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry? Il protagonista ogni mattina doveva fare pulizia sul suo pianeta dei temibili baobab. Mai potevate immaginare che fossero piante reali? Niente di male, nella vita non si finisce mai di imparare. I baobab esistono e crescono rigogliosi proprio qui e a dir il vero, non sono le uniche piante strane dell'isola.
Foreste spinose, piante grasse a dir poco bizzarre e i Pachypodium, piante a forma di zampe d’elefante. Non per niente, al di là della particolarità di queste specie di vegetazione, l'isola del Madagascar è stata definita dal WWF come uno dei paesi con il più ricco patrimonio ecologico del mondo. Qui, infatti, potrete incontrare anche le lemuri, le antenate delle più comuni scimmie. Sull'isola si contano circa 50 aree protette tra riserve e parchi naturali. Uno dei più sorprendenti è la Riserva Speciale di Ankarana che si trova a 100 Km in direzione sud-ovest rispetto alla città di Diego Suarez. Rimarrete a bocca aperta.
Innumerevoli pinnacoli calcarei di origine carsica, i tsingy; una immensa foresta decidua con labirinti e piante appartenenti alla famiglia delle Euforbie e delle Pachypodium; grotte e fiumi sotterranei sono una parte delle meraviglie che qui vi aspettano.
Un consiglio: quando raggiungerete il parco, affidatevi ad una guida per visitare una delle bellissime grotte tra cui la più famosa è quella di Andrafiabe con i suoi 100 km di cunicoli e passaggi.
Per quanto riguarda invece il mare e le spiagge dell'isola un vero e proprio spettacolo della natura sono i fondali con una varietà di pesci, coralli e piante marine tra le più belle al mondo. La più bella barriera corallina si trova al largo della costa sud-occidentale tra Anakao e Morombe. Le località marine più interessanti dell'isola  sono sicuramente: Ampassilava, Salary e Anakao, tutte posizionate lungo la costa sud occidentale. Qui, tra baie con spiagge lunghissime e bianche e un mare di un colore che va dal verde al turchese potrete anche dilettarvi nello snorkelling e nelle immersioni. Una visita merita sicuramente una delle mete più gettonate del Madagascar, l'isola di Nosy e l'isola di Sainte Marie con la sua forma lunga e stretta, le sue spiagge orlate di palme e i suoi atolli.
Articoli correlati

 


I bimbi africani non piangono, qual e' il segreto?

Abbiamo tradotto per voi questa splendida testimonianza scritta da Claire sul sito inglese InCultureParent. Una mamma africana, che vive da anni in Inghilterra, racconta la sua esperienza dei primi 6 mesi di vita di sua figlia, alla riscoperta della saggezza dell’intuito nelle sue radici. Una lettura che fa riflettere e che ci lascia con una regola: il bimbo e’ il manuale di cui disponiamo per essere genitori.
***
Sono nata e cresciuta in Kenya e Costa d'Avorio fino all’età di 15 anni, poi mi sono trasferita nel Regno Unito. Tuttavia, ho sempre saputo che volevo crescere i miei figli (quando li avrei avuti) a casa in Kenya. Sì, davo per scontato che li avrei avuti.
Sono una donna africana moderna: con due lauree, appartengo alla quarta generazione di donne che lavorano, nella mia famiglia, - ma quando si tratta di bambini, sono un’africana tradizionale. Rimane in me la convinzione che la vita non sia completa senza figli e che i bambini sono una benedizione a cui è da folli rinunciare. Anzi, non avere figli non è neppure preso in considerazione.
La mia gravidanza iniziò nel Regno Unito. Con la gravidanza arrivò una tale spinta a tornare a casa, che al quinto mese avevo già venduto il mio studio, messo a punto una nuova attività, cambiato casa e continente.
Quando mi scoprii in attesa feci quello che la maggior parte donne incinte nel Regno Unito avrebbe fatto, divoravo libri: Our Babies, Ourselves, Amarli senza se e senza ma, tutti i libri di W. Sears e l'elenco potrebbe continuare. (Mia nonna poi commentò che i bambini non leggono libri e che tutto quello che dovevo fare era "leggere" il mio bambino).
Tutto quello che leggevo diceva che i bambini africani piangono meno dei bambini europei. Questo mi incuriosì molto, volevo scoprire perchè.
Una volta a casa, in Kenia, mi misi ad osservare. Tendevo lo sguardo per vedere madri e bambini, ed erano ovunque, anche se i neonati africani sotto al mese e mezzo di vita rimanevano per lo più a casa.
La prima cosa che notai fu che, nonostante la loro ubiquità, era in realtà molto difficile "vedere" davvero un neonato keniano. Di solito sono incredibilmente ben avviluppati, prima di essere portati in braccio o fasciati sulla loro mamma (a volte il papà). Anche i più grandini, fasciati sulla schiena degli adulti, vengono ulteriormente protetti dall’esterno da un telo di grandi dimensioni. Saresti già fortunato a scorgere un arto, figuriamoci un occhietto o il naso. Il modo in cui vengono fasciati è come la replica di un utero. I bambini sono letteralmente imbozzolati in modo da essere protetti dallo stress del mondo esterno in cui sono giunti.
La seconda osservazione che fu chiara era legata ad un differenza culturale. Nel Regno Unito è dato per assunto che i bambini piangano, il pianto è connaturato al bambino. In Kenya, è esattamente il contrario: è dato per assunto che i bambini non piangono. Se lo fanno è segno di qualcosa di terribilmente sbagliato e occorre agire immediatamente per porre rimedio, rimuovere la causa. Mia cognata inglese una volta disse: "Alla gente qui non piace proprio che i bambini piangano, vero?”. Trovai che la sua osservazione riassumeva proprio bene questa differenza.
Tutto diventò molto più chiaro quando finalmente partorii e arrivò mia nonna dal villaggio a trovarmi. In effetti la mia bambina piangeva abbastanza spesso. Esasperata e stanca, dimenticai tutto quello che avevo mai letto e, a volte volevo piangere con lei. Ma per mia nonna era molto semplice: "Nyonyo!", “Dalle il tuo seno!”, era la sua risposta ad ogni singolo vagito.
C’erano momenti in cui era un pannolino bagnato, oppure in cui voleva venire in braccio, o aveva bisogno di fare un ruttino, ma per lo più voleva solo stare al seno – e non importava se voleva mangiare o se aveva solo bisogno di un momento di conforto. La indossavo, in fascia, praticamente sempre e facevamo co-sleeping (dormivamo insieme) così portarla spesso al seno era una naturale estensione di quello che già facevamo.
All'improvviso mi fu chiaro il segreto non così nascosto del silenzio gioioso di bambini africani.  Si trattava di una simbiosi fatta per soddisfare i bisogni. Una cosa che richiedeva una sospensione totale dell’idea di ciò che sarebbe dovuto essere, sostituita dall’accoglienza, senza condizionamenti, di ciò che stava realmente accadendo in quel momento.
Il risultato era che mia figlia poppava molto - molto più di quanto avessi mai letto e almeno cinque volte tanto quanto previsto da alcuni dei più rigorosi schemi di poppate che avevo visto.
A circa quattro mesi, quando un sacco di mamme di città iniziano ad introdurre i cibi solidi nel rispetto degli schemi di svezzamento, mia figlia tornò a un ritmo di suzione da neonato: la allattavo ogni ora, fu uno shock totale. Negli ultimi quattro mesi, il tempo tra le poppate aveva cominciato ad aumentare, fino a consentirmi di ricominciare a trattare qualche paziente senza che i miei seni perdessero latte o che la baby-sitter interrompesse la seduta perché la bimba aveva bisogno di una poppata.
La maggior parte delle mamme, nel gruppo madri-neonati che frequentavo, aveva diligentemente iniziato a introdurre la crema di riso (per allungare il tempo fra le poppate) e tutti i professionisti coinvolti nella vita dei nostri figli - pediatri, anche doule, dicevano che andava bene: le mamme avevano bisogno di riposo, avevamo già fatto davvero tanto arrivando a quattro mesi di allattamento esclusivo al seno. Ci assicurarono che i nostri bambini sarebbero stati  bene.
Tuttavia dentro di me sentivo qualcosa di stonato in questo, e anche quando provai, senza troppa convinzione, a mescolare un po’ di papaia (il cibo tradizionale per lo svezzamento in Kenya) con del latte in polvere e lo offrii a mia figlia, lei non ne prese neanche un po’.
Così chiamai mia nonna. Lei si mise a ridere e mi chiese se avevo ricominciato a leggere libri. Mi spiegò che l'allattamento al seno è tutt'altro che lineare.
"Ti dirà lei quando sarà pronta per il cibo – anche il suo corpo te lo dirà."
"Che cosa faccio fino ad allora?" chiesi ansiosa.
"Fai quello che hai fatto fin’ora, semplicemente nyonyo."
Così la mia vita rallentò di nuovo praticamente fermandosi. Mentre molti dei miei coetanei rimanevano meravigliati di come i loro figli dormivano più a lungo ora che avevano introdotto le creme di riso e addirittura si avventuravano su altri alimenti, io mi svegliavo ogni due ore con mia figlia e informavo i pazienti che il ritorno al lavoro non sarebbe stato come avevo previsto.
Presto scoprii che mi stavo trasformando, del tutto involontariamente, in un servizio di sostegno informale per altre mamme di città. Il mio numero di telefono cominciò a girare fra le mamme e spesso, mentre allattavo la mia bimba mi sentivo pronunciare le parole: "Sì, continua ad allattarlo. Sì, anche se lo hai appena allattato. Sì, succede che non riesci a trovare il tempo di toglierti il pigiama in tutta la giornata. Sì, hai bisogno di mangiare e bere come un cavallo. No, non è il caso di prendere in considerazione di tornare al lavoro se ti puoi permettere di non farlo." Infine, rassicuravo le mamme: "Stai tranquilla, poi diventa più facile." Su quest’ultima frase facevo una professione di fede, visto che per me le cose non erano ancora diventate più facili.
Una settimana prima che la mia bimba compisse cinque mesi, tornammo in Inghilterra  per un matrimonio e per presentarla a familiari e amici. Non avevo particolari esigenze e così fu semplice continuare a seguire i suoi schemi di poppata. Andavo avanti, nonostante gli sguardi sconcertati di molti stranieri per il fatto che allattavo mia figlia in luoghi pubblici vari (molti “spazi allattamento” in luoghi pubblici erano relegati nei bagni, e non riuscivo proprio ad usarli).
Al matrimonio, a tavola, le persone vicine a noi osservarono: "che bimba tanquilla – certo che l’allatti ancora tanto." Non dissi nulla, ma quando un'altra signora commentò: "Anche se ho letto da qualche parte che i bambini africani non piangono quasi mai." non potei trattenere una bella risata.
La cosa più importante che mi ha guidato è stata la saggezza dolce di mia nonna:
1. Offrile il seno ogni singolo volta che la bimba ha qualcosa che non va - anche se lo hai appena fatto.
2. Dormi insieme a lei (co-sleeping). Così puoi allattarla prima che lei si svegli del tutto e questo le consentirà di tornare a dormire più facilmente e potrai riposare di più.
3. Portare sempre con te una bottiglia di acqua la sera: per mantenerti idratata e far scorrere il latte.
4. Fai dell’allattamento la tua priorità (in particolare durante gli scatti di crescita) e prendi da quelli intorno a te tutto l’aiuto che puoi. E ricorda: c'è ben poco che non possa attendere.
Leggi il tuo bambino, non i libri. L'allattamento al seno non è lineare - va su e giù o è circolare. E ricorda: sei tu l'esperta dei bisogni di tua figlia.
di J. Claire K. Niala
autrice, madre e osteopata Claire è una donna che ama esplorare le differenze che fortunatamente ancora esistono tra le diverse culture di tutto il mondo. E' nata e cresciuta in Kenya, Costa d'Avorio e Regno Unito. Ha lavorato e vissuto in tre continenti ed ha visitato almeno un paese nuovo ogni anno, da quando aveva 12 anni. I suoi compagni di viaggio preferiti sono la madre e la figlia, le cui storie e interesse per chi le circonda hanno portato Claire a scoprire ed interagire con il mondo in modi che non avrebbe mai immaginato.
Traduzione a cura di Barbara Siliquini
Articoli correlati

Tre settimane in Madagascar per salvare le foreste


Tre settimane nelle foreste del Madagascar, a seguire i progetti dell’associazione Tsiry di Parma per la salvaguardia delle foreste. 
E’ il viaggio compiuto tra il 16 di agosto e il 6 di settembre da un gruppo di parmigiani di Baganzola. «Dalla capitale Antananarivo – racconta Luigi Gandolfi - ci siamo spostati ad Ambositra, una cittadina a 200 chilometri di distanza. Abbiamo incontrato Nicola (un volontario parmigiano di Tsiry, ndr.) che ci ha accompagnati per tutto il viaggio». 


Ed è proprio Nicola Gandolfi che in Madagascar sta realizzando con Tsiry il progetto per la salvaguardia delle foreste, finanziato dalla associazione parmigiana. «Dopo qualche giorno abbiamo organizzato il viaggio in foresta – continua Luigi -; dopo un primo tratto di percorso in auto, circa 35 chilometri, la strada è diventa impraticabile per il fango e ci siamo dovuti incamminare a piedi tra sentieri e villaggi; ci siamo inoltrati nel verde fino a raggiungere la valle di Vohiday». Lì il gruppo di parmigiani è stato accolto dai rappresentanti dei gruppi «Voi», le comunità di base locali, che da tempo seguono i progetti di Tsiry Parma e conoscono bene l’associazione e il lavoro che sta svolgendo nella zona. 
 «Ci siamo accampati con loro e la gente del villaggio ci ha accolti con grande entusiasmo. Non perdeva occasione per venirci a salutare e festeggiare con canti e balli tradizionali». Nei giorni che sono seguiti, la piccola comitiva ha potuto conoscere dal vivo il lavoro che Nicola Gandolfi e i tecnici di Tsiry Parma stanno realizzando nella foresta e con la popolazione locale, toccando con mano quello che è stato reso possibile dalle loro iniziative per la raccolta di fondi. 
«Abbiamo visitato il vivaio di piccoli alberi che verranno piantati in foresta, abbiamo ascoltato le richieste della gente. Hanno molte aspettative, ci chiedono aiuto e noi stessi abbiamo preso impegni che possiamo solo sperare di poter mantenere». Lasciato il villaggio, nella seconda parte della trasferta in Madagascar la comitiva si è spostata sul canale di Mozambico nella città di Morondava, per visitare la cosiddetta «foresta secca» di Kirindi, passando nella via dei Baobab. «Abbiamo attraversato con la chiatta il fiume Tsibihrina, e raggiunto il villaggio di Bekopaka nel parco Bemaraha e la zona degli «Tsingy», che sono formazioni rocciose a pinnacolo, antica barriera corallina formatasi centinaia di milioni di anni fa». 
«E’ uno spettacolo unico al mondo – commenta Luigi Gandolfi - che ci ha ripagato delle fatiche affrontate durante il lungo viaggio. La spiaggia di Morondava con i suoi tramonti sul mare è stata l’ultima immagine un viaggio che difficilmente potremo dimenticare». Per conoscere e sostenere i progetti dell’associazione consultate il sito
 Fonte: www.tsiry.org Laura Ugolotti

Tsiry agisce in Madagascar per la tutela dell’ambiente e si occupa della salvaguardia e gestione sostenibile di alcune specie d’albero autoctone molto preziose (Dalbergia spp. e Diospyros spp.), ancora presenti nelle foreste tropicali umide della costa nord-orientale dell’isola, ma attualmente a grave rischio d’estinzione.  

Articoli correlati

Operai, casalinghe, disoccupati... Ecco chi sono i giganti del Tor des Geants

Vengono da ogni angolo di mondo, sono italiani e spagnoli (soprattutto), francesi, svizzeri, addirittura greci, arrivano dal Madagascar e dal Messico, dagli States e dall'Asia lontana, anche dalla Cina


Abbiamo seguito la gara più dura (e folle) del mondo: 330 km e 24.000 metri di dislivello su e giù per le montagne della Val d'Aosta. E abbiamo scoperto un popolo di gente comune, entusiasta di correre e soffrire per una settimana. Senza soste...

I giganti sono uomini piccoli e donne minute. Signori dai capelli bianchi e ragazze dall'aria spensierata. I giganti sono impiegati e operai, casalinghe e artigiani, professionisti, disoccupati… Vengono da ogni angolo di mondo, sono italiani e spagnoli (soprattutto), francesi, svizzeri, addirittura greci, arrivano dal Madagascar e dal Messico, dagli States e dall'Asia lontana, anche dalla Cina. Come Yuan Yang, pettorale numero 1040, che aveva attraversato il globo per correre (e rincorrere) il suo sogno: partecipare al Tor des Geants, il Giro dei Giganti, la gara più dura che un appassionato di endurance-trail possa correre. Yang è scivolato lungo il sentiero in una notte piena di pioggia e di vento, e sulle rocce ha sbattuto la testa: è morto a 43 anni sotto il Col de la Crosatie, 2.838 metri nel gruppo del Rutor.


È la prima vittima di questa folle gara giunta alla sua quarta edizione: 330 chilometri e 24.000 metri di dislivello per coprire tutto il periplo della Val d'Aosta, da Courmayeur a Courmayeur in senso antiorario, su e giù per tutte le valli della regione. Per capire in cosa si traducono questi numeri, basti dire che la corsa è partita domenica scorsa alle 10 di mattina e mentre leggete queste righe la maggior parte dei concorrenti deve ancora arrivare al traguardo: il limite massimo è fissato per sabato pomeriggio, 150 ore (7 giorni, 6 notti e 6 ore) dopo.
Provate a pensare a tutto quello che avete fatto da domenica mattina a oggi: nel frattempo, i 742 concorrenti del Tor des Geants inseguivano la sfida impossibile, salivano 25 colli oltre i 2.000 metri, si scapicollavano per discese infime e infinite, correvano e (soprattutto) camminavano sotto il sole, la pioggia e la neve, di giorno e di notte cercando di ridurre al minimo le ore di sonno. E molti, ora, sono ancora lì.
Certo, il vincitore, il basco Iker Karrera, è arrivato a Courmayeur già mercoledì mattina chiudendo la gara col tempo record di 70 ore, 4 minuti e 15 secondi, quasi 6 ore in meno del tempo impiegato dallo spagnolo Oscar Perez vincitore nel 2012 e quest'anno arrivato secondo ad appena 25 minuti dal primo. Karrera, 39 anni, soprannominato Porsche, per vincere il Tor si è preparato per mesi in maniera quasi ossessiva, nei tre giorni di gara si è fermato complessivamente appena 2 ore e 57 minuti, ma è l'unico dei 742 concorrenti che non abbiamo mai visto sorridere. Per tutti gli altri, nonostante la fatica, le ferite e i molti abbandoni, questa massacrante corsa rimane una grande festa. E la classifica non la guarda nessuno, perché c'è un trofeo per ciascuno: la maglia consegnata al traguardo con la scritta FINISHER, l'unica cosa che conta.
Andrea Mattei
@andrea_mattei
Articoli correlati

L’Ansa ha accennato a una notizia che non ha avuto eco qui da noi.

Le città del Madagascar




Madagascar a rischio estinzione

Era uno dei più grandi scrigni della biodiversità mondiale. Oggi la quarta isola più grande del mondo rischia di perdere alcune delle sue principali eccellenze naturali…
Il Madagascar, bellissima terra circondata dall’Oceano Indiano, la quarta isola più grande al mondo, è da sempre considerato il centro per eccellenza della biodiversità: qui si conta circa l’80% di flora e fauna uniche al mondo. Eppure, secondo Mitsinjo, associazione ambientalista impegnata nella salvaguardia della sua biodiversità, "almeno il 25% delle specie di anfibi del Madagascar sono minacciate di estinzione". E quell’almeno" mette i brividi.



SCOPRIRE IL MADAGASCAR
IL LUOGO 
Appena due anni fa il Madagascar era al dodicesimo posto della classifica stilata dall’International Union for Conservation of Nature (Iucn) sulla ricchezza di specie di anfibi, che ospita più di 286 specie di rane, rospi e raganelle. Il 95% di questi non si trova in nessun’altro angolo del mondo. La loro sopravvivenza è a rischio per colpa dell’alterazione degli habitat e della possibile comparsa, fortunatamente ancora non verificatasi, di epidemie come quella del fungo chitridio, che altrove ha fatto migliaia di vittime. Egual discorso anche per tutte le specie di lemuri: secondo studi recenti il 91% di questi primati devono essere inserite nella Lista Rossa Iucn delle specie a rischio estinzione, rendendoli il gruppo di mammiferi più minacciato del mondo.
NATURA 
Fra le specie vegetali, si trovano sull'isola circa 170 specie di palme, tra cui la palma rafia, una delle più tipiche. Numerose anche quelle di felci e bambù, mentre se ne contano un migliaio tra le orchidee e tante altre carnivore. Delle otto specie di baobab note ben sei sono endemiche di quest’isola. Tutte le specie di Lemuri esistenti al mondo vivono qui o nelle zone limitrofe, così come i due terzi delle specie note di camaleonti e numerose specie di tartarughe e di gechi. Troppi gli animali di cui, nel Madagascar, rimane solo il ricordo, come l’ippopotamo pigmeo, il lemure gigante e l’uccello elefante. E la cui esistenza potrebbe essere dimenticata nell’arco di qualche anno anche in tutto il resto del mondo.

A TU PER TU CON I LEMURI
IL CONSIGLIO 
Sul sito di Planet Viaggi Responsabili è possibile prenotare un viaggio indimenticabile alla scoperta del Madagascar. Un itinerario in un vero e proprio museo vivente, attraversando le strade dell’isola, o navigando su fiumi e canali in barca e in piroga. Si parte daAntananarivo, la vivace capitale dell’isola,  prima tappa verso est per visitare uno dei più famosi parchi nazionali, quello di Andasibe-Mantadia, per ascoltare il canto dei lemuri. Poi si arriva in volo presso la città  di Maroantsetra e la penisola di Masoala, dove tradizioni immutate, mari cristallini e foreste incontaminate regalano momenti magici. I lemuri saranno i vostri compagni di viaggio, insieme a gechi, camaleonti, uccelli, rane, farfalle e tartarughe. Durante l’itinerario si collabora direttamente con alcune associazioni locali che da anni lottano per mantenere intatto il loro patrimonio naturale e per salvaguardare ogni forma di biodiversità.

MADAGASCAR: ON THE ROAD LUNGO LA ROUTE NATIONAL 7
DINTORNI
Antananarivo, precedentemente nota come Tananarive, oggi chiamata Tana, è la capitale, nonché la più grande città del Madagascar. È anche capoluogo della provincia di Antananarivo e della regione di Analamanga. Conquistata dalla Repubblica Francese nel 1625, è rimasta sotto il suo protettorato fino al 1960, quando la nazione raggiunse finalmente l'indipendenza. Una metropoli frenetica, così distante dal paradiso naturale di cui è circondata. Il suo centro può essere diviso in due zone: Haute-Ville, la parte alta, più bella e tranquilla, e Basse-Ville, la città bassa, più caotica ed inquinata. Ricco il centro, con tante attrazioni interessanti: due fortezze, molte chiese, tre cattedrali, una moschea musulmana e due università. Inoltre centri commerciali, tanti alberghi e ristoranti vi aiuteranno a ritrovare il “profumo” dell’urbanizzazione tipicamente occidentale. Qualora ne sentiste il bisogno.
Fonte: La stampa it FRANCESCO SALVATORE CAGNAZZO (NEXTA)
Articoli correlati