lunedì 25 novembre 2013

Guida Madagascar: cosa vedere e cosa fare nell’isola dei sogni

Tutto quello che c’è da sapere sul Madagascar/Roma – Il Madagascar è una terra insulare, situata nell’oceano Indiano, al largo della costa orientale dell’Africa. E’ il posto ideale non solo per le amanti delle isole tropicali: questa terra, infatti, offre molto più del dolce far niente su spiagge sabbiose o d’immersioni in acque cristalline alla scoperta di barriere coralline. Le splendide foreste sono ricche miriadi di piante e foglie gocciolanti su cui strisciano e saltellano bizzarre creature come lemuri, camaleonti, pervinche e baobab, aloe, gechi e sifaka. Prima di partire, però, è necessario avere alcune informazioni.

COME ARRIVARE - Naturalmente il mezzo migliore per raggiungere il Madagascar è l’aereo. Air Italy effettua un volo diretto da Milano e da Roma per Nosy Be, con tempo di percorrenza di circa 11 ore. Con Air France si raggiunge Antananarivo facendo scalo a Parigi.
QUANDO ANDARE - Le stagioni sono invertite rispetto a quelle del nostro emisfero. Il periodo migliore va da aprile a ottobre, mentre da novembre a marzo si va incontro al rischio di uragani.
COSA METTERE IN VALIGIA Per lui, l’abbigliamento consigliato è: pantaloni lunghi in cotone o lino e camicie con le maniche lunghe. Costume da bagno, tutto l’occorrente per il trekking se si va nei parchi, compreso una k-way. Un golfino o giubbino per le serate fresche. Per lei, invece, l’abbigliamento giusto è: costume da bagno, scarponcini da trekking o arrampicata, pantaloni lunghi e camicie con maniche lunghe, di colori non troppo vivaci. Cappello e felpe. E’ importante portare anche i medicinali che si assumono di solito,compresse contro i disturbi gastro-intestinali repellenti per le zanzare.
COSA VEDERE - Tra le città da visitare c’è sicuramente la capitale Antananarivo, ricca di edifici storici. Una delle zone più vivaci è quella intorno a Kianja ny Fahaleovantena (Place de l’Indépendance), dove ci sono molti ristoranti e locali. Bellissimo è anche il lago di Anosy, circondato da alberi di jacaranda, in mezzo al quale sorge un monumento ai caduti della prima guerra mondiale. Da non perdere sono i tanti variopinti mercati che si svolgono in città, il più grande dei quali è quello di Zoma, dove viene venduto il meglio dell’artigianato locale. Per gli amanti del mare, invece, il posto ideale è Nosy Be, una bella isola con tante spiagge e fondali incontaminati, divenuta il principale centro turistico del Paese. Tra i parchi naturali presenti nell’isola, il più bello è il Parc National des Tsingy de Bemaraha, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Per chi, invece, vuole fare un safari, c’è il Parc National de Ranomafana dove è possibile avere un incontro ravvicinato con la natura sia di giorno che di notte.
COSA MANGIARE - L’ingrediente principale della cucina malgascia è il riso, accompagnato da carne di zebù, pollo, maiale, pesce e crostacei. Molto gustosa è la frutta, soprattutto ananas, lytchees, mango e banane. I piatti tipici sono il ravitoto (uno stufato con germogli di manioca e pezzi di zebù o maiale) e ilmosakiky (spiedini di carne accompagnati da mango condito e tagliato a sottili filamenti oppure da patate o altro ancora). Infine, da assaggiare è anche betsabetsa, una bevanda alcolica prodotta con la canna da zucchero.

Articoli correlati
immaginate un universo a parte che accoglie paesaggi estremamente
variegati, con una vegetazione e una fauna rare

Madagascar vacanze: il mio racconto
di viaggio ricco di consigli e dritte utili

la natura è regina, spiagge da sogno

Lala e Gianni si sono sposati con il rito malgascio

L'esperienza estiva in Madagascar

Questa, per ora, è la mia bella famiglia;

la vigilia andrò ad Ampasimanjeva per festeggiare

il Natale con quelli che lo diventeranno quando finirò le lezioni


Se credete nel turismo responsabile e siete in cerca
di una destinazione quasi del tutto incontaminata,

Tolagnaro è una cittadina tranquilla dall’aria coloniale un po’ decadente.

Dal villaggio si può poi raggiungere la vicina isola di Lokaro, ma anche rimanendo
sulla penisola, ci sono belle opportunità per passeggiare, girare in piroga, nuotare
e fare un buon snorkeling

Nonostante il Madagascar sia una Repubblica, ogni tribù presenta un re
che simboleggia un collegamento tra la divinità e l’uomo ed inoltre tra il
presente ed il passato. Tra le tribù è presente quella

L'incanto delle bellezze naturali e l'eccezionale biodiversità sono i maggiori

tratti distintivi di una terra definita "l'ottavo continente"

Ramena: pittoresco villaggio di pescatori nella baia di Antsiranana in Madagascar

Ramena è un pittoresco villaggio tradizionale di pescatori affacciato su una bella spiaggia lungo la baia naturale di Antsiranana (Diego Suarez) (la seconda del genere per grandezza al mondo) protetta da una stretta insenatura nell’Oceano Indiano lungo la costa orientale del Madagascar. A 20 chilometri a nord di Antsiranana (Diego Suarez), Ramena è un autentico villaggio malgascio rimasto privo di strade asfaltate eccetto la via che conduce al molo. Lungo la spiaggia di sabbia bianca di 3 km di lunghezza, frequentata nel fine settimana da residenti e da turisti, si trovano alberghi e ristoranti tipici.

Ramena è la spiaggia più frequentata di Antsiranana per la balneazione in acque sicure, prive di correnti, di moto ondoso mosso o di incursioni di squali, in quanto protette da barriere coralline all’interno della baia. Dalla spiaggia partono escursioni per il Mare di Smeraldo, una laguna chiusa dalle acque di colore verde, che diventano turchesi fino a blu cupo con l’aumento di profondità, con diverse isolette deserte a nord della baia. La spiaggia di Mer d’Emeraude è ideale per relax al sole, nuoto, snorkeling, windsurf e kitesurf.

Delimitata da mangrovie a sud, all’estremità settentrionale la spiaggia di Ramena è compresa nell’area della base militare Orangea, che si estende fino alle spalle del paesino e conserva edifici militari coloniali e giganteschi cannoni puntati verso il mare in una zona visitabile con ingresso a pagamento. Da qui, una strada sterrata di 3 chilometri a nord di Ramena conduce al Faro di Cap Miné (o di Cap Andranomody) in attività dal 1895, dalla cui cima si può godere di un’impagabile vista completa della baia di Antsiranana (Diego Suarez), dell’Oceano Indiano, di Mer d’Emeraude e dell’entroterra settentrionale dell’isola del Madagascar. A breve distanza, si incontra la serie di tre baie di Sakalava, delle Dune e dei Piccioni con splendide spiagge di sabbia bianca, seguita da quella di Ramena. Ramena è raggiungibile da Antsiranana seguendo una strada panoramica costiera in buone condizioni d’asfalto che si snoda offrendo una splendida vista su distese di mangrovie, sulla baia e su Nosy Lonja, l’isolotto disabitato comunemente conosciuto come Pan di Zucchero, simbolo della città capoluogo della provincia di Antsiranana, - See more at: http://blog.presstours.it

Dallo Zen di Palermo al Madagascar, per educare

Rosario Volpi, 34 anni, ha vinto il Premio volontariato internazionale 2013. Dal 2007 si occupa di ragazzi in un piccolo villaggio dell'isola. Ecco la sua storia

Il vincitore del Premio volontariato internazionale 2013 ci ha raccontato la sua storia. Che non è come tutte le altre: ci voleva un “quid” di sensibilità in più per mollare la sua vita in Sicilia e spostarsi, giovanissimo, in un’isola molto più a Sud –il Madagascar- a intraprendere il mestiere di educatore ad Ambalakilonga,Comunità per ragazzi adolescenti.
Oltre all’impegno e al sacrificio –caratteristiche imprescindibili per chi tutti i giorni pone se stesso al servizio dei più bisognosi- emerge dalle parole di Rosario Volpi la dote più importante di tutte, senza la quale il lavoro quotidiano non potrebbe poggiarsi su basi solide: l’umiltà. Occuparsi della formazione di giovani uomini malgasci con la consapevolezza che il vero educatore sta lassù, ed è lui a dettare i precetti che tutti sono chiamati a seguire, senza distinzione di censo o di razza: questo è ciò che distingue un buon volontario cristiano rispetto a un collaboratore qualunque. 

Si schermisce, Rosario, prima di cominciare la chiacchierata. Sostiene di “non essere portato per le interviste”. Le righe seguenti dimostrano l’esatto contrario: oltre ad essere un ottimo educatore, è capace come pochi di raccontarsi a cuore aperto. Il buon esempio –questo è l’insegnamento che da lettori ne traiamo- viene da un trentaquattrenne originario della provincia di Trapani.

Cosa ti ha spinto molti anni fa ad avvicinarti  a Educatori Senza Frontiere?
«Uno tsunami, sì lo tsunami del Sud-est asiatico del dicembre 2004. Furono proprio quelle immagini che mi scossero. Da lì che cominciai a chiedermi quale aiuto può portare un educatore in contesti devastati dalla natura, dalla povertà, dalla guerra, dall’uomo. Cosa possiamo fare in queste occasioni? A noi tocca il compito di “ri-costruire” l’uomo, ridare fiducia e speranza nella vita. A noi tocca il coraggio di guardare negli occhi gli uomini e donne, vittime degli tsunami o degli uragani e tempeste della vita, e dire che si può sempre ricominciare».

Hai accettato subito con entusiasmo la proposta di partire per il Madagascar?
«Era febbraio del 2007, ad Ambalakilonga c’era bisogno di un educatore. Cristina, la nostra responsabile di ESF, mi chiese una disponibilità di due anni. Ci volevo pensare, così mi sono preso un po’ di tempo per decidere. Dopotutto anche a Palermo, dove lavoravo, c’era bisogno di educatori. Mi piaceva il mio lavoro tra i ragazzi e i bambini della periferia della città, Zen e Borgo nuovo. Alla fine decisi che a 27 anni si può fare le valigie e partire». 

Come si svolge il lavoro dentro Ambalakilonga?
«Ambalakilonga è un piccolo villaggio al cui interno si trovano: una comunità, che accoglie ragazzi orfani, ex ragazzi di strada e giovani in difficoltà; un centro di formazione professionale che forma gli allievi in cinque specialità, carpenteria, falegnameria, saldatura, elettricità e informatica; un piccolo dispensario a servizio dei giovani della comunità e degli allievi della scuola, ma anche punto di riferimento per gli ammalati dei villaggi limitrofi. All’interno di queste tre macro aree s’inseriscono poi tutte le attività educative e formative che il nostro Centro propone al territorio»

In questo momento qual è la sfida principale che ti tiene impegnato?
«In questi giorni siamo alle prese con la formazione di 40 educatori che provengono dagli altri centri della città e che fanno parte della rete di protezione dei minori. La formazione è sempre un momento affascinante in cui ci si misura e ci si confronta con le esperienze umani e professionali dei tuoi colleghi nei contesti più disparati».

Quali sono le principali difficoltà che dovete fronteggiare giorno dopo giorno?
« La difficoltà maggiore credo che sia non farsi schiacciare dal peso dei problemi che la gente viene a presentarci. Certi giorni ti sei fermato ad ascoltare i problemi delle persone, le difficoltà dei nostri ragazzi, le loro delusioni, le loro domande da adolescenti, le loro sfide. Allora ti domandi: ma io cosa posso fare? Come posso farmi carico di tutto questo? Come posso trovare vie nuove per aiutare tutte queste persone? Si, la sfida maggiore è  trovare sempre le risorse necessarie, nel confronto e nella collaborazione con le persone che condividono con te lavoro e vita. Certamente negli ultimi tempi risentiamo della crisi economica globale: trovare i fondi per arrivare a fine mese ti toglie il sonno». 

La tua giornata tipo come è strutturata?
«Mi sveglio alle 5.30, vado a messa nella vicina parrocchia dei Salesiani. Dopo colazione accolgo gli studenti della nostra scuola professionale: è un modo per conoscerli tutti, per memorizzarne i nomi e i volti. Poi mi occupo delle faccende burocratiche: questo lavoro d’ufficio viene continuamente “interrotto” dalle persone che vengono ad Ambalakilonga per essere ascoltate, sfogarsi, chiedere un aiuto (devo ringraziare i miei due colleghi educatori Jacques e Jocelyn che in questo mi danno una grande mano). Nel pomeriggio, quando posso, resto in Comunità a seguire tante  piccole attività: mi improvviso cuoco, architetto, allevatore e approfondisco i metodi di coltivazione. Alle cinque del pomeriggio chiudo tutto e mi dedico ai ragazzi: a loro disposizione per dialogare e anche per giocare. Il fulcro della settimana è poi la “parola” -momento in cui noi educatori e i ragazzi ci guardiamo negli occhi per dirci il bello e il brutto dei giorni trascorsi insieme. Ogni sera, infine, ci troviamo in cappella per pregare il Padre Nostro e ricordarci le responsabilità e gli appuntamenti dell’indomani. Infine la cena e, se tutto va bene -se cioè non arriva nessuno a chiamarci per un parto urgente- possiamo andare a dormire». 

È mai capitato, anche solo per un attimo, di sentire dentro di te la tentazione di mollare?
«Credo che il senso di fallimento sia il compagno di viaggio per chi fa esperienze come la mia. Le incomprensioni, un certo senso di impotenza, le solitudini e le frustrazioni  non mancano mai. Ci si trova spesso davanti a situazioni di sofferenza assurde, davanti a storie di uomini e donne più grandi di te. Come se ne esce? Imparando a fidarti di Dio, a capire che non tocca a te salvare l’umanità perché ci ha già pensato Lui. Non ti resta che essere una carezza, si, la sua carezza nel mondo; fare un pezzo di strada accanto agli atri, semplicemente amando».

Facendo un bilancio di sei anni in Comunità, riesci a estrapolare qualche episodio particolarmente significativo?
«Non dimenticherò mai quando Donnè, uno dei nostri ragazzi, dopo aver ascoltato una mia telefonata con i miei, mi disse “tu sei fortunato, tu hai qualcuno che puoi chiamare mamma”. Fu grazie a quelle parole, credo, che decisi di restare, per donare attraverso il mio ruolo da educatore quel senso di paternità e maternità che potesse far sentire i nostri ragazzi accolti ed amati da qualcuno.

Qual è il premio più bello per chi come te vive la propria vita a servizio dei più deboli?
« Il nostro lavoro di educatori è un lavoro di semina: altri raccoglieranno i frutti, quindi non possiamo godere di soddisfazioni immediate. Proprio per questo, abbiamo imparato a gioire di abbracci, sorrisi; abbiamo imparato che asciugare una lacrima, stringere mani, camminare insieme, sono il dono più bello. In un momento, in un incontro, c’è già il germoglio della felicità. Piccole cose, gioia grande». 

A chi dedichi il Premio del volontariato internazionale?
« L’elenco sarebbe lunghissimo, ma certamente le prime persone a cui vorrei dire la mia gratitudine sono mia madre, mio padre e i miei fratelli: ognuno a modo loro mi ha amato e mi ha insegnato ad amare; a don Francesco Campo che mi ha educato nella fede e ha seminato nel mio cuore la gioia di chinarmi sugli altri; a sorella Alba, la prima che mi ha “solleticato i piedi” e trasmesso il desiderio di andare, di mettermi in cammino; a don Antonio Mazzi, Cristina e tutta ESF che mi hanno dato la possibilità di vivere questa esperienza che si è fatta vita. Lo dedico a Jacques, Jocelyn e tutti i volontari che hanno fatto questo pezzo di strada insieme a me. E sicuramente ad ognuno dei nostri ragazzi, figli e  fratelli di quest’isola unica». 

 Francesco Mattana

SEMPIONE JAZZ SOCIETY LIVE PER IL MADAGASCAR

La musica è quella dellaSempione Jazz Society, il profumo della solidarietà quello di Ylang Ylang, oltre che il fiore da cui si ricava l'essenza usata in profumeria, anche il nome dell'associazione di Busto Garolfo presieduta daGuido Paganini che raccoglie contributi e donazioni necessari ad assicurare il funzionamento della struttura sanitaria "Centro Sanitario S. Maria della Grazia" realizzata a Nosy Bé (Madagascar).
Il concerto, in programma sabato 9 novembre alle 21.00 nella sala Don Besana della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate (Via Manzoni, 50), vuole essere un momento per far conoscere meglio alla cittadinanza i progetti dell'associazione a otto mesi esatti dalla sua costituzione. "Un gruppo di amici di Busto Garolfo e dintorni, ha deciso di dar vita a un'associazione per supportare economicamente il servizio sanitario erogato dal Centro di Nosy Bé - ricorda Paganini -. Le prestazioni sono gratuite per la popolazione locale che non ha le possibilità economiche di pagare. Con questa serata di musica jazz vogliamo portare a conoscenza della cittadinanza la nostra attività e la possibilità di contribuire ai tanti progetti per una realtà che ha compiuto, sotto il profilo sanitario, grandi progressi".
"Abbiamo scelto di essere vicini all'iniziativa di Ylang Ylang perché quello dell'associazione è un progetto che nasce dal nostro territorio a favore di un altro territorio - dichiara il presidente della Bcc Roberto Scazzosi -. Si tratta di una realtà lontana e con problemi diversissimi da quelli che noi affrontiamo ogni giorno, ma per cui valgono gli stessi principi e valori che testimoniamo da sempre; l'attenzione alla comunità e ai suoi bisogni è la strada per contribuire al suo benessere e al suo sviluppo".
La Sempione Jazz Society nasce dall'incontro fra Aldo Radaelli e il bassista Alberto Bollati, con l'inserimento di Marco Maggiore alla batteria. Il trio spazia dal sound della grande era "swing" degli anni '30/'40 al "bebop" fino al "jazz elettrico" con incursioni nel "latin jazz" di impronta caraibica. Nota caratteristica di questa formazione è l'arrangiamento originale e inaspettato dei grandi classici, qualità che gli permette di farsi apprezzare anche da un pubblico non prettamente jazz.

L'ingresso al concerto è libero; i contributi e le donazioni raccolte da Ylang Ylang Onlus durante la serata saranno destinati al Centro Sanitario di Nosy Bé.

Articoli correlati
Un’anteprima benefica per “Tutto fa Broadway”
Hira Gasy
Chitarre Gibson: è ora di cambiare musica e legno

Nei mercati di Natale è arrivato il Litchi, la “ciliegia” esotica

Madagascar, ritorno alla natura

Madagascar Un arcipelago quasi disabitato, al largo della costa orientale africana. Dove il mare ha tutte le gradazioni del blu e i lemuri passeggiano indisturbati sui prati
Vista la sua posizione sul Tropico del Capricorno, viene raramente contemplato come meta di mare per i viaggi di fine anno. Eppure il Madagascar tra ottobre e dicembre, climaticamente dà il meglio di sé. Soprattutto al nord, dove letemperature sono più calde rispetto ai nostri mesi invernali e non piove molto (le precipitazioni iniziano a gennaio). Dall’Italia si atterra nella capitale Antananarivo (Tana, come la chiamano tutti), punto di inizio e fine per ogni spostamento sull’isola. Prima tappa Ankify, per poi immettersi nella Nazionale 6 e viaggiare verso nord, in direzione del Parco Nazionale dell’Ankarana, 35 chilometri a nord di Ambilobe.
Dopo aver incontrato varie piantagioni di cacao, con l’auto si procede in un ambiente naturale dove convivono baobab, alberi di cassia e altre piante tipiche della foresta secca dal quale, a un certo punto, emergono le lame di roccia dettetsingy grigi, che si rifettono nell’acqua del lago. Qui vivono lemuri, coccodrilli e varie specie di uccelli. Ripresa la strada nazionale, si sale tra le montagne costeggiando foreste d’eucalipto e grandi distese riservate alla produzione di legname per costruzioni. Da qui ci vogliono due ore di auto per la città di Diego Suarez, in malgascio Antsiranana, ottocentesco avamposto militare francese, oggi mix di palazzi moderni e rovine di dimore coloniali, sulla seconda baia più grande del globo. Nel centro ci sono varie botteghe per lo shopping etnico: a Les Ateliers de l’Artisanat (avenue Lally Tollendai, tel. 00261.208229385) si trovano oggetti in palissandro e altri legni pregiati, mentre modellini di navi e velieri di ottima fattura si acquistano da Le Village (48, rue Cobert, tel. 00261.341155151), le cui imbarcazioni sono entrate nelle collezioni private di varie famiglie reali europee.


Da Diego Suarez si torna in aereo a Tana, dove è bene arrivare almeno con un pomeriggio a disposizione per fareshopping nel grandissimo mercato locale, alle soglie della città, sulla via dell’aeroporto. Si acquista artigianato di qualità a ottimi prezzi: la carta papiro con fori secchi incorporati, i ricami, le spezie e il tè. Anche se accettano gli euro, è bene avere con sè moneta locale: il cambio oscilla tra i 2300 e i 2400 ariary per un euro. Un viaggio nell’entroterra? È come entrare in un universo di selvagge meraviglie. La varietà di paesaggi, dalle montagne al mare, foreste pluviali e distese di baobab, i fumi e i laghi; i villaggi e le genti. Continenti diversi, dall’Asia all’Africa, in un’isola sola. In questo periodo, l’itinerario migliore è quello classico che porta a sud, verso le coste del canale di Mozambico: terra rossa d’Africa, foreste spinose, chilometri di savane e distese di baobab, villaggi rurali, mercati. Si viaggia senza intoppi sul nastro asfaltato della Nazionale 7.


Usciti da Tana, città alta e fresca (a circa 1300 m di altitudine), ancora elegante pur nella sua decadenza, si è nel cuore delle Hautes Terres - gli altipiani dove si insediarono centinaia di anni fa i primi coloni di origine indonesiana e malese da cui discende l’etnia Merina - paesaggio senza tempo che tuttora mantiene l’impronta indonesiana nei volti e nelle architetture, in equilibrio fra le suggestioni coloniali e le necessità dell’ambiente tropicale. A 45 chilometri da Tana, la sosta da non perdere per pranzo e shopping è Behenjy, piccolo villaggio da dove è partita negli anni Sessanta la produzione di foie gras, eredità della colonizzazione francese. Con risultati eccellenti: provare per credere i piatti di Au Coin du Foie Gras (tel. 00261.331123949), rustico ristorante proprio sulla strada, dove si gusta e si acquista a prezzi decisamente molto buoni.


Prima tappa per la notte, Antsirabe, terza città del Paese; fondata nell’Ottocento dai missionari norvegesi per sfruttare le proprietà terapeutiche delle sue acque, è tuttora una fiorente località termale. Perfetta per shopping di qualità, dalle pietre semipreziose all’artigianato, Antsirabe è gradevole e pittoresca, percorsa da centinaia di coloratissimi pousse-pousse, i risciò, caratteristico mezzo di trasporto cittadino. Si continua attraverso un paesaggio di risaie intagliate nei fianchi delle colline e villaggi da casa di bambole. La meta è Ambositra, celebre per la lavorazione di legni pregiati, ebano nero, palissandro, bois de rose, tanto che la tecnica di incisione zafmaniry, dal nome dell’etnia locale, dal 2003 è protetta dall’Unesco. Si può dormire in città oppure raggiungere Fianarantsoa, seconda città del Paese, capitale della regione vinicola malgascia, un’occasione per provare i vini dell’isola.


Da Fianar, come la chiamano i locali, un passaggio ad Ambalavao, nel cuore del territorio della etnia Bara, popolo di allevatori di zebù. La città è il maggiore centro di produzione artigianale della seta e della carta antaimoro (quella con le inclusioni di fori e foglie). Da qui, sempre verso sud si arriva al Parco Nazionale dell’Isalo, creato nel 1962. Una sequenza di paesaggi spettacolari: 81.500 ettari di savane e pianure; vallate e canyon chilometrici, dove le fragili rocce di arenaria sono state modellate dal vento e dall’acqua in gole e pinnacoli; fumi e cascate, la sorpresa di una piscina naturale di acque smeraldine. E il tramonto davanti a La Fenêtre, finestra di roccia oltre la quale si spegne il sole. Nel parco si possono fare moltissimi trekking e, con un po’ di fortuna, avvistare i protagonisti della fauna malgascia, a cominciare da alcune specie di lemuri.
L’incontro più emozionante è con i sifaka di Verreaux: bianchi, con una folta pelliccia compatta, si muovono in piccoli gruppi librandosi con grazia da un ramo all’altro. E quando la distanza fra gli alberi è troppa, si spostano sul terreno solo sulle zampe posteriori, come piccoli ballerini. Per questo sono chiamati lemuri danzanti. A quattro ore d’auto,Tuléar, sonnolento avamposto sulla costa del canale di Mozambico, di fronte alla seconda barriera corallina del mondo per lunghezza. Si può tornare a Tana in aereo, un volo di un’ora e mezzo. O concedersi qualche altro giorno di mare ad Anakao, che si raggiunge con un’ora di barca veloce.

lunedì 11 novembre 2013

Marie Olga Sohantenaina in arte Olga del Madagascar

Marie Olga Sohantenaina, in arte Olga del Madagascar, è una cantante nata nella città di Andapa, nel Nord-Est del Madagascar.

Abbiamo già parlato di Olga in una intervista in cui ci ha descritto come è la vita di una malgascia in terra italiana e inoltre in seguito alla pubblicazione del suo CD”Bois de rose”  per la salvaguardia dei boschi e la deforestazione del Madagascar.

Olga ha da poco partecipato al Festival di Biella che si è svolto il 18 e 19 ottobre, dove è stata uno dei tre invitati stranieri della rassegna "Una finestra sul mondo", assieme a Nathalia Chesnova e a Fabrian Goroncy. I brani presentati da Olga sono stati due: il primo era "Bomboletta spray" del cantautore palermitano Francesco Vannini, giunto secondo al Festival di Biella del 2012, e "Anilanao tiako", tratto dall'album "Bois de rose". Olga ha così potuto esprimere tutta la sua vocalità esplosiva, sia in italiano che in malgascio, con un ritmo straordinariamente trascinante. In Anilanao ha portato il salegy fra il pubblico italiano, con grande entusiamo degli spettatori.
**************************
Vorremmo fare a Olga qualche domanda, per conoscere le sue emozioni.

Olga, come hai affrontato il pubblico italiano a Biella? 

E' stato fantastico. Tutti mi hanno accolto benissimo, l'organizzazione mi ha fatto dormire a Villa Cernigliaro, un hotel da favola, dove conto di ritornare con la mia famiglia. E' stato davvero bello! Il pubblico del Teatro Villani è stato calorisissimo e molto partecipe per la mia musica! Mi piacciono molto gli italiani: mi viziano un pò come la mia famiglia.

Raccontaci come sei giunta al Festival.

Da quando ho ripreso a cantare, non ho mai smesso di cercare la strada da tutte le parti, leggendo qualsiasi spot pubblicitario, ogni libro musicale e soprattutto surfando sul Web. Anche se sono davvero molto occupata con la famiglia e le mie figlie e mi è sempre difficile trovare il tempo. Dunque, appena posso scrivo i testi delle mie canzoni per parlare con la mia musica. Per il Festival di Biella è stato il presidente dell'Associazione “Anni Verdi” (Giorgio Pezzana), che ringrazio ancora, che mi ha subito accettato. Mi ha chiesto di inviargli il mio album e appena l'ha ricevuto mi ha proposto di essere ospite al 15esimo festival, per interpretare uno dei tre primi cantanti dell'anno precedente.  Ho scelto il brano rock  cantato da Francesco Vannini, "Bomboletta Spray".

Tu parli bene l'italiano, ma cantare un brano rock come "Bomboletta Spray" di Francesco Vannini è stato difficile?
Ti svelo un piccolo segreto: io qualche volta faccio finta di saper parlare bene italiano. Soprattutto quando canto "mangio" le parole, ma non ve ne accorgete mai . La lingua italiana è già difficile, immaginate un pò cantarla a memoria!
Perchè hai cantato Anilanao invece di Bois de rose? 

Perchè volevo cantare nella mia lingua madre. Questa era la regola per la partecipazione al festival. In realtà avrei anche potuto cantare "Tsinjovy ny hoavy", perchè è in malagasy ed è contro la deforestazione. Ma non l'ho fatto perchè è un reggae, che non è, ovviamente, una musica del Madagascar. Invece "Anilanao" è un salegy, la musica della mia terra, il Nord del Madagascar. E poi perchè "Anilanao" fa anche ballare cosi’ mostro come si canta e si balla nel modo tradizionale.


Anilanao è una delle tue più belle canzoni: chi l'ha scritta?

Le parole sono mie, mentre la musica è stata composta da mio fratello R.j di 13-1. 

Raccontaci del tuo impegno contro la deforestazione in Madagascar.

Continuo a combattere e a fare sentire la mia voce perchè il mio paese cambia idea. Per questo mi impegno con tutte le mie forze anche con grande fatica per salvaguardare la natura del mio paese.

Quali sono i tuoi progetti?

Il  primo progetto è di realizzare un nuovo album. Sto lavorando duro per farlo uscire al più presto. Ci saranno molte sorprese. Quello che posso dire è che si tratta di una ricerca delle radici della musica del Madagascar. Vi invito sin d’ora a comprare il mio CD per ascoltare le canzoni. Ma lo distribuirò volentieri e gratuitamente alle scuole del Madagascar. Perchè so quanto i nostri bambini soffrono. Loro non hanno la "paghetta" come i bambini italiani. Se riescono ad avere un pò di "sabeda" è già molto e sono felici. Il terzo progetto, infine, è di tornare a cantare nel mio paese con una tournè (un giorno o l'altro riuscirò a farlo!).

Un tuo messaggio speciale per il Madagascar?

Ho letto alcune settimane fa delle brutte notizie da Nosy Be. Sapete tutti di che cosa parlo. Mi sono profondamente vergognata. Chiedo scusa per quanto è accaduto, non so come è successo e perchè?  Il mio messaggio, per il  Madagascar e per tutti i Malgasci, è di continuare ad essere come siamo sempre stati:  gentili, bravi, sorridenti e ospitali e "moramora" come sempre. Non so che cosa è davvero successo, ma non mi è piaciuto per niente. Chiedo al mio paese di rispettare tutto, la natura e gli esseri umani e di continuare ad essere sempre gli stessi.

Misaotra betsaka ary mandra-pihaona,
Grazie  mille e arrivederci
Olga del Madagascar

Grazie all'appoggio di 18 organizzazioni impegnate sul fronte della conservazione della natura, fra cui WWF Italia, Regione Piemonte, Museo Regionale di Scienze Naturali, Parco Natura Viva, Zoom Torino, Acquario di Genova, Umanitas onlus, Centro Valbio e Madagascar Fauna Group, Olga canta nel suo album il dramma della deforestazione, che riguarda non solo la natura del Madagascar, ma anche il suo popolo. In "Tsinjovy ny hoavy" ci racconta quello che accade ad una foresta e alle famiglie che ci vivono attorno quando non ci sono più alberi. In "Bois de rose" Olga affronta l'argomento con struggenti melanconie e sonorità originali. In Italia il CD è acquistabile direttamente da Olga (olgadelmadagascar@gmail.com), allo ZOOM (Cumiana),  il Tucano Viaggi (Torino), al Parco Natura Viva (Bussolengo) Verona e Acquario di Genova, Reptiland (Riva del Garda). In Madagascar chi è interessato  lo può trovare al Parc de Tsimbazaza, al Centro Valbio, al Parc Zoologique d'Ivoloina, al Parc Mitsinjo e all'Hotel Chalet de Rose, al Cybercafé di Maroantsetra, all'Andapa Hotel Ristorant Vatosoa, al Sambava Hotel Ristorant Iaviloha. Si trova anche online sul sito di Amazon
Articoli correlati