martedì 18 giugno 2013

I figli di italiani nati all’estero senza assistenza sanitaria gratuita

"L’Italia non cessa mai di stupire. Mentre si discute sull’opportunità per gli stranieri di acquisire la cittadinanza (e tutti i diritti a essa connessi, compresa l’assistenza sanitaria) “iure soli” (in base cioè al solo fatto di essere nati sul territorio nazionale), alcune categorie di cittadini italiani residenti all’estero perdono di fatto lo "ius sanguinis” e scoprono di non aver diritto, quando rientrano in Italia, all’assistenza sanitaria gratuita". Del caso se ne occupa "Il fatto quotidiano" in edicola oggi.  
""All’inizio non credevo alle mie orecchie, ma ho dovuto rassegnarmi. È proprio così. Anche se italiano a tutti gli effetti, ho scoperto che mio figlio, solo per il fatto che non è nato in Italia, non ha diritto all’assistenza sanitaria – spiega Sara Marmo, che da anni vive e lavora in Giappone per una ditta di import-export. "Prima di venire in Italia sono andata regolarmente all’Ambasciata per farmi rilasciare l’attestato necessario per usufruire dell’assistenza sanitaria (valido per massimo 90 giorni, nda) dove oltre al mio nome c’è anche quello di mio figlio, che ha meno di un anno – racconta la signora Marmo – ma all’Asl di Firenze, dove mi ero rivolta per un esame, mi è stato detto che solo io ho l’assistenza, mio figlio no. Perché non è nato in Italia”.
È possibile? Uno pensa si tratti di un errore, di una interpretazione sbagliata. È invece, in attesa che venga riconosciuto lo “ius soli”, ecco la solita “sòla” all’italiana.
"È vero, è capitato anche a noi – conferma Cristina Morini, anche lei da anni residente in Giappone – Io ho due figli. Uno nato in Italia, che ha diritto all’assistenza, la seconda, nata qui in Giappone, che invece ne è esclusa".
Le autorità? Cadono dalle nuvole. “Non ci risulta – spiegano all’ambasciata italiana che ha tuttavia promesso di verificare al più presto la questione – i cittadini italiani residenti all’estero, e regolarmente iscritti all’Aire (il registro dei residenti esteri) hanno diritto all’assistenza sanitaria in Italia, anche se solo per un massimo di 90 giorni”.
A ben guardare, invece, le cose non stanno così, la “sòla” c’è eccome. Nero su bianco. Basta andare sul sito del ministero della salute, alla voce “cittadini italiani residenti all’estero”. Dove si legge chiaramente che la deroga al Decreto ministeriale 1 febbraio 1996 (in base al quale gli italiani che “emigrano” in un Paese sprovvisto di convenzione sanitaria perdono il diritto all’assistenza) si applica solo ai cittadini nati in Italia.
Una furbata? Una svista? Errore materiale? Qualcuno sostiene che il legislatore abbia voluto deliberatamente evitare che centinaia di migliaia di italiani di seconda e terza generazione, nati all’estero (soprattutto in Sudamerica) potessero venire in massa a curarsi in Italia. Il tutto sembra comunque molto complicato (pare che ogni regione interpreti queste norme a modo suo: Lazio e Veneto sembra siano le più “generose”) e rischia di trasformarsi in un calvario per il cittadino residente all’estero che, improvvisamente, avesse bisogno di cure in Italia. Per la maggior parte infatti la “sòla” colpisce i bambini e, indirettamente, i genitori che rischiano di accorgersene solo al momento dell’emergenza. Non sarà certo una priorità, di questi tempi, ma forse è bene che qualcuno ci metta le mani. O no?". (aise)

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-      Cittadini italiani residenti all’estero in Paesi nei quali non vigono accordi in materia sanitaria in temporaneo soggiorno in Italia (DM 1° febbraio 1996)
-      I cittadini italiani che trasferiscono (o hanno trasferito) la residenza in uno Stato con il quale non è in vigore alcuna convenzione con l’Italia perdono il diritto all’assistenza sanitaria, sia in Italia che all’estero, all’atto della cancellazione dall’anagrafe comunale e della iscrizione all’AIRE, fatta eccezione per i lavoratori di diritto italiano in distacco, che mantengono il diritto all’assistenza sanitaria in Italia e all’estero.
-      L’iscrizione all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) o il diritto di voto in Italia, non aprono un diritto all’assistenza sanitaria in Italia.

Tuttavia, ai sensi del 
DM 1° febbraio 1996  ai cittadini con lo stato di emigrato (sono tali coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana sul territorio nazionale, nati in Italia) ed ai titolari di pensione corrisposta da enti previdenziali italiani, che rientrino temporaneamente in Italia, sono riconosciute, a titolo gratuito, le prestazioni ospedaliere urgenti e per un periodo massimo di 90 giorni per ogni anno solare, qualora gli stessi non abbiano una copertura assicurativa, pubblica o privata, per le suddette prestazioni sanitarie. 
Per ottenere le prestazioni ospedaliere urgenti è necessario presentare un attestato rilasciato dal Consolato competente che attesta lo stato di emigrato. In mancanza dell’attestato del consolato, può essere sottoscritta una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in cui si dichiara, oltre al proprio stato di emigrato, che non si è in possesso di una copertura assicurativa pubblica o privata contro le malattie.

-      Attenzione: Alcune regioni (ad esempio il Veneto) garantiscono un assistenza sanitaria più ampia nei confronti dei cittadini emigrati dalla propria regione. Pertanto si consiglia di rivolgersi presso gli Assessorati regionali e provinciali alla Sanità.

Incontro all’AIM con Paolo Preve e Gian Paolo Giacomelli

Stato dell’informazione degli italiani residenti all’estero: criticità e proposte

Un programma credibile per l’emigrazione italiana vecchia e nuova non può che partire da un’analisi critica di quanto avvenuto negli ultimi anni: nel corso della legislatura 2008-2012 ci siamo trovati di fronte ad un progressivo, quanto rapido e drastico ridimensionamento di tutte le risorse destinate agli italiani nel mondo.

Il taglio lineare operato dall’ultimo governo Berlusconi sull’intero ventaglio di capitoli di spesa tradizionali in capo al Ministero degli Affari Esteri è arrivato a superare il 75%. Essi hanno riguardato i capitoli relativi alla Scuola e alla Cultura all’estero, all’Assistenza diretta e indiretta, alla Rete Consolare, alla Stampa, al finanziamento degli istituti di rappresentanza Comites e CGIE dei quali si attende il rinnovo da oltre tre anni e che è stato ulteriormente rimandato dal Governo Monti al 2014.

Stallo completo sul fronte degli interventi di formazione professionale (programma in capo del Ministero del Lavoro), fermo al 2007, pur essendo presenti consistenti residui non spesi ammontanti a circa 35 milioni di Euro. Sul fronte dell’insegnamento della lingua italiana, è programmato il dimezzamento del corpo insegnanti all’estero (da circa 1200 a 600) entro il 2014. Quanto al sostegno all’ associazionismo, vera spina dorsale dell’emigrazione italiana, esso era stato del tutto cancellato fin dall’ inizio degli anni 2000 già dai precedenti governi. L'ulteriore riduzione del contributo ai patronati, inaugurata con Berlusconi e proseguita con Monti, si scarica fortemente sulle reti estere di questi fondamentali punti di riferimento per le comunità.

Tutto ciò fa registrare un quadro di complessivo abbandono di una concreta politica per l’emigrazione italiana, a cui, la novità della rappresentanza parlamentare non è riuscita, purtroppo, a porre un argine concreto. Anche questo fatto, lascia registrare il permanente deficit di conoscenza delle realtà migratorie, dei diritti inalienabili di cui sono portatori i nostri emigrati e, al contempo,delle grandi opportunità che questa presenza offre all’Italia in uno scenario globale soprattutto sotto il profilo della costruzione di nuovi e positivi rapporti di cooperazione culturale, sociale ed economica tra l’Italia e i paesi di accoglimento.



Alcune proposte:



1) Il ripristino, su valori di spesa accettabili, dei capitoli di spesa tradizionali per gli italiani all’estero riguardanti le note materie afferenti a Scuola, Assistenza, Informazione, Formazione professionale, Associazionismo, Rete Consolare, Servizi di assistenza (Patronati), funzionamento dei Comites e del CGIE.



2) L’indizione di una seconda conferenza nazionale dell’emigrazione, (l’ultima è del 2000) da tenersi entro il 2014, in cui mettere a punto la strategia nazionale in questo settore, tenendo presente in particolare, la crescita dei flussi di nuova emigrazione verso l’estero, caratterizzati non più da accordi bilaterali, come è avvenuto per l’emigrazione del dopoguerra, ma da una ricorsività dei flussi determinata esclusivamente dai movimenti di capitale internazionale, senza che si assista, almeno al momento, ad alcuna attenzione o mediazione politica e istituzionale, né tantomeno, ad alcun abbozzo di efficace azioni di tutela, orientamento o assistenza. La nuova conferenza dovrebbe rimodulare e rinnovare l’intero approccio istituzionale, centrale e regionale, rispetto a questi nuovi scenari, da una parte garantendo i diritti inalienabili dei cittadini migranti italiani e dall’altra individuando come obiettivo centrale di questa azione, la valorizzazione dell’emigrazione storicamente stanzializzata nei rispettivi paesi e la strutturazione di contatti permanenti e di proficuo scambio con la nuova emigrazione giovanile, che costituisce, oggettivamente, una risorsa nazionale che non può essere definitivamente perduta o lasciata alla mercé della logica di valorizzazione del capitale transnazionale.



3) Sul piano delle questioni legate alla rappresentanza va superata ogni ambiguità legata alla cosiddetta sovrapposizione dei momenti di rappresentanza: la presenza dei parlamentari dell’estero non svuota, anzi accresce la necessità di momenti di rappresentanza di base (COMITES) e intermedi (CGIE). Il CGIE non può che diventare il momento più alto di rappresentanza sociale (associazionismo, sindacati, patronati) che interloquisce in piena autonomia con la rappresentanza politico-istituzionale degli eletti in parlamento, con i partiti, con le istituzioni dello Stato centrale e delle Regioni.



4) Quanto alla realtà associativa, essa va tutelata istituzionalmente, nelle forme del volontariato e della cittadinanza attiva, innanzitutto perché ha prodotto e continua a produrre coesione e dialogo intergenerazionale nel tessuto sociale dell’emigrazione. Rispetto ai nuovi flussi migratori, vi sono da ricercare occasioni e formule nuove e adeguate ai nuovi scenari che cominciano a delinearsi, affinché questo patrimonio di risorse umane resti legato al paese e costituisca l’occasione di rinnovamento di tutta la rete di organizzazioni che negli ultimi 50-60 anni siamo stati in grado di costruire. In un’ottica di nuova Europa sociale e di relazioni multilaterali da ricostruire dopo il fallimento del neoliberismo, la presenza della nuova e della più antica emigrazione (tra le quali va incentivato la reciproca conoscenza e comunicazione) costituiscono un valore incontestabile da riprendere in mano ciascuno nel suo ambito e di cui esigere la giusta e redditizia valorizzazione a vantaggio soprattutto del paese.



5) Consentire agli italiani all’estero e a i loro figli l’apprendimento della lingua italiana. Un’altra Italia, della stessa dimensione numerica o addirittura ancora più grande, chiede di accedere alla lingua e al patrimonio storico, artistico e di produzione culturale del nostro paese. Dare risposte a queste domande ha un valore in sé e concorrerebbe certamente in modo positivo a dare ulteriore senso e significato sociale alla politica di crescita di cui ha bisogno l’Italia. Tale domanda è espressione di un nuovo bisogno di identità ed insieme di una competenza capace di allargare le opportunità di inserimento lavorativo e di cittadinanza attiva. Si ritiene che un programma per la crescita del Paese non possa prescindere dall’offrire risposte concrete ad aspettative così sentite e rilevanti. Occorre in tal senso definire nuove normative a partire dalla riforma della legislazione attuale, strumenti operativi ed efficaci, risorse e progetti specifici valorizzando anche i mezzi pubblici di comunicazione di massa e le nuove tecnologie che caratterizzano tanta parte della produzione di qualità.


6) Un servizio pubblico per tutti gli italiani all’estero. Lo stato italiano ha il dovere anche tramite la RAI, il servizio pubblico radiotelevisivo, di dare una risposta a questa domanda. Oggi non è così: i continui tagli e il peggioramento della situazione della RAI hanno portato non ad un miglioramento, ma ad una contrazione in qualità e quantità dell’offerta d’informazione verso l’estero. Occorre invertire questo trend, individuando obiettivi, strumenti e risorse necessarie. Gli obiettivi devono riguardare la diffusione e la conoscenza della lingua e della cultura italiana; informare le comunità sui diritti, l’evoluzione della storia e del costume; valorizzare l’immagine del nostro paese all’estero; differenziare l’offerta: l’emigrazione del passato, i loro discendenti e le nuove generazioni che stanno emigrando in questi anni per motivi di lavoro e di studio. Per fare questo occorre ridefinire il contratto di servizio della RAI, la convenzione tra Presidenza del Consiglio e RAI.



Le proposte per i pensionati e gli anziani italiani residenti all’estero



L’assegno di solidarietà

Oggi il nostro Stato riconosce il diritto a prestazioni di carattere prettamente assistenziale solo ai pensionati in condizioni di bisogno residenti in Italia. Non esiste quindi una misura organica in grado di aiutare i nostri connazionali anziani in difficoltà residenti all’estero. E’ sempre più necessario richiedere il riconoscimento di un assegno di solidarietà per le persone anziane nate in Italia e residenti all’estero in condizioni di povertà, una richiesta condivisa anche dalle comunità italiane all’estero. Nel corso della precedente legislatura erano state presentate da parlamentari di tutti gli schieramenti diverse proposte di legge che sostanzialmente concordavano sugli obiettivi di fondo.



L’assegno sociale

I requisiti per avere diritto all’assegno sociale sono stati modificati dalla legge n. 133 del 2008, che ha introdotto l’obbligo dei dieci anni di soggiorno in via continuativa in Italia. Questo requisito è una condizione impossibile da realizzare per chi torna in Italia in situazione di bisogno dopo essere emigrato bambino insieme alla famiglia. Chiediamo dunque l’abrogazione di questa norma discriminatoria nei confronti dei nostri emigranti più poveri ed anziani e il ripristino della possibilità per gli anziani italiani che rientrano in patria di usufruire dell’assegno sociale senza l’obbligo dei dieci anni di residenza continuativa.



Il pagamento delle pensioni all’estero

Negli ultimi anni, pur in presenza di uno sforzo di normalizzazione, il pagamento delle pensioni all’estero è stato fonte di disagi e difficoltà. L’azione dell’Inps e della Citibank si è prevalentemente concentrata sulla certificazione degli aventi diritto (esistenza in vita) e delle loro condizioni di reddito (Red Est), con qualche risultato nella diminuzione delle “aree grigie” e delle omesse denuncie reddituali. Tali campagne hanno però comportato problemi e disagi per tutti coloro che a causa di condizioni ambientali sfavorevoli, mancata informazione, disguidi postali, rigidità burocratiche e assenza di strutture di assistenza (patronati, consolati, ecc.) non riescono ad adempiere alle procedure nei modi e nei tempi previsti. Si rende quindi necessario l'emanazione di direttive e impegni precisi perché le strutture all’estero forniscano ai pensionati tutta l’assistenza necessaria riducendo al massimo le complicazioni burocratiche.



Il valore delle pensioni all’estero

Il problema del mantenimento del valore reale delle pensioni all’estero si pone sempre più come un problema rilevante, sia per i tassi di cambio, che per legislazioni locali particolarmente rigide e punitive (Argentina e Venezuela), che per transazioni e pagamenti effettuati forzatamente in dollari o in valuta locale, anziché in euro, a cui si possono accompagnare anche spese bancarie o di cambio. Il Ministero degli Affari Esteri, l’Inps e la Citibank, dovrebbero quindi intervenire ognuno per le proprie competenze.



L’Imu per i residenti all’estero

Il pagamento della tassa sugli immobili all’estero riguarda molte persone pensionate e anziane, la cui casa di proprietà in Italia è la casa di origine, usata spesso per le sole occasioni di ritorno in Italia. Considerata per anni come “abitazione principale”, con l’introduzione dell’Imu la casa in Italia viene ormai ritenuta seconda casa a tutti gli effetti, anche se non affittata, utilizzata pochi giorni all’anno e se già su di essa si pagano le tariffe dei servizi comunali per intero. Quello che era uno degli ultimi e principali legami con il paese di origine si sta trasformando in un costo insostenibile anche per i pensionati residenti in Paesi con economie avanzate, spingendone molti a considerarne la vendita.



Gli indebiti pensionistici

Dal 2009 anche per i pensionati residenti all’estero è entrata a regime la verifica annuale dei redditi, come già per i loro coetanei in Italia. Chiediamo una sanatoria degli indebiti pensionistici maturati senza dolo dai pensionati residenti all’estero, una richiesta che oggi è ancora più pertinente, essendo nel frattempo andati a soluzione molti dei problemi legati a “posizioni silenti” e tenuto conto che non si è di fronte a una spesa, ma piuttosto a una mancata entrata e che molti di questi indebiti sono ormai difficilmente esigibili.



La ratifica degli accordi e delle convenzioni internazionali

Le Convenzioni internazionali bilaterali servono ai diversi Paesi per regolamentare norme, diritti e prestazioni sociali da erogare ai cittadini migranti di entrambi gli Stati. Esponenti di Governo e dei partiti dei diversi schieramenti concordano sulla rilevanza di tali intese e sulle ricadute positive che queste hanno sui lavoratori e sui pensionati italiani. L’Italia, tuttavia, si sta purtroppo distinguendo per i ritardi, l’approssimazione e la scarsa volontà politica nella ratifica di molte Convenzioni internazionali. E’ invece quanto mai necessario pervenire a una revisione di tali convenzioni, spesso vecchie di decine d’anni e inattuali, per offrire alla vecchia e nuova emigrazione condizioni e normative utili alla mobilità e ai cambiamenti epocali in corso.



Necessità di difesa, qualificazione e ampliamento del welfare




L’Italia è da anni il fanalino di coda in ogni tipo di “classifica” europea per ciò che riguarda gli investimenti nella sicurezza sociale. Mentre in tutta Europa, negli ultimi anni e anche in piena crisi economica, la spesa per il welfare è aumentata di quasi 4 punti di PIL, in Italia si è ridotta progressivamente. Se le cifre ufficiali dicono che la spesa italiana per il welfare è in media con la UE (circa il 29%), l’analisi approfondita del dato ci racconta una realtà ben diversa e preoccupante. In Italia, infatti, oltre il 60% della spesa per la sicurezza sociale è costituita da pensioni di vecchiaia e reversibilità, nonché dai TFR: prestazioni destinate solo ad una parte di popolazione e, soprattutto, calcolate al “lordo”, quindi comunque poi tassate dallo Stato.

L’Italia è tra i Paesi che spendono in assoluto di meno per disoccupazione, sanità, invalidità, infanzia. Ed è l’ultimo in Europa per investimenti in edilizia sociale e lotta all’esclusione.

Tutto ciò allontana sempre più l’Italia dalla costruzione e dal rafforzamento dello Stato Sociale, da quel modello di cittadinanza, inclusione e sicurezza sociale che – nato nel vecchio continente - sempre più viene perseguito non solo dalle nazioni economicamente emergenti, ma anche da quelle – come nel Nord America - tradizionalmente caratterizzate da una feroce economia liberista.

I mancati investimenti sul welfare e contemporaneamente i tagli operati su alcuni capitoli come ad esempio le pensioni, infatti, da una parte colpiscono direttamente anche i nostri pensionati residenti all’estero; dall’altra aggravano drammaticamente la condizione dei giovani italiani, devastati da tassi di disoccupazione che sfiorano ormai il 40%.

Giovani costretti, di conseguenza, a ripopolare in modo sempre più massiccio il flusso di emigrazione dal nostro Paese verso altre mete: e se fino ad alcuni anni fa ci si poteva lamentare che dall’Italia fuggissero solo giovani con alta o altissima scolarizzazione, in cerca di lavori adeguati alla loro preparazione, oggi tornano ad emigrare ragazze e ragazzi alla ricerca di un lavoro qualsiasi, di un impiego e di un reddito che permetta loro di vivere, magari verso Paesi che hanno – appunto - una rete di protezione sociale tale da garantirgli in ogni caso condizioni di vita dignitose.

Anche per questo chiediamo alle Autorità diplomatiche italiane all’estero di conformarsi allo spirito del “Manifesto per un welfare del XXI secolo”. Presentato dalla Rivista per le Politiche Sociali, il “Manifesto” ha lo scopo di rilanciare l’idea di welfare anche nel XXI secolo, come risposta alle ingiustizie e alle diseguaglianze sociali, promuovendo un ampio movimento di forze politiche, sociali, studiosi, associazioni a difesa della visione centrale e strategica del welfare.

L’idea portante del “Manifesto” è che il welfare funzioni non solamente come sistema di protezione dai rischi, ma soprattutto come grande motore di crescita e sviluppo – economico, sociale, umano. Che la sua tutela e rafforzamento siano ancor più necessari negli anni di crisi economica e che solo attraverso il suo ampliamento è possibile garantire anche ai grandi fenomeni di migrazione un approccio giusto, equo, inclusivo.

(Link: http://www.ediesseonline.it/riviste/rps/eventi/manifesto-un-welfare-del-xxi-secolo)

Questa nuova sensibilità ai temi del welfare deve inserirsi in una prospettiva di cambiamento, di impegno sociale, di costruzione di un sistema più equo e giusto, per tutti i nostri concittadini: per quelli residenti in Italia, per quelli residenti all’estero, per quelli – sempre di più - che hanno intenzione di migrare dal nostro Paese e per quelli che, da altri Paesi, vengono in Italia.

Gli Animali  più strani e rari del Madagascar

mercoledì 29 maggio 2013

UN VIAGGIO CON… FRANCO ANDREONE


Non siamo qui a reclamizzare i viaggi, ma questo è un viaggio particolare in quanto vede  coinvolto il nostro amico Franco Andreone, biologo ricercatore, che da più di venti anni viene più volte l’anno in Madagascar per scoprire nuove specie di anfibi e cercare di salvaguardarli. 

Philippe Commerçon, biologo e naturalista, accompagnò il viaggio di Louis Antoine de Bouganville intorno al mondo, e chiese di essere lasciato in Madagascar per approfondire gli aspetti naturalistici dell’isola. Vi trovò “ad ogni passo meravigliose forme di vita”, le stesse che ancora oggi possiamo incontrare nei parchi naturali dell’isola: ovunque animali straordinari e una vegetazione primaria che fa pensare ad un “paradiso perduto”.

Il viaggio    
 È un viaggio affascinante che – con l’assistenza scientifica del nostro accompagnatore-biologo - permette di scoprire le bellezze naturalistiche del Madagascar, ma anche le espressioni della cultura dell’isola, abitata da 18 etnie discendenti da genti di origine indonesiana-malese, africana, araba ed europea. Un concentrato di natura, un viaggio tra i panorami e le culture degli altopiani centrali e del Sud, che regala inoltre una breve parentesi balneare ad Ifaty.
L’accompagnatore
Franco Andreone,( www.francoandreone.it ) biologo, è conservatore della Sezione di Zoologia ed editor delle pubblicazioni al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. Attualmente è presidente dell’International Society for the Study and Conservation of the Amphibians (ISSCA) e membro del comitato scientifico del WWF Italia. Ha condotto ricerche su anfibi e rettili e pubblicato oltre 250 contributi scientifici e divulgativi. Conosce molto bene il Madagascar, dove da oltre vent’anni svolge regolare attività di ricerca: ha studiato le comunità erpetologiche, descritto oltre 30 nuove specie di anfibi e rettili e ha promosso programmi di salvaguardia ambientale.

Le tappe del viaggio
Il viaggio si distingue dai consueti itinerari in alcune sue parti per scoprire le realtà più autentiche e naturali del Madagascar vivendone tutti gli aspetti. È un itinerario per viaggiatori con un buono spirito di adattamento con riguardo ai trasferimenti – alcuni dei quali su piste – e alle sistemazioni alberghiere molto semplici; in particolare la struttura di Tsinjoarivo è essenziale e spartana. Tutto ciò è parte della realtà locale, ma l’incontro con l’ospitalità del popolo malgascio, la bellezza dei paesaggi e la ricchissima biodiversità spiegata dal nostro esperto ripagano ampiamente tali disagi. Una buona forma fisica è auspicabile per le escursioni a piedi nei parchi, con tratti che possono diventare faticosi in caso di pioggia (Parco Ranomafana) o in presenza di temperature elevate (Parco Isalo). I mezzi di trasporto utilizzati sono veicoli fuoristrada dotati di aria condizionata con autisti parlanti francese.

Giorno per giorno 

GIORNO 1
ITALIA - ANTANANARIVO
Partenza con volo di linea per Antananarivo, via Parigi, con arrivo il giorno successivo.

GIORNO 2
ANTANANARIVO
Al mattino arrivo nella capitale del Madagascar, trasferimento e sistemazione in hotel. Situata sull’altopiano dell’Imerina, ad un’altitudine di 1250 metri, Antananarivo è circondata da dodici colline. Mattinata a disposizione. Nel pomeriggio visita del Parco zoologico di Tsimbazaza, istituito per volere di re Radama I intorno al 1815. Nel 1925 è stato creato il Giardino botanico con numerose specie di flora malgascia. Pensione completa.

GIORNO 3
ANTANANARIVO - TULÉAR
Trasferimento in aeroporto e partenza con il volo per Tuléar, nel Madagascar sud-occidentale, sulla costa protetta dalla barriera occidentale. Arrivo, trasferimento e sistemazione in hotel. Visita della città con il Parco botanico di Arboretum ed il piccolo mercato delle conchiglie. Pensione completa.

GIORNO 4
TULÉAR - IFATY
Percorso di 30 chilometri lungo una pista di sabbia per raggiungere Ifaty, villaggio abitato dai pescatori Vezo. Arrivo e sistemazione in hotel. Tempo a disposizione per relax balneare. Mezza pensione che include la cena.

GIORNO 5
IFATY
Giornata a disposizione per il soggiorno balneare. L’acqua trasparente e i fondali con pesci multicolori invitano a belle nuotate e allo snorkeling. Mezza pensione che include la cena.

GIORNO 6
IFATY - TULÉAR - RANOHIRA
Percorso di rientro a Tuléar e partenza per Ranohira (250 km: 3/4 ore circa di strada asfaltata). Percorreremo il paesaggio tipico del Sud malgascio, vegetazione arida, baobab e foresta spinosa. Nella savana circostante si incontrano le caratteristiche costruzioni funerarie e diverse forme di Alo Alo, le stele in legno scolpito che adornano le sepolture delle genti Sakalava, Mahafaly, Antandroy. Ad Ilakaka sosta per la visita ad uno dei più grandi giacimenti di zaffiri al mondo: scopriremo le tecniche di estrazione in questo territorio assai vasto, perforato da innumerevoli miniere sotterranee, e come queste pietre vengono lavorate. Proseguimento per Ranohira, arrivo e sistemazione in lodge. Nel tardo pomeriggio, accompagnati dai caldi colori del sole che accarezzano dolcemente il paesaggio, partenza per la “Finestra dell’Isalo” per ammirare lo spettacolo del tramonto. Pensione completa.

GIORNO 7
RANOHIRA - ESCURSIONE NEL PARCO NAZIONALE DELL’ISALO
Giornata interamente dedicata alla scoperta del Parco dell’Isalo che offre autentiche rarità botaniche, tanto da essere considerato fra i più belli di tutto il Madagascar. Trasferimento in auto e proseguimento a piedi lungo i sentieri tracciati nella savana di erbe alte o lungo canyon dalle forme bizzarre, percorrendo il circuito Namaza che prevede 5/6 ore di trekking. Nelle spaccature della roccia cresce rigogliosa la foresta decidua abitata da famiglie di lemuri Catta e Sifaka. Possibilità di avvistare il Lemur Fulvus Rufus e osservare il Pachypodium rosolatum, un baobab nano che misura tra i 50 e i 60 centimetri, piante acquatiche Pandanus e palme lussureggianti, oltre ad un’incantevole piscina naturale. Le gole rocciose datano al Giurassico: i profondi canyon, come il Maki ed il canyon dei Topi, formano paesaggi insoliti e di grande suggestione. Il parco - che si estende tra i 500 e i 1200 metri di altitudine - conserva anche numerosi luoghi sacri agli abitanti locali, i Bara, che seppelliscono i loro defunti in piccole grotte nei canyon. Rientro al lodge. Pensione completa con pranzo al sacco.
Le escursioni nel Parco dell’Isalo comportano camminate con alcuni tratti in salita che possono risultare faticosi. La durata dei percorsi varia in relazione alle capacità fisiche di ogni visitatore.

GIORNO 8
RANOHIRA - ESCURSIONE NEL PARCO NAZIONALE DELL’ISALO
Seconda giornata di visite all’interno del Parco dell’Isalo, percorrendo il circuito Malaso, alla scoperta della sua eccezionale biodiversità. Visita al villaggio Andriamanero, abitato dall’etnia Bara, dove assisteremo ad una cerimonia tradizionale. Rientro al lodge. Pensione completa con pranzo al sacco.

GIORNO 9
RANOHIRA - AMBALAVAO - RANOMAFANA
Partenza per Ambalavao, dove si produce la preziosa carta Antemoro, fabbricata secondo un’antica procedura. La carta Antemoro è stata utilizzata per la scrittura dei “Sorabe”, i testi sacri malgasci. Ambalavao è anche conosciuta per il mercato degli zebù che si tiene ogni mercoledì e giovedì mattina. Proseguimento per Ranomafana, arrivo e sistemazione in lodge. Il percorso della giornata è di 410 chilometri (7/8 ore circa di strada asfaltata). Pensione completa.

GIORNO 10
PARCO NAZIONALE RANOMAFANA - AMBOSITRA
Visita del Parco Nazionale di Ranomafana, istituito per proteggere la foresta pluviale d’altitudine. Il nome del parco - che in malgascio significa “acqua calda” - si deve alle sorgenti termali della regione; con una superficie di oltre 41 mila ettari, si sviluppa tra i 600 e i 1400 metri di altitudine. Percorreremo a piedi i sentieri che si snodano nella spettacolare foresta con alberi giganteschi e preziosi come il palissandro e centinaia di specie di orchidee selvagge. Durante l’escursione sarà possibile avvistare alcune varietà di lemuri tipici di quest’area, come il Varecia Varietata, il Sifaka dal Diadema e l’Hapalemur Aureus ed altre specie di fauna endemica. Il parco è abitato dall’etnia dei Tanala, conosciuti per la loro abilità nel produrre il miele e la particolare agricoltura chiamata Tavy. Nel pomeriggio partenza per Ambositra (170 km: 4 ore circa di strada asfaltata), attraverso altopiani e paesaggi di magnifiche risaie terrazzate. Arrivo e sistemazione in hotel. Pensione completa.
Area di foresta pluviale, il Parco Ranomafana è interessato da frequenti precipitazioni che rendono il percorso non sempre agevole.

GIORNO 11
AMBOSITRA - ESCURSIONE AD ANTOETRA
Con un percorso di una cinquantina di chilometri (2/3 ore circa), di cui la metà su pista, raggiungiamo il villaggio di Antoetra. Qui vive l’etnia Zafimaniry, specializzata nell’intaglio del legno. Visita del villaggio con le sue abitazioni tradizionali e nel pomeriggio rientro ad Ambositra. Pensione completa con pranzo al sacco.

GIORNO 12
ANTSIRABE - AMBATOLAMPY - TSINJOARIVO
Partenza per Ambatolampy (190 km: 3/4 ore circa di strada asfaltata), da cui si prosegue per Tsinjoarivo (50 km: 3/4 ore di pista). Situato nella regione di Vakinakaratra, Tsinjoarivo è un luogo di grande bellezza naturale ad un’altitudine di 1675 metri, da cui domina il vasto orizzonte della foresta dell’Est che si estende a perdita d’occhio. Fu scelto quale località di villeggiatura dai sovrani malgasci con la costruzione del Rova - il Palazzo reale - nel 1834, all’epoca della regina Ranavalona I. Saremo ospiti di una tradizionale abitazione malgascia dove ci verrà narrata la storia di Tsinjoarivo in attesa della cena. Pernottamento in rifugio modesto. Pensione completa con cena a base di specialità locali.

GIORNO 13
TSINJOARIVO
Dopo la prima colazione tipica malgascia, partenza per il trekking alla scoperta di splendidi paesaggi. Visita alla riserva privata con la foresta primaria dove si possono osservare lemuri e piante endemiche. Nel pomeriggio rientro a Tsinjoarivo. Pensione completa con pranzo al sacco.

GIORNO 14
TSINJOARIVO - AMBATOLAMPY - ANTANANARIVO
Rientro ad Ambatolampy e sosta per la visita ad un laboratorio artigianale di pentole e marmitte a conduzione famigliare. Percorrendo 70 chilometri di strada asfaltata (un’ora circa), arrivo ad Antananarivo e sistemazione in hotel. Visita dei luoghi e monumenti più significativi della capitale, abitata dall’etnia Merina: il Palazzo della regina Rova (attualmente in fase di restauro), l’Avenue de l’Indépendence (Esplanade di Analakely) con l’antica stazione ferroviaria, i tipici mercati come il grazioso mercato dei fiori di Anosy. Pensione completa.

GIORNO 15
ANTANANARIVO - ITALIA
Prima colazione. Trasferimento in aeroporto e partenza con il volo di rientro in Italia, via Parigi, dove l’arrivo è previsto in serata.

Partenze di gruppo
Quote individuali minimo 11 partecipanti  con l'assistenza di accompagnatore dall'Italia:  
 PARTENZE 2013
 In doppia
Supplemento
  singola*
Dal 4 al 18 Settembre
€ 3795,00
€ 490,00
* Sistemazione in camera singola non è possibile a Tsinjoarivo.
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Presidenziali nell'occhio del ciclone Elezioni Madagascar: polemiche sui candidati


Francia e Sudafrica contro tre dei possibili nominati

La Corte Elettorale del Madagascar il 3 maggio 2013 ha convalidato le candidature alla elezioni presidenziali (il primo turno é previsto per il 24 luglio prossimo) dell’ex presidente Didier Ratsiraka (1975 – 1993 e 1997 – 2002), di Lalao Ravalomanana, la sposa del ex presidente Marc Ravalomanana (detto anche il Berlusconi africano, al potere nel periodo 2002 – 2006)  e dell’attuale presidente del governo di transizione  ex DJ e ex sindaco della capitale del Paese, Andry Rajoelina, che ha presentato la sua candidatura nonostante le precedenti promesse di non partecipare alle elezioni. Il trio é considerato all’origine della crisi malgascia che dura dal 2002. Ratsiraka fu rovesciato da un golpe popolare post elettorale da Ravalomanana e costretto all’esilio volontario in Francia. É rientrato in patria l’aprile scorso. Dopo quattro anni di libero mercato e ottimi affari per la famiglia presidenziale a scapito della popolazione, a sua volta Ravalomanana fu rovesciato da Rajoelina con gli stessi metodi che il Berlusconi africano utilizzò nel 2002. Ravalomanana fu costretto all’esilio in Sudafrica per sfuggire ad una pena in contumacia per corruzione e saccheggio delle risorse del paese. Nessuno dei tre illustri candidati avrebbe presentato regolari candidature. Ratsiraka e Lalao Ravalomanana non hanno i requisiti necessari di legge: la residenza comprovata durante i sei mesi precedenti alla sottomissione della candidatura. Rajoelina ha depositato il dossier due giorni dopo la chiusura della candidature, grazie al ritiro del candidato di governo e suo amico Edgard Razafindravahy.

 L’ordine di comparsa dei nomi dei candidati sul bollettino elettorale, che normalmente segue l’ordine cronologico della presentazione della domanda vede Lalao Ravalomanana in seconda posizione mentre Rajoelina sarebbe stato piazzato al  ventinovesimo nonostante sia stato l’ultimo dei 49 candidati ad iscriversi. La credenza comune è che i candidati nelle prime posizioni ottengano più voti rispetto agli altri. Rajoelina ha dichiarato però di non preoccuparsi. «La popolazione conosce le opere attuate durante il governo di transizione quindi basta dire di votare per il numero 29 e la vittoria sarà assicurata». Il segretario generale dell’organizzazione Internazionale della Francofonia, Abdou Diouf, l’11 maggio scorso ha espresso una profonda inquietudine per l’ok dato alle candidature dei tre: «Mi rammarico di questa decisione che mette in causa l’insieme del processo di uscita dalla crisi e mi appello a tutti gli attori a rispettare le procedure elettorali», ha dichiarato Diouf con un comunicato stampa, precisando di appoggiare la domanda della Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Australe (SADC) di ritiro delle candidature irregolari, sottoposta il 10 maggio scorso dalla Troika dell’Organismo, incaricato della sicurezza regionale. Chiare sono le interferenze dell’ex potenza coloniale e della potenza regionale, entrambe desiderose di vedere la candidatura diretta di Marc Ravalomanana, ritenuto un perfetto alleato grazie alla lealtà verso il libero mercato dimostrata durante il suo mandato. Dubbi vengono nutriti sulla capacità di mantenere la stessa lealtà per interposta persona attraverso sua moglie qualora fosse eletta alla presidenza. La candidature di Marc Ravalomanana é resa impossibile per la condanna in contumacia inflittale dalla Corte del Madagascar. Se ritornasse nel Paese sarebbe arrestato e rinchiuso in carcere per scontare la pena. Inutili sono stati i vari tentativi effettuati dal 2012 dal Presidente Jacob Zuma, amico personale di Marc, per costringere il governo malgascio a ritirare la condanna e permettere al ex presidente di partecipare alla vita politica del paese.  Seppur le prove di corruzione e saccheggio delle risorse naturali del paese sono schiaccianti il Sudafrica lo preferisce all’attuale presidente del governo transitorio che non nasconde i suoi sentimenti anti Pretoria che danneggiano gli affari in Madagascar delle multinazionali sudafricane. La posizione comune di Francia e Sudafrica rafforzano le convinzioni continentali di una politica estera condotta dalle due potenze in Africa dettata esclusivamente da meri scopi di egemonia  economica. La Francia dimostra per l’ennesima volta quanto sia attuale la nefasta politica neo-coloniale della FranceAfrique e del Presidente Zuma di voler esportare l'illegalità imperante, che grazie al suo governo vige per difendere gli interessi delle multinazionali sudafricane del settore minerario, ree di fomentare il duro scontro sociale in atto nel Paese.


Le prove fornite dall’inchiesta di un quotidiano sudafricano, ossia che dal 1996 il Paese ospita vari campi di addestramento per terroristi in mano ad Al-Qaeda e agli Hezbollah, compromette seriamente la legalità della richiesta del SADC relativa al ritiro delle candidature considerare irregolari. Le tre candidature accettate assieme ad altre 46, rientrerebbero nelle logiche politiche  malgasce con l’intento di non creare ulteriori tensioni sociali e di rompere i fragili equilibri esistenti.  Le candidature di  Didier Ratsiraka e Lalao Ravalomanana, sembrano facilitare Andry Rajoelina, estremamente più popolare dell'ex presidente, che portò il Paese sull’orlo del fallimento, e della moglie  di Marc, noto per aver svenduto il Paese agli stranieri, soprattutto francesi e sudafricani. Anche in questa occasione é stata confermata la costante comune in tutta la durata della crisi malgascia: l'interferenza palese di potenze straniere. Nonostante ciò il popolo del Madagascar sembra intenzionato a continuare per la sua strada, rivendicando il diritto di scegliere il presidente a lui più congeniale.

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Radio Don Bosco: Dal Madagascar un esempio di giornalismo pulito


Una radio fatta dai malgasci per i malgasci e una voce pulita in un mondo giornalistico corrotto. È Radio Don Bosco, l’emittente creata dai salesiani nel 1996 ad Antananarivo, capitale del Madagascar. Tra le prime emittenti private del Paese, il mezzo di comunicazione principalmente educativo e culturale diventa ben presto un prezioso strumento a servizio della Chiesa attraverso il progetto ReSat. Il programma prevede la creazione di una radio cattolica in ognuna delle 21 diocesi del Paese e la realizzazione di una rete satellitare che permette alle emittenti di comunicare tra loro e di ricevere i programmi prodotti da Radio Don Bosco. Al momento nell’isola le emittenti diocesane sono 16 e ogni redazione è formata negli studi dei salesiani. «Attraverso questa collaborazione – spiega don Claudio Ciolli, superiore della visitatoria salesiana in Madagascar, accogliendo Aiuto alla Chiesa che Soffre-Italia negli studi radiofonici – le stazioni locali ricevono i nostri giornali radio e le nostre trasmissioni, mentre noi abbiamo corrispondenti in tutte le diocesi.

 In seguito al colpo di stato del 2009, quando tutte le altre comunicazioni erano interrotte, noi eravamo l’unico media a ricevere notizie da ogni parte del Paese». In Madagascar i mezzi di comunicazione cattolici sono molto apprezzati anche dai non cristiani per la loro informazione obiettiva e imparziale. Oggi negli studi di Antananarivo lavorano una trentina di persone. I programmi, interamente realizzati in lingua malgascia, hanno un alto valore educativo e affrontano molti temi legati alla salute, ai diritti dei minori, alla dottrina sociale della Chiesa, alla pastorale del lavoro e alla promozione della donna. «Nonostante tutto – aggiunge don Ciolli - cerchiamo di aiutare la gente a mantenere sempre uno sguardo positivo sulla realtà in un momento in cui mancano segni di speranza». I radiogiornali e molte delle trasmissioni sono seguiti da più di tre milioni di persone in tutta l’isola. «Le nostre radio cattoliche - dichiara ad ACS-Italia monsignor Rosario Vella, vescovo di Ambanja, diocesi del Nord malgascio – entrano in tutte le case e le capanne, anche nei villaggi più sperduti. Sono uno strumento importantissimo sia per lo sviluppo della fede che per la promozione dell’educazione. Ascoltarle rappresenta un modo bello, giusto e educativo di passare il tempo libero». Tuttavia in un Paese segnato dalla grave instabilità politica come il Madagascar, essere tra le emittenti più ascoltate ha dei lati negativi.


 

Qualche anno fa’ l’ex presidente Marc Ravalomanana ha costretto la Radio Don Bosco a sospendere una delle sue trasmissioni che affrontava temi di carattere sociale. «Abbiamo dovuto pagare una multa, ma soprattutto abbiamo rischiato di dover chiudere l’intera stazione», racconta don Claudio. Accade poi spesso che i giornalisti ricevano pressioni dal mondo politico. Motivo per cui il direttore padre Luca Treglia, che fa parte della consulta mondiale salesiana per la comunicazione sociale, vaglia con particolare attenzione ogni notizia. «Il giornalismo in Madagascar – spiega don Claudio - attraversa un momento difficilissimo. C’è molta corruzione e non esiste un’informazione imparziale. Ecco perché è importante il nostro lavoro: un esempio di informazione disinteressata, tra i tanti interessi in gioco in questa società» “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2011 ha raccolto oltre 82 milioni di euro nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 4.600 progetti in 145 nazioni.

Fonte: http://www.primapaginanews.it

 

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Favini rinnova il proprio impegno per la riforestazione e la tutela dell’ambiente in Madagascar




Favini in coerenza con il proprio impegno per la salvaguardia dell'ambiente, rinnova anche nel 2013 il sostegno a favore del Madagascar, l’isola situata al largo delle coste africane.
Favini sta lavorando per migliorare gli standard qualitativi di vita della comunità di Sahavondronina, attraverso l’insegnamento delle più innovative tecniche di coltivazione che permettono di rispettare l'ecosistema locale e che contestualmente, contribuiscono allo sviluppo di un’industria del turismo ecologico.
Battezzato "Voiala", il progetto è un microcosmo di azioni comunitarie volte a ricreare e proteggere le risorse naturali pesantemente sfruttate. L'obiettivo principale del progetto è quello di realizzare, attraverso l’esperienza del villaggio di Sahavondronina, un modello da seguire per le altre collettività, evidenziando i benefici che si possono ottenere dalla terra e dalle sue risorse adottando semplicemente un comportamento più consapevole e rispettoso.
Gli abitanti di questo villaggio, situato sulla costa orientale del Madagascar, sono attualmente impegnati a proteggere 2.077 ettari di foresta vergine e a rimboscare la loro terra denudata da decenni di sfruttamento.



Per i primi tre anni, il progetto Voiala si è concentrato sulla tutela di 2.077 ettari di foresta vergine da un ulteriore distruzione e sfruttamento, dal bracconaggio, nonché sugli sforzi educativi correlati. Allo stesso tempo, si sono create infrastrutture per agevolare la riforestazione. 
Infatti, tra dicembre e marzo, periodo che coincide con la stagione delle piogge, il progetto ha permesso la semina di oltre 12.500 piantine donate da Favini, coinvolgendo 300 persone e 2 scuole e coprendo una superficie di 6 ettari. La quarta relazione trimestrale è visibile sul sito istituzionale Favini ed evidenzia i punti chiave dei progressi compiuti.
Andrea Nappa, Amministratore Delegato di Favini, dichiara: “Siamo fieri di essere partner di un progetto di così grande importanza sociale, che offre un reale supporto alla popolazione per preservare autonomamente il proprio patrimonio ambientale. Crediamo fortemente nella necessità di proteggere e di preservare le foreste, e questo impegno rappresenta appieno la nostra filosofia e la nostra volontà di salvaguardia dell’ambiente. Si tratta di un progetto importante, che copre un arco temporale di 7 anni e che noi sosteniamo dal 2009”.
Inoltre, Favini è stata la prima azienda ad attuare processi di produzione certificati Forest Stewardship Council internazionali (FSC), la garanzia che documenta il rispetto di rigorosi standard ambientali, sociali ed economici delle materie prime utilizzate per la fabbricazione di prodotti in legno e carta.
Il portale di Favini include una sezione dedicata al Progetto Voiala (www.favini.com/madagascar/it/), che riporta una descrizione dettagliata del progetto e i relativi aggiornamenti sull’avanzamento dei lavori.

Favini
Favini, azienda storicamente attiva nel mercato della produzione di carta e leader mondiale nel settore delle carte industriali release, detiene un’importante quota di mercato nell’area delle carte speciali, con prodotti innovativi per il settore moda, lusso e design.
Favini, con le due cartiere di Rossano Veneto (Vicenza) e di Crusinallo (Verbania), ha un fatturato di circa 121 milioni di euro (dato 2012) e conta in totale circa 500 dipendenti.
L’azienda è organizzata in tre divisioni: Carte Grafiche Speciali, Carte Release e Cartotecnica.
Favini è da sempre attenta all’ecologia. Negli anni ‘90 brevetta Shiro Alga Carta, carta ecologica prodotta con le alghe. Nel 2012 presenta Crush, carta innovativa realizzata con sottoprodotti di lavorazioni agro-alimentari (agrumi, kiwi, mais, caffè, olive, nocciole e mandorle) che sostituiscono fino al 15% di cellulosa.
L’intero processo produttivo di Favini è green: la cellulosa utilizzata proviene da piantagioni controllate e correttamente gestite ed è sbiancata con metodi ECF (Elemental Chlorine Free).
Entrambi gli stabilimenti di Favini sono certificate UNI EN ISO 9001, UNI EN ISO 14001 e OHSAS 18001.
Dal 2008 Favini è controllata da Orlando Italy, un fondo di turn-around che ha avviato una nuova fase dello sviluppo dell’azienda.
(
informazione.it - comunicati stampa)
Per maggiori informazioni:
Meridian Communications Srl
Via Cuneo, 3 – 20149 Milano
Tel. +39 02 48519553
Fax +39 02 43319331
Chiara Viti chiara.viti@meridiancommunications.it
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Via A. De Gasperi 26
36028 
Rossano Veneto (VI) Italy
tel. +39 0424 547711
fax +39 0424 547793
Elena Simioni
elena.simioni@favini.com  Madagascar: riforestazione e tutela dell’ambiente, grazie a Favini DI BARTOLO GALLESI
 
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