martedì 18 giugno 2013

I figli di italiani nati all’estero senza assistenza sanitaria gratuita

"L’Italia non cessa mai di stupire. Mentre si discute sull’opportunità per gli stranieri di acquisire la cittadinanza (e tutti i diritti a essa connessi, compresa l’assistenza sanitaria) “iure soli” (in base cioè al solo fatto di essere nati sul territorio nazionale), alcune categorie di cittadini italiani residenti all’estero perdono di fatto lo "ius sanguinis” e scoprono di non aver diritto, quando rientrano in Italia, all’assistenza sanitaria gratuita". Del caso se ne occupa "Il fatto quotidiano" in edicola oggi.  
""All’inizio non credevo alle mie orecchie, ma ho dovuto rassegnarmi. È proprio così. Anche se italiano a tutti gli effetti, ho scoperto che mio figlio, solo per il fatto che non è nato in Italia, non ha diritto all’assistenza sanitaria – spiega Sara Marmo, che da anni vive e lavora in Giappone per una ditta di import-export. "Prima di venire in Italia sono andata regolarmente all’Ambasciata per farmi rilasciare l’attestato necessario per usufruire dell’assistenza sanitaria (valido per massimo 90 giorni, nda) dove oltre al mio nome c’è anche quello di mio figlio, che ha meno di un anno – racconta la signora Marmo – ma all’Asl di Firenze, dove mi ero rivolta per un esame, mi è stato detto che solo io ho l’assistenza, mio figlio no. Perché non è nato in Italia”.
È possibile? Uno pensa si tratti di un errore, di una interpretazione sbagliata. È invece, in attesa che venga riconosciuto lo “ius soli”, ecco la solita “sòla” all’italiana.
"È vero, è capitato anche a noi – conferma Cristina Morini, anche lei da anni residente in Giappone – Io ho due figli. Uno nato in Italia, che ha diritto all’assistenza, la seconda, nata qui in Giappone, che invece ne è esclusa".
Le autorità? Cadono dalle nuvole. “Non ci risulta – spiegano all’ambasciata italiana che ha tuttavia promesso di verificare al più presto la questione – i cittadini italiani residenti all’estero, e regolarmente iscritti all’Aire (il registro dei residenti esteri) hanno diritto all’assistenza sanitaria in Italia, anche se solo per un massimo di 90 giorni”.
A ben guardare, invece, le cose non stanno così, la “sòla” c’è eccome. Nero su bianco. Basta andare sul sito del ministero della salute, alla voce “cittadini italiani residenti all’estero”. Dove si legge chiaramente che la deroga al Decreto ministeriale 1 febbraio 1996 (in base al quale gli italiani che “emigrano” in un Paese sprovvisto di convenzione sanitaria perdono il diritto all’assistenza) si applica solo ai cittadini nati in Italia.
Una furbata? Una svista? Errore materiale? Qualcuno sostiene che il legislatore abbia voluto deliberatamente evitare che centinaia di migliaia di italiani di seconda e terza generazione, nati all’estero (soprattutto in Sudamerica) potessero venire in massa a curarsi in Italia. Il tutto sembra comunque molto complicato (pare che ogni regione interpreti queste norme a modo suo: Lazio e Veneto sembra siano le più “generose”) e rischia di trasformarsi in un calvario per il cittadino residente all’estero che, improvvisamente, avesse bisogno di cure in Italia. Per la maggior parte infatti la “sòla” colpisce i bambini e, indirettamente, i genitori che rischiano di accorgersene solo al momento dell’emergenza. Non sarà certo una priorità, di questi tempi, ma forse è bene che qualcuno ci metta le mani. O no?". (aise)

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-      Cittadini italiani residenti all’estero in Paesi nei quali non vigono accordi in materia sanitaria in temporaneo soggiorno in Italia (DM 1° febbraio 1996)
-      I cittadini italiani che trasferiscono (o hanno trasferito) la residenza in uno Stato con il quale non è in vigore alcuna convenzione con l’Italia perdono il diritto all’assistenza sanitaria, sia in Italia che all’estero, all’atto della cancellazione dall’anagrafe comunale e della iscrizione all’AIRE, fatta eccezione per i lavoratori di diritto italiano in distacco, che mantengono il diritto all’assistenza sanitaria in Italia e all’estero.
-      L’iscrizione all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) o il diritto di voto in Italia, non aprono un diritto all’assistenza sanitaria in Italia.

Tuttavia, ai sensi del 
DM 1° febbraio 1996  ai cittadini con lo stato di emigrato (sono tali coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana sul territorio nazionale, nati in Italia) ed ai titolari di pensione corrisposta da enti previdenziali italiani, che rientrino temporaneamente in Italia, sono riconosciute, a titolo gratuito, le prestazioni ospedaliere urgenti e per un periodo massimo di 90 giorni per ogni anno solare, qualora gli stessi non abbiano una copertura assicurativa, pubblica o privata, per le suddette prestazioni sanitarie. 
Per ottenere le prestazioni ospedaliere urgenti è necessario presentare un attestato rilasciato dal Consolato competente che attesta lo stato di emigrato. In mancanza dell’attestato del consolato, può essere sottoscritta una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in cui si dichiara, oltre al proprio stato di emigrato, che non si è in possesso di una copertura assicurativa pubblica o privata contro le malattie.

-      Attenzione: Alcune regioni (ad esempio il Veneto) garantiscono un assistenza sanitaria più ampia nei confronti dei cittadini emigrati dalla propria regione. Pertanto si consiglia di rivolgersi presso gli Assessorati regionali e provinciali alla Sanità.

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