Londinese per nascita, italiana per vocazione, siciliana
un po’ per caso, un po’ per scelta. Incontriamo Victoria Menashy e ci facciamo
raccontare la sua esperienza palermitana.
Come mai hai scelto di
vivere a Palermo e perché ti sei trasferita qui?
«Ho conosciuto l’Italia a diciassette anni, prima di iniziare il mio corso
di laurea in mediazione linguistica e musica a Manchester. Desideravo fare
un’esperienza nel vostro Paese, quindi mi sono iscritta al conservatorio di
Firenze, studiando canto lirico, una delle mie passioni. La scuola lirica
italiana, quella del “Bel Canto”, è la migliore, importante e conosciuta in
tutto il mondo. Sono stata un anno lì ma è stato difficile perché mi trovavo da
sola e senza danari. Sono dovuta tornare a casa perché iniziare l’università
era più facile avendo avuto accesso ad una borsa di studio.
Al terzo anno d’università mi trovai a dover scegliere la destinazione per
il mio anno di Erasmus, scelsi Palermo, avendo già vissuto al nord mi
incuriosiva conoscere la vita del sud Italia. Qui ho conosciuto il mio maestro
di canto e sono riuscita a conciliare le mie due passioni: l’insegnamento e il
canto lirico, dando anche quattordici materie. Questo mi ha spinto a rimanere
qui.
Ho deciso in quel momento che non avrei finito l’università a Manchester,
mi sarei trasferita qui per i miei studi. Ho scelto di terminarli alla
Sapienza di Roma».
Quali le tue aspettative quando sei venuta a vivere qui?
«L’Italia mi è piaciuta tanto. La lingua, la cultura, la gente… Mi
sarei aspettata probabilmente un’esperienza simile a quella che avevo fatto a
Firenze ma ho trovato una situazione completamente differente. A Firenze ero
più giovane, avevo più amici stranieri, parlavo in inglese la maggior parte del
tempo; a Palermo, al contrario, la maggior parte degli amici sono siciliani,
parlo in italiano e vi è un’altra mentalità».
Cosa ti ha colpito di Palermo e dei palermitani?
«Palermo è una bella città anche se un po contraddittoria: ci sono molte
cose che non vanno e che balzano agli occhi e mi fanno sospirare. Ha tanto da
offrire e non lo sa. Mi fa male vedere, per esempio, tutte quelle zone vicino
al Foro Italico, la spiaggia, e tantissimi altri posti che si potrebbero
sfruttare maggiormente a livello turistico. La città è inoltre molto sporca, ed
è un peccato vedere quanti turisti ci sono, i loro sguardi rassegnati e quanti
di più potrebbero essercene. Al tempo stesso non esistono persone come voi,
calorose, aperte, affettuose. Io che sto qui da quattro anni vivendo completamente
sola, sono riuscita a legare con un sacco di persone così vicine che ho
sperimentato come una famiglia, persone che vogliono aiutarti e che sono
solidali».
Quali gli aspetti culturali più bizzarri che hai notato?
«Uno degli atteggiamenti che fatico ad accettare è l’incapacità a fare la
fila rimanendo al proprio posto e gestendo la frustrazione. In Inghilterra c’è
molto rispetto per lo spazio personale, qui invece lo spazio non esiste; oppure
quando guidate per strada riuscite ad essere davvero pericolosi, io ne ho un
po’ paura, nonostante abbia la patente non intendo usarla qui. Un’altra
bizzarria riguarda le abitudini alimentari… Considera che noi ceniamo alle
18.00, non riuscirei mai a cenare alle 22.00. In Inghilterra è molto forte
l’abitudine di uscire a bere… Qui accompagnate sempre con qualcosa da mangiare.
Inoltre mangiate un primo di pasta, che già da solo sarebbe pesante, poi carne
e dolce, e questo per ogni festa! E’ un concetto stranissimo per noi, se
consideri che prima di venire qui avevo mangiato pasta solo tre volte nella mia
vita!
Altro fenomeno che mi sembrava, almeno inizialmente, bizzarro erano i
‘mammoni’. Questi ragazzi che stavano a casa fino a quarant’anni… All’inizio
non capivo bene come preferissero rimanere coi genitori anziché farsi una loro
vita, ma era soltanto perché non conoscevo la situazione economica qui, le
condizioni lavorative che vivevano. Dopo quattro anni ho capito bene le
motivazioni che spesso fanno preferire ciò. Penso piuttosto che per certi versi
sia importante avere una famiglia dietro che ti possa supportare fino a quando
ne hai bisogno.
Un aspetto culturale interessante del rapporto coi sessi è che gli uomini
sono un po’ diversi qui, più protettivi, gentili; lo si nota quando
accompagnano le ragazze a casa, quando non le lasciano sole per strada, in
Inghilterra è completamente diverso».
Cosa consiglieresti all’Amministrazione in termini di maggiore vivibilità e
accoglienza anche nei confronti dello straniero?
«Ci sono tanti, forse troppi problemi per gli stranieri che vogliono vivere
e lavorare qui, ma anche per il disbrigo delle pratiche più semplici:
trafile burocratiche infinite per la residenza, il codice fiscale, per avere un
medico, per aprire un conto».
Quale ti sembra sia la ‘visione’ dei siciliani?
«Siete molto lenti, sospirate, non c’è mai fretta nelle vostre azioni,
siete legati fortemente alla famiglia».
Quale aspetto ti incuriosisce e piace di più dei palermitani?
«Questa tendenza a prendersi cura e mantenere i legami forti come l’amicizia.
Io provengo da una città enorme dove i legami sono più radi e le comunicazioni
a causa delle distanze avvengono via web. Qui avete delle comitive, vi
conoscete sin dall’infanzia e questo tipo di relazioni ti regala un calore
bellissimo».
Il piatto che ti piace di più?
«Risotto alla marinara, broccoletti in pastella, insalata di mare, sarde a
beccafico».
Quando torni a casa cosa racconti di Palermo?
«E’ molto difficile spiegare cosa significhi viverci ad una persona che sta
fuori. Palermo ha una specie di magia, tutti gli stranieri che vivono qui da un
lato vorrebbero andar via, per questioni lavorative e organizzative,
dall’altro, nessuno riesce a farlo facilmente… E’ strano ma l’ho notato in
tutti. Io stessa vivo una situazione strana, quando torno a Londra è necessario
che passi qualche giorno per riabituarmi ai suoi ritmi, profumi, concezioni; è
come se Londra non mi appartenesse più».
Consiglieresti ai tuoi connazionali di vivere qui?
«Dipende molto dalla persona che sei. Devi essere particolare, forte e
aperta, disposta a cambiare, a cercare di far parte di questa cultura
nuova: non è per tutti».
Se avessi la possibilità di tornare indietro faresti la stessa scelta?
«Odio avere rimpianti, tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per un motivo,
seguendo l’intuito, non mi piace guardare indietro. Il mio percorso è stato un
po’ strano e sicuramente poco convenzionale… La normalità non è la mia strada.
Quando hai un obiettivo nella vita continui sempre a combattere, fare
sacrifici, a lavorare e studiare per raggiungerlo. Io voglio cantare, è il più
grande amore della mia vita».
Faccia a Faccia on line
Incontriamo suor Concetta Zappulla all’Istituto “Suore Cappuccine
dell’Immacolata di Lourdes” di Palermo e non esitiamo a chiederle
Abbiamo
incontrato padre Giuseppe Nicolai, imolese di adozione,
missionario
in Madagascar. Gli abbiamo chiesto di parlarci della
sua
attività e dei suoi rapporti con il popolo malgascio.
La mia prima casa
era nel campo base a circa mezz'ora da Sambava verso Andapa. Mi ricordo un nome
" Ambatolokoho "
Intervista a Fabiola Mancinelli, antropologa del turismo che
dopo un passato nella comunicazione e nella ricerca di tendenze
ha deciso di partire per studiare il Madagascar
Il sole, il mare, le spiagge, ma soprattutto la gente
ci ha fatto pensare che la nostra pensione(sic!) che
era prossima, avrebbe potuto godere di tutto questo
Nosy
Be l’Isola dei Sogni
Laureato in Scienze dell'educazione, ho lavorato come educatore
Dario e Valerio hanno
creato Peter Pan nella spiaggia più bella del Madagascar
Anakao
49 anni romano ha inaugurato a Sainte Marie il suo nuovo
Hotel
Anita Torti, nata in Madagascar, vive a Milano
si sta facendo onore sui ring di tutto
il mondo
La cantante
malgascia che vive e fa successo in Italia
La
storia di un medico che aiuta i bambini poveri del Madagascar
in Madagascar per insegnare forme alternative di
agricoltura
Non esisteva ancora il telefono, le strade erano
piste in mezzo alla natura.
Poche capanne, una banca e un ufficio postale.
Quando Massimiliano Felici arrivò a Sainte Marie
nel 1993, l’isola era così.
Oggi vive a Ankazoberavina isola deserta situata nella zona
nordoccidentale del Madagascar
È titolare di un diving a Nosy Be
Rosario
Volpi, 34 anni, ha vinto il Premio volontariato internazionale 2013.
Dal 2007 si
occupa di ragazzi
Enzo Maiorca e le sue immersioni
Pino Schintu e le sue fotografie
Dirige il lebrosario di Ambanja
È arrivato in nave e fa sentire la sua voce con
radio AVEC
In Madagascar il negozio più bello con i vetri
di Murano
Alberto il professionista del turismo
Ha lavorato nel turismo a Nosy Be
Un biologo
arrivato da Milano al seguito di una spedizione
di studio
della foresta del parco Nazionale di Masoala
”Stefano, titolare della « Gelateria Italiana »
a Tulear, “si racconta” come e perchè è arrivato
in Madagascar
Manuela fornisce i migliori ristoranti con il
gelato italiano
Incontrando gli amici, al rientro dal mio primo
viaggio in Madagascar,
alla domanda cosa ti sei portato dal Madagascar,
ho risposto:
“la voglia di tornare”.
Nessun commento:
Posta un commento