domenica 14 dicembre 2014

Il Madagascar guida le dieci peggiori economie del mondo

Nell'elegiaca visione della Dreamworks, il Madagascar è una Terra Promessa: contesto naturale unico al mondo, tramonti mozzafiato, riscoperta delle proprie radici. E, soprattutto, libertà. Se tutto questo vale per un leone, una zebra, una giraffa, un ippopotamo e — più di tutti — quattro pinguini scioccati dall'Antartide, non vale invece per quegli esseri un po' meno simpatici che si chiamano uomini. Fatto salvo il contesto naturale — così peculiare da far guadagnare all'isola africana il nickname di "Ottavo Continente" —, il Madagascar è il Paese con la peggior economia al mondo.
Certo, ci sono luoghi in cui vivere è molto peggio: la Somalia o Haiti ne sono eloquente esempio. Ma la classifica stilata da Forbes lo dice chiaro e tondo: la Numero Uno delle cattive economie ha il proprio centro ad Anantanarivo. I parametri sulla base dei quali è stato valutato il primato (e la posizione delle altre nove nazioni, di cui diremo) sono i seguenti: andamento medio negli ultimi tre anni del Prodotto Interno Lordo, del tasso di inflazione, valore del Pil pro capite al valore attuale del bilancio nazionale, verifica del rapporto tra importazioni ed esportazioni.
Agglutinati gli ingredienti, il Madagascar ne esce come leader negativo. Tra il 1970 e il 2009 il Pil pro capite è cresciuto di 448 dollari; in altre parole, è quella la cifra che un lavoratore, due anni fa, guadagnava in più rispetto ad un suo collega di 41 anni prima. Ma se si fa il confronto con il Sud Africa, dove l'incremento è stato di 5700 dollari, si capisce quanto poco sia cresciuta l'economia della bellissima isola adagiata nell'Oceano Indiano. Tra le cause principali c'è la corruzione (non è un caso che otto dei dieci Paesi della classifica siano anche i piu corrotti al mondo, come rileva il Tigcpi — Transparency International's Global Corruption Perceptions Index).
Dopo l'indipendenza dalla Francia (1960), il Madagascar ha conosciuto dieci anni di crescita e relativa prosperità, interrottisi nei primi anni Settanta con una crescita demografica non corrispondente a quella economica. E' lì che l'inadeguatezza di una classe politica concentrata solo su se stessa ha cominciato a manifestarsi con un'evidenza sfociata, nel 2009, in un caso paradigmatico: la sostituzione del presidente Marc Ravalomanana, costretto a lasciare sotto le pressioni del corpo militare, con il leader dell'opposizione Andy Rajoelina. Ciò ha significato il taglio di un miliardo di dollari in aiuti da parte dell'Europa, e la cancellazione del Madagascar dal programma americano African Growth and Opportunity Fund. Sempre gli Usa hanno escluso il Paese dal novero di quelli con cui fare affari a regimi fiscali agevolati, con la perdita di migliaia di posti di lavoro nel settore tessile. Ora il tasso di povertà locale è del 77%.

Gli altri Paesi
Ecco la classifica dalla seconda alla decima posizione:
  • Armenia: contrazione del Pil del 15% nel 2009, previsioni di crescita mediocre nel breve termine. Per l'ex repubblica sovietica il Pil pro capite è di 3000 dollari, meno di un terzo della confinante Turchia. Inflazione al 7%.
  • Guinea: ha la metà delle riserve mondiali di bauxite ma non riesce ad attrarre investimenti, anche per l'ostilità verso gli stessi da parte del governo che nel 2008 ha preso il potere con un colpo di Stato. Qualcosa sembra essere cambiato dal 2010, con il presidente eletto Alpha Conde e i primi affari con aziende estere. Pil pro capite di 440 dollari, inflazione al 17%.
  • Ucraina: 3483 dollari di Pil pro capite, 10% di inflazione. Vi si giocheranno i prossimi Europei di calcio (2012), in compartecipazione con la Polonia. Il tessuto agricolo è robusto, ottime le risorse minerarie. E allora, cosa c'è che non va? Un sistema di leggi intricatissimo, poca governo delle imprese, debole tutela giudiziaria dei contratti, corruzione molto elevata.
  • Jamaica: i risultati del recente passato (taglio del 10% al tasso di povertà, +88% in quello di scolarizzazione) sono stati ridimensionati dalla crisi economica globale, che ha portato a un -4% nel Pil pro capite e una crescita inferiore al 3% fino al 2015. Uno dei problemi maggiori è aumentare la salute media dei cittadini. Pil pro capite a 5473 dollari, inflazione al 7%
  • Venezuela: ricchezze naturali a profusione, ma quella che interessa di più al suo discusso (e discutibile) presidente Hugo Chavez è il petrolio, di cui il Paese è tra i produttori leader al mondo. Inflazione al 32%, Pil pro capite da 9886 dollari.
.      Kirghizistan: nella classifica del citato Tipgi è 164 su 178. La disoccupazione è all'11%. Miniere e industria metallurgica potrebbero attrarre investimenti stranieri, ma la corruzione impedisce di fare affari serenamente. Pil pro capite 943 dollari, inflazione al 12%
  • Swaziland: tasso di povertà oltre il 60%, per la micidiale miscela di disoccupazione e crescita demografica. Pure, l'agricoltura, l'export di zucchero e il turismo vanno bene; così come l'industria dell'abbigliamento (oltre 30mila addetti). Ma la crisi globale e l'apprezzamento della moneta cugina (il Rand sudafricano) hanno complicato le cose. Pil pro capite a 3109 dollari, inflazione al 7%.
  • Nicaragua: dopo Haiti è il Paese più povero delle Americhe. Metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Blackout, razionamento dell'acqua e costi dell'energia altissimi disincentivano gli investimenti esteri. Pil pro capite a 1197 dollari, inflazione al 9%.
  • Iran: la storia di quel che fu l'antica Persia meriterebbe un discorso a parte. Ha il 10% delle riserve mondiali di petrolio, ma invece di somigliare all'Arabia Saudita sembra più l'Iraq devastato dalla guerra. L'economia è provata dal controllo politico eccessivo, dalle sanzioni internazionali al governo di Mahmud Ahmadinejad e da un management inadeguato. Ciò garantisce una crescita media inferiore al 3%. Pil pro capite da 5493 dollari, inflazione al 15%.

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Uno dei prodotti più conosciuti del Madagascar è la vaniglia,
che viene ricavata da un’orchidea e si utilizza come aroma.
Poiché ci vogliono minimo due anni per far crescere i baccelli
di vaniglia, questi sono un prodotto piuttosto costoso.

di Guido de Salvo

Grazie all’isolamento geografico, il paese è un paradiso di biodiversità.

Ma la pressione demografica e l’instabilità politica accelerano il saccheggio

delle sue preziose risorse.


aiutare a comprendere e gestire i problemi
legati all'uso del territorio e dell'economia

Il caso della Foresta di Vohidahy

La Sherritt International Corporation è una compagnia mineraria canadese,

che prevede lo sradicamento di 1.700 ettari di foresta per la costruzione di una

delle più grandi miniere di cobalto e nichel del pianeta

 

Hemp in Madagascar!

Ed è questo il motivo che ha spinto Canapa Lifestyle sino alle coste

del Madagascar, all’altezza del Tropico del Capricorno, con base a


Nosy Be. Sede di numerosi progetti ambientali e di ricerca scientifica.

Liberté, Égalité, Fraternité

Belle parole.
Fanno intendere quello che la maggior parte di noi umani (spero) abbiamo nel cuore quale speranza e/o aspettativa di vita.
Ma sarà poi vero?
In Madagascar non credo.

Per aiutarvi a capire cosa intendo è meglio che faccia una piccola premessa.
Nel XVIII secolo venne collocata, quale capitale del Madagascar, la città di Antananarivo. All'epoca regnava Radama I che strinse accordi strategici con gli inglesi, ottenendone l'appoggio militare ed economico in cambio di una serie di favori volti a ostacolare la presenza francese nella zona. Nel 1885, nel contesto della spartizione coloniale dell'Africa, gli inglesi rinunciarono a qualsiasi pretesa nei confronti del Madagascar, lasciando il campo libero ai francesi. Nel 1885 al termine della prima spedizione francese in Madagascar la Francia dichiarò il Madagascar un proprio protettorato. Durante la seconda guerra mondiale, truppe malgasce combatterono in Francia, Siria e Marocco. Nel 1942 l'isola fu invasa dai britannici, i quali, dopo la firma dell'armistizio, garantirono il mantenimento della sovranità francese sull'intera isola, affidandone l'amministrazione al generale della Francia Libera Paul Legentilhomme.Nel 1947, una rivolta indipendentista tenne impegnate per molti mesi le forze francesi. La rivolta fu stroncata brutalmente, si parla di 60.000-100.000 morti, ma nei primi anni cinquanta la Francia diede inizio a una serie di riforme che consentirono al Madagascar una transizione verso l'indipendenza. Il 14 ottobre 1958 nacque ufficialmente la Repubblica del Madagascar nell'ambito della Communauté Française. Il 26 giugno 1960 finalmente il Madagascar divenne indipendente, con Philibert Tsiranana come primo presidente [*].


Bene. Terminata questa piccola, ma doverosa, premessa arriviamo ai nostri giorni.
In Madagascar tutte le pratiche relative a visti turistici, di studio, cure mediche, rincongiungimenti famigliari ecc. ecc. per quanto riguarda una buona parte di paesi europei, dei paesi africani rappresentati dalla Francia di alcuni Dipartimenti d'oltremare vengono gestite (indovinate un po?) dall'Ambasciata francese sita in Antananarivo la quale tiene in pugno buona parte della popolazione malgascia per quanto riguarda questi aspetti.
Tale Ambasciata sul suo sito (http://www.ambafrance-mada.org/-Visas-), offre informazioni dettagliate su come poter ottenere visti di breve e lunga durata facendo credere, così, che qualsiasi cittadino in possesso dei requisiti e della documentazione necessaria è libero di sfruttare queste possibilità.
La lista dei documenti da presentare è lunga e costosa e richiede da parte del cittadino malgascio la produzione di documenti anagrafici, autocertificazioni attestanti la sua volontà di rientro in patria una volta scaduto il periodo del visto, fidejussioni bancarie, assicurazioni sanitarie, fattura dell'avvenuto pagamento dell'albergo, biglietto aereo di andata e ritorno.
E se il cittadino ha un lavoro in Madagascar? Deve presentare un documento certificante che il datore di lavoro approva il suo temporaneo spostamento, buste paga, ammontare del conto in banca, eventuali atti di proprietà di appartamenti, automobili ecc.
E se questo cittadino si vuole recare all'estero ospite di qualche amico/parente? il n'y a pas de problèmes (non ci sono problemi). Si innesca a questo punto lo stesso procedimento anche per l'ospitante arricchendo così la già cospicua documentazione. Oltre ai documenti anagrafici, l'ospitante, dovrà documentare anche la sua situazione economica, dovrà dimostrare che l'immobile ove verrà ospitato l'amico/parente è idoneo all'uopo, dovrà fornire documentazione inerente la sua situazione lavorativa, le ultime bollette di luce, telefono o del contratto di affitto dell'appartamento (o, se di proprietà, ovviamente l'atto di compravendita), il suo CUD o la sua iscrizione all'albo dei professionisti con relativo estratto conto recente e l'immancabile autocertificazione attestante che il cittadino malgascio ritornerà al suo paese d'origine una volta espiata la durata del visto.
Il tutto autenticato e legalizzato. Questi documenti inoltre dovranno essere forniti in originale quindi sarà necessaria una spedizione tramite corriere in Madagascar.
A questo punto sarà necessario un appuntamento presso gli uffici preposti in Ambasciata e, dopo il versamento di un'imposta (203.000 Ariary circa 65 euro che per la maggior parte dei malgasci sono una "cifra") e con la montagna di documenti prodotti, il cittadino malgascio si recherà negli uffici dove verrà "intervistato" e dopo qualche giorno riceverà l'esito da parte dell'Autorità francese.
Che problema c'é? Tutta la documentazione richiesta è stata prodotta. Tutta la documentazione risponde a quanto richiesto.
Risultato?
"votre volonté de quitter le territoire des Etas membres avant l'expiration du visa n'à pas pu etre établie - Visa a refusé" - Non è stato possibile stabilire la vostra volontà di lasciare il territorio degli Stati membri terminata la durata del visto - Visto rifiutato.
Mi risulta che la quasi totalità delle domande di questo tipo da parte di cittadini malgasci vengano rifiutate con questa motivazione che (mio parere) non ha senso: oltre a tutta la documentazione vengono richieste, quali prove attestanti questa volontà, delle autocertificazioni: per quale motivo non sono da ritenersi valide? Può esistere un documento da poter produrre per garantire questa volontà? Penso proprio di no.
L'autocertificazione è uno strumento usato in tutto il mondo. Perchè in Madagascar non viene considerato nonostante sia la stessa Ambasciata francese a richiederlo? Trovo che sia un controsenso bello e buono.
Il cittadino malgascio a questo punto ha ancora una possibilità: contestare questa motivazione facendo un ricorso. I tempi per ottenerlo sono inevitabilmente lunghi e costosi: sarà necessario un legale che lo rappresenti e quasi sicuramente il risultato non cambierà.
Capisco che i francesi vogliano contrastare in qualche modo il fenomeno dell'immigrazione verso il loro Paese essendo i malgasci francofoni; capisco altresì che buona parte di coloro che ottengono un qualche tipo di visto che gli consenta di espatriare non facciano più ritorno in patria ma così facendo finiscono penalizzati tutti, anche quelli che sono in buonafede.
Credo che questo comportamento da parte delle Autorità francesi sia lesivo dei diritti fondamentali di libertà, uguaglianza e fraternità tanto decantati.
Una soluzione potrebbe essere: quando il periodo del visto è terminato il cittadino malgascio deve presentarsi, entro un determinato periodo di tempo stabilito, presso l'Ambasciata francese per poter consentire il controllo dell'effettivo avvenuto ritorno. In caso contrario l'Ambasciata francese è già in possesso di una montagna di dati relativi al viaggio del cittadino malgascio. Dati che consentirebbero di rintracciare questa persona e quindi rimpatriarla forzatamente con tutte le conseguenze del caso. D'accordo, tutto questo ha sicuramente dei costi ma così facendo si potrebbero veramente tutelare tutte quelle persone che vogliono vivere nella legalità. Ma credo che tutto sia mera utopia considerato che "è meglio che cose restino come sono" mantenendo la maggior parte dei malgasci "in prigione" nel loro paese fottendosene dei sani principi di Liberté, Égalité, Fraternité.
 Marco Carlevaro

[*] Fonte storica: Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Madagascar

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di riaprire l’Ambascia ad Antananarivo

Accordo bilaterale per evitare la doppia imposizione fiscale
interrogazione parlamentare al Ministro degli Esteri Mogherini
e al Ministro del Tesoro Padoan

Lala e Gianni si sono sposati con il rito malgascio

Definire il Madagascar un paese povero è veramente paradossale
in quanto il sottosuolo è ricco di giacimenti

Di Liliana Mosca
Carlo de Franchis è stato il primo ambasciatore italiano
del Madagascar indipendente; vi arrivò nel 1961 dalla
vicina Rodesia accompagnato dall’archivista Giannetti,
unico compagno per un lungo periodo. Soltanto più tardi
gli venne, infatti, assegnato un segretario nella persona
del dottore Guariglia

Cluster Isole, mare e cibo completo con la firma del Madagascar

Con il tema "A la découverte de la biodiversité: se nourrir sainement et durablement", il Paese mette al centro la biodiversità perché è una terra che ospita il 5% delle specie vegetali e animali del mondo, ha un'economia in gran parte basata sull'agricoltura e l'allevamento ed è il primo produttore di vaniglia del mondo

Il Madagascar, la quarta isola più grande del mondo, regno della biodiversità nell'Oceano Indiano, con la firma del contratto di partecipazione a Expo Milano 2015, completa il Cluster Isole, mare e cibo.
La presenza del Madagascar nell'innovativa area collettiva che si estende su un’area di 2.535 metri quadri, prevede uno spazio espositivo di 60 metri quadrati. Alla sigla del contratto hanno partecipato il direttore generale della direzione partecipanti Stefano Gatti, con la delega del Commissario unico Giuseppe Sala, e il commissario generale del Madagascar, Ratsimbarison Tovonirina che ha sottolineato l’importanza dell’Esposizione Universale come prima occasione del suo Paese per tornare nel consesso internazionale dopo un periodo di forte instabilità politica.
Con A la découverte de la biodiversité: se nourrir sainement et durablement, il Madagascar intende dare un contributo al tema della biodiversità perchè è una terra che ospita il 5% delle specie vegetali e animali del mondo, ha un'economia in larga parte basata sull'agricoltura e l'allevamento ed è il primo produttore di vaniglia a livello mondiale.

Del Cluster fanno parte Guinea Bissau, Comore, Capo Verde, Maldive, Madagascar e gli otto Paesi del Caricom (Dominica, Saint Lucia, Saint Vincent and The Grenadine, Suriname, Grenada, Barbados, Belize, Guyana) e la stessa organizzazione internazionale. Tre aree del mondo rappresentate: Caraibi, isole del Pacifico e isole africane, diverse tra loro ma legate da da sovranità e sostenibilità alimentare, vulnerabilità, biodiversità marina e specificità della produzione agroalimentare.

Il Cluster è diviso in due grandi padiglioni uniti da una copertura in bambù, lo spazio espositivo accoglie i visitatori all’interno di un ambiente unico per atmosfera, colori e suggestioni. Il concept alla base del progetto è nutrire l’anima attraverso i suoni e gli odori tipici del paesaggio marino che crea la sensazione di trovarsi sott’acqua e di percepire sensibilmente il mistero delle isole e il piacere del viaggio che evocano.
Film LGBT della storia del cinema: Madagascar Skin, 1995
Scritto da: Giorgio - martedì 25 novembre 2014

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In Africa c'è soprattutto “un evidente fenomeno
di impoverimento strutturale. Basti pensare al land grabbing

La Mazana II sarà fabbricata a mano
Non ha in dotazione né vetri elettrici né airbag né Gps.
Tuttavia rappresenta il futuro dell'industria automobilistica
in Madagascar.

Arnaldo Cavallari sarà chiamato a formare ed educare
La nostra idea è quella di aiutare quelle popolazioni ad essere
autonome aiutandole nella produzione dei beni, a cominciare
da quelli alimentari

Il Madagascar, paese ancora poco esplorato dagli esportatori
italiani ma con interessanti possibilità di sviluppo per le imprese pioniere

La terra di Piero

Inaugura in Madagascar una scuola con Sergio Crocco
 Taglio del nastro nella grande isola africana immersa nell'oceano Indiano in cui è stato costruito un asilo che può ospitare 64 bambini, grazie all'immenso lavoro dell'associazione 'La terra di Piero'.
Oggi, al grido di "Forza Lupi" e "Grazie Terra di Piero", verrà inaugurata una scuola per l'infanzia grazie al sostegno di tutti i sostenitori dell'associazione la Terra di Piero ed all'inesauribile lavoro di Sergio Crocco. Purtroppo, le province di Paoua e Bedaià in Repubblica Centrafricana, sono attanagliate dalla guerra civile e così, La Terra di Piero, spostando geograficamente la sua attività di solidarietà, con il ricavato del tesseramento 2014 e con quello di tutte le altre iniziative che si svilupperanno nel corso dell’anno, ha sposato il progetto per la realizzazione di un asilo (già costruito) con annesso refettorio e una scuola di cucito ad Antananarivo, nel quartiere di Ambohitrimanjaka in Madagascar."Stamattina - afferma Sergio Crocco - inauguriamo la scuola per l'infanzia: ci sono le panche, le sedie, tutto il materiale didattico e due maestri (un uomo e una donna). Sono 64 i bambini già iscritti.

 Per il refettorio c'è' qualche problema con l'approvvigionamento della corrente (qui non c'è' energia elettrica) ma contiamo di risolvere il problema prima di ripartire per Cosenza. I bambini del quartiere hanno già' imparato due cose e le ripetono da ieri mattina: 'grazie Terra di Piero e Forza Lupi'. Siamo immersi nella povertà ma dentro una ricchezza di sentimenti inestimabile". Ed annunciando l'inaugurazione la Terra di Piero informa che si sta preparando un container da inviare ad Antananarivo e chi, vorrà contribuire, può farlo attraverso una donazione che potrà essere effettuata in diverse modalità. Per informazioni e modalità, basta consultare il sito ufficiale de "La Terra di Piero" a questo indirizzo Internet: http://africa.laterradipiero.it/

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Un medico italiano si prende cura degli uomini-risciò ad Antsirabe in Madagascar

Questa, per ora, è la mia bella famiglia;

la vigilia andrò ad Ampasimanjeva per festeggiare

il Natale con quelli che lo diventeranno quando finirò le lezioni

 

e di un piccolo villaggio del Madagascar
Stefano decide di offrire il suo aiuto agli abitanti del villaggio:
inizia così un percorso, un’avventura costruita passo dopo passo,
con la pazienza e la determinazione di chi ha realmente voglia di
portare a termine un grande progetto

Viene costruito  il primo liceo. «In principio ho alimentato tutto questo,
con soldi miei: in fondo per pagare un’intera classe bastano 600 euro all’anno».

 Il Madagascar si trova ad affrontare una triplice sfida: rapido incremento demografico, crescente povertà e instabilità politica. E’ quanto emerge dal rapporto del Fondo delle Nazioni Unite (UNFPA) sullo Stato dell’Ostetricia nel mondo.

Veronesi « La carne è cancerogena »

vi svelo il motivo per cui non se ne parla


La prevenzione fa più delle medicine nella lotta contro il cancro. Ne è convinto Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano.
Il primo luogo nel quale fare prevenzione, secondo Veronesi, è la tavola, perché l’alimentazione è responsabile del maggior numero di neoplasie nel mondo, superando anche il fumo.

Tutte le persone che consumano prodotti animali si espongono ad un rischio maggiore di contrarre diversi tipi di patologie. Corrono mediamente il 30% di rischio in più di contrarre vari tipi di tumori, come quello al seno, al colon, alla prostata, al pancreas, alla vescica e ai polmoni. Un’alimentazione a base di carne porta, nel lungo periodo, ad un maggiore rischio di contrarre malattie connesse strettamente al metabolismo, disturbi cardiovascolari conseguenti al livello di colesterolo nel sangue, infarti, diabete ed obesità.

Vi riportiamo le parole del professor Umberto Veronesi (direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia): “Le riviste medico scientifiche più accreditate sono sul libro paga delle multinazionali farmaceutiche e pubblicano solo ciò che è consentito loro di pubblicare o ciò che è imposto loro dalle suddette multinazionali. Molti medici e ricercatori sono coscienti degli effetti dannosi del consumo della carne, ma hanno le mani legate. Io che sono uno scienziato di fama internazionale posso prendermi il lusso di fare queste dichiarazioni, se lo facessero loro molto probabilmente non lavorerebbero più.

L’industria alimentare e le multinazionali farmaceutiche viaggiano di pari passo, l’una ha bisogno dell’altro e queste due entità insieme generano introiti circa venti volte superiori a tutte le industrie petrolifere del globo messe insieme, potete dunque capire che gli interessi economici sono alla base di questa disinformazione. Ogni malato di cancro negli Stati Uniti fa guadagnare circa 250.000 dollari a suddette multinazionali, capirete che questa disinformazione è voluta ed è volta a farvi ammalare per poi curarvi.”

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Protagonista dell'iniziativa è Cinzia Catalfamo Akbaraly, una milanese, bocconiana, dalla vita assai singolare. 

La vera motivazione della campagna anti-palma dovrebbe essere “ecologica”, mentre in realtà è politica. E’ vero che la dissennata deforestazione per impiantare sempre nuove coltivazioni di palma da olio sta distruggendo l’ambiente originario e le foreste

E' stato siglato un accordo tra la Fondazione Akbaraly, la Croce Rossa Italiana
e la Croce Rossa Malgascia per un programma di cooperazione internazionale
di lotta ai tumori ginecologici e mammari in Madagascar


Un mammifero simile alla marmotta

viveva in Madagascar con i dinosauri

Una creatura di 66-70 milioni di anni fa, molto simile ad una marmotta, dalle dimensioni ragguardevoli rispetto agli altri mammiferi della sua epoca, scoperta recentemente, offre nuove importanti informazioni sulla evoluzione dei primi mammiferi.
David Krause, paleontologo della Stony Brook University di New York, ha diretto il team di ricercatori che ha scoperto un cranio quasi completo del mammifero, vissuto accanto ai dinosauri del Tardo Cretaceo in Madagascar.
I risultati, che portano ad aggiornare l’albero evolutivo dei mammiferi, sono stati pubblicati sulla rivista Nature il 5 novembre scorso.

Cranio e ricostruzione di Vintana sertichi (Stony Brook University)
“Sappiamo molto poco della prima evoluzione dei mammiferi nei continenti australi”, afferma Krause. “E questa scoperta lo sottolinea. Anche come paleontologi, era difficile capire l’insieme di caratteristiche anatomiche presenti in questo cranio”.
Il fossile appartiene ad una specie che è stata chiamata Vintana sertichi e appartiene ad un gruppo di mammiferi primitivi di cui, finora, erano conosciuti solo denti isolati e alcuni frammenti di mascella.
Il cranio, con i suoi dodici centimetri di lunghezza, è da considerarsi enorme, il doppio del più grande cranio conosciuto di qualsiasi mammifero del Cretaceo presente sul super-continente australe di Gondwana.
Nell’Era in cui la stragrande maggioranza dei mammiferi era di dimensioni minuscole, il Vintana poteva definirsi un gigante dalle dimensioni simili a una marmotta adulta di circa 9 chilogrammi di peso. Il cranio ha forma particolare, molto profonda, e presenta grandi orbite allungate, con bordi a forma di scimitarra per l’attaccatura dei massicci muscoli masticatori.
La scoperta è stata fatta in Madagascar nel 2010 e, come spesso accade con i resti fossili, quasi per caso.
‘Vintana’, nella lingua malgascia, significa fortuna e si riferisce alle circostanze in cui Giuseppe Sertich, il ricercatore del team di Krause, ha trovato il fossile.
Sertich, ora curatore del Museo di Natura e Scienza di Denver, aveva rinvenuto un blocco di arenaria pesante 68 chili, ricco di pesci fossili.
Quando il blocco fu sottoposto alla tomografia assiale computerizzata (TAC), all’interno fu osservato qualcosa di estremamente raro, un cranio quasi completo appartenente a un mammifero sconosciuto.
Il primo a visionare le immagini fu il tecnico Joe Groenke, che per estrarre il reperto dalla matrice rocciosa e ripulirlo dalla roccia, impiegò sei mesi.
Il team di Krause condusse un’analisi completa del cranio, usando la TAC e il microscopio elettronico a scansione, rivelando così i più piccoli particolari della scatola cranica, della cavità nasale e dell’orecchio interno.
Infine, il cranio fu confrontato con centinaia di altri mammiferi fossili.
Diverse caratteristiche dei denti, le orbite, la cavità nasale, la scatola cranica e gli orecchi interni hanno rivelato trattarsi di un erbivoro dagli occhi grandi, agile, con udito e olfatto probabilmente molto acuti.
L’analisi filogenetica ha assegnato Vintana ai Gondwanatheri, un gruppo enigmatico di mammiferi dell’emisfero australe che popolarono il super-continente di Gondwana durante il Mesozoico, strettamente correlati con i Multi-tubercolati, mammiferi roditori che vivevano nell’emisfero boreale.
Krause si domandò: come ha fatto questa specie ad evolversi con queste caratteristiche?
Il Madagascar era già un’isola oltre 20 milioni di anni prima della formazione degli strati in cui è stato rinvenuto il Vintana.
Alcune caratteristiche del cranio sono antiche, simili a quelle dei rettili e vengono mantenute sulla terraferma. Altre, come i denti, tradiscono la dieta erbivora, come altri mammiferi della sua epoca.
Secondo Krause, i caratteri primitivi del cranio sono da considerarsi retaggio di un’antico gruppo rimasto sull’isola dopo il distacco dal continente africano e quindi evolutosi a parte.
E’ stato questo isolamento, dalle faune dell’Africa prima, dall’Australia e dall’India poi, che ha determinato le caratteristiche di questa specie.
Secondo Zhe-Xi Luo, esperto dell’evoluzione dei mammiferi all’Università di Chicago, questa specie rappresenta il risultato dell’influenza della tettonica a zolle sulla evoluzione animale, dal momento che l’antica fauna, precedente ai Gondwanatheri, si trovò a fare i conti con lo smembramento del super-continente.
Sull’etologia del Vintana, se sia stato notturno, se abbia deposto uova o abbia avuto anche abitudini acquatiche, al momento non si sa niente.
Per rispondere a queste domande, dovranno essere trovare altri reperti.
E questa è la grande aspirazione del dr. Krause, come lui stesso ha dichiarato.
Fonte : http://gaianews.it/ Scritto da Leonardo Debbia

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tratti distintivi di una terra definita "l'ottavo continente"

Si tratta di un " museo vivente ", un " santuario della natura ",
un piccolo continente  che concentra 12.000 specie di piante e
specie di vertebrati , mammiferi , rettili, anfibi e uccelli che sono endemiche. 

Appunti e riflessioni, tra Italia e Madagascar
Perché un’azienda italiana si reca in Madagascar per mettere in piedi un

progetto agricolo in un contesto particolarmente complicato?

La pervinca rosa del Madagascar


una pillola verde

Oggi un quarto delle medicine che troviamo in farmacia è a base di principi attivi di origine vegetale. Che arrivano da foreste lontane
Alcuni ormai lo chiamano, senza troppi complimenti, oro verde. Nella realtà, l'oro verde ha nomi poetici, come la pervinca rosa del Madagascar. Vagamente familiari, come la Salvia miltiorrhiza. Oppure esotici, come il neem che viene dall'India, o il bintangor che arriva dalla Malesia. Ma oro verde, tutto sommato, rimane una buona definizione: sarà sbrigativa ma, in compenso, fa capire subito che, in questo caso, a contare non è la delicatezza dei petali, né l'eleganza delle foglie. Conta il loro valore tradotto in dollari. Sì, perché si tratta di piante medicinali. La Salvia miltiorrhiza, nota alla farmacopea cinese, aiuta a combattere l'alcolismo. Il bintangor si è dimostrato un buon prodotto contro l'Aids. La pervinca rosa è utile nella terapia anticancro e il neem è una pianta magica: cura l'acne e una serie di malattie che vanno dalle infezioni al diabete.

E, per di più, viene impiegata nella composizione di un insetticida efficace quanto il Ddt, che però non provoca danni all'ambiente. I dollari che sgorgano dai petali della pervinca rosa sono tanti. Milioni di dollari. Miliardi di dollari. Lo si capisce da dati e statistiche su cui si riesce a mettere le mani. Secondo stime diffuse dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, i farmaci che hanno una base vegetale e che circolano nei paesi più industrializzati dell'occidente hanno un valore di mercato che va dai 200 ai 1.800 miliardi. Di dollari. C'è di che lavorare sodo. Per tanti motivi. Il primo: oggi i medicinali di origine vegetale sono circa un quarto di quelli che circolano nelle nostre farmacie. Il secondo: il loro numero potrebbe aumentare, e di molto, dal momento che su 248 mila specie di piante esistenti al mondo solo una piccola percentuale è stata studiata. Il terzo (ed è una considerazione tutt'altro che marginale): l'80 per cento della popolazione mondiale si cura "in verde". Se c'è da lavorare sodo per fare soldi, c'è anche molto da viaggiare. Perché nessuno fa mistero del fatto che il mondo è diviso in due. Quello di sopra, ricco di soldi, di scienza e di malattie. E quello di sotto, povero ma ricco di piante medicinali. L'Amazzonia, le Ande, il Borneo, l'India, la Cina, le Filippine, l'Africa: la grande, inesplorata farmacia creata da madre natura è in larghissima misura lì. Chi non vuole parlare di oro verde e preferisce un linguaggio più asettico e scientifico, definisce tutto questa abbondanza come biodiversità.


. E sempre chi vuole usare un linguaggio scientifico, chiama bioprospecting il lavoro di scienziati e ricercatori, che si addentrano nelle foreste pluviali a studiare le foglie della salute. Sulla biodiversità e sul suo valore cresce anche una piccola giungla di opinioni. Alla milanese Indena - tra le aziende più importanti del mondo per la ricerca dei principi attivi nascosti nelle piante - smorzano i toni e affermano che, grosso modo, i medicinali di origine vegetale hanno sempre costituito il 25 per cento dei rimedi disponibili nelle farmacie occidentali. Il professor Antonio Guerci, direttore del dipartimento di Antropologia dell'Università di Genova e conservatore del museo - unico al mondo - di Etnomedicina calca la mano in direzione opposta sostenendo che, in realtà, la ricerca nel campo dei prodotti di sintesi ha il fiato grosso. Racconta che, fino a una decina di anni fa, le industrie del settore dovevano testare 15 mila molecole prima di arrivare a individuarne una utile dal punto di vista terapeutico. Oggi bisogna testarne 25 mila. Un'opinione del genere, a dire la verità, è condivisa da Valentino Mercati, fondatore di Aboca, importante azienda italiana che copre tutto l'arco produttivo, dalla coltivazione di erbe officinali alla preparazione dei derivati. Mercati sostiene che l'industria del farmaco di sintesi deve affrontare costi sempre più elevati. La colpa sarebbe del pubblico, che si è fatto più esigente e non accetta più medicinali di sintesi, sospettati di provocare nell'organismo del paziente troppi effetti collaterali. Per questo, dice, l'etnofarmacologia è la nuova frontiera della farmacologia. Due sono state le tappe del rilancio della ricerca etnofarmacologica, racconta ancora il professor Guerci. Nel 1960 l'Istituto americano per la lotta ai tumori lanciò una ricerca su vasta scala. Migliaia di piante vennero portate in laboratorio e studiate. Risultato: sedici anni più tardi, i ricercatori avevano individuato solo due principi attivi utili. Ma lo studio era stato condotto assolutamente a caso. Nel 1990, l'Istituto americano per la sanità diede vita a un piano quinquennale, questa volta mirato. Migliaia di ricercatori vennero inviati giù, nel mondo di sotto. Pazientemente, umilmente, interrogarono stregoni, sciamani e curanderos. E testarono solo le piante che già facevano parte delle tradizioni mediche, per quanto diverse e fantasiose. Risultato: in cinque anni furono individuati una ventina di principi attivi utili. A ripianare i costi dello studio sarebbe stato sufficiente individuarne un paio. La strada deve essere davvero interessante e promettente, visto che circa i tre quarti dei farmaci a base vegetale in uso oggi derivano da rimedi già noti presso la medicina indigena. Nel frattempo, nei paesi occidentali accade qualcosa di nuovo, che riguarda insieme la politica, l'economia, la scienza e il costume. Cioè: la spesa sociale destinata alla salute viene considerata troppo alta. Deve essere tagliata. Come? Come già accade in larga misura in Francia, Germania e Stati Uniti e, in maniera un po' più ridotta, in Italia: la gente va dal medico a farsi prescrivere un prodotto solo quando sta male sul serio. Altrimenti si cura da sola. Si auto prescrive i farmaci. E dal momento che verde è bello, e non c'è il rischio di effetti collaterali, si preferiscono le erbe. È l'esplosione dei cosiddetti integratori alimentari, che vengono voracemente consumati per controllare il peso, ridurre lo stress, facilitare la digestione, lenire piccoli dolori, curare raffreddori, prevenire rughe e senilità. E così, l'oro verde del mondo di sotto aumenta ancora il numero di miliardi di dollari che è in grado di produrre. A mano a mano che le cifre salgono, sembra delinearsi il profilo di quella che potremmo definire l'ecologia monetaria. La salvaguardia della biodiversità, e dunque delle foreste pluviali, viene invocata in nome della ricchezza. Quei pazzi che disboscano il Borneo e l'Amazzonia per fare soldi con il legname distruggono irreparabilmente una miniera di denaro etnofarmacologico. E per di più, una miniera rinnovabile all'infinito. La misera sorte delle tribù indigene, disperse dalla deforestazione e poi falcidiate dalle malattie e dalla miseria, aggrava il danno, poiché fa evaporare un sapere prezioso per i protagonisti del bioprospecting; è come bruciare un biblioteca. Senza più sciamani e curanderos da interrogare, bisognerà, come fece nel 1960 l'Istituto americano per i tumori, tornare a una ricerca casuale, con i magri risultati che abbiamo visto. "Un importante motivo per conservare le foreste pluviali è il loro valore, attuale e potenziale, per la medicina", spiega un documento dell'Onu, senza fare mistero del fatto che il valore è anche economico. E il problema è tanto più sentito in considerazione del fatto che, nei prossimi anni, le foreste vergini scompariranno da molti paesi. La giungla di opinioni fatta germogliare dall'oro verde e dai millenari e preziosi saperi dei curanderos si infittisce ulteriormente, in base a considerazioni molto semplici. Qualcuno comincia a fare di conto, e a parlare di biopirateria. La pervinca rosa? La casa farmaceutica Eli Lilly di Indianapolis, che ne ha ricavato un prodotto, ci ha guadagnato 160 milioni di dollari nel solo 1993. E al Madagascar, il paese dove la pianta nasce? Neanche una lira. In India il neem viene usato da sempre, ma è stata una multinazionale occidentale a ottenere i brevetti sui metodi usati per produrre l'estratto del seme. In India l'indignazione è alle stelle: è come se un canadese riuscisse a brevettare il metodo per fabbricare gli spaghetti, costringendo gli italiani a pagargli i diritti su ogni piatto di pasta. Molte industrie giurano che sono questioni del passato. Che dal 1992 sono in vigore gli accordi di Rio de Janeiro, in base ai quali le multinazionali, per poter usare erbe e piante trovate nei paesi del Sud del mondo, devono riconoscere loro adeguate royalty. Ma questo non basta affatto a tranquillizzare chi teme che il Sud del mondo diventi vittima di una nuova forma di sfruttamento coloniale, stavolta di carattere biologico, grazie alle tecniche di manipolazione genetica e alla possibilità, decretata dagli Stati Uniti, di brevettare anche le forme di vita purché frutto dell'ingegno umano. L'economista americano Jeremy Rifkin sta lanciando una battaglia a livello mondiale contro il controllo quasi totale sulla natura che questa realtà può consentire a pochissime multinazionali. E avverte: "Molti governi hanno già messo a punto una serie di impianti per lo stoccaggio dei geni, allo scopo di preservare i ceppi rari delle piante con caratteristiche genetiche suscettibili di acquisire, in futuro, un valore commerciale. Il National Seed Storage Laboratory di Fort Collins, nel Colorado, conserva più di 400 mila semi provenienti da tutto il mondo. Molte nazioni stanno cominciando a creare ulteriori banche genetiche, per conservare rari microrganismi ed embrioni surgelati di animali. Nei prossimi anni, il valore commerciale della maggior parte di queste varietà aumenterà enormemente, visto che il mercato mondiale si baserà sempre di più sull'impiego delle nuove tecnologie genetiche".

Ecco alcuni tra i tanti "principi attivi naturali" ammessi (o in procinto di esserlo) dalle farmacopee ufficiali. ANTIMALARICI Gli Incas curavano la "febbre terzana" con la corteccia dell'albero di china. Il principio attivo, il chinino, fu isolato dai chimici solo nel 1820 e tuttora è essenziale contro la malaria. Ancora più antico è il farmaco che cura la malaria cerebrale, una delle forme più gravi: era tra i 52 "rimedi imperiali" scoperti nella tomba di Ma Wangdui, della dinastia cinese Han (I secolo a.C.). I cinesi lo chiamano Qing-Hao-su, gli occidentali artemisia: l'impiego ufficiale contro la malattia è recentissimo. IMMUNOSTIMOLANTI L'Uncaria tomentosa è usata da oltre duemila anni dalla medicina tradizionale peruviana. L'azione contro tumori, infiammazioni, reumatismi ha trovato riscontri scientifici nella presenza di antiossidanti e di immunostimolanti, come gli oxindole. Tanto che, nel '94, l'Uncaria è stata ufficialmente riconosciuta dall'Oms come pianta medicinale. Oggi è usata come rimedio complementare per l'Aids. ANTITUMORALI Dalla Vinca rosea vengono ricavate la vincristina e la vinblastina. Associate ad altri principi attivi di sintesi, rientrano in alcuni protocolli di cure chemioterapiche. ANTIDEPRESSIVI Per le forme lievi c'è l'iperico, o erba di San Giovanni, ricco di flavonoidi e ipericine. Sperimentazioni cliniche Usane hanno dimostrato l'efficacia, "comparabile a quella degli antidepressivi tradizionali", come ha riportato il British Medical Journal. In Germania, l'estratto di iperico copre il 30% del mercato di questi prodotti. ANTIOSSIDANTI Da piante ed erbe vengono estratte (o riprodotte chimicamente) diverse sostanze antiossidanti, impiegate anche come eccipienti nei farmaci convenzionali. In Giappone si usa, per esempio, il Camu-Camu, il frutto di una pianta amazzonica, che agisce a livello surrenale ed è ricco di vitamina C. ANTIDIABETICI Dalle foglie di ulivo deriverebbe uno degli ultimi ritrovati contro il diabete non insulino dipendente. Si chiama O'life, e abbasserebbe i livelli di insulina a digiuno, senza effetti collaterali. Ricercatori di San Francisco stanno invece studiando le proprietà del Pycnanthus angolensis, l'albero africano della noce moscata. Dalle sue foglie sono stati isolati due composti dall'azione antidiabetica, per ora sperimentata solo sui topi. Di entrambe queste sostanze è stata data notizia sul Journal of Pharmacology Therapeutics. CICATRIZZANTI E FLEBOTONICI Molti farmaci destinati a trattare varici e ferite contengono sostanze di origine naturale. Spiccano, tra le altre, la centella asiatica, che contiene un potente cicatrizzante e viene utilizzata nei paesi di origine addirittura per curare le piaghe dei lebbrosi. Dalle foglie della vite (Vitis vinifera), ricche in tannino, zuccheri, colina e vitamina C, vengono estratti principi utili per la cura dei disturbi della circolazione, dalle varici alla fragilità capillare.
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