lunedì 10 novembre 2014

IL MADAGASCAR DI CARLO DE FRANCHIS

di Liliana Mosca

Carlo de Franchis1 è stato il primo ambasciatore italiano del Madagascar indipendente; vi arrivò nel 1961 dalla vicina Rodesia accompagnato dall’archivista Giannetti, unico compagno per un lungo periodo. Soltanto più tardi gli venne, infatti, assegnato un segretario nella persona del dottore Guariglia.
In attesa di trovare una sistemazione rispondente alle esigenze di ufficio e di rappresentanza dell’Ambasciata, de Franchis prese in fitto una stanza all’Hotel Colbert e si rifornì in una delle due cartolerie di Antananarivo del convenzionale corredo di registri, carta da intestare, moduli per i primi rapporti e rendiconti da inviare al Ministero degli Affari Esteri, a Roma, per assolvere così ai suoi compiti istituzionali.
Sin dai primissimi giorni, de Franchis avvertì forte il desiderio di conoscere a fondo il paese nel quale era destinato a muoversi e non passò molto tempo che comprese di esserne stato affascinato e conquistato anche per alcune analogie con certi tratti tipici del suo carattere napoletano, solo sopiti in lui.
Una domenica pomeriggio, libero da impegni di ufficio, uscì per una passeggiata e si incamminò verso la città alta, intenzionato a raggiungere il Rova2. Superato di poco l’incrocio detto “des Quatre-Chemins”3, udì, provenire dalla chiesa di Ambatonakanga, delle note che gli ricordavano, sia pur vagamente, Pianefforte ‘e notte di Salvatore di Giacomo. Attratto, entrò nella chiesa e, avvicinatosi all’organista, si presentò.
L’incontro con Rahamefy, questo era il nome del valente maestro di organo, si rivelò ricco di grande umanità e fondamentale per la sua conoscenza del mondo malgascio. Grazie, infatti, a Rahamefy egli stabilì rapporti cordiali ed affettuosi con alcune famiglie e personalità di rilievo del mondo scientifico ed economico del Madagascar. Molti di loro, con grande generosità, gli misero a disposizione gli archivi familiari, condividendo con lui avvenimenti legati alla storia del paese.
Tra coloro che de Franchis incontrò nei cinque anni di permanenza nel Madagascar ed il cui ricordo è tuttora vivo e luminoso, perché rinnovatosi anche negli anni successivi quando fu chiamato ad altro incarico, figurano le famiglie: Andriamihaingo, Rabenoro, Rabetafika, Radaody-Ralarosy, Raharinosy, Ramaholimihaso, Ramanaindrabe, Ramboa, Ratsimamanga, Razanafimbahiny, Razanatseheno ed altre ancora.
Stabilì inoltre una consuetudine di studio con George Raveloson, che in più occasioni, generosamente, gli fece dono di preziose testimonianze scritte e iconografiche sulla storia del regno del Madagascar. Altrettanto importante per il suo desiderio di conoscere e di avvicinarsi alla cultura malgascia, si rivelò l’amicizia di Jean Valette, genero di Rahamefy e direttore degli Archivi Nazionali Malgasci.
Giorno dopo giorno de Franchis riuscì ad allargare la sua percezione della società malgascia, ad apprezzarne le tradizioni e a comprendere le ragioni profonde del loro rispetto verso il mondo circostante.
Particolare interesse e curiosità destò in lui l’imponente costruzione del palazzo reale, fermo e solitario, con il cancello dell’ingresso del cortile antistante chiuso, il palazzo del Primo Ministro d’un tempo, Rainilayarivony, con le abitazioni intorno degli ufficiali al servizio della deposta monarchia. Come pure il Palazzo di Giustizia con le sue colonne, scolpite o decorate.
Lo incuriosivano le finestre e le bifore, oramai chiuse, degli edifici. Chi vi si era affacciato? Quali sentimenti, emozioni, fervore aveva provato? In che cosa aveva creduto? Chi erano stati i primi, che secoli addietro, avevano intrapreso il lungo viaggio per mare dall’Insulindia e raggiunta la costa malgascia avevano poi proseguito per l’altopiano? Oltre all’idioma, avevano portato con sé i penati domestici ed i riti gravitanti sul culto degli antenati con il rinnovo delle lenzuola funebri alle salme dei congiunti. Usi e riti religiosi ancora rispettati e oggetto di culto nelle campagne come nelle città e sui quali il clero cristiano nazionale quanto straniero non aveva espresso riserve.


Non erano mere fantasticherie le sue, in quel peculiare ambiente storico-antropologico con tutte le sue componenti religiose, politiche e sociali, de Franchis era stato chiamato a svolgere la sua missione e se ne sentiva fortemente sollecitato.
Portato, infatti, a compimento quanto necessario per il corretto funzionamento dell’Ambasciata con l’acquisto, tra l’altro, di uno stabile, si adoperò al massimo perché tra i due paesi andassero sempre più consolidandosi le relazioni politiche e s’incrementassero gli scambi economico-commerciali. In tale senso deve intendersi la particolare cura che prestò nella pubblicazione periodica di quaderni di interesse vario dell’Ambasciata. Significativa a riguardo è la comunicazione “Correspondance diplomatique italienne sur Madagascar, 1882-1887”, che presentò all’Accademia Malgascia il 17 giugno del 1965 e che poi venne pubblicata nel Cahier n. 24.

De Franchis restò nell’Isola Rossa fino al 1966 e vi ritornò in altre due occasioni: la prima con un viaggio organizzato dall’Associazione dell’Amicizia Italo-Malgascia, di cui ha avuto per alcuni anni la presidenza e successivamente nel 1977 per il 75° Anniversario dell’Accademia Malgascia.Oggi, l’Ambasciatore de Franchis, dopo una lunga e felice carriera di diplomatico, vive a Roma, circondato dai ricordi ma è il Madagascar e la sua gente che hanno lasciato in lui il segno più profondo.

prof. Liliana Mosca
Docente di Storia e Istituzioni dei Paesi Afro
Asiatici Dipartimento di Scienze dello Stato
Università degli Studi di Napoli Federico II

1 L’Ambasciatore Carlo de Franchis ha cominciato la sua carriera di diplomatico a Buenos Aires. Successivamente è stato destinato a Newark, Locarno, Mosca, Città del Messico, Salisbury quindi Antananarivo. Dopo il Madagascar è stato Ambasciatore nel Sudan.
2 Il Rova di Antananarivo è un grande spiazzo situato sulla collina più alta della città. Al suo interno si trovavano le residenze reali edificate, a partire dalla fondazione della città, opera del Re Andrianjaka, agli inizi del 1600. Molte delle residenze erano ancora visibili fino a pochi anni fa, quando un incendio, di natura certamente dolosa, scoppiato la sera del 6 novembre 1995, ha ridotto tutto in cenere, fatto salvo la struttu­ra in pietra dell’edificio di Manjakamiadana e parte del Tempio di Palazzo. A puro titolo esemplificativo si rinvia a: V. BELHROSE- HUYGHUES, Un exemple de syncrétisme esthétique au XIXe: Le Rova de Tananarive d’Andrianjaka à Madama Ier, in Omaly sy Anio, 1-2, gennaio-giugno, luglio-dicembre 1975, pp. 173-198; RAZAFY- ANDRIAMIHANGO, Le Rova de Tananarive et le palais de la Reine, Parigi, L’Harmattan, 1989; M. DELAHAIGUE-PEUX, Manjakamiadana (palais de la Reine), Parigi, L’Harmattan, 1996; R: ANDRIANAIVOARIVONY, Naissance de la Cité des Mille, in La Cité des Mille. Antananarivo: histoire, architecture, urbanism e, Antananarivo, Cite-Tsipika, 1998, pp. 11-22.
Articoli correlati

Uno dei prodotti più conosciuti del Madagascar è la vaniglia,
che viene ricavata da un’orchidea e si utilizza come aroma.
Poiché ci vogliono minimo due anni per far crescere i baccelli
di vaniglia, questi sono un prodotto piuttosto costoso.

Uno degli itinerari più suggestivi si snoda nella regione
centro-settentrionale, dove si ammirano paesaggi in continua evoluzione

E' il clima tropicale del Madagascar a rendere la sua vaniglia così buona

Questa storia è talmente intrisa di Madagascar,
pregna di ricordi di quegli anni della mia giovinezza

le proibizioni e i limiti che gli uomini si danno è la lista dei tabù dei Vezo

Nessun commento:

Posta un commento