martedì 14 maggio 2013

Scoprire la biodiversità del Madagascar: nel Constance Tsarabanjina


 “Tsarabanjina”- l’isola bella, in malgascio – è una delle incantevoli isole dell’Arcipelago delle Mitsio, situato nella parte nord occidentale del Madagascar, a 40 miglia dall’isola di Nosy Be. Un’isola magica, che toglie il respiro per la bellezza dei suoi paesaggi e che lascia senza parole di fronte ai tramonti infuocati sulle placide acque turchesi dell’Oceano Indiano. Anche questa isola, come tutto il Madagascar, è un territorio con un altissimo grado di biodiversità. Qui sorge il Constance Tsarabanjina, il resort della gamma Unique del gruppo Constance Hotels and Resorts. Dopo un attento restyling, la struttura è stata appena riaperta. Alloggiare in questo eden privato permette, non solo di evadere per una favolosa vacanza, ma anche scoprire, attraverso escursioni organizzate, le meraviglie di questo paradiso tropicale. Ad esempio una gita in barca tra le grandi colonne di basalto nel famoso sito di ‘Grande Mitsio’ o un indimenticabile viaggio sull’isola di Nosy Komba ci porterà a scoprire i simpatici Lemuri. Mentre nella acque diTsarabanjina si potrà intravedere l’incanto di una straordinaria vita sottomarina. Tratti di barriera corallina mozzafiato e splendidi giardini subacquei ricchi di spugne sono solo una parte dello spettacolo stupefacente che si apre sia a chi vuol sperimentare attività di sub, sia a chi, più superficialmente, ama trascorrere ore e ore nello snorkeling, sia  a chi preferisce osservare tutto dal fondo di vetro delle barche.. Tartarughe, carangidi, pesci coccodrillo, pesci scorpione, pesci palla, squali grigi, squali pinna bianca, murene giganti e razze sono solo alcune delle specie marine che si possono scoprire al largo della costa di Tsarabanjina. E da marzo a novembre non si potrà perdere il passaggio delle balene. Il Constance Tsarabanjina può dunque essere la base perfetta per un’esperienza di viaggio dal
sapore natural-chic che unisce il lusso e l’esclusività firmati Constance Hotels andResorts al fascino primordiale di quest’isola senza tempo. Riaperto con un’esclusiva nuova formula di soggiorno racchiusa nel Crystal All Inclusive, il Resort offre una vasta selezione di liquori, birre artigianali e cocktail esotici con alcolici premium quality, una prestigiosa carta dei vini con etichette provenienti da tutto il mondo, tutti i pasti al ristorante dell’isola, famoso per le specialità a base di pesce fresco, un’escursione al tramonto, l’equipaggiamento snorkelling, una cena tipica malgascia accompagnata da danze folcloristiche. Questi sono solo alcuni dei servizi e delle proposte inclusi nel Crystal All Inclusive. AlConstance Tsarabanjina il tempo scorre lento, si ha l’impressione di essere in un luogo protetto, lontano dal caos e dalla frenesia. Si possono trascorrere giornate intere lontani da ogni contatto con l’esterno ma, per chi lo desidera, si può usufruire della connessione wi-fi gratuita che mette in contatto con il mondo che è rimasto alle nostre spalle. Le 25 raffinate ville, completamente rinnovate nel design e nelle dotazioni, si affacciano tutte direttamente sul mare. Tre abbaglianti spiagge di sabbia bianchissima (North Beach, South Beach e Bar Beach), incorniciate da una ricca barriera corallina, sono a disposizione degli ospiti per rilassarsi, andare alla scoperta dei meravigliosi fondali dell’isola e, con un po’ di fortuna, avvistare le balene che passano nelle acque di Tsarabanjina.
Fonte: meteoweb di Renato Sansone


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Approvato il nuovo progetto in Madagascar


La Regione Autonoma Valle d’Aosta ha approvato il nuovo progetto in Madagascar, presentato dal capofila A.V.S.F.M. – Fihavanana, in collaborazione con le Suore di San Giuseppe di Aosta e con Capramagra Onlus. Il progetto sarà realizzato nella zone di Camp Robin, sull’altopiano centrale del Madagascar a 210 km dalla capitale, Antananarivo.
Le principali attività economiche del territorio sono l’agricoltura con la coltivazione di manioca, riso, arachidi, patate, patate dolci, fagioli, caffè, mandarini, papaia.. e l’allevamento di pollame, suini e zebù. Uno dei problemi principali legati all’economia locale è quello del furto di bestiame causato spesso da liti tra famiglie, con un impatto negativo sulle giovani generazioni a cui si aggiunge la mancanza di attività ricreative e di spazi comunitari a disposizione dei giovani; ciò favorisce fenomeni di devianza legati a droga e alcool.
Grazie ai dati raccolti da Capramagra Onlus durante la missione dello scorso agosto e in base ai bisogni espressi dalla popolazione, dalle associazioni locali e dalle congregazioni religiose presenti sul territorio è stato possibile formulare e strutturare il progetto attorno a cinque obiettivi:
Realizzazione di una mensa scolastica in grado di accogliere gli studenti che attualmente sono costretti a mangiare all’aperto;
Attività di educazione alimentare per i 646 bambini beneficiari e per il personale delle cucine;
Sostegno alla scolarizzazione dei bambini tramite l’implementazione dell’attività di adozione a distanza;
Realizzazione di un magazzino di stoccaggio dei prodotti agricoli di FTMTK (associazione degli agricoltori locali) per poter garantire lo sviluppo del commercio durante tutto l’anno;
Realizzazione di due camere per le associazioni locali al fine di permettere il pernottamento a Camp Robin e garantire una piccola attività per la gestione delle nuove infrastrutture.
Il progetto, di durata triennale, vedrà impegnata Capramagra Onlus in tre missioni di monitoraggio a cadenza annuale; inoltre Capramagra Onlus sarà attivamente impegnata nella formazione in loco di insegnanti della scuola primaria sulle tematiche dell’igiene, del diritto all’acqua e dell’educazione alimentare tramite manuali internazionalmente riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Unicef. A Camp Robin, insieme a Capramagra Onlus, lavoreranno anche le Suore di San Giuseppe d’Aosta che svolgono un ruolo cruciale sul territorio, soprattutto nel settore educativo e agricolo a partire dal 1999, e con l’Associazione FTMTK che si occupa principalmente di formazione agricola –teorica e pratica – destinata ai giovani del distretto favorendo il miglioramento delle colture locali e, conseguentemente, il rafforzamento della sicurezza alimentare.
Se non visualizzi correttamente questa mail vai direttamente sul sito! www.capramagra.org 
Con una semplice firma puoi sostenere i progetti di Capramagra Onlus donandole il tuo 5 x 1000 C.F. 97534080151
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giovedì 2 maggio 2013

Alfonso da fioraio a direttore d’albergo


Faccia a Faccia
 Alfonso da fioraio a direttore d’albergo
Sono Alfonso, originario del sud Italia, nato nel 1971  a Scafati   in provincia di Salerno, e da più di 4 anni vivo e risiedo in Madagascar con mia moglie Nadia che è originaria di questo paese.
Il tuo lavoro in Italia
In Italia facevo il fiorista collaborando nella azienda familiare, ma la mia esperienza è stata varia perché intendevo uscire dall’ambiente familiare per crearmi qualcosa di personale.
Londra
Nel 1996 sono partito per Londra dove ho trovato lavoro in un ristorante italiano e poi ho lavorato anche da Mc Donald. Rientrando in Italia ho fatto per un certo periodo il rappresentante di prodotti cosmetici.
Il Madagascar
In televisione ho visto un documentario e mi sono sentito attratto da questo paese e mi sono promesso che prima o poi sarei andato a visitarlo.
Quando sei arrivato per la prima volta
Il mio desiderio di visitare il Madagascar si è realizzato nel 2006 e durante questo viaggio turistico ho conosciuto Nadia, ci siamo sposati e siamo andati a vivere in Italia, dove è nato nostro figlio Benito.
Mentre eravamo in Italia pensavamo sempre al Madagascar, io perché avevo preso come un colpo di fulmine, e mia moglie, essendoci nata e avendo tutti i suoi parenti, desiderava rientrare in questo Bel Paese.
La casa in Madagascar

Con i risparmi, poco alla volta, siamo riusciti a costruirci una casa in un terreno che mi è stato messo a disposizione da mio suocero e quando la casa è stata ultimata, abbiamo preso i nostri bagagli e siamo venuti ad abitare in Madagascar.
Il lavoro in Madagascar
Qui ho iniziato con il mettere su un ristorantino pizzeria italiano dove facevamo degustare tutte le specialità italiane, ma per via della crisi politica che persiste in Madagascar, il commercio non è andato bene e quindi dopo circa un anno abbiamo chiuso.
Da allora, essendomi reso conto meglio degli usi e costumi del Madagascar,  ho trovato facilmente lavoro prima come direttore di un ristorante situato in un centro molto signorile e molto rinomato e poi in un albergo di lusso, fino a quando una società francese che gestisce in Madagascar parecchi bellissimi alberghi mi ha mandato a Diego Suarez  e faccio due lavori supervisore dell'hotel e direttore della gelateria italiana appartenente allo stesso gruppo dell'hotel. Contemporaneamente mia moglie ha trovato lavoro in una agenzia di viaggi.

Diego Suarez
Diego Suarez è situata al nord del Madagascar ed è una zona bellissima ricca di vegetazione con un bellissimo mare e con un clima davvero invidiabile. Qui non c’è mai ne inverno ne estate, per tutto l’anno c’è una temperatura mite e molto piacevole.
Il gelato italiano
Ultimamente ho fatto anche un corso per fare il gelato italiano, ed è stata una cosa molto interessante anche perché il corso è tenuto da Manuela, che come lavoro fa la grossista di gelato italiano a Antananarivo. Qui infatti è possibile trovare tutti i prodotti e i gusti del gelato italiano e non è stato difficile per me studiare tutte le formule per ottenere un buon gelato.
Il mio sogno adesso è potere aprire a Diego Suarez una gelateria italiana tutta mia, solo che sono alla ricerca di un socio che mi aiuti nell’investimento.
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Candidato a Presidente della Repubblica del Madagascar

In una foresta ha costruito il suo villaggio

-       MAX DA 20 ANNI IN MADAGASCAR!!
Vive e ospita i suoi amici e clienti in una isola deserta

Ha battuto tutti i record di immersione

Pino Schintu, genovese, grande professionista della fotografia

Fra Marino vive e lavora al nord in una zona impervia del Madagascar

È arrivato in nave tanti anni fa e oggi gestisce anche una radio

Sposata con un ingegnere ha un bel negozio con i vetri di Murano

-      Olga del Madagascar
Vive in Italia, ma il suo cuore è sempre in Madagascar

 Lea vive a Roma e i suoi figli studiano all’Università

Vive a Nosy Be ed ha un diving

L’Alberto professionista del turismo in Madagascar

-      Alessandra
Per uno scherzo ha lavorato con Kokoa a Nosy Be

Manuela fornisce i più importanti ristoranti del vero gelato italiano

Vive a Cagliari ma si è sposata in Madagascar

MADAGASCAR: un angolo controverso di paradiso. Vivi e morti... inseparabili


Madagascar: quasi una grande zattera tra Asia e Africa, variopinto miscuglio di culture e tradizioni diverse. E dove la morte riesce a diventare "l’evento più importante della vita".

  Atterrando in Madagascar sul piccolo aeroporto di Nosy-Be, costruito a ridosso di un villaggio di capanne in legno e su palafitte (per staccare la struttura dalla terra e tenerla asciutta), sembra di essere ritornati indietro nel tempo. Quando, poi, ci si immette sulla strada che conduce alla parte abitata di Nosy-Be (isoletta a nord del paese), si resta ancora più meravigliati dallo spettacolo. Si passa attraverso le coltivazioni più disparate, dai profumi inebrianti, e tra alberi da frutta a profusione; nella stagione dei monsoni, sembra addirittura di correre su di un tappeto di manghi, caduti così numerosi dagli alberi che non ci sono mani sufficienti per raccoglierli, né bocche per mangiarli.
Una decina di chilometri per arrivare a Hell-Ville, capitale dell’isola, con molte case coloniali francesi; altri dieci chilometri e arriviamo ad una grande scuola, sulla riva dell’Oceano Indiano, sul lato ovest, in faccia al Mozambico.
Nel gennaio 1999 misi piede per la prima volta a Nosy-Be e, più precisamente, nella scuola delle "Discepole del Sacro Cuore" di Lecce, che è diventata anche la mia missione.

Vedendo un costone alto e scosceso a picco sull’oceano, proprio dietro alla scuola, mi è venuta l’idea di edificarvi una chiesetta bianca, bella e slanciata una piccola costruzione, ma che si vedesse da lontano da piroghieri, motonauti, marinai, vacanzieri, pescatori... da tutti quelli, insomma, che solcano questo lembo di Oceano Indiano.
Il piccolo sogno è oggi realtà. La Consolata, in questo anno centenario di fondazione dei suoi missionari, ha una chiesetta sulla più bella isola del Madagascar. Una generosa signora brianzola, devota da sempre della Consolata, ha sostenuto le spese dell’opera. Il santuario diventerà certamente una meta di preghiera per chi si avventurerà su quest’isola di sogno!
 L’isola dei profumi
Nosy-Be, estesa come l’isola d’Elba, è una meraviglia nel suo genere, esotica e moderna, turistica e selvaggia. Situata a 15 chilometri dalla costa del Madagascar, è di origine vulcanica e montagnosa, con molti laghi formatisi negli antichi crateri. È chiamata "l’isola dei profumi" per le colture di canna da zucchero, caffè, vaniglia, pepe, zafferano, zenzero. E merita la reputazione di piccolo paradiso.
Oltre la metà degli abitanti (circa 30 mila) è cristiana, in maggioranza cattolica, con minoranze musulmane, indiane e cinesi. La popolazione, tranquilla e accogliente, sa convivere in pace nella mescolanza delle diverse razze.
A Nosy-Be, con le suore "discepole", ci occupiamo di una grande scuola di 1.030 allievi: una scuola tradizionale che, secondo il sistema francese, parte dalla terza all’undicesima classe. Le maestre sono suore malgasce ed è, ovviamente, cattolica, anche se non si fanno differenze di religione. Accettiamo tutti, finché c’è posto. Le varie religioni convivono senza alcun problema. E questo è bello.
I nostri allievi sono in maggioranza figli di tagliatori di canna da zucchero, il lavoro più duro che si possa immaginare, un’attività da schiavi, che molte tribù rifiutano di fare. Il salario è da fame e molti genitori riescono con difficoltà a pagare la piccola quota mensile per mandare i figli a scuola.
Tuttavia la nostra scuola funziona bene: le suore si impegnano al massimo e i risultati sono buoni. È forse per questo che tutti vogliono venire da noi, anche perché, molte volte, sulla regolarità del pagamento chiudiamo un occhio... Ultimamente siamo anche riusciti a fare adottare i bambini più poveri, con grande sollievo dei genitori.
La scuola inizia alle sette: ed è uno spettacolo assistere all’arrivo degli scolari, tutti con il grembiulino azzurro, la maggioranza a piedi nudi; chi lungo la spiaggia e chi attraverso i campi di canna da zucchero. Visi belli e sorridenti, rispettosi e vivaci.
Vivere per... morire
  Uno dei fatti che più mi ha colpito, arrivando in Madagascar, è la coabitazione (non sempre facile) tra cristianesimo e certi riti locali legati al culto dei morti. Oltre la metà dei malgasci è ancora legata alla religione tradizionale, che si riduce alla venerazione degli antenati.

Madagascar: quasi una grande zattera tra Asia e Africa, variopinto miscuglio di culture e tradizioni diverse. E dove la morte riesce a diventare "l’evento più importante della vita".

  Atterrando in Madagascar sul piccolo aeroporto di Nosy-Be, costruito a ridosso di un villaggio di capanne in legno e su palafitte (per staccare la struttura dalla terra e tenerla asciutta), sembra di essere ritornati indietro nel tempo. Quando, poi, ci si immette sulla strada che conduce alla parte abitata di Nosy-Be (isoletta a nord del paese), si resta ancora più meravigliati dallo spettacolo. Si passa attraverso le coltivazioni più disparate, dai profumi inebrianti, e tra alberi da frutta a profusione; nella stagione dei monsoni, sembra addirittura di correre su di un tappeto di manghi, caduti così numerosi dagli alberi che non ci sono mani sufficienti per raccoglierli, né bocche per mangiarli.
Una decina di chilometri per arrivare a Hell-Ville, capitale dell’isola, con molte case coloniali francesi; altri dieci chilometri e arriviamo ad una grande scuola, sulla riva dell’Oceano Indiano, sul lato ovest, in faccia al Mozambico.
Nel gennaio 1999 misi piede per la prima volta a Nosy-Be e, più precisamente, nella scuola delle "Discepole del Sacro Cuore" di Lecce, che è diventata anche la mia missione.
Vedendo un costone alto e scosceso a picco sull’oceano, proprio dietro alla scuola, mi è venuta l’idea di edificarvi una chiesetta bianca, bella e slanciata una piccola costruzione, ma che si vedesse da lontano da piroghieri, motonauti, marinai, vacanzieri, pescatori... da tutti quelli, insomma, che solcano questo lembo di Oceano Indiano.
Il piccolo sogno è oggi realtà. La Consolata, in questo anno centenario di fondazione dei suoi missionari, ha una chiesetta sulla più bella isola del Madagascar. Una generosa signora brianzola, devota da sempre della Consolata, ha sostenuto le spese dell’opera. Il santuario diventerà certamente una meta di preghiera per chi si avventurerà su quest’isola di sogno!
 L’isola dei profumi
Nosy-Be, estesa come l’isola d’Elba, è una meraviglia nel suo genere, esotica e moderna, turistica e selvaggia. Situata a 15 chilometri dalla costa del Madagascar, è di origine vulcanica e montagnosa, con molti laghi formatisi negli antichi crateri. È chiamata "l’isola dei profumi" per le colture di canna da zucchero, caffè, vaniglia, pepe, zafferano, zenzero. E merita la reputazione di piccolo paradiso.
Oltre la metà degli abitanti (circa 30 mila) è cristiana, in maggioranza cattolica, con minoranze musulmane, indiane e cinesi. La popolazione, tranquilla e accogliente, sa convivere in pace nella mescolanza delle diverse razze.
A Nosy-Be, con le suore "discepole", ci occupiamo di una grande scuola di 1.030 allievi: una scuola tradizionale che, secondo il sistema francese, parte dalla terza all’undicesima classe. Le maestre sono suore malgasce ed è, ovviamente, cattolica, anche se non si fanno differenze di religione. Accettiamo tutti, finché c’è posto. Le varie religioni convivono senza alcun problema. E questo è bello.
I nostri allievi sono in maggioranza figli di tagliatori di canna da zucchero, il lavoro più duro che si possa immaginare, un’attività da schiavi, che molte tribù rifiutano di fare. Il salario è da fame e molti genitori riescono con difficoltà a pagare la piccola quota mensile per mandare i figli a scuola.
Tuttavia la nostra scuola funziona bene: le suore si impegnano al massimo e i risultati sono buoni. È forse per questo che tutti vogliono venire da noi, anche perché, molte volte, sulla regolarità del pagamento chiudiamo un occhio... Ultimamente siamo anche riusciti a fare adottare i bambini più poveri, con grande sollievo dei genitori.
La scuola inizia alle sette: ed è uno spettacolo assistere all’arrivo degli scolari, tutti con il grembiulino azzurro, la maggioranza a piedi nudi; chi lungo la spiaggia e chi attraverso i campi di canna da zucchero. Visi belli e sorridenti, rispettosi e vivaci.
Vivere per... morire
  Uno dei fatti che più mi ha colpito, arrivando in Madagascar, è la coabitazione (non sempre facile) tra cristianesimo e certi riti locali legati al culto dei morti. Oltre la metà dei malgasci è ancora legata alla religione tradizionale, che si riduce alla venerazione degli antenati.
Le diatribe su questo problema continuano da 180 anni, da quando, cioè, il cristianesimo è arrivato per la prima volta nella grande isola. Le opinioni divergono: alcuni ritengono le pratiche dei morti in contraddizione con l’insegnamento di Cristo; altri come una testimonianza dell’immortalità dell’anima.
La differenza di attitudine tra gli stessi cristiani ha portato a querele, destinate a durare all’infinito. Fra l’altro, i riti ancestrali prevedono sacrifici di zebù, funerali stabiliti dallo stregone e rivoltamento dei cadaveri dopo cinque-sette anni dalla morte, per dare finalmente una sepoltura definitiva al defunto, che diventa così "antenato".
Come tutte le religioni tradizionali africane, anche quella malgascia afferma che Dio è buono, ma è lontano ed è meglio lasciarlo tranquillo. Si ha, piuttosto, paura dei morti e si fa di tutto per tenerseli buoni. Gli antenati conservano la loro identità e i legami familiari. La credenza considera che tutto il male che arriva in una famiglia (incidenti, malattie, lutti, difficoltà economiche...) derivi dal mancato rispetto di certi desideri dei defunti. Pertanto tutti (cristiani compresi) non cessano mai di sottoporsi a costosi sacrifici in onore dei defunti: in occasione di un matrimonio, l’acquisto di una piroga, la costruzione di una nuova abitazione. Così, per tenerseli buoni!
In Madagascar si vive per prepararsi... a morire. La morte segna il passaggio dal rango di "uomo" a quello di "antenato" ed è caratterizzata da tre cerimonie fondamentali: i "primi" funerali; l’esumazione e il rivoltamento dello scheletro (pulito con cura e pitturato di vernice bianca); il "secondo" funerale (dopo cinque-sette anni), con nuovi sacrifici. In genere il defunto viene sepolto nel suo campo. Molti di quelli che vivono in città lasciano come ultima volontà di farsi portare nella terra di origine. "È la morte l’evento principale nella vita di un malgascio" mi dice un vecchio tagliatore di canna a riposo.
Quando si attraversano le campagne, si incontrano sovente monumenti funebri, negli stili più diversi, secondo le regioni. Il funerale è una festa e la sua importanza dipende dalla ricchezza del defunto e dal numero di zebù messi a disposizione dei partecipanti alle esequie. Alcune tombe, ornate da centinaia di corna di zebù, indicano palesemente la potenza dello scomparso.
A proposito: in Madagascar vivono più zebù che persone. Mentre gli abitanti sono circa 15 milioni, gli zebù arrivano a 17 milioni e ogni famiglia ne possiede almeno uno, che alleva per il prossimo lutto.
Frammenti di culture diverse
Non è possibile stabilire quale sia stata la stirpe originaria del Madagascar. Le 18 etnie principali che oggi l’abitano mostrano un’incredibile varietà di tratti somatici, tanto da rendere impossibile ogni generalizzazione.
Crocevia geografico tra Asia, Africa, Arabia e occidente, in Madagascar si ritrovano elementi culturali di mille paesi: il riso coltivato a terrazze come in Indonesia; le piroghe a bilanciere dei polinesiani; i libri di magia scritti in arabo; l’allevamento brado, caratteristico delle tribù seminomadi africane; i mercati e negozi indiani; chiese cattoliche e protestanti, abbinate in ogni centro abitato; l’amministrazione pubblica, fotocopia di quella francese.
L’isolamento millenario del Madagascar ha fatto sì che gli elementi portati da ciascuno si mescolassero e sviluppassero in modo originale. Natura e cultura hanno seguito una strada propria, rispetto agli altri popoli continentali.
Sulla grande "isola rossa" vivono molte specie di serpenti, ma nemmeno uno è velenoso; moltissimi gli animali nella foresta, ma neppure uno feroce. Alcune specie di animali ed uccelli sono veramente prolifiche nel Madagascar; famosissimi i lemuri, proscimmie graziose e mobilissime, sovente considerate portatrici di malocchio dalla popolazione (che li perseguita).
Quasi tutti i malgasci hanno la pelle nera, ma nella forma degli occhi, i capelli lisci, i nasi stretti, gli zigomi sporgenti... si legge l’oriente che è passato di qui. E si è anche fermato. Un villaggio tipico malgascio, anche il più sperduto, ha una chiesa protestante, una cattolica e sempre un emporio con un cinese o un indiano dietro il banco di vendita. No, i malgasci non amano il commercio e continuano pacifici sulla strada della tradizione, che li vede da sempre agricoltori e allevatori di zebù.
Una cosa importante: non dite ad un malgascio che è africano! Il Madagascar non si riconosce nel continente. Come una grande zattera che galleggia sull’Oceano Indiano, l’isola si richiama piuttosto all’Asia, non senza una certa fierezza, dovuta a parentele lontane e misteriose. La distinzione arriva talvolta a una certa forma di razzismo, sul quale si è fondata la stratificazione sociale di oggi, ben prima dell’arrivo dell’uomo bianco.
Al di là di tutte le teorie, il colore della pelle nera, bruna o chiara, è un criterio essenziale di classificazione dei malgasci stessi tra di loro: più la pelle è scura e meno l’origine è nobile. Una semplice osservazione della folla la dice più lunga di qualsiasi discorso scientifico. Tinte nere, gialle o ramate, capelli lisci o crespi, occhi stretti o molto aperti: il miscuglio è evidente e dà seguito a combinazioni tra il tipo malese dalla pelle chiara, il nero oceanico e il nero africano.
La fusione delle razze è la conseguenza diretta di un popolo che ha tante origini quante sono state le ondate migratorie negli ultimi 15 secoli.
È vero che il Madagascar occupa (ahimè!) uno degli ultimi posti in tutte le classifiche e statistiche disponibili: 13° paese più povero del mondo, 5° più "dipendente" dagli aiuti esterni, 12° tra i più assistiti. È anche il penultimo, dopo il Tibet, nell’uso di concimi chimici e, dunque, il secondo paese nel praticare un’agricoltura biologica ed ecologica, grazie alla povertà dei contadini. La condizione di miseria della "grande isola" sembra sfuggire a ogni logica.
Nonostante gli aiuti e il sostegno, il paese continua a sprofondare. E tutti gli esperti concordano nel dire che l’isola possiede un potenziale enorme, che dovrebbe, invece, permetterle di svilupparsi in fretta.

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Economia del Madagascar


Madagascar è uno dei paesi più poveri del mondo. L’economia del paese è basata principalmente su agricoltura, estrazione, pesca e produzione di capi d’abbigliamento. Uno dei prodotti più conosciuti del Madagascar è la vaniglia, che viene ricavata da un’orchidea e si utilizza come aroma. Poiché ci vogliono minimo due anni per far crescere i baccelli di vaniglia, questi sono un prodotto piuttosto costoso.

Nonostante i prezzi relativamente alti della vaniglia, il malgascio medio guadagna circa 1 dollaro americano al giorno, mentre il 70% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà mondiale. Quasi la metà dei bambini del Madagascar sotto i 5 anni è malnutrita.

Perché il Madagascar è così povero? Ci sono varie ragioni. Durante la passata dittatura di Didier Ratsiraka, il governo corrotto rubava gran parte degli aiuti economici dati dagli altri paesi. Il colonialismo economico dei francesi era strettamente legato allo sfruttamento delle risorse (legname, industria mineraria, pesca), attività che di certo non ha favorito una crescita economica a lungo termine, ma che ha causato piuttosto il progressivo ridursi delle risorse. La carenza di infrastrutture, specialmente di strade, rende difficile agli agricoltori portare i propri prodotti sui mercati, e l’isolamento geografico del Madagascar dal resto del mondo accresce i costi dei commerci. Tutto ciò che il Madagascar produce o vuole acquistare da altri paesi, deve essere spedito per via aerea o marittima. Un sistema di istruzione debole rende difficoltoso ai giovani malgasci trovare un lavoro fuori dal settore agricolo; oltretutto, solo pochissime persone in Madagascar hanno accesso a tecnologia ed Internet. Infine, i danni arrecati al territorio hanno ridotto la capacità degli agricoltori dell’isola di produrre grandi quantità di cibo. Tutti questi fattori contribuiscono alla povertà del Madagascar.

La situazione, però, potrebbe migliorare. Nel 2005 il Madagascar ha annunciato di avere trovato grandi quantità di petrolio. Questa risorsa giocherà un ruolo importante nell'economia futura del paese, oltre all'industria mineraria, alla produzione di pietre preziose (in Madagascar si trovano molti zaffiri) e al turismo. Si spera che l’ecoturismo, una forma di turismo che minimizza l’impatto sull’ambiente, possa contribuire alla crescita economica del Madagascar e a salvaguardare le aree naturali e la fauna selvatica.

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Prostituzione in Madagascar, l'unica alternativa per sopravvivere


Documentandomi sulle storie d'Africa, come faccio spesso, mi sono imbattuta, su www.africanews.com,  in un articolo terrificante: le prostitute di Toamasina sono aumentate di 12000 unità in meno di vent'anni.
La popolazione della città del più importante porto del Madagascar, composta circa di 200.000 abitanti, ora può contare su ben 29.000 prostitute. L'incredibile aumento (nel 1993 erano "appena" 17.000) è dovuto a due fattori: l'aumento della povertà e l'apertura della miniera di nichel ad Ambatovy.
L'apertura della miniera e il miglioramento dei collegamenti portuali hanno portato in Madagascar una incredibile quantità di lavoratori stranieri e gli ingenti investimenti hanno generato un aumento del costo della vita, che ha portato, tra le altre cose, anche al crollo delle normali attività dell'isola africana, come la raccolta e la vendita dei chiodi di garofano e di caffè
Il crescente numero di lavoratrici del sesso a Toamasina, tuttavia, non è solo un fenomeno dovuto alla miniera e agli investimenti, ma è parte di una... tendenza a livello nazionale, causata dall'aumento della povertà. Dal 2009 in Madagascar è scoppiata una estenuante crisi politica e quando il due volte eletto presidente Marc Ravalomanana è stato deposto da Andry Rajoelina, con il sostegno dell'esercito, la popolazione che vive con meno di 1 dollaro al giorno è passata dal 68 al 75%.
Le giovani donne, soprattutto le ragazze provenienti dalla campagna, sono indotte alla prostituzione e la vendita del proprio corpo è ormai considerato l'unico modo per poter sopravvivere.
"La prostituzione è diventata un fenomeno normale in Madagascar. Ora il sesso è diventato un prodotto, un mezzo per sopravvivere", ha detto Ratsarazaka Solomandresy, responsabile per le Nazioni Unite  dei programmi per la gioventù in Madagascar.(Fondo UNFPA)




La prostituzione in quest'isola è legalizzata e l'incidenza dell'HIV è assai minore rispetto ad altre zone dell'Africa, ma l'aumento di malattie come la sifilide è maggiore della media. Il 4% di donne incinte hanno questa malattia, che colpisce anche ben il 12% delle prostitute. In alcune zone del Madagascar alle lavoratrici del sesso viene consegnata una carta d'identità grazie alla quale possono avere copertura sanitaria e legale, ma a Toamasina questo non è stato possibile. La polizia locale, quando trovava una prosituta momentaneamente non in possesso della Carta, la portava alla stazione e procedeva ad una serie infinita di violenze di gruppo.
Per questo motivo a Toamasina è stato istituito un libro rosso, in cui le prostitute si iscrivono per aver assistenza legale. Per aver accesso a questa lista bisogna aver superato i 18 anni, ma le ragazzine che si prostituiscono sono una piaga per il paese.
Nadine, 15 anni, ha lasciato la scuola primaria nel 2011 e da allora, è diventata una prostituta. Guadagna 15 dollari a cliente per via della sua giovane età e anche se potesse permettersi di tornare a scuola lei dichiara che non lo farebbe perchè non le darebbe prospettive.

FIVEMITO, una associazione che si occupa di provare a togliere le ragazze dalla strada, ha aperto un centro di avviamento professionale per insegnare alle ragazze alcuni lavori che potessero consentire loro di abbandonare la "vita", ma purtroppo a causa della mancanza di fondi di donatori, il progetto è stato chiuso dopo poco tempo.
Il presidente di FIVEMITO, Razafindravao, ha così provato un'altra via, quella di andare in visita alle famiglie e provare a convincerle di evitare alle proprie figlie il lavoro sessuale:"Dico loro di tutte le conseguenze per la salute che le gravidanze precoci e malattie sessualmente trasmissibili avranno sulle loro figlie, ma il problema è che non
ho una soluzione alternativa per loro. Posso parlare, ma non c'è alternativa e loro stessi non hanno altre forme di guadagno per sopravvivere".

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L’Ansa ha accennato a una notizia che non ha avuto eco qui da noi.