venerdì 19 aprile 2013

Biglietto di sola andata per il Texas


""Tornare a casa? Sì, ma quando sarò in pensione". Della serie: in Italia si sta bene, ma solo in vacanza.
In questo numero de “Il mio Madagascar” dove predominano gli articoli “Mollo Tutto” non poteva mancare questo articolo di un ragazzo italiano che trova lavoro in Texas e che non intende ritornare in Italia. di Lorenza Castagneri
"Tornare a casa? Sì, ma quando sarò in pensione". Della serie: in Italia si sta bene, ma solo in vacanza. Sì perché al Methodist Hospital Research Institute di Houston, Texas, Thomas Geninatti ha trovato un lavoro, uno stipendio da sogno, un dottorato prestigiosissimo e pure una fidanzata. Insomma, una vita nuova. "E chi me lo fa fare di tornare in un Paese nessuno investe nella ricerca?"", racconta a Lorenza Castagneri, che lo ha intervistato per Il Fatto Quotidiano e la consueta rubrica che il giornale dedica ai cervelli in fuga.
Di seguito il testo integrale dell'articolo.
"Thomas ha ventisette anni e una laurea specialistica in Ingegneria Biomedica al Politecnico di Torino. "Negli States sono avanti anni luce. Non perché ci sia gente più preparata, ma perché le risorse sono maggiori. Qui è pieno di persone benestanti che mettono parte della loro fortuna a disposizione di università e centri specializzati".
E dire che è nato tutto per caso, due anni fa, quando Thomas stava cercando un argomento su cui sviluppare la sua tesi. Un giorno la madre gli mostra un articolo di giornale. Il pezzo racconta la storia di Mauro Ferrari, visionario nel campo della nanotecnologia applicata alla medicina, e della sua attività negli Stati Uniti. Decide di scrivergli una mail. "Pensavo che non l’avrebbe mai letta e invece, tempo due ore, mi ha risposto. Non ci potevo credere". Così Thomas è partito. Per sei mesi si è dedicato anima e corpo a studi ed esperimenti. La laurea è arrivata a marzo 2012. Lui, però, in Italia si è fermato giusto il tempo per la proclamazione. Arrivederci a San Francesco, il paesino con meno di 5mila abitanti alle porte di Torino dove aveva vissuto fino ad allora. "Al Methodist mi hanno offerto un posto di lavoro imperdibile: faccio parte di un team che progetta "drug delivery systems". In pratica, sviluppo nuove tecniche sul rilascio controllato dei farmaci antitumorali. Così sono ripartito. Con un biglietto di sola andata".
Mentre racconta, a Thomas tornano in mente i suoi ex colleghi del Poli che lavorano in Italia. Con alcuni di loro si è mantenuto in contatto. Si sentono via Skype o Facebook. Alcuni sono disoccupati, altri hanno trovato lavoro ma con contratti precari da mille euro al mese. Sono disillusi e senza certezze. "Dicono che è uno schifo. Che studiare anni e anni non ha più alcun senso. A me dispiace. È triste sentir parlare così del proprio Paese d’origine", osserva Thomas. Ma poi aggiunge: "Se non fossi partito, visti i tempi grigi dell’Italia, magari avrei detto sì alla prima offerta di lavoro. Non avrei mai avuto l’opportunità di lavorare con scienziati di fama mondiale e di frequentare un dottorato in ingegneria dei materiali tra Stati Uniti e Cina".
L’avvio del progetto è previsto per agosto. Thomas trascorrerà sei mesi a Pechino, per poi tornare altri due anni in Texas. Al suo fianco, sempre il suo mentore, il dottor Ferrari.

Negli anni sono tanti i giovani italiani che sono entrati a far parte del suo gruppo di ricerca al Methodist. "Ma non si tratta di campanilismo. – scrive lo scienziato via mail – Se ci sono tanti italiani da noi è solo perché hanno battuto un’agguerritissima concorrenza con ricercatori da tutto il mondo. Qui si entra solo se sei bravo. Vince la meritocrazia". 

 (aise)

mercoledì 3 aprile 2013

In Madagascar il Patronato Ital Uil



Caro Pensionato
Parte la campagna dell’Inps per accertare i redditi dei pensionati residenti all'estero relativi all'anno 2013.
Nei prossimi giorni l’Istituto invierà ai singoli pensionati il modulo per la dichiarazione dei redditi percepiti lo scorso anno.
Modulo e relativa documentazione dovranno essere inviati entro il prossimo  31 luglio 2014.
I dati da inserire si riferiscono ai redditi percepiti nell'anno 2013 dal titolare, dal coniuge o, nel caso di assegni familiari, anche dai componenti del nucleo familiare.
I connazionali dovranno inviare il modulo anche se non hanno redditi oltre alle pensioni italiane.
Qualora il modulo non venga trasmesso o non sia correttamente compilato, sottoscritto e completo della documentazione richiesta, l'INPS sospenderà il pagamento delle prestazioni legate al reddito.
Il Patronato Ital Uil Madagascar è a vostra disposizione per la trasmissione telematica del modello RedEst a titolo completamente GRATUITO.
Vi invitiamo pertanto a mettervi in contatto con noi al più presto per questo adempimento.
Cordiali saluti.
                     Aldo Sunseri
Ital Uil Madagascar:
Antananarivo: Aldo Sunseri - lot II N 80 a Bis – Analamahitsy tel. 0324.46.66.48

Tulear : Gianni Dematteo - Villa Dematteo- Mahavatse II – tel. 0324.03.33.61
Nosy Be: Barbara Bini - c/ aqua diving  DZAMANDZAR – tel. 0324250998

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Maria e la sua Africa


Due cronache di una ragazza felinese che sta provando da tre mesi un’altra vita. “Nzara è una bimba di 4 anni in carrozzina che non parla, ma capisce tutto e quando sorride le brillano gli occhi… Taina è un ragazzino che urla, mi spiega come devo imboccare Nzara e ride perché non lo seguo”. Venerdì 5 aprile l’incontro con don Gabriele Carlotti per conoscere da vicino il Madagascar e il Fma
Già da tre mesi Maria Leuratti si trova in Madagascar per il suo periodo di servizio presso la Fondation Medicale di Ampasimanjeva. Ha subito incontrato tante novità e subito il suo sguardo generoso si è allargato ad abbracciare una porzione di mondo che ora, grazie a lei, la nostra parrocchia sente più vicina. Riportiamo alcuni brani delle lettere che Maria spedisce via e-mail. Chi volesse riceverle direttamente può farlo presente, Maria sarà felice di allungare la lista dei destinatari. 
Salama!
La sera del 4 dicembre sono arrivata sana e salva in Madagascar!
All’aeroporto ci hanno accolto con gioia i volontari che sono ad Antananarivo e suor Bernardetta con due suore malgasce.
Dopo una bella dormita, i primi due giorni ho fatto la turista e ho visitato Tanà (abbreviazione di Antananarivo, la capitale) con Luca, un volontario di RTM e Chiara, che è salita da Ampasimanjeva per darmi il benvenuto.
Sono poi andata con don Giovanni R. e Chiara a fare un giro delle tre Case della Carità della capitale, ci sono tanti bei bimbi!!! Uno che si chiama “colui che è accolto” (non ricordo il nome malgascio) appena ci ha visto ha iniziato a scuotere la testa e a urlare; la suora ha detto che era contento…allora siamo stati contenti anche noi! Scendendo da Tanà, dopo cinque ore di viaggio, con don Giovanni e Chiara siamo arrivati ad Ambositra, dove mi fermerò per un po’ a studiare malgascio.
Lungo la strada, quasi l’unica del Paese, che va da nord a sud, c’erano pochissime macchine, qualche pulmino che trasporta le persone da una città all’altra (taxi brousse) e tantissimi a piedi.
C’erano alcuni gruppi di bimbi che stavano tornando da scuola, altri che governavano magrissimi buoi e altri che si avvicinavano alla macchina appena rallentavamo per evitare una buca.
Che paesaggi meravigliosi: capanne, case di mattoni, risaie e vallate verdi che lasciano spazio a terra rossa (qui è estate)!
L’indomani siamo scesi a Fianarantsoa per i documenti. Con don Giovanni R. ho partecipato alla Messa in ospedale ed in carcere. Nelle Messe non ho capito quasi niente di quello che è stato detto, ma ho potuto apprezzare la grande partecipazione dei detenuti con i canti e dall’altra la solidarietà ai malati di amici e parenti che li assistono numerosi, occupando i piedi del letto o sedendosi per terra.
Da una settimana ho iniziato le lezioni con l’insegnante Marcel; ce la sto mettendo tutta per ricordare il più possibile; nonostante non sappia la lingua, finora non ho fatto grossi danni!
Ad Ambositra sono rimasta nella casa volontari una notte, poi mi sono trasferita alla CdC per essere in compagnia! E che razza di compagnia!!!
C’è un sacco di gente: 35 ospiti, quattro suore e cinque ragazze che stanno iniziando il cammino di formazione per diventare suore.
La mamera (suor Margherita), appena mi ha visto, mi ha accolta con gioia. A tavola mi offre continuamente da mangiare e mi controlla se secondo lei non ho mangiato a sufficienza!
Qui si mangia riso a colazione, pranzo e cena, ma basta poco tempo per rendersi conto che va benissimo così perché abbiamo la fortuna di avere qualcosa nel piatto tutti i giorni.
Per fortuna ci sono anche tanti ospiti che pian piano sto conoscendo: Nzara è una bimba di 4 anni in carrozzina che non parla, ma capisce tutto e quando sorride le brillano gli occhi; Taina è un ragazzino che urla, mi spiega come devo imboccare Nzara e ride perché non lo seguo.
Marisienne sembra un po’ la Marisa di Cagnola: viene in cucina e molto dolcemente mi chiede come sto e mi accarezza; l’altra sera mi ha persino cercata per darmi la buonanotte.
Questa, per ora, è la mia bella famiglia; la vigilia andrò ad Ampasimanjeva per festeggiare il Natale con quelli che lo diventeranno quando finirò le lezioni; per ora ringrazio il Signore per gli amici che ho conosciuto, per i tantissimi che incontrerò e perché ogni giorno ho tanto da scoprire, da imparare e non mancano le occasioni per stupirsi!
Veloma dal caldo Madagascar,
Maria
* * *
Salama!!!
innanzitutto buon anno; spero che il 2013 sia iniziato bene e che continui così. Qui per me ogni giorno è un Natale, un capodanno, una straordinaria novità.
La domenica prima di Natale ho fatto una gita in campagna e in compagnia! Con don Giovanni D. che è salito ad Ambositra per festeggiare il Natale con la sua futura comunità, Annalisa, cooperante di RTM di Tanà, e sua mamma, sono tornata a Messa in carcere.
Al pomeriggio siamo partiti in macchina con destinazione “villaggio della seta”!
Dopo circa due ore di strada, ovviamente sterrata e molto dissestata (le buche di cui ci si lamenta in montagna dopo che gli spargisale hanno fatto il loro dovere sono niente in confronto alle voragini malgasce), siamo arrivati in questo villaggio sperduto nella campagna in cui ci hanno accolto donne e bambini. Una signora ci ha ospitato generosamente in casa, mentre le altre hanno preparato gli strumenti per farci la dimostrazione della lavorazione della seta…per farvi un’idea, per fare una sciarpa impiegano circa 12 ore. Poi in 5 minuti nel cortile hanno allestito il mercato! Erano circa una trentina, tutti intorno a noi. Siamo stati un “evento” in questo paesino fuori dal mondo. E io mi sono sentita privilegiata per aver conosciuto anche quell’angolino di Madagascar.
La vigilia, di prima mattina, mi sono messa in viaggio verso Ampasimanjeva con Annalisa, sua mamma e il simpatico autista (che è uno dei pochi pesi massimi dell’isola rossa). Ho continuato ad ammirare le bellezze di questa terra così vasta e ricca…e piano piano mentre si scendeva il paesaggio è cambiato e le case di mattoni sono definitivamente scomparse lasciando spazio alle capanne in legno.
Più scendevo verso Ampa, più mi saliva l’adrenalina per la curiosità di conoscere le persone e i luoghi che diventeranno casa mia.
Appena arrivati, dopo le presentazioni, mi sono messa all’opera nella piegatura di cappelletti con la dottoressa Ortance, (uno dei tre medici dell’ospedale che abita all’interno di questo piccolo villaggio dell’FMA), suor Justine e suor Marie Goretti, le altre due sisters con cui abiterò, poi niente veglia e a letto prestissimo perché alle otto e mezza si spengono i generatori (la corrente elettrica c’è tutti i giorni dalle 17.30 alle 20.30 e viene accesa in orari diversi nel caso si debbano effettuare operazioni chirurgiche urgenti).
Una vigilia particolare… e un Natale ancora più strano. Messa in parrocchia alle 7.30 del mattino per evitare di sudare troppo, ma inaspettatamente al pomeriggio il giorno di Natale si è colorato di Natale!!! Siamo andati a distribuire i regali agli ammalati di tutto l’ospedale.
L’ospedale è formato da tante casette in cui ci sono diversi reparti: pediatria, maternità, uomini adulti, donne, mamme che hanno avuto problemi durante il parto e tubercolotici.
I malati saranno stati una settantina; ad ognuno abbiamo consegnato un pacchettino con biscotti, caramelle e salatini e tutti han voluto stringerci la mano per ringraziarci. Nel reparto del tubercolotici si respira un clima familiare. Sono una quindicina, tra cui almeno 5 bambini.
Tornata in casa sono andata dai miei Gesù bambini: Eloi ed Eolalie!!!
Sono due dei tre gemellini che una mamma ha partorito all’ospedale il primo dicembre e che ha deciso di non tenere, così da allora abitano con le suore in attesa di crescere un po’, prima di essere adottati da una famiglia di Tanà che li sta già attendendo (nella tribù antaimoro è tabù avere dei gemelli e succede che alcuni genitori li abbandonino; se qualcuno si starà chiedendo il motivo, io non lo so, forse sono tanti e molto diversi).
Sono nati di sette mesi e sono piccolissimi; Eloi è nato di 1,3 kg e la sorellina Eolalie di 1,5. Mentre davo il latte ad Eloi con un biberon quasi grande come lui, ho realizzato che lui era il mio Natale!!! Ma il regalo più bello è stato il battesimo di queste meraviglie dove ho fatto da madrina ad Eolalie. Eravamo solo noi “parenti”, ma per me è stata una festa grandissima.
Due bambini che la famiglia non ha tenuto vengono accolti in un’altra famiglia con tanta gioia e amore e saranno accolti con altrettanto amore dai loro futuri genitori: è Natale, trionfa la vita! E’ stato stupendo pensare queste cose mentre li guardavo.
Nelle feste non mi sono proprio fatta mancare niente… e ho trascorso i due giorni successivi tra il letto e l’ospedale. Si sono allertati tutti per starmi vicino. Prima che il dottore mi visitasse, già mi sentivo fortunata perché mi sarei potuta permettere di comprare le medicine, e qui non è cosa da poco, visto che anche le minime cure sono da pagare. Per fortuna si è risolto tutto nel giro di 2 giorni. Prima di uscire dalla città ho visto il mare (nonostante il Madagascar sia un’isola, le vie di comunicazione sono scarse e maltenute, quindi gli spostamenti richiedono molto tempo e spesso, anche se in linea d’aria si è vicini al mare, per raggiungerlo si possono impiegare delle ore).
Ed è arrivato anche l’ultimo dell’anno… come ogni sera a letto alle 9 perché le suore erano molto stanche! Io e Chiara siamo rimaste un po’ nella veranda a chiacchierare ma abbiamo tirato solo fino alle 10.30. Prima di addormentarmi un po’ ho pensato di non essermi tanto goduta il capodanno ma OGNI GIORNO QUI E’ UN CAPODANNO!
Il 2013 ha portato ad Ampa anche Pascaline, così siamo aumentati in famiglia. E’ un’ospite della CdC di Mananjary di 18 anni che è in dolce attesa e rimarrà fino a quando partorirà. Credo che sarà bello farle compagnia. Ora vado a studiare che più tardi Marcel mi interroga.
Veloma, Mery
 * * *
Le necessità dell’FMA (Fondation Medicale di Ampasimanjeva, la struttura in cui opera Maria) sono tante. L’ospedale si trova in prossimità della foresta e deve fare i conti con bisogni continui e impellenti. Le medicine scarseggiano, il reparto di pediatria necessita di manutenzione e di attrezzature. Le lettere di Maria, che ci giungono proprio durante le settimane della Quaresima missionaria, ci interpellano e ci stimolano a una maggiore vicinanza con i nostri fratelli malgasci e con l’impegno dei nostri missionari. Per conoscere più da vicino il Madagascar e l’Fma in particolare, la Parrocchia propone una serata col direttore del Centro missionario diocesano, don Gabriele Carlotti.
L’incontro si terrà venerdì 5 Aprile, alle ore 21, presso il salone parrocchiale. La comunità di Felina (insieme a tutti quelli che vorranno dare il loro contributo) è tradizionalmente una comunità aperta e solidale. Approfittiamo dell’impegno missionario di Maria Leuratti per collaborare con lei e con il Centro Missionario Diocesano: un piccolo contributo economico può fare la differenza, soprattutto se sono in molti a partecipare.
Per informazioni e/o offerte contattare: don Pietro, Nazzarena Milani, Zelinda Manfredi,  Oscar Pignedoli, Luca Giovanelli, Chiara Boni, Giovanni Leuratti, Clara Domenichini.
(Tratto da Bollettino della Comunità della zona di pastorale di Felina, Gatta, Gombio, Villaberza, San Giovanni)
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Ida, il fossile di 47 milioni di anni


E’ forse questo l’anello di congiunzione tra uomo e scimmia, il mistero è stato svelato completamente?

Al Museo di Storia Naturale di New York è stato presentato ufficialmente il fossile scoperto in Germania datato 47 milioni di anni che rappresenta una grande passo per gli scienziati alla ricerca della comprensione dell’evoluzione umana dalla scimmia all’uomo. E’ stato definito l’anello mancante che da tempo si sta cercando nell’evoluzione della specie.
Ida è una giovane femmina somigliante a un lemure (mammifero del Madagascar simile a un furetto) moderno, dalle dimensioni di una marmotta, in cui si riscontrano caratteristiche della specie umana. Il nome Ida deriva dalla figlia del paleontologo norvegese Jorn Hurum che dopo aver recuperato il primo pezzo da un ignoto proprietario ha iniziato le ricerche sul reperto.

Questo fossile è anche denominato “Darwinius masillae” cioè la “Creatura di Darwin” in onore del bicentenario della sua nascita che ricorre quest’anno. 
Il fossile è stato ritrovato in una buca della miniera in disuso di Messil, località in Germania a una quarantina di chilometri da Francoforte, dove è stato recuperato nel 1983. Questo reperto di epoca Eocene (da 55 a 33 milioni di anni fa) suddiviso e venduto in due parti separate si è “riunito” solo nel 2007. Da qui gli studi e i raffronti su Ida, vissuta 47 milioni di anni fa nella fase temporale denominata Luteziana che ha in sé caratteristiche di trasformazione dai primitivi primati alle attuali condizioni della natura moderna. Oltre alle caratteristiche tipiche di questi animali Ida ha però pollici opponibili, cioè uno di fronte all’altro, caratteristica tipica umana.
Questo fossile rappresenta quindi la linea di separazione, o meglio di congiunzione, tra le due tipologie di primati mammiferi suddivise in scimmie e scimpanzé antropomorfi (che comprendono l’Homo Sapiens) e in tutti gli altri esclusi i precedenti (Prosimiani).
Ai tempi della sua scoperta, questo fossile fu unicamente presentato alla comunità scientifica e alla stampa come il più completo reperto di un primate mai ritrovato. Ida è vissuta subito dopo l’estinzione dei dinosauri, quando i mammiferi primi tra tutti iniziarono a diffondersi e a moltiplicarsi. Da questi primati si divisero e si svilupparono le specie antropomorfe come scimmie e scimpanzé.
Due sono state le chiavi su cui si è evidenziata la differenza strutturale che ha portato a quest’analisi finale di un fossile di transizione. I lemuri hanno artigli e denti particolari, in questo fossile invece non si hanno artigli ma dei pollici opposti con unghie, occhi frontali e distanziati e denti simili agli scimpanzé. Le mani hanno cinque dita che probabilmente servivano a Ida per arrampicarsi e afferrare la frutta, gli arti sono flessibili e relativamente corti. In base alle analisi della mandibola, dove i molari non sono ancora sviluppati, Ida doveva avere circa nove mesi o sei anni umani quando è morta a causa di una frattura al polso che le ha probabilmente impedito di sfamarsi, forse poi scivolata nell’acqua è morta e depositandosi sul fondo vi è rimasta a “dormire” per tutto questo tempo.

Ed ecco che oggi questo piccolo animaletto riesce a rivelare quali siano stati i delicati passaggi in tutti questi anni che hanno portato allo sviluppo e alla modifica fisica della specie umana sino ad arrivare ai giorni nostri. Forse può sembrare una cosa minima quasi trascurabile ma in questo è la chiave per definire meglio le teorie di Darwin che hanno cercato una risposta al grande interrogativo dell’origine della specie.
Fonte: http://www.amando.it/

Alla scoperta di nuovi cibi


Di invenzioni ne vediamo tutti i giorni, e anche nel mondo alimentare sicuramente possiamo davvero stupirci e meravigliarci per i nuovi ritrovati.

Le aziende alimentari lavorano molto sotto quest’aspetto, poiché cercano di coinvolgere il consumatore sensorialmente, di attirarlo con “effetti speciali”, con aromi e profumi inebrianti, con design applicati agli alimenti quotidiani che spesso ne stravolgono i canoni classici e abituali.
Proviamo a scoprire insieme gli ultimi ritrovati e a divertirci in questo mondo affascinante, certo è che poi sarebbe bello anche provarli, e capire se sono oltre che innovativi anche interessanti per il palato!
È un mondo di sciuro interesse per i curiosi del cibo, che non si lasceranno scappare ad esempio, la crema di carciofi in tubetto, facile e pratica da spremere su tartine poco prima dell’arrivo degli invitati!



Che dire poi della birra con cioccolato?
Si tratta di una nuova birra “
Old Chocolate Strong Ale”, di nazionalità britannica, che unisce al sapore amarognolo della birra quello più dolce del cacao e della vaniglia proveniente dal Madagascar, da abbinare al dessert ovviamente.

Vi siete dimenticati di acquistare il formaggio da mettere sui crostoni ben caldi? 
Nessun problema, ecco la 
crema al gorgonzola liofilizzata prodotta da Food Dry, ad essa andrete ad aggiungere solo un goccio di olio, acqua e il gioco è fatto!
Tenete presente che questa crema liofilizzata dura due anni nella dispensa, perfetta per i pigri o per gli sbadati che dimenticano sempre un pezzo di spesa.

Avete un buonissimo gelato e non sapete quale potrebbe essere il tocco che lo rende anche speciale?
Problema risolto il 
mango spray: “Air spuma” è, infatti, una mousse di mango che come la panna montata si aggiunge a piacere sul gelato o sui dolci in generale.
Italianissime le “gocce di frutta” ideate e prodotte da Orogel, si tratta di gocce di frutta, appunto, dagli invitanti gusti, fragola, pesca ecc, adatte per i bar o le pasticcerie e soprattutto disponibili in tutte le stagioni, poiché trattasi di un prodotto surgelato.
Le gocce di frutta sono pratiche perché facili da dosare, Orogel garantisce la qualità massima della frutta di origine, e la possibilità di impiegarle in mille modi: frappé, sorbetti, drink, o mescolate con altri ingredienti, senza sprecare nulla.
Per restare, in prodotti dolci, ecco il tedesco “Zucceroo”, un miele disidratato, da dosare esattamente come lo zucchero.
E anche se l’estate è finita, si può chiudere con un gelato, anzi per esattezza un ghiacciolo, completamente nero, che lascia per la gioia dei bambini, e soprattutto delle mamme, la lingua nera, è prodotto da Sanson, e l’effetto gotico è assicurato

Amate il bosco e le fatine dei fiori?
Giusto per voi la possibilità di aggiungere alle vostre gentili e candide pietanze, i fiori più profumati e romantici (gelsomino, lavanda, rosa) tutti rigorosamente secchi, a produrli e commercializzarli in simpatici piccoli contenitori di vetro “Fleurs à Cuisiner”.
Amate i tartufi,  ecco il purè di tartufi, pronto da far degustare agli amici più cari o agli ospiti più importanti, simile qualitativamente al tartufo bianco.

Volete davvero stupire gli amici?
Ecco per voi qualcosa di davvero originale: Kapsi, sei piccoli contenitori di vetro coloratissimi allegri e simpatici, da 5 ml l’uno, piacevoli da toccare, perché molto lisci, si tratta di piccole bevande alcoliche da gustare con moderazione (visto che si tratta di alcool), in un piacevole mix con le salse, o per ravvivare delle particolari pietanze. I sapori sono: Kirch, prugne Mirabelle, Raspberry, assenzio, William pera e Plum.
Dovete preparare un aperitivo e magari vi piace il cetriolo, ma l’estate è ormai lontana?
Voilà, il tubetto modello dentifricio, dal quale esce magicamente la crema di cetrioli.
Via libera, dunque, alla fantasia e alla curiosità per tutti quelli che vivono il cibo come un mondo da scoprire.
Fonte: http://www.amando.it



Vaniglia, l'aroma poliedrico


Se non è il più conosciuto è certamente un aroma molto noto per il suo uso non solo in cucina, ma anche in profumeria. Ed è il frutto di una orchidea.
E' uno degli aromi più diffusi e più conosciuti al mondo, usato, al contrario di molti altri che trovano una unica area di utilizzo, viene usato sia in cucina che in profumeria. 
Ma questo aroma viene ricavato dai frutti, da dei baccelli di una orchidea originaria del Messico. 
Come molte altre spezia il suo valore a peso è enorme ed è quindi diventata una coltivazione fondamentale per determinate zone. 
Distribuite in diverse zone, ne esistono diverse varietà in base alle dimensioni ma anche alla rarità e all'intensità dell'aroma.

Caratteristiche
Questa orchidea, dai cui frutti viene derivata la vaniglia, è una orchidea rampicante, i fiori nascono in gruppi di 8 o 10 dal colore delicato bianco, giallo o verdastro, a seguito dell'impollinazione nasce un pendente lungo sino a 25 centimetri su cui nascono i baccelli che raccolti non ancora maturi, vengono poi fatti maturare artificialmente o seccati (questo in base alla procedura scelta) e da cui si ottiene la vaniglia.

Coltivazione

Questa orchidea vive nei climi tropicali umidi, dal Messico dove nasce spontaneamente nel sottobosco, si è poi diffusa in tutta la fascia tropicale sino ad est per la possibilità di coltivarla. Ha bisogno di ombra, deve quindi essere posizionata o nel sottobosco o in luoghi appositi e con la possibilità di avere un appoggio come altri alberi (nelle coltivazioni parzialmente spontanee) o le canne da zucchero nelle colture intercalari oppure in serra con appoggi artificiali. Senza l'attività di api particolari presenti solo in Messico, l'impollinazione deve avvenire manualmente ed è quanto avviene in tutte le coltivazioni al di fuori della zona di origine.

Storia
La fortuna della vaniglia la dobbiamo al Re Sole Luigi XIV che affascinato dal profumo e anche perché una delle sue tante amanti ne abusava, la importò per primo nell'Isola Bourbon (Réunion) ma sino a quando non si scoprì l'impollinazione manuale, non iniziò la coltura intensiva. Venne anche poi portata in Madagascar e in tempi più recenti in Indonesia e poi in India. E' a oggi coltivata nei paradisi tropicali come le Seychelles, Mauritius e Tonga e anche in Cina.

Lavorazione e derivati
Il costo di questa essenza è dovuto alla particolare lavorazione a cui sono sottoposti i baccelli che vengono essiccati e lavorati per ben 10 mesi prima di ottenere il tipico bastoncino che viene commercializzato. I baccelli migliori vengono venduti interi, altrimenti si può ottenere l'estratto di vaniglia per macerazione in alcool oppure la polvere di vaniglia viene creata tramite la frantumazione dei baccelli.

Varietà
Tra le varietà principali rinomate e pregiate per la qualità troviamo la vaniglia Bourbon e la vaniglia Tahitensis.

Impiego
La vaniglia o meglio la sua essenza è impiegata in cucina in diverse preparazioni, nei dolci soprattutto e anche in una semplice torta margherita l'essenza di vaniglia riesce a profumare e a dare un gusto particolare, è anche usata nei budini, in questo caso si usa il vero e proprio bastoncino, nello yogurt e nel gelato ma aromatizza anche té e tisane. E' anche presente in diversi profumi, tra i più recenti è ingrediente in Manifesto di Yves Saint Laurent, La vie est belle di Lancôme e Dot di Marc Jacobs.
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Madagascar, cioccolato rosso sangue


Se vivesse in Brianza, Mora Norbert terrebbe, sotto il cuscino, una pistola. Ma essendogli capitata la ventura di nascere in Madagascar, in camera da letto, per proteggersi, tiene la sabbuha. Questa è una lancia primordiale, dell’età della clava; la stessa in cui vive una delle valli più belle del creato, la valle Sambirano, da cui proviene uno dei frutti che più delizia il nostro palato: il cacao.
A inoltrarsi di giorno nelle piantagioni o anche nei villaggi, ci si perde in una ricca selva ancestrale in cui la vita scorre lenta scandita  com’è dai bisogni primordiali. Non ci sono pompe, e dunque l’acqua si prende al ruscello, spesso lontano. Non ci sono auto, bensì carretti di legno trainati da bestiame. Non c’è la luce, e dunque la notte si accende di fioche candele e delle torce rudimentali dei ladri.
Accade, in Madagascar, ciò che in America Latina succede con le foglie di coca: la guerra del cacao, con produttori, ladri, trafficanti, ricettatori.

Mora Norbert è un piccolo produttore, ha quattro ettari, in un villaggio vicino ad Ambanja, nel Nordest del Madagascar, che protegge con la lancia. I baccelli freschi li vende a mezzo euro al chilo, quelli secchi a due euro, con quelli secchi i più grandi chocolatier d’Europa – tra cui anche gli italiani – ci fanno il cioccolato che poi vendono 100 grammi a cinque euro. Mora Norbert, tuttavia, non lo ha mai assaggiato, il cioccolato: nel suo Paese lo fanno solo due società, nella capitale, a più di mille chilometri. “Abbiamo bisogno che qualcuno lo faccia qui”, mi dice.
Tutte le mattine, Mora va in pattuglia nel suo podere con la sabbuha a caccia di ladri. Negli ultimi mesi lo hanno derubato tre volte. A gennaio e febbraio, ci sono stati, in media, nella valle Sambirano, cinque furti a notte. Nella prigione di Ambanja, il capoluogo di provincia, il 70% dei 294 detenuti sono dentro per crimini legati al cacao. Ci sono anche 14 donne, sedute per terra, sul cemento, sotto una lamiera, ad attendere un pasto che non arriverà. Il direttore del carcere, un ragazzo in ciabatte, mi chiede aiuto: non ha cibo sufficiente per i ladri di cacao. Ha un po’ di mais e di patate e manioca, nient’altro.

Mi viene in mente che questa gente scalza, senza espressione, ha probabilmente rubato per fame, fame che soffre anche adesso che è dentro.
Mora Robert, ovviamente, non ha pietà.
Se avesse i soldi, si comprerebbe, per difendere il raccolto, una pistola. Ma non li ha, e allora va avanti con la sabbuha.
“Costa meno andare dal moasy, dallo stregone. Fa una makumba, scrive una formula magica su una foglia di palma, e alcuni ladri muoiono mentre altri escono pazzi”.
Ma va?
“Ma si”.
Come?
“Per esempio un mio amico ne ha ucciso uno”.
Come?
“Gli ha sparato un colpo in faccia”.
L’ho conosciuto, l’amico di Mora. Si chiama Miadana.
Ha 64 anni e per moglie una donna cannone dal sorriso d’oro.
Possiede due ettari di cacao, che sorveglia da sempre ogni mattina, in pattuglia solitaria, mentre i galli ronfano ancora.
Parliamo nel cortile della sua capanna, sotto un telo, affianco a un carretto di legno tra anatre e galline.
Un giorno, pioveva tanto, e forse i ladri pensarono che avrebbe rinunciato al suo giro. Ci andò lo stesso, a bordo della sua moto cinese Kinlon.
“Parcheggiai un po’ fuori. Arrivai a piedi tra le piante e notai, tra i rovesci d’acqua, delle ombre. C’erano due giovani, a 30 metri da me”.
Lavoravano in armonia: uno faceva cascare con la sabbuha i baccelli, l’altro li raccoglieva e li poneva in un sacco di iuta.
“Mi recai dritto verso quello che raccoglieva, in pugno la mia pistola malgascia. Non avevo intenzione di sparare, pioveva fitto, non vedevo niente, ma sentii un rumore dietro di me, era l’altro, con il sacco, che si avvicinava e allora mi girai e feci fuoco”. Corsero via entrambi, e allora Miadana raccolse i baccelli ancora per terra, coprì il sacco con un telo e tornò a casa a mangiar riso convinto di averlo mancato.
“Ore dopo, venne a casa un gendarme dicendomi che avevano trovato un ragazzo di 25 anni morto stecchito con un colpo di cuscinetto dentro il cranio”.
Finì in prigione. Due giorni dopo sua moglie riunì i sei anziani della famiglia e tutti assieme andarono ad Antsahapano, il villaggio del morto.
Andarono a trattare. Nella cultura malgascia, è possibile compensare la famiglia della vittima della perdita ricevuta, e in cambio questa può ritirare la denuncia e così far liberare il colpevole.
“Mia moglie e gli anziani, uccisero una grande grassa zebù (la vacca locale) e la offrirono in dono assieme a 160.000 ariary”, circa 60 euro. La famiglia della vittima accettò. Ma poi lo lasciarono in prigione. Allora la moglie, la signora dal sorriso d’oro, si riprese la zebù, ma i soldi erano persi.
“Li avevamo dati alle persone sbagliate. Alla fine pagammo 3 milioni di ariary (quasi mille euro) a uno del governo, e mi lasciarono andare”.
Gli chiedo se è pentito.
Ride una risata nervosa.
“Non volevo uccidere mica”.
Dice anche che i ladri continuano a visitare il suo podere: “Le vedo le loro luci, nella notte, tra le foglie”.
(Il reportage completo sulle guerre del cacao in Madagascar è in edicola mercoledì su Vanity Fair).
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