mercoledì 3 aprile 2013

Jackfruit, un frutto per tutti i sensi


Le foglie carezzano, i fiori seducono, gli animali spiano. Viene spontaneo trattenere il fiato per non disturbare la quiete, camminare in punta di piedi, quasi a rallentatore, per assecondare l’apparente immobilità degli alberi e dei loro ospiti

Diceva bene Marcel Proust sostenendo che il vero viaggio non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi ma nell’avere nuovi occhi con cui scoprirli.
Ne ho avuto conferma anche quest’estate, in Madagascar, durante un’escursione all’interno della foresta primaria di Lokobe. Avventurarsi laggiù dà la sensazione d’essere avvolti dal morbido abbraccio di piante gigantesche che con le loro liane invitano ad addentrarsi sempre di più nel cuore vergine della primitività.
Le foglie carezzano, i fiori seducono, gli animali spiano. Viene spontaneo trattenere il fiato per non disturbare la quiete, camminare in punta di piedi, quasi a rallentatore, per assecondare l’apparente immobilità degli alberi e dei loro ospiti. Ma soprattutto viene naturale aprire gli occhi in maniera nuova, educare lo sguardo a ciò che sembra invisibile e che tuttavia c’è: respira, si muove, osserva e spera di non essere scoperto, se non con rispetto.

Mentre la mia guida procedeva lenta nella delicata ricerca di serpenti e camaleonti rarissimi, io ho casualmente alzato lo sguardo verso l’alto, più interessata ai lemuri che ai boa. E frugando serendipicamente con gli occhi tra le palme frondose, ho intravisto qualcosa d’inatteso. Una polposa macchia color giallo brillante stava appesa a un robusto tronco di una pianta mai vista prima.
Non solo una ma altre tre, quattro o forse più macchie gialle penzolavano pigre dallo stesso fusto. Sottovoce ho pregato la guida di dirottare il cammino verso quegli stranissimi spruzzi di sole per capire cosa fossero ed è stato così che ho incontrato per la prima volta il Jackfruit. Quando si dice “amore a prima vista”!
La pianta appartiene al genere Artocarpus, una famiglia di circa sessanta specie di alberi e arbusti tropicali sempreverdi, di cui la più nota è il Breadfruit o Albero del pane. Il Jackfruit è una variante meno nota, almeno nella nostra cultura.
La sua origine è asiatica: dalla Thailandia l’albero è stato trapiantato fino in Brasile dai viaggiatori portoghesi del sedicesimo secolo, anche se alcune ricerche farebbero risalire la sua primissima coltivazione a seimila anni fa, in India. La cosa certa è che il suo nome deriva dal portoghese “jaca”, inglesizzato nel 1563 dal naturalista Garcia de Orta nel suo affascinante libro “Colòquios dos simples e drogas da India”. Più tardi, un certo William Jack, un ambizioso botanico scozzese dei primi dell’Ottocento, restò a sua volta talmente affascinato da questa bizzarra pianta rinvenuta durante un viaggio in Malesia che millantò la paternità del nome, Jack appunto.
Nome di battesimo a parte, il Jackfruit oggi è uno dei tre frutti beneauguranti del Tamil Nadu - insieme alla banana e al mango – oltre ad essere il frutto nazionale del Bangladesh. Un’altra curiosità che lega il frutto all’Oriente, arte culinaria a parte, è che da esso si estrae il colorante giallo utilizzato per tingere le tonache sacre dei monaci buddhisti.

La sua lunga storia ha permesso alla pianta di approdare molto lontano dalle terre d’origine ed è così che anch’io ho potuto scoprirla in Madagascar, straordinario crocevia di cultura africana e asiatica. Ogni Paese in cui è arrivata è stato contagiato positivamente dalla sua esuberanza. In Brasile, paradossalmente, il Jackfruit ha finito per diventare invasivo, soprattutto nella foresta secondaria del Tijuca, dove piccoli mammiferi come il coati, essendone golosi, contribuiscono a diffondere a dismisura i suoi semi nel terreno, alimentando così un’eccessiva espansione della specie vegetale a scapito di altre.
In Madagascar, invece, la presenza del Jackfruit è discreta ma generosa e rallegra la foresta punteggiandola qua e là di queste sfere ovoidali gialle che possono raggiungere anche il peso di cinquanta chili e un metro di lunghezza ciascuna. All’olfatto il frutto non risulta immediatamente simpatico, perché l’odore che emana quando è maturo è prepotente e ricorda un po’ quello aspro e pungente della cipolla. Dev’essere un trucco che la pianta ha escogitato come naturale difesa verso certi animali. Toccando il frutto, la prima sensazione è quella di scontrarsi con una superficie rugosa e coriacea inespugnabile che sembra non promettere granché di speciale con tutti quei bitorzoli tondeggianti. Invece, la vera sorpresa del Jackfruit sta proprio nel suo cuore tenero, cosa che avrei scoperto con mio grande piacere a cena, quella stessa sera.
 Anche grazie al Jackfruit, ho imparato che il vero viaggio non solo vuole nuovi occhi con cui guardare ma anche una nuova bocca e un nuovo naso con cui sentire sapori del tutto sconosciuti. Essere curiosi e lasciarsi stupire è indispensabile per aprire i sensi con disinvoltura a nuove esperienze senza diffidenza né timore. E questo vale anche a tavola, soprattutto quando ci si trova lontano da casa.
Prima di assaporare il misterioso gusto del Jackfruit, ho voluto capire come venisse ricavata la polpa dalla scorza brufolosa. E ho constatato che il lavoro d’estrazione non è impresa da poco, anzi somiglia più all’arte fine dello scultore che a una semplice opera culinaria. Dopo un primo taglio netto che squarta la sfera ovoidale esattamente a metà, la scavatura deve essere eseguita da mani esperte, decise ma delicate, di solito femminili. Il cuore carnoso del frutto si lavora con un coltello flessibile con cui si ricavano decine e decine di petali, simili a grosse fave o a patatine chipster, dal colore giallo tenue e lucente. Io li ho mangiati crudi, perché il frutto da cui sono stati ricavati era maturo al punto giusto. Quando invece il frutto è ancora acerbo o giovane, la sua polpa viene utilizzata cotta in un’infinità di sfiziose varianti: bollita, stufata, arrostita, lessata nel latte di cocco, speziata con aromi agrodolci e piccanti, accompagnata spesso da gamberi o carne di zebù.
La consistenza del petalo del Jackfruit crudo, così come l’ho assaporata io, è fibrosa ma cedevole e al primo impatto, che risulta sonoramente croccante sotto i denti, segue una sdilinquita scioglievolezza sulla lingua che ammutolisce dalla bontà. Il profumo si percepisce appena, mentre il sapore è garbatamente dolce e sottile ma non facilmente definibile. Immagino che la timbrica dipenda dalle papille gustative di ognuno, perché mi è capitato di raccogliere sensazioni discordanti tra loro da parte di chi, come me, assaggiava per la prima volta questa prelibatezza.
Banana, ananas, mandorla, vaniglia, mela, soia e persino sapone: questi sono solo alcuni dei sapori che questo frutto titilla al palato. In realtà, il Jackfruit è semplicemente unico, ridente e sensuale. Questo è un motivo in più per assaggiarlo, giocando a dare un nome al suo carattere senza confonderlo con altre unicità del mondo vegetale. La possibilità ci sarebbe anche qui in Italia, poiché lo si può trovare, anche se raramente, in qualche mercato etnico particolarmente curato. Un delitto, invece, sarebbe provarlo in scatola, sciroppato, tostato o essiccato, come mi è capitato di vedere in certe drogherie nel centro di Roma e Milano. Non solo il Jackfruit inscatolato perde il suo fascino esotico ma s’impoverisce anche delle virtù intrinseche, visto che non è solo bello ma anche sano. Il Jackfruit è, infatti, una ricca fonte di vitamina B1, B2 e potassio, con un concentrato minimo di grassi e massimo di carboidrati.
Quindi, se possibile, meglio raggiungerlo e gustarlo laddove naturalmente prospera. E per completare l’elogio del goloso frutto, aggiungo infine che se il Jackfruit mi ha stuzzicato vista, tatto, olfatto e gusto è riuscito a sorprendere anche l’udito. Il legno dell’albero viene, infatti, impiegato nella costruzione di strumenti musicali dalle sonorità morbide e sensuali che hanno spesso animato i tramonti infuocati di un Madagascar per me indimenticabile, in tutti i sensi.
Indimenticabile anche grazie a quel giallo sole, odoroso e saporito, che spunta qua e là nella lussureggiante foresta di Lokobe.
 
di Paola Cerana fonte: /www.teatronaturale.it/

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“ Project Angonoka” - in Madagascar per salvare testuggini


di Agostino Montalti - Presidente Tarta Club Italia
 Partenza 26 marzo per la missione 2013 in Madagascar. Tutto è pronto per la partenza dei volontari del Tarta Club Italia per il Madagascar, ormai consueta meta di uno dei suoi progetti naturalisti, il “Progetto TCI Angonoka”, per salvare la testuggine più rara al mondo, l’Astrochelys yniphora, Angonoka per i locali, ma anche aiutare i bambini poverissimi di alcuni villaggi in mezzo alla foresta del parco di Ankarafantsika, nel nord-ovest dell’isola rossa.

L’impegno dell’associazione Tarta Club Italia è iniziato nel 2009 ed è di supporto ad un progetto già esistente denominato “ Project Angonoka”, gestito dall’associazione internazionale Durrell Wildlife Conservation Trust allo scopo di portare nuove energie per migliorare la salvaguardia di questa rarissima specie che purtroppo è ambitissima dai collezionisti di tutto il mondo.
L'isola rossa una volta era chiamata l’isola verde, ma dopo 50 anni di selvaggi disboscamenti la foresta si è ridotta ad un misero 20-25%, dovuti soprattutto alla scellerata scelta di creare pascoli per l’allevamento degli zebù con l’uso selvaggio degli incendi ed al bisogno di carbone per cucinare. Specialmente la parte sud dove gli allevamenti sono più intensivi, ormai si sta desertificando con conseguente diminuzione delle piogge stagionali e di pari passo con l’impoverimento delle popolazioni che sono ora veramente in condizioni pietose. Purtroppo in questo paese poverissimo c’è da tempo anche una forte crisi politica che sta sperperando le grandi risorse naturaliste ed energetiche a vantaggio dei paesi emergenti che sono affamati di materie prime e non sono minimamente rispettosi dell’immenso patrimonio di biodiversità che ancora resiste con grandi difficoltà in questo meraviglioso paese.
Solo 50 anni fa in tutta l’isola erano conosciuti solo 17 esemplari e si decise di costruire un piccolo centro di riproduzione dove fra impegno di alcuni “eroici pazzoidi” e furti, si è arrivato ad un numero attuale di circa 600 esemplari fra quelli in natura e quelli nel centro di riproduzione. L’azione del Tarta Club Italia si è da prima rivolta verso l’aspetto della sicurezza del centro, installando nuovi sistemi ad altissima tecnologia (italiana) che si sono rilevati molto efficienti, ma poi oltre alla donazione di molto materiale tecnico per il centro (microscopio, strumenti per rilevare il battito dentro le uova, fotocamere digitali, GPS e tanti prodotti medicinali e tecnici) si è impegnata anche nell’incubazione artificiale donando una incubatrice professionale per migliorare i risultati delle schiuse delle preziose uova.
Era però impossibile non farsi coinvolgere dai tanti bambini poverissimi di quella regione ed è nata così anche una raccolta fondi che ogni anno ci permette di portare personalmente aiuti concreti con materiali di cancelleria per permettere ai bambini di andare a scuola. Nel 2012, abbiamo anche consegnato a 4 villaggi, 4 cucine solari che permettono di cucinare il cibo (soprattutto riso) e diverse cucine a legna e carbone ad alta resa che permette il risparmio del 50% di carbone o legna; questo allo scopo di diminuire il disboscamento .
Ora, la nuova missione 2013 consiste il grandi linee nell’installare altri due sistemi di sicurezza, uno in un nuovo recinto di quarantena ed uno in un luogo remoto che viene usato come pre-rilascio degli esemplari sub-adulti, oltre ad una importante modifica dell’incubatrice per renderla sempre più efficiente. Inoltre, porteremo nella zona dove vivono in natura questi rari esemplari (parco di Soalala) un prezioso strumento (Data-logger) che memorizza i dati di temperature e umidità di tutto l’anno, allo scopo di ottimizzare i risultati della nostra incubatrice che è in un altro parco.
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Madagascar: paese flagellato dalle Locuste

Entro giugno il Madagascar avra' bisogno di oltre 22 milioni di dollari in fondi d'emergenza per iniziare a lottare contro una grave infestazione di locuste che sta minacciando la prossima stagione produttiva del paese e la sicurezza alimentare di piu' della meta' della popolazione, ha reso noto la Fao. L'agenzia Onu ha tuttavia sottolineato che occorrera' una strategia triennale per una totale eliminazione dell'infestazione che richiedera' ulteriori 19 milioni di dollari. Al momento attuale, circa meta' del paese e' infestato da cavallette giovani e da sciami ciascuno dei quali composto da miliardi di insetti che divorano ogni tipo di piante al loro passaggio. La Fao stima che per il settembre 2013 circa due terzi del paese sara' colpito dall'infestazione se non si interverra' al piu' presto. In considerazione del deteriorarsi della situazione, il 27 novembre 2012 il Ministero dell'Agricoltura del Madagascar ha dichiarato lo stato di calamita' nazionale. In dicembre ha richiesto alla Fao assistenza tecnica e finanziaria per affrontare l'infestazione in corso, per assicurare l'erogazione di fondi ma anche il coordinamento e l'attuazione di una risposta d'emergenza.



  Questo finanziamento d'emergenza, che deve arrivare entro giugno, consentira' alla Fao insieme al Ministero dell'Agricoltura di lanciare per il primo anno una campagna di nebulizzazione su larga scala.
  Circa il 60 per cento degli oltre 22 milioni di abitanti dell'isola potrebbero essere minacciati da un pesante peggioramento delle condizioni di fame in un paese che gia' soffre di alti tassi d'insicurezza alimentare e malnutrizione.
  Nelle regioni piu' povere del sud del paese, dove l'infestazione ha avuto origine, oggi circa il 70 per cento delle famiglie soffre d'insicurezza alimentare. L'infestazione minaccia adesso il 60 per cento della produzione di riso, che rimane l'alimento di base in un paese dove l'80 per cento della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. Gli sciami inoltre consumano al loro passaggio quasi tutta la vegetazione che incontrano che normalmente serve come pascolo per il bestiame. "Sappiamo dall'esperienza passata che le infestazioni di questa portata richiedono tre anni d'interventi. Abbiamo bisogno dei fondi adesso per avviare la campagna procurare mezzi e forniture e organizzare per tempestive indagini aeree e operazioni di controllo", ha detto Annie Monard, esperta senior della FAO e coordinatrice della risposta Fao alle locuste. "Una mancata risposta adesso portera' piu' avanti alla necessita' di estesi programmi di aiuti alimentari", ha aggiunto Dominique Burgeon, direttore della Divisione Fao Emergenza e Riabilitazione. "Negli anni passati molte delle campagne anti locuste non hanno goduto dei finanziamenti necessari e questo sfortunatamente ha voluto dire che non tutte le infestazioni sono state tenute sotto controllo", fa notare Monard, che paragona la situazione a quando non si estirpano le malerbe dalle radici nel qual caso ritornano perfino piu' erbacce.
  Il Centro nazionale controllo Locuste da quando la stagione semestrale delle piogge e' iniziata nell'ottobre 2012, ha sinora trattato circa 30.000 ettari di terreni coltivati, ma ulteriori 100.000 ettari che necessitano di essere trattati non lo sono stati a causa dei limitati mezzi del governo. Alla fine di febbraio la situazione e' ulteriormente peggiorata a causa del Ciclone Haruna, che non solo ha danneggiato le coltivazioni ma ha fornito condizioni ottimali per il riprodursi di una nuova generazione di locuste. Per il primo anno la strategia di controllo delle locuste della FAO puntera' su operazioni aeree su larga scala. Nel corso del 2013-14 verranno trattati circa 1,5 milioni di ettari, che caleranno a 500.000 ettari il secondo anno e 150.000 il terzo ed ultimo anno del piano strategico. Tutti gli interventi saranno realizzati nel pieno rispetto della salute umana e dell'ambiente. La strategia comprende inoltre: l'istituzione e la formazione di una Unita' di sorveglianza delle locuste all'interno della Direzione Generale per la Protezione delle piante, per monitorare e analizzare la situazione delle locuste nell'intera area da esse invasa; operazioni aeree e sul terreno; monitoraggio e mitigazione delle operazioni di controllo per proteggere la salute umana e l'ambiente; formazione nella gestione dei pesticidi e delle irrorazioni. Ogni anno verra' condotto uno studio dell'impatto della crisi delle locuste sulle coltivazioni e sui pascoli per determinare il tipo di sostegno di cui hanno bisogno le famiglie le cui condizioni di vita sono state duramente colpite. (AGI) Red/Gav .

Spettacolo benefico a Cantù Al San Teodoro commedia rosa



CANTÙ - Appuntamento teatrale benefico, sabato sera alle 21, al teatro San Teodoro di Cantù. Va in scena "Troppe donne per un attico così piccolo". 
I biglietti per lo spettacolo di stasera costano 15 euro. Info e prenotazioni: www.teatrosanteodoro.it. Il ricavato della serata sarà devoluto all'associazione Bambini del Madagascar onlus - con sede a Montorfano in via Molino 20, tel. 031 200277 - per sostenere la costruzione del centro di accoglienza-casa famiglia per ragazze in difficoltà a Antsohihy, che si trova, appunto, nel Madagascar. 
"Troppe donne" è una commedia in rosa, della Compagnia teatrale Civico 7, di cui sono protagoniste Miriam, Desirè, Alba, Marisa, Nora e una poliziotta. 
Si racconta una vicenda divertente e imprevedibile, che si snoda tra incontri, relazioni, intrecci parentali, scontri e molto altro. La storia di questo gruppo di donne è ambientata in un bellissimo attico, tra salone e terrazza. 
Lo spazio, improvvisamente sembra diventare troppo stretto ed affollato perché è il luogo in cui tutti i personaggi confluiscono con il portato delle proprie storie. Le trame si intrecciano in un groviglio di fili, dalle diverse sfumature rosa, in quanto sono vicende al femminile quelle che vengono raccontate.
Ogni donna in scena ha una sua storia. Alba è in fuga; Desiré consola la sua vicina, Marisa vuole convivere con Ottavio, Nora perseguita Ivan mentre Miriam lo cerca affannosamente per dirgli qualcosa di molto importante. 
Come se non bastasse, arriva telefonata anonima alla polizia, e si parla di un volo per Stoccolma. 
Risate e riflessione dolceamara, dunque, senza mai dimenticare la nobile causa della serata

Fonte: http://www.laprovinciadicomo.it/

 

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a molti villaggi a costi irrisori

Camaleonti ancestrali migrarono da Africa a Madagascar





I camaleonti hanno attraversato il mare per migrare dall'Africa al Madagascar per la prima volta circa sessantacinque milioni di anni fa, secondo un nuovo studio condotto da Krystal Tolley del South African National Biodiversity Institute. La maggior parte delle centonovantacinque specie di camaleonti oggi si trova in Africa e in Madagascar, entrambi parte un tempo di un super-continente chiamato Gondwana che si divise circa centoventi milioni di anni fa. Nel corso di tale divisione, l'isola e il continente furono separati da un mare attualmente ampio quattrocento chilometri.
  Il nuovo studio, basato sull'analisi genetica di 174 specie di camaleonte, ha dimostrato che i primi camaleonti apparsero in Africa e migrarono verso il Madagascar, probabilmente a bordo delle zattere attraverso l'attuale canale del Mozambico. "Cio' che abbiamo fatto - ha spiegato Tolley in una nota - e' stato determinare quando le specie diversamente imparentate del Madagascar e dell'Africa si sono distanziate. Dai nostri risultati la prima divergenza emerge nel tardo Cretaceo, 65 milioni di anni fa, e successivamente nel periodo Oligocene, circa 45 milioni di anni fa. Siamo giunti alla conclusione che e' piu' probabile che la dispersione sia avvenuta dall'Africa al Madagascar". (AGI)

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Monclick e ISF presentano i risultati della missione in Madagascar


Realizzata a Bemaneviky da Informatici Senza Frontiere l’aula informatica finanziata con l’iniziativa “Back to School” di Monclick
Monclick ed Informatici Senza Frontiere hanno il piacere di raccontare come è stata realizzata la missione benefica a Bemaneviky, in Madagascar, sostenuta con l’iniziativa autunnale denominata “Back to School”. Il progetto prevedeva la destinazione a ISF del 4% della vendita di ogni prodotto facente parte della campagna per la realizzazione di un’aula informatica e la formazione dei docenti in loco.

Grande era stata la partecipazione dei clienti di Monclick, tanto che era stata raccolta la considerevole cifra di 35.131 €, superando le aspettative di entrambi i partner. Con una parte di questa somma, ISF ha acquistato del materiale informatico che è stato spedito presso la missione dei Salesiani a Bemaneviky dove Nico Tordini, volontario di ISF, si è occupato della formazione informatica dei docenti della zona, in modo che essi possano trasmetterla a loro volta alle proprie classi. Il bacino d’utenza potenziale è di 3.200 studenti in un’area particolarmente ampia e caratterizzata da particolari difficoltà logistiche.

Tordini ha fronteggiato un contesto complesso, con persone che non avevano mai utilizzato un computer, eppure la missione è stata un successo: sono stati forniti gli strumenti base per avvicinare la popolazione della zona all’informatica, contribuendo alla riduzione del Digital Divide. Nel suo reportage, Tordini descrive la costante curiosità dei suoi allievi e di come lui stesso abbia preso consapevolezza di quanto noi tutti riteniamo normali e scontati tali strumenti.

“Renderci tangibilmente conto di quanto ISF sia stata in grado di realizzare in Madagascar con la somma dai noi raccolta, ci ha enormemente ricompensati degli sforzi compiuti. Il materiale (fotografie e video) che ISF ha voluto condividere con noi ci ha commossi e siamo impazienti di vedere i risultati ottenuti con gli altri progetti, finanziati dal Back To School: Open Hospital in Eritrea e I.S.A. (I Speak Again)”, ha commentato Federica Ronchi, Sales & Marketing Director di Monclick.

Il reportage della missione è visionabile al link http://www.monclick.it/speciali/adv/zzz/isf/ritorno/index.asp

Monclick Srl vende online prodotti di informatica, elettronica di consumo, elettrodomestici e telefonia su tutto il territorio italiano attraverso il sito http://www.monclick.it. Nasce nel 2005 dal Gruppo Esprinet, distributore di tecnologia numero uno in Italia e Spagna, quotato al segmento STAR di Borsa Italiana. Monclick propone un catalogo di oltre 40.000 prodotti, di cui il 90% sempre disponibile in magazzino: il più grande assortimento in pronta consegna in Italia.

Informatici Senza Frontiere è una Onlus costituita nel 2005 da un gruppo di professionisti dell’IT, con l’obiettivo di utilizzare conoscenze e strumenti informatici per portare un aiuto concreto a chi vive situazioni di emarginazione e difficoltà. Fermamente convinti che l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione rappresenti un prerequisito essenziale allo sviluppo economico e sociale, gli Informatici Senza Frontiere hanno avviato progetti in Italia e in diversi Paesi in via di sviluppo. Ulteriori informazioni su: http://www.informaticisenzafrontiere.org/

Monclick
Alessandra Basile – Content & Communication Coordinator
Tel.: +39 02.40.49.86.51
e-mail: alessandra.basile@monclick.com 
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Da Monclick una raccolta fondi di oltre 35.000 €

Monclick e ISF insieme per un’aula di informatica in Madagascar

A Maggio in Madagascar per il Festival musicale dell’Oceano Indiano


Il Bravo Club Andilana Beach, il bellissimo resort del gruppo Alpitour, situato in una magica baia dell’isola di Nosy Bé, nel nord del Madagascar, organizza, in occasione del DONIA, Festival Musicale dell’Oceano Indiano, una serie di pacchetti, a partire da Euro 1880 per persona, incluso viaggio dall’Italia e pensione completa in loco.
Giunto alla sua ventesima edizione, il DONIA, è forse l’evento più importante di Nosy Bé, piccola e affascinante isola a nord ovest del Madagascar dove i colori del mare, del cielo e delle spiagge si fondono in scenari tra i più suggestivi al mondo. Nato grazie all’impegno e alla perseveranza di alcuni amici che da anni operano sull’isola, il Festival Musicale dell’Oceano Indiano, che si terrà dal 10 al 19 maggio prossimi, è cresciuto anno dopo anno, radunando nella scorsa edizione oltre 55.000 persone; non poca cosa se si pensa che l’intera Nosy Bé  conta appena 45.000 abitanti.
Al Donia, che nella lingua sakalav del nord del Madagascar significa “la bella vita”, si affiancano numerose iniziative e attività di contorno come incontri, dibattiti e manifestazioni sportive che arricchiscono ancora di più quella che in pochi anni è divenuta la più importante festa dell’isola.
L’altro assoluto protagonista di questo festival è il Carnevale Tribale, che si svolge tra le strade della piccola capitale Hell Ville, un vero evento nell’evento, con danze, suoni e colori che rendono questa esperienza originale e indimenticabile.
Il Bravo Club Andilana sorge nell’omonima baia, forse la più bella di Nosy Bé, ha di fronte due ampie spiagge e, a disposizione degli ospiti, tutti gli sport acquatici. C’è inoltre una grande piscina d’acqua dolce, canoe, campo di calcetto, beach volley, aquagym, minigolf, diving. La struttura, su due piani, è in stile coloniale e le 200 camere sono state tutte rinnovate.
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UOVO PREISTORICO ALL'ASTA DA CHRISTIE'S


Ragazzi,  quando ho visto la foto sono rimasta un attimo....come posso dire....indecisa..pensavo di essere incappata in un' immagine elaborata per fare della satira,sapete com'è,in questo periodo ..LE TESTE D'UOVO..si sprecano...  
poi ho letto la notizia..L'UOVO PREISTORICO ALL'ASTA DA CHRISTIE'S È 100 volte più grande di un uovo di gallina ed è stato scoperto nel Madagascar. In assoluto è il più grande uovo di uccello mai esistito. 
A deporlo è stato un uccello elefante, alto circa tre metri e antenato dello struzzo, probabilmente tra il 14esimo e il 17esimo secolo. Frammenti dell'uovo si trovano ancora nella parte meridionale del Madagascar. Chrstie's lo batterà all'asta con prezzo iniziale di 20.000 sterline...Notizia  "rigorosamente "copiata e incollatada  leggo.it...A proposito,l'uovo nascondeva un impiegato della prestigiosa casa d’asta  Christie’s  di Londra.....  

Beneficenza - La Lupa Piacenza sbarca in Madagascar


Il cuore del Piacenza Calcio, dopo Unicef e le diverse iniziative destinate alle donne, arriverà nelle prossime settimane anche in Africa: più precisamente in Madagascar. Il club biancorosso dei fratelli Gatti ha deciso di sposare il progetto dell'Associazione "I bambini di Manina", onlus che opera proprio in Madagascar e che si occupa principalmente di raccogliere fondi per la salvaguardia, l'istruzione, la salute e l'assistenza sociale dei bambini del luogo. Insieme allo sponsor tecnico Cosepi Sport, il Piacenza donerà una completo per giocare a calcio ai bambini della capitale insieme al materiale per poter disputare le partite. L'iniziativa è stata presentata nella sede dello stadio Garilli dal presidente Stefano Gatti seduto al fianco di Manina Consiglio, fondatrice dell'Associazione, Claudio Salvini, responsabile Cosepi Sport, Lidia Fummi delle pubbliche relazioni in rosa del Piacenza Calcio e Giancarlo Losi che collabora con l'associazione "I bambini di Manina". Presenti anche i calciatori Francesco Volpe e Stefani Tignonsini, il diretto sportivo Marzio Merli e il tecnico William Viali. A coordinare gli interventi il consulente del Piacenza Calcio, Marco Scianò. «Abbiamo sposato subito questa iniziativa - ha spiegato il numero uno biancorosso Stefano Gatti - perché è nostra intenzione regalare un sorriso a chi è più sfortunato e questa volta andremo in Africa». Parole sposate da Claudio Salvini, della Cosepi Sport che in collaborazione con la Macron manderanno ai bambini africani tutto il materiale. «In un recente viaggio in Madagascar - ha spiegato Manina Consigli - ho visto che questi bimbi non hanno nemmeno il pallone per poter giocare, usano le bottiglie di plastica riempite con la terra, e così ci siamo attivati trovando terreno fertile nel Piacenza Calcio che si è preso a cuore questa iniziativa». Ha chiuso la serie di interventi Giancarlo Losi: «Voglio esprimere il più sentito ringraziamento al Piacenza e al suo presidente per aver sposato il nostro progetto».
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martedì 19 marzo 2013

Da Biologo ad operatore turistico in Madagascar


Sulla volta della foresta primaria di Masoala con voli in mongolfiera e dirigibile
Il parco nazionale di Masoala è la più grande foresta primaria protetta del Madagascar e dal 1998 fa parte del patrimonio mondiale.
Un biologo arrivato da Milano al seguito di una spedizione di studio della foresta del parco Nazionale di Masoala, rimane incantato dalle bellezze naturali della zona e realizza il suo sogno costruendo dei bungalow all’interno della riserva:

Tampolodge



Faccia a faccia

Il biologo Giuseppe la Marca

Ho lavorato come biologo ricercatore prima in Tanzania, sia per la mia tesi di laurea, che come consulente per  due progetti finanziati dalla CEE sulla gestione di aree protette.
Poi ,cercando un  lavoro adeguato alla mia formazione,  una organizzazione americana operante in Madagascar mi rispose dando seguito alla mia domanda di impiego. L'organizzazione americana era la PEREGRINE FUND INC. che si occupa della conservazione e della reintroduzione di specie rare nel loro habitat naturale, vedi condor delle ande o falco pellegrino  etc etc.

E poi......
Nel 2001,  con un gran colpo di fortuna, riesco a lavorare con il RADEAU des CIMES, team di (tecnici) francesi diretti dall’ illustre biologo conservazionista Francis Hallé con il quale negli anni divenni molto amico.
Era un grosso progetto di studio e ricerca sulla biodiversità della volta della foresta primaria di Masoala, nord est del Madagascar (una delle piu belle esperienze di lavoro che un biologo possa mai sperare di fare durante la sua vita) per 5 mesi  sulla volta della foresta primaria di Masoala con voli in mongolfiera e dirigibile, 375 ricercatori venuti da tutto il mondo e grandi sponsor, insomma un mega progetto andato a buon fine.

Finito questo lavoro........
Dopo questa esperienza lavorativa mi lanciai nel settore turistico, come organizzatore di circuiti ed escursioni, per mostrare  al turista  i valori della natura incontaminata del Madagascar,  e successivamente, dopo averlo costruito divenni proprietario di un lodge situato esattamente nel parco nazionale di Masoala, chiamato TAMPOLODGE.

Parliamo del Tampolodge
Tampolodge  è raggiungibile solamente in barca o a piedi, partendo dalla cittadina di Maroantsetra; rappresenta  un mondo a parte dove gli amanti della natura selvaggia possono ammirare l’incredibile biodiversità presente nella foresta e nel mare (il 75% delle specie animali e vegetali che popolano il Madagascar sono uniche di questa terra).
Tampolodge offre la possibilitá di scoprire animali ancora poco noti ma incredibilmente affascinanti.

Quindi é un ottimo punto di partenza per escursioni nella foresta primaria di Masoala per visitare il suo Parco marino. A ragione è considerata una meta imperdibile dai birdwachers.
La regione é ricca di endemismi tra cui i piú importanti sono il mitico Helmet vanga o Vanga dall’elmetto e il lemure rosso o Vary roux, osservabili solo ed escusivamente in questa parte del mondo. Con un pó di pazienza e perseveranza la presenza dell’aye-aye o dell’incredibile e riservato Fossa può sbalordire chiunque.
Da non dimenticare il camaleonte piú piccolo del mondo, Brookesia minima e il fantomatico jeko Uroplatus fimbriatus attivo solo durante le ore notturne.
Tra giugno e settembre, si possono osservare le balene che, con i nuovi nati, vengono a riposarsi nelle calde acque della baia di Antongil, ricordo che questo affascinante spettacolo è visibile in pochissimi luoghi al mondo.
Molto frequenti sono gli avvistamenti delle varie specie di delfini che nuotano nelle acque davanti alla baia di Tampolo, eccezionale,  anche se non impossibile, ammirare il raro dugongo.

Ma il parco...............
Il Parco Nazionale Masoala in Madagascar è sede di una straordinaria varietà di alberi molto rari, ma la loro sopravvivenza è seriamente minacciata. Gran parte di queste specie rare - palissandro, ebano e legno di rosa - viene esportato verso la Cina,UE  e USA, specialmente per essere utilizzato nella fabbricazione di strumenti musicali e mobili di lusso. Operatori senza scrupoli agiscono ovunque:: il commercio illegale di legname è diventato la seconda fonte di reddito per la mafia. E una intera sezione della biodiversità, a sua volta, è in pericolo. È  spesso difficile prendere i responsabili con le mani nel sacco. Ma ciò è stato scoperto dall’ ambientalista Alexander von Bismarck, presidente dell’Environmental Investigation Agency ONG, con telecamere nascoste e false identità. Attraverso le sue immagini, è riuscito a convincere i funzionari degli Stati Uniti a legiferare contro l'importazione di alcune varietà di alberi. È arrivata l’ora per garantire che i complici negli Stati Uniti così come in Europa, siano anche puniti.

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lunedì 18 marzo 2013

"Aiutiamo Nicola a salvare le foreste del Madagascar"


Lavora lontano, ma anche per noi. In un luogo dove i «tagli» sono stati troppi. E l'ambiente ne soffre, così come l'uomo. Quel «posto» si chiama Africa. E i tagli sono quelli compiuti dalla voracità di chi ha abbattuto selvaggiamente intere foreste.
Lui, Nicola Gandolfi è là, per salvare la biodiversità, in una parte di mondo che viene definita «patrimonio dell'umanità da salvaguardare». E per sostenere l'opera di questo 38enne parmigiano che dopo l'università ha fatto i bagagli per volare in Madagascar, si è oggi costituita un'associazione di volontariato onlus «TsiryParma» (info: tsiryparma@gmail.com) allo scopo «di promuovere e sviluppare i progetti di riforestazione - scrive sulla presentazione il presidente della stessa associazione Guido Malvisi - e sostegno delle comunità locali che vivono nella foresta pluviale del Madagascar, diffondendo localmente con varie iniziative il valore delle foreste non solo per dove sono ubicate, ma per tutto il pianeta. L'associazione formalmente si è costituita a Baganzola, ma nella realtà quaranta persone da anni lavorano per sostenere i progetti di aiuto per l'ambiente e le foreste in Madagascar, attraverso l'operatività di Nicola».

 La questione riguarda il legno pregiato che viene esportato in molti Paesi, per ingrassare i portafogli di pochi. In particolare, si tratta dell'albero di palissandro, «maestosa pianta della foresta in difficoltà di produzione per via dei continui e costanti tagli senza regole e senza prevederne una sua riforestazione - spiega Nicola in un'intervista registrata proprio da Malvisi -. La gente di qui non è in grado di considerarle come una ricchezza naturale di inestimabile valore, dal punto di vista naturalistico, biologico e di utilizzazione farmacologica».
E le modalità d'intervento non sono semplici, in quanto alla fine bisogna lavorare in natura come se si coltivasse un vivaio. Stessa cosa. Cioè, raccogliere dalle piante rimaste i semi per poi farli germogliare in un semenzaio, da lì trapiantare i giovani alberi là dove è avvenuta la deforestazione.
E in oltre dieci anni, da quando Nicola Gandolfi è in Madagascar di trapianti ne sono stati fatti parecchi, nel nome della cultura della biodiversità. Gandolfi però lavora su due fronti. Perchè come spiega Malvisi «insegna alla gente del posto a rispettare le foreste e a coltivare un'agricoltura corretta in spazi immensi».
E questo non è un impegno alla portata di tutti. Non a caso, confessa Gandolfi nell'intervista rilasciata a Malvisi, «per far funzionare in maniera armoniosa tutto questo, la gente di qui - del Madagascar - deve rendersi responsabile del patrimonio che ha a pochi passi da casa. La parte che possiamo fare noi europei è investire un poco delle nostre risorse economiche per alleggerire il peso che le comunità locali hanno sulla foresta, sviluppando altre attività alternative come l'agricoltura e l'allevamento». Insomma, il progetto di riforestazione funziona nel tempo se a sua volta funziona un primo progetto culturale, per così dire di «alfabetizzazione ambientale» della gente del posto.   Anche perchè, è scritto nero su bianco, «per fare tutto ciò dobbiamo lavorare insieme, loro da soli non ce la possono fare e noi da lontano non possiamo pretendere che loro, per il piacere e l'interesse nostri, ci salvaguardino la foresta». Per cui, l'associazione nata a Parma e guidata da Malvisi ha come scopo quello di organizzare iniziative e campagne di sensibilizzazione per promuovere l'opera di Gandolfi. E un primo passo verrà proprio fatto nelle scuole, affinchè i giovani si rendano conto dell'importanza di avere una coscienza ambientale, contro la desertificazione compiuta da troppi e da troppo tempo. Certo, non basta far schioccare le dita: la riforestazione non è una magia. La strada è ancora lunga, ben venga questa associazione e ben vengano queste persone, che da lontano lavorano al fianco di Nicola Gandolfi, perchè l'uomo possa respirare con i propri «polmoni».
Mara Varoli

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Massaggio Madagascar



Un trattamento di relax e benessere per il corpo, che stimola tutti i cinque sensi.
Non tutti sanno che il massaggio Madagascar è un trattamento rilassante e come tutti i massaggi, ha la finalità di stendere i nervi e farci stare meglio.
Inoltre è riequilibrante, grazie all’utilizzo delle conchiglie, che in questo trattamento sono di varie forme e grandezza: queste provengono dall’oceano indiano e stimolano sensoriamente tutto il corpo anche attraverso sensazioni di tipo olfattivo e sonoro
Le conchiglie e gli oli essenziali del massaggio Madagascar 
Avendo forme diverse, queste conchiglie stimolano in modo assai unico, regalano piccole carezze a partire dal viso e poi lungo il corpo. Vengono usate dopo essere state riscaldate, in abbinamento con gli 
oli essenziali, che stimolano l'olfatto e la psiche, nutrono la pelle e la profumano. Si parte spesso dall'olio di Jojoba, molto idratante, e ad esso si possono integrare anche altri oli essenziali, come ad esempio quelli di agrumi, perfetti per stimolare la circolazione, o quello di rosa mosqueta, molto levigante e tonico.



Campanelle di cristallo 
Alle conchiglie e agli oli si aggiunge un suono delicato e gradevole prodotto dalle campane di cristallo, poiché il suono ha un potere armonizzante nei confronti sia del corpo sia della psiche. Nel massaggio Madagascar si usano per tutto il tempo, per stimolare ogni singola cellula. 
Le qualità del cristallo sono quindi davvero magiche!
Dove si può ricevere questo massaggio? 
Presso diverse beauty farm o all'interno dei centri benessere, fatto ovviamente da mani esperte, ovvero da estetiste, massoterapisti, naturopati.
Orientativamente costa intorno agli 80 euro e la sua durata è di circa un ora. 
Il massaggio, che inizia sulla zona del diaframma proprio per stimolarlo, viene solitamente anticipato da respirazioni lente e molto profonde. Si passa poi a gambe, addome e petto, per passare in seguito alla parte posteriore del corpo. La parte ultima della seduta è il massaggio “sonoro”, molto piacevole.
Fonte: .amando.it/

Mauritia come Atlantide, scoperto continente sommerso in fondo all’oceano tra India e Madagascar



Un continente sommerso sul fondo dell’Oceano Indiano, tra l’isola di Reunion e l’isola di Mauritius, che fino ad ora era rimasto nascosto sotto delle enormi masse di magma. La novella Atlantide è stata battezzata‘Mauritia’ ed è stata scoperta da un gruppo di ricercatori coordinato dal norvegese Trond Torsvik dell’Università di Oslo.
Si tratta, come spiegano gli scienziati su Nature Geoscience, di un micro-continente staccatosi dalle placche continentali di India e Madagascar quando queste si separarono 60 milioni di anni fa. Il frammento si sarebbe separato dalle due zolle a causa dei pennacchi di lava che attualmente si trovano sotto le isole di Marion e di Reunion. Proprio tale attività ha dato vita al bacino che ospita l’Oceano Indiano. Secondo gli esperti, Mauritia non è l’unica piccola Atlantide che si nasconde sul fondo dell’oceano, i micro-continenti sommersi sarebbero infatti molto più numerosi di quanti si pensi.
I pennacchi sono enormi bolle di magma che risalendo dagli strati più profondi del mantello, situato al di sotto della crosta terrestre, ammorbidiscono dal basso le placche tettoniche fino a quando non si rompono. Questo distacco, però, non ha creato solo terre sottomarine simili alla leggendaria Atlantide. Infatti uno dei frammenti emersi nel corso della separazione tra le due masse continentali di India e Madagascar, ai confini delle quali vi è la zona di rottura, è costituito dalle isole Seychelles.
Il micro-continente sommerso di Mauritia è stato scoperto analizzando la composizione della sabbia delle spiagge dell’isola di Mauritius, nota meta turistica nell’Oceano Indiano occidentale. I ricercatori hanno così trovato dei piccolissimi zirconi, minerali semi-preziosi che hanno un’età superiore ai 660 milioni di anni. Gli zirconi sarebbero dunque delle briciole del continente perduto, poiché hanno la stessa età e si sarebbero formati proprio nel corso dei processi geologici della crosta terrestre. Questi sarebbero poi stati trasportati in superficie dalla recente attività vulcanica.
I dati raccolti dagli scienziati sono stati integrati con un modello della tettonica a zolle, così da spiegare come i frammenti sarebbero finiti nell’Oceano Indiano durante la separazione di India e Madagascar. Grazie a questo modello, i ricercatori sono inoltre riusciti a dimostrare che i frammenti del continente sommerso hanno continuato a vagare esattamente sopra il pennacchio di Reunion e ciò spiegherebbe perché sarebbero stati successivamente coperti dalla roccia vulcanica.
Fonte: .universita.it/

Tumori: Ieo, al via progetto prevenzione in Madagascar e Africa

L'Istituto Europeo di Oncologia (IEO) scende in prima linea con il progetto "4aWoman", un'iniziativa scientifico-umanitaria per la prevenzione dei tumori ginecologici in Madagascar e in Africa. In collaborazione con Qiagen, azienda leader nella diagnostica molecolare e con la Fondazione Akbaraly, lo Ieo ha avviato in Madagascar un innovativo progetto pilota di prevenzione del tumore del collo dell'utero mediante screening con test HPV DNA che coinvolgera' nei prossimi due anni 10.000 donne tra i 30 e 40 anni con un modello piu' efficace di prevenzione, gestito autonomamente e per questo motivo estendibile ad altri Paesi.


"IEO e' impegnato su piu' fronti nella lotta contro il Papillomavirus - spiega Mario Sideri, direttore dell'Unita' di ginecologia preventiva dello IEO e responsabile scientifico del progetto - quale causa principale del tumore della cervice uterina. Informazione, vaccinazione e diagnosi precoce in Italia e all'estero, a maggiore ragione la' dove ancora non esistono le nostre medesime risorse". Ogni anno il tumore del collo dell'utero colpisce 500mila donne nel mondo e, secondo le stime, entro il 2030 uccidera' oltre 474mila donne ogni anno, per il 95% residenti in Paesi a reddito procapite medio-basso. Il test HPV (Human Papilloma Virus) e' un potente strumento di prevenzione che permette di dimezzare l'incidenza del tumore se utilizzato nelle donne oltre i 30 anni, perche' rileva la presenza del Papillomavirus, principale responsabile del tumore. Quanto avviato in Madagascar e' il frutto di due anni di lavoro sul campo e di collaborazione di IEO con gli operatori locali. La tecnologia molecolare impiegata, consente di formare equipe in grado di gestire autonomamente tutte le fasi dello screening.Innovazione quindi, ma anche formazione e ricerca sono i principi con cui il progetto vuole raccogliere la sfida, con il Madagascar come banco di prova per sviluppare strategie e modelli efficaci per l'Africa e l'area dell'Oceano Indiano affluente al Madagascar. Il test HPV si effettua con prelievo simile al Pap test, facile, indolore e non invasivo. Il materiale prelevato non e' pero' letto al microscopio, come nel Pap test, ma utilizzato per la ricerca del Papillomavirus ad alto rischio con un test di laboratorio specifico. Il campione viene quindi conservato in un liquido e analizzato con la tecnologia molecolare HC2 (Hybrid Capture 2), che si basa sull'amplificazione del segnale per il rilevamento del DNA e permette di individuare gli HPV ad alto rischio oncogeno. La positivita' al test HPV non significa quindi che la donna e' malata, ma e' soltanto un indice di un maggior rischio di patologia che richiede successivi approfondimenti. Numerosi studi di efficacia, che hanno utilizzato nella maggior parte il test sulla tecnologia Hybrid Capture 2 (HC2), hanno dimostrato che il test HPV permette di individuare con maggior efficacia e anticipazione le lesioni precancerose che potrebbero evolvere in cancro. (AGI) 14.

Piacenza Calcio marchio internazionale: dopo gli Usa, l'approdo in Madagascar



Portare il Piacenza Calcio in Africa in Madagascar con un kit studiato appositamente da Cosepi Sport. Poi sarà la volta degli Stati Uniti, per un marchio, quello del Piacenza Calcio, che si fa internazionale. Questa l'iniziativa presentata oggi alla sala stampa dello stadio Garilli, a cui hanno preso parte il presidente onorario della Lupa Piacenza, Stefano Gatti eClaudio Salvini, responsabile di Cosepi Sport. La squadrà donerà una dotazione completa di maglietta, pantaloncini e calzettoni all'associazione Onlus “I bambini di Manina”, che opera da diversi anni, grazie al supporto della fondatrice, Manina Consiglio, in territorio malgascio.
“Mi sono occupata in particolare del problema istruzione - spiega Manina - fondando le prime scuole gratutite del Madagascar nell'isola di Nogy Be, in Madagascar. Poi è stata la volta della creazione di una scuola di agricoltura, dell'aiuto ai carcerati e agli indigenti attraverso la distribuzione di riso e latte”. Un percorso non facile il suo, osteggiato da più parti: “La verità è che io dò fastidio, perchè le mie scuole sono gratutie, mentre le altre anche pubbliche, si pagano. Al terzo tentativo di incendio di una delle mie scuole, il tentativo di sabotaggio mi è parso chiaro”.
“L'obiettivo, le energie spese dall'associazione di Manina nella distribuzione di medicine e beni primari, sarà quello di donare un sorriso ai bambini malgasci” – spiega Lidia Fummi, responsabile delle relazioni pubbliche in rosa del Piacenza Calcio.
Appena arrivata in Madgascar mi accorsi che i bambini giocavano con una scarpa sola. Pensai fosse un fatto culturale, poi mi accorsi che in realtà si trattava solo di un problema economico” - continua Manina, che da qualche tempo può contare sull'appoggio di nuovi volontari accorsi per dare una mano al progetto.
Tra questi, Giancarlo Losi, che senza riuscire a trattenere le lacrime, racocnta commosso: “Abbiamo portato in Madagascar otto chili di medicini e quattro di latte. Ci dissero che si trattava di un'emergenza. Quando arrivai capii che il latte serviva a un neonato che aveva appena perso la madre. Manina ci ha impressionato, abbiamo visto cose davvero angoscianti. I bambini là non hanno davvero nulla, ma hanno un grande senso dell'educazione. In una scuola che ho visitato, in cui c'erano mille bambini, il silenzio era assoluto. Per alcuni di loro, poter portare la maglia del Piacenza Calcio, sarà un onore incredibile”.
Presenti alla conferenza stampa anche i calciatori Francesco Volpe e Stefano Tignonsini. Accompagnati da mister William Viali, si sono definiti orgoliosi del progetto.
UN DOTAZIONE DI MAGLIETTE, PANTALONCINI E CALZETTONI VERRÀ INVIATA COME DONO AI BAMBINI MALGASCI

Pier Paolo Tassi fonte: piacenza24.eu