martedì 7 aprile 2015

Blitz per salvare l’uovo preistorico

E’  del cosidetto « uccello elefante » del Madagascar e viveva nel pleistocene, milioni di anni fa.

P
acco per Los Angeles bloccato a Orio. Bene protetto, non può lasciare l’Italia

Il mito vuole che fosse così grande e forte da riuscire a mangiare un elefante. Lo si ritrova nel Milione di Marco Polo e ha ispirato il racconto su Sinbad il marinaio. In persiano si chiama Rokh e ha le piume bianche, il suo nome scientifico è Aepyornis maximus ed è detto «uccello elefante». È un esemplare del Madagascar, del periodo del Pleistocene (da oltre 2 milioni a 11.000 anni fa), e si è ormai estinto da tempo. Si capisce bene, allora, perché gli uomini dell’Agenzia delle dogane di Orio al Serio hanno sequestrato (su disposizione del pm Gianluigi Dettori) un uovo gigante che, da perizia del paleontologo Cristiano Dal Sasso del Museo di storia naturale di Milano, appartiene proprio a questa specie.


«Era un regalo di nozze ricevuto in Madagascar, una riproduzione artigianale. Io, mia moglie e i nostri bambini non abbiamo di che vivere, così a malincuore abbiamo deciso di spedirlo a un conoscente», la giustificazione di C.C., 45 anni, di Arezzo, moglie di quell’isola, e che ha spedito il mega uovo tramite un corriere che utilizza l’aeroporto bergamasco. Valore dichiarato: 550 dollari. Valore vero: 100.000 dollari, perché «originale anche se ricomposto, molto raro, dall’indubbio valore scientifico e museologico», la valutazione dell’esperto. Dollari, già, perché la destinazione della spedizione, tra scali vari, era Los Angeles. Quel pacco di cartone in apparenza anonimo è così costato al quarantacinquenne una denuncia per contrabbando, perché non c’è traccia documentale dell’importazione, e per la violazione del codice sui beni culturali (rientrano anche quelli paleontologici),  perché non possono essere portati fuori dall’Italia (condanna da 1 a 4 anni).
Quando gli uomini delle Dogane hanno aperto il pacco devono aver sgranato gli occhi. L’uovo ha una circonferenza di 75 centimetri che si estende a 88 tra i due poli, e pesa 2 chili. È ricomposto, come se fosse stato acquistato a pezzi rimessi poi insieme, con qualche piccola fessura mancante riempita con lo stucco. I funzionari dell’Agenzia hanno subito bloccato la spedizione, per vederci chiaro attivando degli esperti. Non solo del museo di Milano, ma anche della Soprintendenza ai beni archeologici della Lombardia. Dopo il consulto, fermi tutti. La questione è diventata di rilievo penale, così ne è stata investita la magistratura che ha disposto il sequestro. Il maxi uovo è custodito dalla ditta di spedizioni, ma il museo milanese ha già fatto sapere di essere interessato a metterlo tra i suoi reperti.

E pensare che il quarantacinquenne l’ha fatto passare per una acquisto da bancarella africana: «Uova così si trovano a pochi euro. Mia moglie li colleziona, la sua famiglia ne ha diversi. Mi ero anche informato, ad Arezzo, ma mi avevano detto che non erano beni fossili». Non lo sono, infatti, ma sono «protetti». «Certo, non lo farò più e le altre uova resteranno a casa in Madagascar». Non è la prima volta che l’Agenzia blocca spedizioni fuori regola. Si trova di tutto, ma mai un esemplare così. «Siamo preposti a diversi tipi di controlli sulla sicurezza dei prodotti e, cavallo di battaglia, sulla contraffazione - spiega il direttore della sede di Bergamo, Michele Aricò -. Tra Bergamo e la sezione di Orio al Serio al lavoro ci sono 115 persone».
Giuliana Ubbiali

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Anche ai giorni nostri il Madagascar è una terra ricca di misteri
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hanno seguito percorsi evolutivi a dir poco particolari, favoriti
dall’isolamento geografico

“salviamo quelli dal Dna più ricco”

viveva in Madagascar con i dinosauri
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ha diretto il team di ricercatori che ha scoperto un cranio quasi completo
del mammifero, vissuto accanto ai dinosauri del Tardo Cretaceo in Madagascar.

Il termine "camaleonte" viene comunemente
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i primi camaleonti apparsero in Africa e migrarono verso il Madagascar

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In Madagascar infatti troverete una fauna
estremamente diversa da quella dell’Africa

Il sonno profondo allunga la vita dei lemuri

Dormire allunga la vita. Almeno per i lemuri. Lo rivela una ricerca condotta dalla Duke University, che spiega come il segreto della longevita’ di alcuni di questi animali stia nella loro capacita’ di mettere il loro corpo in una sorta di modalita’ ‘standby’ durante il letargo.


Secondo i ricercatori i lemuri che vanno in letargo, non solo vivono di più, ma godono anche di una salute migliore
Dormire allunga la vita. Almeno per i lemuri. Lo rivela una ricerca condotta dalla Duke University, che spiega come il segreto della longevita’ di alcuni di questi animali stia nella loro capacita’ di mettere il loro corpo in una sorta di modalita’ ‘standby’ durante il letargo. Poiche’ i lemuri, classificati come primati, sono piu’ vicini all’uomo che ai topi, questa ricerca potrebbe aiutare gli scienziati a identificare geni anti-invecchiamento anche negli umani. Lo studio ha dimostrato che la durata della vita del chirogaleo dalla coda grossa (un lemure di piccola taglia) e anche il loro invecchiamento dipende dalla quantita’ di tempo passata in uno stato di torpore: gli esemplari che vanno in letargo vivono fino a 10 anni di piu’ delle altre specie di dimensioni simili che non lo fanno. Gli studiosi hanno esaminato piu’ di 50 anni di cartelle cliniche raccolte su centinaia di lemuri di quattro specie del Duke Lemur Center per ricavare indizi sulla loro longevita’ eccezionale. L’attenzione e’ stata focalizzata sul chirogaleo, una specie di che in natura passa in letargo profondo fino a sei mesi all’anno; durante questo sonno diminuiscono da 200 a 8 i battiti della frequenza cardiaca, rallentano la respirazione e interrompono la regolazione della temperatura interna, si riscaldano e si raffreddano con l’aria esterna. Caratteristiche che metterebbero in pericolo di vita la maggior parte dei primati, ma non i lemuri perche’ sono un modo per risparmiare energia durante periodi dell’anno in cui cibo e acqua scarseggiano. Secondo i ricercatori, inoltre, i lemuri che vanno in letargo, non solo vivono di piu’, ma godono anche di una salute migliore: si riproducono per piu’ anni rispetto agli altri e manifestano piu’ tardi i disturbi agli occhi, frequenti in tutte le specie. Secondo i ricercatori, il torpore potrebbe aumentare la longevita’ proteggendo le cellule dai danni ossidativi provocati da respirazione e metabolismo. Lo studio sara’ pubblicato sulla rivista Journal of Zoology.

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Il collasso della civiltà

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Una pubblicazione scientifica nel Journal of Ecological Economics sostiene che “lo sfruttamento eccessivo sia della manodopera che della natura condurrà ad un collasso della società”, se non verrà fatto nulla per prevenirlo.
Basandosi su un modello matematico, lo studio (pubblicato dal The Guardian) spiega che la somma di “un consumo eccessivo delle risorse ecologiche” e “la stratificazione economica della società in elite [ricchi] e masse (o “cittadini comuni”) [poveri]” hanno aumentato le probabilità di un declino della società, come è stato osservato nelle precedenti civiltà umane.
Questo crollo è già una realtà nel sud del Madagascar, luogo che ha sofferto ripetutamente di periodi di carestie nella scorsa decade. 300,000 persone sono a rischio carestia nella regione, a causa di lunghe e prolungate siccità da novembre 2014. Il 90% della popolazione malgascia vive con meno di 2 dollari al giorno, un severo promemoria della crescente diseguaglianza sociale nel continente africano. John Strauss Kotovaoarivelo è un amministratore contabile della regione, ha visitato la città di Ambovombe e non ha potuto trattenere le lacrime di fronte a ciò che ha visto. Ha esitato, ma è stato costretto a condividere l'emergenza della situazione condividendo in rete foto dei bambini che lottano per la vita a causa della mancanza di cibo.
 Kotovaoarivelo scrive [fr]:
Non riesco più a stare tranquillo e fingere che non stia accadendo nulla, vista la grave situazione cui devono far fronte ogni giorno i nostri connazionali del sud. Queste foto parlano da sole. Non voglio tormentare i vostri pensieri con queste immagini, ma spero che possano risvegliare le vostre coscienze e aiutarvi a riflettere con me sulla difficile condizione di queste persone. Principalmente, sto condividendo le mie foto in modo che la loro sofferenza non passi inosservata [..] I nostri leader politici sono così occupati e accecati da altre faccende. quindi non riescono a percepire il messaggio negli occhi di questi bambini che chiedono aiuto.

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non solo tramite attività sanitarie ma anche attraverso programmi di formazione sulle norme igienico – sanitarie e su tematiche legate all’alimentazione rivolte, in particolare, alle madri

devastano le regioni meridionali del Madagascar
Le regioni meridionali del Madagascar, la quarta isola più grande del pianeta, sono state colpite da un'insolita ma devastante siccità che ha ridotto in polvere i raccolti. Il villaggio di Berano sembra oggi un campo di rifugiati

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non sapeva né da dove veniva e né dove voleva andare


la storia di due amiche volontarie nel Madagascar

Il mare del Madagascar saccheggiato dai bracconieri stranieri

I sindacati dei pescatori contro il furto di biodiversità e la schiavitù a bordo delle navi cinesi in alto mare

Maicon Ratsiraka, 48 anni, allunga ancora lo sguardo, sulle acque che  circondano l’isola nazione del Madagascar. Dieci anni fa, lui e i suoi due fratelli avrebbero  pescato 60 kg di sardine ogni settimana, guadagnando 370 dollari durante periodi buoni. Oggi  la loro barca di 6 metri di lunghezza non può più navigare fino a tre chilometri nel mare dove si trovano popolazioni significative di sardine e gamberetti. Se lo fanno, la loro barca rischia di essere ostacolata  o attaccata dalle massicce navi cinesi, thailandesi e della Corea del Sud che portano via  illegalmente i pesci dell’Oceano Indiano che circonda il Madagascar. Come risultato, il suo reddito è crollato. A partire da gennaio, con le sue catture settimanali ora guadagna solo 57 dollari.

«Ci sentiamo impotenti, proviamo vergogna, siamo senza lavoro», dice Maicon, che lavora a  Toamasina, il più grande porto del Paese e la seconda città più grande dopo la capitale, Antananarivo. «Le grandi navi cinesi ci stanno derubando del pesce e prosciugando le nostre condizioni di vita».

Situato al largo della costa orientale africana, il Madagascar ha alcuni degli stock di pesci più ricchi del continente. Le sue vaste acque, tuttavia, sono aperte agli sfruttatori illegali, di solito stranieri. Le statistiche della pesca in Madagascar sono nel 2008 sono state pescate in Madagascar 130.000 tonnellate di pesce. Ma la pesca illegale da pescherecci stranieri sta minacciando la sopravvivenza di circa 100.000 persone che vivono nelle 1.250  comunità di pesca costiera in tutto il Paese, ma ancora più gravemente nelle città costiere come Toamasina e Nosy Be.

I pescatori locali stimano che due navi straniere possono catturare, trasformare e congelare la stessa quantità di pesce che 30 imbarcazioni di piccola pesca sono in grado di produrre in un anno. Queste navi pirata straniere operano di notte e vengono raramente fermate, spengono i loro segnali di identificazione radio per eludere le pattuglie della polizia. Con la copertura delle tenebre, le gang calano in profondità reti da pesca illegali dotate di ganci che intrappolano pesce di alto valore, come gamberi, sgombri, tonni, squali e cernie, che vengono poi venduti con un significativo guadagno nei mercati di Pechino, Seoul e Kuala Lumpur. Ad esempio, la zuppa di pinne di squalo, una prelibatezza in Cina, si vende anche a 300 dollari a ciotola.

Allarmante. La Madagascar Fisheries and Wildlife Commission, un ente governativo che regolamenta i permessi di pesca, ha detto ad Equal Times che nel 2001 la popolazione di squali intorno a Toamasina era in  calo per un  tasso del 6% cento all’anno. Aumentando velocemente, nel  periodo tra il 2005 e il 2014, ad un tasso che è saltato al 23%. «Il calo degli stock ittici è allarmante per un’isola povera come la nostra», ha detto ad Equal Times, Antonio Jengar, statistico del governo di Toamasina. .

L’Antananarivo Boat Fishers Agency, affiliata alla Confederazione nazionale dei lavoratori malgasci, dice che nel 2004 aveva 406 imbarcazioni di pescatori adenti, Nel 2015, ne restano al lavoro solo 159.  «La maggior parte dei pescatori sono scoraggiati dal calo dei livelli di pesce e per le  loro barche rese inutili dai bracconieri cinesi – dice Asiko Bombay, tesoriere del sindacato – Invece, molti pescatori disoccupati hanno venduto le loro barche per cimentarsi nella coltivazione del riso».

«Le navi straniere stanno operando partendo da gigantesche navi madri dotate della tecnologia di congelamento immediato. Lavorando per tutta la notte, utilizzando lance più piccole  per rifornire navi madre che si trovano in mare aperto», dice Andrei Gatts, water ecology manager del Madagascar Fauna and Flora Group (MFG), un consorzio internazionale di zoo, acquari, giardini botanici e università che lavorare con il governo malgascio per proteggere la biodiversità del Paese.

Prog Messa, leader di un gruppo di 100 pescatori in un procedimento giudiziario per cercare di costringere il governo a vietare la pesca ai pescherecci cinesi entro 30 chilometri di spiagge del Paese, ha detto: «I cinesi ci stanno mettendo al tappeto. Stanno cercando di impedirci di pescare. Usano una potere possente»

Nessun rispetto per la vita marina. Il Madagascar ha alcune delle più preziose specie marine del mondo e il 90% della sua fauna selvatica non può essere trovata in qualsiasi altro luogo sulla terra, ma ora questa è a rischio. Nel frattempo, il turismo marino, che ha creato 10.000 posti di lavoro diretti in città come Toamasina e Morondava, è sotto una seria pressione. «I cinesi non rispettano per niente la vita marina del Madagascar», dice Gatts.

Volanirina Ramahery, un coordinatore del programma marino per il World Wildlife Fund (WWF), ha detto ad dice a Equal Times che sono in atto leggi per proteggere la vita marina in Madagascar, ma «non hanno una corretta applicazione». Se continua così, i risultati sociali e ambientali potrebbero essere »molto negativi. Se si va avanti in questa maniera, spingeranno l’ecosistema sull’orlo del collasso. Per esempio, la scomparsa degli squali potrebbe devastare gli habitat marini locali. Un crollo del settore della pesca dello squalo minaccia la stabilità economica e comporta una perdita dei mezzi di sussistenza diretti per migliaia di pescatori».

Tuttavia, il governo del Madagascar, indebolito da decenni di instabilità politica, non è in grado di fermare il saccheggio della sua ricchezza marina. Il Madagascar, uno dei paesi più poveri del mondo, con un reddito pro capite di soli 419 dollari , ha appena 11 motoscafi della polizia per pattugliare una costa 4.828 km.

Bombay sostiene che alcuni agenti di polizia e pubblici ministeri vengono corrotti dai ricchi armatori stranieri per chiudere un occhio sul loro bottino. Secondo Transparency International, nel 2014 il Madagascar si è classificato 133esimo  su 175 nell’indice dei Paesi più corrotti al mondo.

MFG dice che alcune navi cinesi stanno usando il DDT, un pesticida pericoloso bandito dalla Convenzione di Stoccolma delle Nazioni Unite, per uccidere grandi quantità di pesce in una sola volta. Ma il DDT uccide anche la vita marina nei dintorni e gli esseri umani. Il  DDT è stato collegato allo sviluppo di alcuni tipi di cancro ed a complicazioni della  salute riproduttiva.

Nessuna scelta. I lavoratori locali che lanciano l’allarme e sfidano apertamente i trafficanti, subiscono intimidazioni e  persino la violenza. Alcuni attivisti sono stati attaccati a colpi di machete da bande assunte  dai bracconieri o hanno avuto le loro barche danneggiate in mare. Non è una sorpresa, quindi, che alcuni lavoratori del pesce locali finiscono per entrare nel commercio del pesce illegale. Senza alcuna prospettiva di trovare altri lavori, alcuni pescatori finiscono per uccidere gli squali a venderli alle navi cinesi, guadagnando fino a 170 dollari per chilogrammo.

«E’ un disastro ecologico, orribile, lo so – ammette un pescatore –  ma questo denaro sfama la mia famiglia».

Anche i lavoratori dei villaggi rurali vengono reclutati per aiutare i bracconieri. Utilizzando i loro sudati risparmi, spendono 800 § per una promessa di avere posti di lavoro ben pagati sulle navi in alto mare. Ma queste truffe di reclutamento lasciano i lavoratori in balia dei bracconieri che li costringono a faticare per settimane e anche mesi e mesi senza stipendio. All’interno delle navi prigione molti si lamentano di condividere cuccette di cartone e dei turni di lavoro di 18 ore. E invece del pagamento in denaro alcuni lavoratori ricevono pesce congelato che è di scarso valore nei mercati ittici del Paese.

«Gli uomini ingannati questo modo, lavorano in mare per settimane sulla navi cinesi con poca aria, a temperature di 40° C, 50 ° C”», spiega Genevieve Hodyo un avvocato locale che lavora con il sindacato dei pescatori per ottenere un risarcimento per i lavoratori vittime di abusi.

C’è una feroce battaglia su vari fronti che si svolge per il controllo delle risorse ittiche del Madagascar e, dato il fragile stato politico ed economico del Paese, assicurarsi che la gente del Madagascar benefici realmente della sua ricchezza marina sarà cruciale per il futuro dell’isola.
Wonder Chinhur

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e i miei compagni nel pescare le acque del Madagascar

per subacquei, amanti del mare o solo della natura incontrastata

L’Alta Profumeria si chiama Coquillete Paris

L’Alta Profumeria si chiama Coquillete Paris , ha i volti di due splendide giovani donne (Rosa Vaia ed Elise Juarros ) che la passione per le essenze e i profumi avvicinano durante le collaborazioni con grandi marchi . Le scopro ad Esxence, evento dedicato alla profumeria artistica . Inutile dirvi che è stato amore al primo olfatto vero? Sei le fragranze unisex proposte, da 100 ml ed in versione extrait de parfum : Herat, composizione originale e sontuosa dove le note come il Tabacco Cubano,  l’Ambra Grigia e il muschio delle querce di Cipro si fondono insieme creando un caleidoscopio di sensazioni.


. Sulmona , delicata e tenera fragranza che miscela Vaniglia del Madagascar , mandorla amara siciliana e fiori d’arancio in un matrimonio di dolcezza. Moramanga, l’opulenza del Gelsomino abbraccia l’Opoponax Etiope che a sua volta stringe la tuberosa del Madagascar con un risultato generoso . Sumatera , bouquet originale dato dal Gelsomino cinese , dal legno di Cedro e dalla vaniglia del Madagascar . Tan-Tan , essenza che trasporta alla fine dell’estate e all’esaltazione degli aghi di  Pino con l’Assenzio , con il Cedro di Calabria e il legno di Fico . Tudor , inno alla vita grazie al Legno di Rosa , ai Legni ambrati e all’Ambra Grigia . 

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una vita semplice, senza costrizioni, dove l’unica preoccupazione
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una pillola verde


Oggi un quarto delle medicine che troviamo in farmacia è a base di principi attivi di origine vegetale. Che arrivano da foreste lontane Alcuni ormai lo chiamano, senza troppi complimenti, oro verde. Nella realtà, l'oro verde ha nomi poetici, come la pervinca rosa del Madagascar.

lunedì 23 marzo 2015

Maria Benedettini

“Alcune cose saranno sempre piu’ forti del tempo e della distanza, più profonde delle parole e delle abitudini: seguire i propri sogni e imparare ad essere se stessi, condividendo con gli altri la magia di quella scoperta."

Questa frase mi caratterizza ed è la traccia del mio cammino di vita.

 Mi chiamo Mary Benedettini abito a Casalecchio di Reno a Bologna.                  Sono sposata ed ho un figlio di 40 anni, fa il giornalista e sta per diventare papà, presto vivrò la gioia di essere nonna! Mio marito lavora come dirigente infermieristico nell’AUSL di Bologna.
Ho lavorato 40 anni in sanità nella direzione dell’Azienda USL di Bologna ed ero la responsabile della Promozione della salute e della comunicazione. Ho iniziato la mia carriera professionale come logopedista. 
 ”Niente è per caso” il mio cammino è colorato di coincidenze: è così che mi specializzo in Logopedia c/o la facoltà di Psicologia dell’Università di Bologna. Qui incontro due grandi maestri professionali, ma prima ancora di vita. Partecipo a Psichiatria democratica con Franco Basaglia. E’ in questo periodo (metà anni ’70) che faccio l’esperienza dei Kibus in Israele e della medicina di comunità e partecipo attivamente alla de istituzionalizzazione delle scuole speciali e dei manicomi.
Negli anni ’80 inizio ad occuparmi di formazione in modo sistematico e mi specializzo all’università  Bocconi come Formatrice.
Sviluppo competenze nell’ambito della comunicazione e della relazione d’aiuto. Ho una concezione transteorica dei vari approcci, metodi e tecniche. Il mio cammino di  vita, lo studio,  il lavoro, l’attività professionale, si sono sempre integrate in una ricerca continua dove la sfida e il mio mettermi in gioco mi hanno permesso di sperimentarmi, arricchirmi e mi hanno anche fatto incontrare dolori e fragilità.
Da pensionata, inizio la storia di volontaria in Madagascar
con la consapevolezza di aprire il mio cuore senza limiti e abbracciare il mio nuovo percorso in una visione olistica della vita, delle persone e della salute.
Ora sono una felice pensionata e mi dedico alla mia famiglia, ai miei hobby tra i quali la scrittura e fare la volontaria nell’Associazione Amici di Ampasilava.


Scrivo soprattutto poesie: la poesia è per me un grande viatico, non propone ideologie e né facili cambiamenti; ma si rivolge alle coscienze e alle anime, e come sempre, si assume il compito di tener desta nell'umanità il più alto senso della propria missione e dei propri valori."
 Mi sono formata con la cultura  accademica, oggi anche se la ritengo fondamentale, credo molto anche alla cultura dell'origine, per cui dando ascolto a questo  mio lato  ho lasciato fluire quello che mi dettava l'ispirazione. Anche il mare è un dizionario, il cielo, la natura, i visi delle persone, i loro corpi, il rumore del silenzio.
 Sin da bambina amavo scrivere e sognavo di diventare una maestra scrittrice. Le mie nonne sono state la prime persone che mi hanno raccontato i miti, le grandi visioni del mare, le voci del vento, del  fiume, le metamorfosi della luna, le storie delle sirene e dei folletti, mettendomi a contatto con la polifonia delle voci e dei suoni della natura, dove gli animali, gli alberi, i fiori erano personaggi che sapevano comunicare fra di loro e con gli umani. Forse sono state un grande stimolo ad intraprendere le avventure della scrittura.
Anche nel mio lavoro ho potuto sperimentare l’utilizzo della narrazione (che, come ricordava spesso Gregory Bateson, sono l’ espressione essenziale del pensiero umano, della mente umana) e spesso anche nella relazione di cura aiuta ad affrontare i dolori, la malattia.


Anche nel libro Filao –L’albero della vita- le narrazioni hanno fatto emergere le  risorse che coronano gli Amici di Ampasilava con l'ospedale Vezo di Andavadoaka e  ha aiutato anche ad affrontare, le tante difficoltà che ogni giorno si incontrano in questo ambiente, il nostro inconscio ha gli anticorpi al dolore stesso.
Ci sono esperienze che si fanno con un solo bagaglio. Il cuore
A tutti prima o poi capita di vivere una coincidenza incredibile capace di modificare almeno in parte il corso dell’esistenza. A me è successo incontrando quasi per caso cinque anni fa Sandro e Rosy a una cena di beneficenza dove presentavano l’esperienza dell’ospedale Vezo in Madagascar. Sentita la presentazione di questa realtà  ho percepito l’amore di queste persone per la popolazione malgascia e per quello che stavano facendo.
Ho sentito che quella era la realizzazione di un mio sogno. Sin da quando frequentavo la scuola Superiore coltivavo il sogno di fare un’esperienza di volontariato in Africa o in qualche altro Paese povero. Spesso incontriamo le persone che dobbiamo incontrare. Nulla è per caso e le sensazioni che pavimentano il nostro cammino ci portano dritto verso i sogni che osiamo sognare.
Ho iniziato cosi la mia prima missione di volontaria, parto per il Madagascar mietuto sì da malattie, miseria e rassegnazione, ma anche pieno di colori e gioia di vivere.
Intraprendere un viaggio per un’esperienza di volontariato,  può essere dettato da una decisione che risponde a un bisogno intimo non sempre definito. Si parte, si va via dalla propria casa, dai propri affetti, dalle cose materiali che ci legano alla vita di tutti i giorni via dalle abitudini consolidate, si lascia il mondo del noto per l’ignoto.

Mi risuonavano nella mente le tante domande che mi erano state rivolte poco prima, da chi non ha mai provato questa felicità fatta di uno strano senso di responsabilità e passione. “Ma perché parti per un posto così lontano?”, “Non ci sono poveri e bisognosi nella tua città?” “Perché? Quale vuoto devi colmare?” “Perché questo bisogno di aiutare il Madagascar?”...
Mi fanno sorridere e mi dispiace per loro. Dalla mia breve esperienza, posso dire che se fanno queste domande è perché le stesse persone hanno forse paura di immergersi in tanta diversità, e si trascinano nella loro consolidata quotidianità.
In verità è proprio qui che entra in gioco il destino, c’entrano forze che qualcuno chiama Dio, qualcun altro Destino o Caso e che, per quanto ci sforziamo, non comprenderemo mai veramente. Non si può smettere di andare e ripartire.
Dopo 10 ore di volo arrivo ad Antananarivo. Nella periferia di Tanà spiccano i rettangoli verdissimi delle coltivazioni di riso, molto diversa da Tulear, a sud del Madagascar sul tropico del Capricorno, una piccola cittadina in grande sviluppo dove il sorriso delle persone ti avvolge come il suo caldo soffocante. Da questi luoghi non volano solo gli uccelli e gli angeli, ma iniziano a volare anche i sogni.
E’ mattina presto quando partiamo da Tulear verso l’ ospedale “VEZO” di Andavadoaka lasciandoci alle spalle una cittadina ancora intenta al risveglio.
Ci attendono otto ore di jeep su una pista in molti tratti battuta, ove il rischio di insabbiarsi è dietro ogni curva, ma dove il cuore non va mai fuori strada perché le difficoltà del viaggio sono ampiamente mitigate da scorci di panorama sul mare e passaggi nella foresta che ti lasciano senza respiro.

Dopo due  giorni di viaggio tra aerei e jeep, arrivo alla Corte dei Gechi ad Andavadoaka e, immediatamente, mi sento al mio posto. Avverto sensazioni strane, non definibili, come se questo contatto così duro, forte in tutte le sue dimensioni  avesse bisogno di essere assorbito.  C’è un caldo infernale. L’ospedale Vezo, sperduto tra la  sabbia è avvolto da un cielo blu che si confonde con la luce del mare. E’ lì COSTELLATO DI VITA E TI ASPETTA.
Tutto intorno  sabbia bianca, odori forti, gente che cammina sotto il sole cocente e i visi accoglienti e sorridenti degli amici  della corte. Questo basta per  respirare un’aria di familiarità e di serenità, per sentirsi nella seconda casa.
Appena arrivata inizio a lavorare in ospedale, in ambulatorio con Sandro, medico “scalzo” prodigo cuore e grande generosità professionale e umana.
 
Un grande senso di pace mi  permea, ho avuto bisogno di assaporare il contatto con le persone, di entrare in rapporto con tutto il contesto, me lo sono vissuto profondamente, la mia mente vuota da pensieri, c’è spazio solo per il  sentire.
Ci si  accorge subito di ritrovarsi lì, dove il tempo si è fermato, dove tutto è dettato dal sorgere e dal tramontare del sole. Le ore, i minuti, il tempo è computato dal canto del gallo, dalle note dei gechi che durante la notte, alcune volte insonne per il troppo caldo,  tengono compagnia.

Come quando scrivo poesie, non ho risposte, ogni mia domanda può solo generare altre domande. Il mio cuore parla in modo dubbioso, non definitivo, non chiude, ma apre ulteriori spazi alla riflessione e sembra condividere con ogni persona che incontro, intuizioni, sensazioni, paure, gioie, serenità. E’ come se, benché viva in un universo apparentemente governato dalla casualità, in questo luogo mi accompagni l’incontro.

In ospedale vieni accolta dalle tante persone sedute sulle panche, in  serena attesa, salutano con un tenue “salama”. E noi con rispetto, umiltà, compassione, empatia, rimaniamo lì, tutti i giorni, ad accogliere gli ammalati e a fare il possibile per curarli, cercando di accettare le differenze culturali, sociali, ambientali, per andare incontro ai loro bisogni.
Mi saocia. Mi saocia mi risuona tutt’ora, la gratitudine fa parte dei loro usuali comportamenti, è la parola che rappresenta  in maggior misura l’esperienza fatta all’Ospital Vezo.
Molti  vengono da lontano, giorni e giorni di viaggio, chilometri di piste sterrate, arrivano con i   vestiti impolverati, stanchi, corpi bianchi di sabbia e spesso malati. Chi è fortunato arriva con il taxibrousse, che non si sa come possa stare in piedi così stracarico di cose e persone.

C’è chi arriva col carro trainato dagli zebu, e chi invece arriva a piedi dopo
ore di cammino sotto il sole cocente. Tutto questo perché credono in noi, e si affidano alle cure che l’ospedale offre.
La gente è sempre sorridente e tranquilla regala serenità a pacchi, la loro è una gratitudine delicata, timorosa.
Il mio linguaggio , il mio modo speciale di leggere il mondo è sempre stato legato ai profumi e ai colori del giorno di cui spesso inseguo l'aroma impalpabile nelle ore in fuga. Queste sensazioni, questi colori, questa luce la custodisco e la porto con me in Italia affinchè non ci sia grigio che mi dipinga.

Ma quello che ha colorato in modo indelebile il mio animo sono il sorriso dei bambini, la solidarietà delle persone, il  “Changa changa”  "mora mora" (Cammina piano ,piano), il "tsy misy probleme", non ci sono problemi,  il loro vivere la giornata, il presente.

Tutto qui viene accettato come ineluttabile, la malattia, il dolore e anche la morte .
Qui ho imparato l’umiltà, confrontandomi ogni giorno con la mie carenze  di conoscenza, di mezzi, di ascolto, di dialogo.  Sapere di non sapere, volere fare ma non avere sempre la possibilità. Ricordo un bambino di soli 10 anni,  che si era fatto una bruttissima multi-frattura ad una gamba cadendo dal carro, aveva un dolore enorme, erano due giorni che viaggiava sul carro traballante trainato da due zebù, la sua pelle nera era coperta da sabbia bianca.
Con la persona malgascia che traduce gli diciamo: “ti facciamo una puntura per farti stare meglio e poi una radiografia” … e lui “fatemi tutto quello che è necessario purché  mi facciate  guarire, Misaucia”.Purtroppo a quel bambino non abbiamo potuto fare niente: necessitava di un complesso intervento ortopedico e noi non avevamo i mezzi. Con dolore ho imparato ad accettare i limiti che in ospedale ci sono, non si può rispondere a tutte le necessità … E’ straordinario come questa gente sa accettare il fato e sa morire in una terra immobile e senza tempo, bruciata dal sole, ricoperta di sabbia finissima e bianchissima, circondata da arbusti spinosi, stracolma di bambini sempre chiassosi e sorridenti ma spesso lesionati nel corpo.

A maggio riparto per la sesta missione, tutte le esperienze sono state  enormi, incredibili  sia sul piano professionale, sia personale, sia su quello umano.
Grazie alle persone Malgasce  ho imparato a godere delle piccole cose, a non avvelenare la vita con la costante pretesa di avere di più.
Potrei continuare all’infinito a raccontare vissuti di questa mia esperienza, ma per cercare di capire e conoscere l'altra faccia del pianeta e della luna, occorre essere lì, presenti e vivere tutto quello che quel mondo ti offre.
Una cosa è certa, negli occhi della gente, neri come l’ebano, profondi come il mare, fulgenti come le stelle, si trova la forza e il coraggio per andare oltre.

Da tutti voi ho imparato il rispetto, la dignità, la semplicità, il vivere con tanta intensità e amore il presente, insomma ho imparato a vedere il mondo un po’  con i vostri  occhi.

Dagli Amici di Ampasilava presenti alla Corte dei Gechi, ho imparato che non si è mai soli a voler costruire un mondo migliore.

Quando  torno in Madagascar è un po’ come tornare a casa. Mi è diventata familiare questa terra che amo e che mi manca tanto quando le sono lontana da un po’.
Il Madagascar mi ha insegnato a guardare il mondo con occhi nuovi,  a liberare la mente dai pensieri così da godere delle piccole cose alle quali non ero più abituata. Imparo in fretta quanto è preziosa quell’acqua che non per tutti esce copiosa da un rubinetto.
Non c’è frenesia qui:  le giornate che sono scandite dal sorgere e dal tramontare del sole mi regalano colori impensabili, sorrisi di gente umile ed ospitale, sapori di cibi semplici e genuini.

 “Ciò che l’occhio ha visto, il cuore non dimentica”. E’ un popolo di viandanti. Rivoli di persone ai bordi delle strade: bambini, adulti, anziani. Qui, come nei vari villaggi, la vita si svolge sulla strada. Le capanne sono solamente un luogo dove ripararsi dal buio della notte o dalla pioggia: una sola stanza con il fuoco, spesso esterno per cucinare e quando va bene una  stuoia per terra per mangiare e dormire...
Madagascar... e il tempo sospeso. L’arida regione sul canale di Mozambico, con la foresta spinosa costellata di baobab e cactus, le spiagge di sabbia bianca, le acque turchesi protette dalla barriera corallina, le piroghe dei pescatori all’orizzonte sono un ricordo di mari polinesiani in terra africana. Ma la bellezza e l’armonia dei paesaggi contrastano con le condizioni e i disagi in cui si trova a vivere la maggior parte dei suoi abitanti.
 Il Madagascar è tra i paesi più poveri al mondo: più di metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà di un euro al giorno, l’aspettativa di vita è al di sotto dei 50 anni e un bambino su 7 non sopravvive oltre i 5 anni; scarse condizioni igieniche e malattie, prima tra tutte la malaria, continuano a decimare la popolazione.
   Comprendere quegli sguardi incontrati in ospedale, nel villaggio, non è semplice, non sempre si riesce a penetrare la loro luce. Un mondo e una cultura lontani anni luce dai nostri canoni, che difficilmente riusciamo a capire e che spesso ci limitiamo solo a giudicare.  Le tradizioni, l’attaccamento alla terra, il rispetto per gli anziani sono valori assoluti per questa gente e mi chiedo come sarà quando tutti questi bambini, che adesso giocano tra le capanne, saranno diventati adulti.
Qui cresce un grande senso di appartenenza sia alla realtà dell’ospedale, della corte dei gechi , delle persone che incontri e alla natura.  A una natura che ti fa sentire viva, partecipe di quell'universo immenso che ci sta attorno, del mare, del sole, del vento, del cielo, della terra asciutta e polverosa e dalle persone con il sorriso splendente.
Si vive profondamente l'essenzialità, una condizione nella quale l'attenzione al mondo e quella rivolta all'interno non si oppongono, ma coesistono.

Queste esperienze mi hanno rafforzato alcuni comportamenti: scelgo gli Amici di Ampasilava perchè hanno un cuore grande e la passione dell'aiuto e regalano agli altri  i loro  gesti e la loro opera, per me  è stato  importante fare l'esperienza di volontario in questa realtà anche perchè  mi ha permesso di esprimermi ed espandere al massimo il mio valore.
 Quest’anno ho concretizzato l’idea di scrivere un libro “FILAO –L’ALBERO DELLA VITA_ Storie e poesie in terra Malgascia

HO deciso di lasciare una traccia di questa grande opera che Sandro e Rosy hanno costruito; un’Opera che tutti i giorni viene plasmata da tutte le persone che arrivano per essere curate e da tutti i volontari che offrono le cure di cui hanno bisogno.
 E’ un libro a una sola voce, la mia, ma anche collettivo in cui le note del solista fanno da sfondo alle voci di un coro di volontari.  E’ un libro a più dimensioni, in cui si mescolano ieri, oggi e perché no un po’ di domani. E’ un libro in cui la cura, il contesto si sposano con la poesia, le parole scorrono e diventano immagini  a indicare che tutto è correlato e nel centro ogni cosa converge a diventare UNO. 
Vuole anche offrire un contributo di comprensione di una cultura così diversa e distante dalla nostra. Apparentemente lontana perché sommersa nel profondo del nostro animo ma che lì li fa riemergere come l’essenza della vita e l’amore siano valori universali. Ma fra le righe s’incontrano altre cose preziose che le persone là, in quella terra portano con sé e donano a chi incontrano: la semplicità, la spontaneità, il loro entusiasmo e la loro infinita gratitudine.
            Tutto l’incasso del libro sarà devoluto all’Associazione ONLUS Amici di Ampasilava-Madagascar.



Poesia estratta dal libro che dedico a tutte le persone Malgasce che ho incontrato nelle mie missioni

Gratitudine

Apro gli occhi
a quell’incredibile gamma di colori
che costantemente mi viene offerta
per la delizia di questa natura arcaica.

Guardo il cielo,
osservo quanto è diverso;
da un momento all’altro
le nuvole vanno e vengono
e, nella sorpresa, il tempo passa
con le sue molteplici sfumature.

Così vorrei aprire
il cuore a queste meraviglie,
lasciarle scorrere dentro di me
perche’ tutte le persone che incontro
ne siano benedette.

Così la gratitudine
trabocca intorno a noi.
E così come insegna questa gente
ogni giorno è una buona giornata



Aza   ataonao fitia ranon –trambo: be fihavy, ka mora ritra. Fa ataovy tahaka ny rano am-pasika: tsy nampoizina hisy, Ka nahazoana”                                                                                                      (ohabolana malagasy)
Che il vostro amore non sia come l’acqua di un torrente : scende in grande abbondanza ma ben presto sparisce. Sia invece come l’acqua nascosta nella sabbia : non ti aspetti che ci sia, ma se ne può sempre attingere
   (Detto malgascio)

PS: Il libro di Maria Benedettini è disponibile e costa solo 13 euro, potrete farne richiesta a "Il mio Madagascar" e vi sarà inviato.