lunedì 5 novembre 2012

Il matrimonio in Madagascar

L'intervista



Il Castello "Cagliari"
Sono arrivata a Cagliari il 13 aprile del 2009, dopo un lungo viaggio, che non finiva mai. Ad accoglierci in aeroporto abbiamo trovato il figlio di Gianni, Mauro  con la moglie Carmen e i figli Edoardo e Riccardo, che mi hanno fatto omaggio di un bellissimo mazzo di fiori.






 Mi chiamo Lalarisoa Madeleine sono nata a Tulear da una famiglia numerosa e sono la quarta figlia, dopo di me papà e mamma hanno avuto altri quattro figli.
Papà lavorava in Banca, alla BNI Madagascar, e come capita spesso in questo enorme paese, io fui mandata a vivere dalla nonna paterna, e con questa meravigliosa nonna che si chiamava Aliresta Rebamo Julien, ho vissuto per circa 17 anni, non a Tulear, ma a Ankililoaka prima e a Ankiliambo dopo.
In Madagascar i figli maschi prendono il nome del padre, mentre le donne prendono il nome della madre. Infatti mia madre, che oggi ha 70 anni si chiama Antonietta Madeleine
Alla morte della nonna sono tornata a vivere con la mia famiglia a Tulear.

Il  lavoro

Quando avevo circa 22 anni, ho voluto intraprendere una attività commerciale, e con l’aiuto finanziario di mio padre misi su un emporio che ho chiamato “EPI-Bar” di Lalarisoa Ankilimalinike.

Il cotone

Siccome l’attività andava molto bene comprai dei terreni per coltivare il cotone.
Sono stati degli anni molto faticosi e di grandi sacrifici, ma erano ricompensati dai grandi utili che ne traevo.

Il tutto filava liscio come l’olio, anzi troppo, finché un giorno, un triste giorno, la società che lavorava il cotone, la Hasyma, ha chiuso i battenti. Quindi il mio lavoro ha subito un momento di arresto, perché non avevo più i compratori del cotone che producevo.

E allora...

Allora decisi di andare ad Antananarivo da una mia cugina che si chiama Vicky e che è la proprietaria di numerose boutique di abbigliamento femminile sparse in tutto il Madagascar con il nome “Kokoloko”.




La Kokoloko ha la sede ad Antananarivo, dove c’è anche il laboratorio sartoriale e preparano le varie collezioni per poi mandarle alle varie boutique sparse in tutto il Madagascar.
Rimasi con mia cugina Vicky per circa cinque mesi.

Nuovo lavoro

Mia cugina intanto  aveva in costruzione un bellissimo albergo a Nosy Be e i lavori andavano molto a rilento, e mi ha proposto di andare a Nosy Be quale responsabile dei lavori e cercare di accelerare la costruzione dell’albergo. Infatti dopo il mio arrivo, in appena tre mesi sono riuscita a portare a termine i lavori.


Fatale incontro
Terminati i lavori ero in procinto di rientrare ad Antananarivo, quando ho incontrato Gianni. Siamo rimasti assieme per 15 giorni, poi lui è dovuto rientrare perché gli scadeva il visto di soggiorno.
E poi.......
Gianni mi telefonava tutti i giorni, ma ci capivamo poco perché io non parlavo italiano e Gianni non parlava ne francese ne malgascio.
E allora............
Trovai a Hell Ville un giovane che era andato in Italia a studiare per fare il sacerdote, ma era tornato in Madagascar, essendosi ammalato. Con lui ho cominciato a studiare l'italiano e quando nel novembre 2008 Gianni è ritornato, abbiamo parlato molto, perché io avevo nel mentre appreso la lingua italiana. Passammo assieme anche il Capodanno e decidemmo che a marzo ci saremmo sposati.
L'arrivo a Tulear
Quando Gianni arrivo' a Tulear per sposarmi, venne accolto con una grande festa da tutti quanti i miei parenti, è stato come se arrivasse una persona famosa e molto importante, e ci siamo messi in moto per organizzare il matrimonio secondo le usanze malgasce e la cosa venne accettata molto volentieri da Gianni.
E cosa avete fatto
Una mattina molto presto con mio fratello Antoine, la zia Luisette e Gianni abbiamo comprato un bello zebù che è stato affidato a due ragazzi per portarlo a casa di mio fratello Anselma, che dista da Tulear circa 70 Km, due giorni dopo con una autovettura privata abbiamo raggiunto la località di Ankililoaka.

Il matrimonio malgascio
Attorniati da parenti ed amici, abbiamo offerto birra agli uomini e aranciata alle donne e gli anziani hanno raccontato storie e aneddoti di quella località. Gianni, non conoscendo il malgascio, non capiva niente, ma io gli traducevo quello che dicevano.
Nel mentre veniva sacrificato lo zebù, e a tutti i presenti venne offerto del riso con la carne di zebù e tutti si complimentavano per il matrimonio. Per il rito malgascio io e Gianni eravamo già sposati.
Il vero matrimonio
Il vero matrimonio si fece il 13 marzo del 2009 alle ore 16 presso il comune di Tulear davanti alla Signora Sindaco, contenta di unire in matrimonio una malgascia e un un italiano, cosa che non capita spesso.
Per tutti i partecipanti c'è stato un rinfresco e in un bellissimo locale poi una cena e abbiamo ballato fino a tarda notte.
Gianni lavora?
Gianni è un profumiere, infatti ha una elegante profumeria al centro di Cagliari che si chiama”Profumerie For You”, ma oggi fa il pensionato in quanto ha ceduto la gestione della profumeria ai figli.
Come trovi l’Italia
Mi piace tanto Cagliari, sia per il clima che è abbastanza mite, sia per la gente che è molto cordiale.
Trovo l’Italia bellissima per i suoi monumenti e per la storia, a parte che l’isola della  Sardegna ha un mare incantevole, ed è la meta di personaggi molto ricchi del mondo del jet set.

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In Africa 25 specie di scimmie e primati rischiano l'estinzione - Anche i lemuri a rischio estinzione


Madagascar è in cima alla lista con sei delle 25 specie più minacciate
In particolare, i lemuri sono oggi uno dei gruppi più minacciati a causa di una crisi politica che dura da oltre 3 anni
Lemuri, gibboni, grandi scimmie e non solo. Sono ben venticinque le specie di primati che potrebbero scomparire a breve, a causa di deforestazione, caccia illegale e cambiamenti climatici, se non verranno adottate tempestivamente misure per proteggerle dall’estinzione. L’allarme è stato lanciato questa mattina dagli zoologi dell’IUCN, Union for the Conservation of Nature, cha hanno stilato una classifica dei primati maggiormente a rischio, chiedendo ai governi di intervenire.
Gli esperti hanno presentato la loro relazione, spiega una nota, in una conferenza sulla biodiversità che si è svolta nello stato americano dell’Indiana, rivelando come 9 delle specie gravemente minacciate vivano in Asia, 6 sull'isola di Madagascar, nel sud-est dell'Africa, altre 5 sul continente africano e 5 in Sud America. A livello di singoli paesi, il Madagascar è in cima alla lista con sei delle 25 specie più minacciate, mentre il Vietnam è secondo con 5 e l’Indonesia terza con 3. Seguono Brasile e Cina con 2 specie minacciate e Colombia, Costa d'Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Ecuador, Guinea Equatoriale, Ghana, Kenya, Perù, Sri Lanka, Tanzania e Venezuela con una specie ciascuno.
Particolarmente critica sembra essere la situazione dei lemuri del Madagascar, le piccole proscimmie che il film d’animazione Madagascar della DreamWorks ha fatto conoscere ai bambini di tutto il mondo. Sarebbero gravemente minacciati dalla distruzione del loro habitat e dalla caccia illegale, con il lemure più raro, il Lepilemur septentrionalis, è ormai ridotto ad appena 19 individui conosciuti in natura.
"Ancora una volta, questo rapporto mostra che i primati di tutti il mondo sono minacciati dalle crescenti attività umane -spiega Christoph Schwitzer, a capo della ricerca-. In particolare, i lemuri sono oggi uno dei gruppi più minacciati a causa di una crisi politica che dura da oltre 3 anni e dalla mancanza di una salvaguardia efficace nel loro paese d'origine, il Madagascar. Una situazione critica simile si sta verificando nel Sud-est asiatico, dove il commercio di animali selvatici sta portando i primati molto vicino all'estinzione".
Più della metà delle 633 specie e sottospecie di primati, il 54%, sono state classificate come minacciate di estinzione nella Lista Rossa dello IUCN. Sempre a causa delle attività umane, come la combustione e il taglio indiscriminato delle foreste tropicali, la caccia di primati per il cibo e il commercio illegale di specie selvatiche. Così, mentre la popolazione umana continua a crescere, quella dei nostri parenti più prossimi diminuisce drasticamente.
Roberta Ragni

Fonte:greenme.it

Anche i lemuri a rischio estinzione
Sebbene li si vedrà scherzosi e sorridenti sui grandi schermi grazie a Madagascar, il cartoon della Warner che li annovera tra i protagonisti, il Primate Specialist Group dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) dà una notizia inquietante sul loro conto: il 91% delle 103 specie esistenti dei lemuri sarebbe a rischio di estinzione. Più precisamente: 23 specie si trovano in ‘pericolo critico’, 55 in pericolo di estinzione ed altre 19 semplicemente ‘a rischio’.

Gli esperti ritengono che il colpo di grazia alla specie l’abbia dato il disboscamento illegale. Stando ai dati recenti, tra il 1992 e il 2011 in Madagascar sono andati perduti 28.500 kmq di foreste primarie, con un tasso di deforestazione di 1.500 kmq l’anno.
A ciò si è aggiunto anche il fatto che tali simpatiche bestiole sempre più spesso finiscono nel piatto delle famiglie più povere e meno devote. I primati notturni del sottordine degli Strepsirrhinihanno visto peggiorare drammaticamente la propria situazione dopo il colpo di stato militare del 2009, che ha gettato il Paese in una crisi istituzionale gravissima, con relativo abbandono di qualunque tipo di iniziativa di salvaguardia dell’ambiente e dell’ecoturismo. Per non parlare della povertà dilagante che li vede tra i pasti obbligati dei poveri.
Non è un caso che, nella valutazione naturalistica precedente, pubblicata nel 2008, solo 8 specie fossero state classificate in ‘pericolo critico’, 18 in pericolo e 14 ‘vulnerabili’.
Speriamo che la situazione politica del Madagascar migliori, così da influenzare anche lo stato sociale ed ambientale del Paese. E quindi che ritorni la difesa dei lemuri, trovatisi in pochi anni a passare da specie privilegiata a specie a rischio estinzione.

Allarme in Madagascar, palme rischiano estinzione

Da loro dipendono alcune delle popolazioni più povere isola

Più dell'80 per cento delle palme del Madagascar, da cui dipendono alcune popolazioni tra le più povere dell'isola per cibo e materiali da costruzione, sono a minaccia estinzione. E' quanto emerge dalla lista aggiornata delle specie in pericolo pubblicata oggi. La nuova versione della Lista rossa delle specie sotto minaccia dell'Unione internazionale per la tutela della natura (Uicn), lista di riferimento sulle condizioni di salute delle specie vegetali e animali in tutto il pianeta, è stata aggiornata in occasione della conferenza dell'Onu sulla biodiversità che si svolge fino a venerdì a Hyderabad, in India. Questo aggiornamento della lista include 65.518 specie, di cui 20.219 sono sotto minaccia di estinzione, secondo l'Uicn, che ha insistito durante la sua presentazione sulla situazione "terrificante" delle palme del Madagascar, un'isola considerata una delle più ricche al mondo in termini di biodiversità. "Le cifre relative alle palme del Madagascar sono davvero terrificanti, soprattutto perché la perdita di palme influenza l'eccezionale biodiversità dell'isola, ma anche la popolazione", ha indicato Jane Smart, direttrice globale del gruppo di conservazione della biodiversità Uicn
Fonte:Virgilio.it


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Il Papa proclama 7 nuovi santi, per la prima volta una pellerossa Giacomo Berthieu, martire in Madagascar


Sette nuovi santi sono stati proclamati da Benedetto XVI in piazza San Pietro. La cerimonia di canonizzazione ha avuto luogo prima di una grande messa concelebrata dal Papa insieme a numerosi cardinali e a 400 vescovi di tutto il mondo: i 262 che sono riuniti in Vaticano per il Sinodo e quelli giunti dai paesi dove hanno vissuto questi testimoni del Vangelo. E' diventata santa, cosi', la prima santa pellerossa della storia, Caterina Tekakwitha, una giovane squaw, cioe' un'indiana d'America. Il suo nome spicca nell'elenco letto - prima della formula di canonizzazione che competeva al Papa - dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. Subito dopo sono state portate all'altare posto sul sagrato della Basilica di San Pietro le reliquie dei canonizzati, le cui immagini sono esposte sulla facciata esterna. Tra essi ci sono anche due martiri: padre Giacomo Berthieu, gesuita francese innamorato di Dio e del popolo malgascio, ucciso per la sua fede nel 1896, in un piccolo villaggio del Madagascar. Lo stesso destino toccato due secoli prima, nel 1672, a Pietro Calungsod, laico catechista, originario delle Filippine e morto martire a 18 anni nell'Arcipelago delle Marianne.
Nella stessa cerimonia - alla quale hanno partecipato circa 40 mila fedeli - e' stata elevata dal Papa alla gloria piu' alta anche la religiosa spagnola Maria Carmen Salles y Barangueras. Davanti alla realta' delle prostitute e delle detenute, nacque in lei l'idea che per salvare le giovani da questi sventurati destini avrebbe dovuto prepararle sin dal principio, come dal principio era era stata preservata dal peccato Maria Immacolata. Nell'elenco dei nuovi santi che il Pontefice tedesco ha proclamato questa mattina ci sono anche due sue connazionali: Barbara Cope, suora del Terz'Ordine di San Francesco di Syracuse, meglio conosciuta come "Madre Marianna di Molokai", dal nome del famigerato lebbrosario delle Hawai, dove si dedico' coraggiosamente ai malati e mori' nel 1918, e Anna Schaffer, laica bavarese testimone dell'amore di Cristo dal letto di sofferenza morta nel 1925. Infine e' diventato santo anche il sacerdote bresciano Giovanni Piamarta, vissuto a cavallo tra l'800 e il '900, fondatore di istituti religiosi e opere sociali come quella degli artigianelli, e della casa editrice Queriniana che ancora oggi pubblica opere teologiche importanti, tra le quali il best seller "Introduzione al cristianesimo" di Joseph Ratzinger, un manuale sul quale si sono formate intere generazioni. (AGI)


La storia del padre gesuita Giacomo Berthieu, martire in Madagascar. Domenica canonizzato 


Padre Giacomo Berthieu fu un sacerdote gesuita innamorato di Dio e della sua gente malgascia. Venne ucciso per la sua fede nel 1896 in un piccolo villaggio del Madagascar. Domenica il Papa lo ha canonizzato in Piazza San Pietro. Di questa figura Benedetta Capelli ha parlato con il postulatore della sua causa, padre Anton Witwer:

R. - E’ sempre rimasto fedele alla fede ed è sempre rimasto fedele alla gente cristiana di quell’ambiente: voleva veramente stare con la gente malgascia, voleva riuscire ad aiutarla a rimanere fedele alla fede. 

D. - Un esempio che, secondo lei, ha dato frutti nella terra del Madagascar?
R. - Sì, certamente. E questa è sempre stata una caratteristica della sua persona: sin dall’inizio si è sempre sentito attratto dalla gente semplice, dalla gente povera, dalla gente che più aveva bisogno. Proprio questo ha fatto maturare anche in lui la sua vocazione missionaria: prima di entrare nella Compagnia di Gesù è stato per dieci anni sacerdote diocesano. Questo suo amore per la gente, questo suo desiderio di annunciare Gesù Cristo lo ha portato nella missione. Era una persona molto semplice, molto umile e ha cercato di fare di tutto per far comprendere alla gente che Dio ci è vicino: Dio, Gesù Cristo, è vicino alla persona semplice, povera, malata.
D. - La sua fu una morte molto violenta… 
R. - Questo è vero. Tutta la sua vita è stata una preparazione al suo martirio: era disposto a offrire la sua vita per gli altri e questo per testimoniare Gesù Cristo. Quando i gruppi di Menalamba, che volevano estirpare la fede cristiana dal Paese, lo trovarono e lo presero immediatamente, non appena videro il Crocifisso che portava al collo, gli dissero: “Ecco il tuo amuleto: è di questo che ti servi per traviare la gente?”. E la sua risposta fu: “Continuerò ancora a pregare e a far pregare per te!”.
D. - Siamo nell’Anno della Fede: questo nuovo santo può essere un emblema per la nuova evangelizzazione?
R. - Sì, perché la sua testimonianza è veramente una testimonianza di fede, perché la fede è espressione dell’amore per il prossimo e per Dio. 
D. - C’è un episodio particolare della vita del nuovo santo che è, per lei, emblematico?
R. - Per motivi politici, in alcuni periodi, doveva lasciare la gente malgascia e andare a lavorare fra i soldati francesi: in lui c’era sempre il profondo desiderio di tornare, quanto prima possibile, tra la sua gente, per confortarla, per assicurarsi che potesse vivere pienamente la fede cristiana.

Fonte Radio Vaticana


La testimonianza del nuovo Santo, Giacomo Berthieu, uomo di preghiera, pastore, missionario martire in Madagascar
Il Beato Padre Giacomo Berthieu (1838-1896), gesuita francese, missionario e martire in Madagascar, è stato canonizzato domenica 21 ottobre, Giornata Missionaria Mondiale. Per l’occasione, il Superiore Generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolás, ha scritto una lettera a tutta la Compagnia, pervenuta anche all’Agenzia Fides. Dopo aver richiamato gli eventi ecclesiali di quest'anno, il Padre Generale aggiunge: “Per la Compagnia questo anno 2012 è quello della Congregazione dei Procuratori che si è svolta in luglio a Nairobi (vedi Fides 6/7/2012 e 18/7/2012); la vitalità apostolica delle Province dell'Africa e del Madagascar, riunite nel JESAM, e la rinnovata presa di coscienza del sentire cum Ecclesia ci invitano a ricevere con fervore la testimonianza di Giacomo Berthieu".
Dopo aver ripercorso le principali tappe della vita del santo e ricordato il suo martirio, P. Nicolás sottolinea alcune caratteristiche della sua vita come missionario, uomo di preghiera e pastore. "Il dono totale e cosciente della sua vita a Cristo è la chiave del suo impegno. In mezzo alle prove ha conservato il buon umore, l'affabilità, l'umiltà e lo spirito di servizio. Citava volentieri il Vangelo 'non temete coloro che uccidono il corpo, ma quelli che possono farvi perdere l'anima' (Mt 10,28). Nella sua catechesi parlava spesso della risurrezione dei morti. I fedeli hanno tenuto a memoria questa frase: 'Anche se sarete mangiati da un caimano, risusciterete!'." Il Superiore Generale conclude: "Che lo Spirito Santo ci conceda di mettere in azione le opzioni di Giacomo Berthieu: l'esigenza della missione che lo porta verso un altro paese, un'altra lingua e un'altra cultura; l'attaccamento personale al Signore espresso nella preghiera; lo zelo pastorale, che è allo stesso tempo amore fraterno dei fedeli che gli sono affidati e l'esigenza di condurli più avanti nella vita cristiana; ed infine il dono della sua vita spesa fino alla morte che lo ha configurato definitivamente a Cristo".
Giacomo Berthieu nacque in Francia, a Polminhac, il 26 novembre 1838 e morì martire ad Ambiatibé (Madagascar) l'8 giugno 1896. Dopo gli studi fu ordinato sacerdote nel 1864 e per nove anni fu vice-parroco a Roanne. Nel 1875 fu inviato missionario nel Madagascar, sull'isola di Santa Maria, dove lavorò fino al 1881, quando venne costretto a lasciare questo luogo in seguito ai decreti emanati dal governo francese. Si recò quindi a Tamatova, poi a Tananarive, da dove venne inviato nella missione di Ambohimandroso. Nel 1894, quando scoppiò la seconda guerra dei malgasci contro la Francia, si trovava ad Andrainarivo. Fu catturato dagli insorti mentre accompagnava i suoi cristiani sfollati dai villaggi. Invitato varie volte ad abbandonare la fede, egli si rifiutò e i pagani, irritati, lo uccisero e gettarono il suo cadavere nel fiume Mananara. Venne beatificato da Papa Paolo VI il 17 ottobre 1965. (SL) Fonte: Agenzia Fides

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Fonte Radio Vaticana




“Raibow Warrion” di Greenpeace nell’oceano Indiano contro la pesca pirata


La nave ammiraglia di Greenpeace, Rainbow Warrior, si trova alle Mauritius, da dove partirà presto alla volta delle Maldive, dopo due settimane trascorse in alto mare a ovest del continente africano e a sud del Madagascar a caccia di pescherecci che praticano pesca illegale o distruttiva.
Sono stati avvistati pescherecci taiwanesi, giapponesi, spagnoli e panamensi.
“Abbiamo ispezionato diverse navi – racconta Giorgia Monti, responsabile della campagna mare, a bordo della Rainbow Warrior da 15 giorni -. Chi continua a non rispettare le leggi dev’essere fermato, perché i nostri oceani forniscono cibo e lavoro a milioni di persone nel mondo”.
Il monitoraggio è seguito a quello condotto nelle acque del Mozambico, insieme al ministero della Pesca. Per mancanza di risorse il paese africano fa fatica a controllare i pescherecci stranieri che saccheggiano il mare per prelevare tonni o squali in via d’estinzione.
In Italia si consumano oltre 140 mila tonnellate di tonno in scatola all’anno, e molto del tonno consumato viene importato proprio dall’Oceano Indiano.
“Le scelte dei consumatori possono fare la differenza in queste acque lontane – spiega Giorgia Monti -. Greenpeace chiede alle grandi aziende del tonno in scatola di comprare solo tonno pescato in modo sostenibile ed equo, preferendo le piccole flotte dei paesi costieri dove i guadagni sono equamente distribuiti”.
Durante il monitoraggio congiunto del mare, condotto da Greenpeace e dalle autorità del Mozambico, è stata coperta un’area di 133.500 chilometri quadri: la minaccia principale è quella dei palangari con cui vengono catturati tonni alalunga e squali.
“Questi ultimi vengono spesso ributtati in mare ancora vivi, una volta che è stata tagliata loro la pinna – sottolinea l’attivista di Greenpeace -. Le pinne vengono vendute a prezzi molto alti sul mercato asiatico, fino a 740 dollari al chilo. E ogni anno si stima che vengano uccisi tra 26 e 73 milioni di squali per venderne le pinne”. Il tonno è vittima così dell’eccessivo sfruttamento mentre molte specie di squalo sono minacciate d’estinzione.
Nell’Oceano Indiano i pescherecci sono migliaia. La maggior parte proviene da flotte di paesi lontani che, dopo aver pescato tutto ciò che potevano nelle proprie acque – si stima che negli ultimi 50 anni la biomassa di specie come tonni o squali si sia ridotta di circa il 90% – si dirigono qui in cerca dell’ultimo pesce, depredando risorse fondamentali per la sopravvivenza di stati costieri poveri come il Mozambico o il Madagascar.
La missione della Rainbow Warrior nell’Oceano Indiano continua “perché la sfida della pesca sostenibile si può vincere e da questa dipende il benessere delle comunità costiere e il futuro dei nostri oceani”, sottolinea Greenpeace.

Fonte: (
ITALPRESS).

Verso una vigilanza più rigorosa delle attività di pesca industriale del tonno nelle acque malgasce
Comunicato Stampa
Dal 24 al 26 settembre 2012, la Commissione mista di cui l'accordo di partenariato nel settore della pesca tra l'Unione europea e il Madagascar si sono riuniti per adottare misure di gestione specifiche che disciplinano specificamente le attività della flotta di pesca.
Madagascar e l'Unione europea, sia le parti contraenti della Commissione tonno nell'Oceano Indiano si attribuiscono la massima importanza per l'effettiva attuazione di tutte le risoluzioni dell'Organizzazione regionale per la gestione della pesca in particolare le catture di specie associate da pescherecci con palangari di squalo. L'impiego regolare di osservatori a bordo palangaro, fornire statistiche accurate sulla qualità e la composizione delle catture. Queste saranno trasmesse al comitato scientifico della IOTC.
Applicazione del principio di precauzione e la gestione delle risorse nelle acque del Madagascar, pesca: 2 famiglie e 5 specie di squali  più vulnerabili è vietata.
Inoltre, a seguito delle raccomandazioni del comitato scientifico del livello delle catture IOTC associati con altri tonni squali rimanere ad un livello di catture (200 tonnellate) inferiore alla media storica cattura degli ultimi 5 anni per la flotta dell'Unione europea.
Lo scopo della commissione mista è stato anche programmato dalle risorse finanziarie destinate dall'Unione europea in Madagascar, al fine di sostenere le sue priorità politiche per lo sviluppo del settore della pesca. L'importo stanziato di 550 000 euro l'anno saranno destinati, in particolare, a rafforzare le attività di controllo e di implementazione di osservatori a bordo flotte autorizzate a pescare nelle acque del Madagascar.

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                8 maggio 2013

Hira Gasy


Hira Gasy significa letteralmente "canto malgascio". Tale forma artistica popolare mescola teatro, canzone e danza. Destinati originariamente a un pubblico locale, gli spettacoli di Hira Gasy attirano oggi un numero sempre maggiore di spettatori. Generalmente le compagnie sono costituite da più persone della stessa famiglia o dello stesso villaggio. Sono chiamate Mpihira Gasy. 
Si tratta molto spesso di paesani poveri ai quali si ricorre per animare un matrimonio, una nascita o una festa nazionale. Il costume tradizionale è un lungo vestito con merletti per le donne, una casacca rossa, pantaloni neri e un cappello di paglia per gli uomini.

Come aspetti più culturali del paese, Hira Gasy è assolutamente unica in Madagascar. E 'una forma di intrattenimento tradizionale malgascia che si dice esistono dal 1789, e lo Stato di re Andrianampoinimerina. Questo re fornito il suo popolo con attrezzi agricoli e le tecniche in modo che sarebbe in grado di nutrirsi in tempi di carestia o tempi di abbondanza, e mpikabary (oratori) è andato ad esibirsi per loro (tra cui cantanti e ballerini) per intrattenerli. La pratica di Hira Gasy è stato popolare da allora per rendere grazie a loro re. 

Cosa succede in una performance Gasy Hira?

Oggi, una performance Hira Gasy composto da diversi temi, ogni tema si compone di cinque fasi, come Sasitehaka (un preludio, di solito circa dieci minuti). La parte principale del Gasy Hira è il Renihira, che introduce il tema principale dello spettacolo. I temi possono essere di agricoltura, questioni sociali, matrimoni, o anche commerciale. Le canzoni legate a questo tema può durare per un'ora o anche di più.
Oggi, molte influenze sono adottate da Gasy Hira, come le uniformi rosse indossate dai francesi durante la loro colonizzazione dell'isola. Hira Gasy è talvolta messo in scena durante le cerimonie sacre e comprende fra l'Famadihana (l'esumazione dei morti per la sepoltura), la cerimonia di circoncisione da uno a sette anni e altri eventi importanti.
A volte alle presentazioni sono anche ammessi i turisti, anche se questi  spesso sono solo per gruppi organizzati. Per la gente del posto, Hira Gasy è fatto per pubblico spettacolo, e nelle piccole città e nei villaggi è possibile imbattersi in uno spettacolo tradizionale. 







La corsa al carbone sub sahariano: Sudafrica e Madagascar si confrontano

di Giuseppe Matarazzo

La gestione delle risorse naturali in Africa, in particolare il loro sfruttamento, è considerata una delle principali opportunità per il raggiungimento di uno sviluppo economico duraturo. Tra le risorse naturali, quelle minerarie, benché distribuite  geopoliticamente in maniera diseguale, rappresentano una leva imprescindibile per la crescita sociale, politica ed economica di numerosi paesi africani. Tra i settori in continua crescita a livello internazionale quello carbonifero costituisce uno dei veri e propri motori dell’economia nazionale per diversi paesi che, come il Sudafrica, hanno fatto del carbone un mezzo di sostentamento energetico ed al contempo una fonte di reddito indispensabile attraverso le esportazioni. D’altra parte il carbone costituisce la fonte più utilizzata per produrre energia elettrica il cui consumo negli ultimi anni, attraverso la crescente domanda da parte dei paesi in via di sviluppo, è aumentato vertiginosamente.  Di conseguenza nuove prospettive di sviluppo si fanno largo nel settore carbonifero e paesi come la Repubblica del Madagascar rischiano di compromettere il ruolo di titolare assoluto a livello regionale detenuto dalla repubblica sudafricana. Sudafrica e Madagascar da commercianti nel settore carbonifero rischiano di diventare potenziali rivali, tuttavia entrambi offrono numerose possibilità per futuri investimenti in questo settore così strategico per le economie emergenti.


La Repubblica  Sudafricana, tra i più grandi produttori, consumatori ed esportatori di carbone, rappresenta un attore chiave sui mercati carboniferi mondiali. La produzione del carbone sudafricano, industria ultracentenaria e braccio energetico dell’attività estrattiva diamantifera, presenta diverse peculiarità: l’attività estrattiva ha costi molto contenuti, dovuti alla presenza della roccia sedimentaria a un’esigua distanza rispetto al suolo; si avvale del più grande terminal per le esportazioni carbonifere; è privilegiata da una posizione geografica strategica per le rotte commerciali, rappresentando il collegamento naturale tra i due oceani, Atlantico e Pacifico.  Queste caratteristiche fanno del “paese arcobaleno” un esportatore competitivo sui mercati internazionali, soprattutto in Europa, Cina e India. Produzione e consumo di carbone sono rimasti relativamente stabili negli ultimi dieci anni, nonostante i gruppi ambientalisti  imputino all’attività estrattiva  l'inquinamento ambientale. Oltretutto l'uso del carbone, specialmente da parte della  Eskom (la società elettrica statale) e Sasol,  si prevede continui o addirittura acceleri nei prossimi anni. Le riserve di carbone sudafricane sono stimate tra i 15 e 55 miliardi di tonnellate, il 96%  è costituito da carbone bituminoso, il restante è diviso in maniera equa tra  metallurgico ed antracite. La maggior parte delle riserve sono situate nel bacino centrale che comprende il Witbank, Highveld ed Ermelo. Inoltre l’area Waterberg è al centro degli sforzi di esplorazione e potrebbe diventare un importante sito di estrazione, oltre ai bacini carboniferi della Provincia del Limpopo che sono in fase di studio, con particolare attenzione al carbon coke. Ciononostante, l’esposizione sudafricana all’interno dei consessi  internazionali in merito alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra unita ai problemi strutturali del paese potrebbero avere notevoli ripercussioni sul settore carbonifero, agevolando seppur in maniera indiretta, potenziali concorrenti come la Repubblica del Madagascar.

Le scoperte dei primi giacimenti di carbone all’interno della repubblica malgascia risalgono agli inizi del XX secolo quando la Francia avviò la costruzione di una serie di trincee esplorative e di cunicoli nella parte sud occidentale del paese oggi nota come bacino carbonifero di Sakoa.  In seguito diverse società estere intrapresero un intermittente processo di esplorazione e di studi di fattibilità che non portarono tuttavia a un’adeguata risposta alle possibilità d’investimento nel settore. Tutto ciò fu accompagnato dalla mancanza di una politica strutturata nei confronti del carbone che, di fatto, ostacolò ogni possibilità di sfruttare una risorsa da cui il paese dipendeva sia da un punto di vista energetico che commerciale.  Negli anni ’90 il Madagascar importava gran parte del carbone dalla vicina Repubblica Sudafricana e solo dal 2000 in poi, attraverso la stretta collaborazione con le Istituzioni Finanziarie Internazionali, Banca Mondiale e Fondo Monetario in particolare, la Repubblica Malgascia ha adottato una serie di riforme per la ristrutturazione del settore minerario. Tutto ciò ha favorito il ritorno di cospicui investimenti esteri e nonostante la raccolta dati in merito alle stime sulle riserve carbonifere siano in corso di definizione, nella sola area esplorata di Sakoa quest’ultime raggiungono i 3 miliardi di tonnellate. L’instabilità politica che negli ultimi anni ha caratterizzato il Madagascar non ha garantito la continuità nello sviluppo del settore carbonifero che rimane un ottimo potenziale per gli sviluppi futuri del sistema economico nazionale.

Mentre produzione e utilizzo di carbone crescono smisuratamente, il dibattito sul diritto allo  sviluppo e la necessità della tutela ambientale da parte delle economie emergenti torna prepotentemente sulla scena internazionale. In questo senso il Sudafrica è un esempio lungimirante,  registrando tra le più alte emissioni di CO2 e rappresentando la bandiera africana dello sviluppo nei forum mondiali deve rispondere  agli stringenti vincoli internazionali oltre a dover affrontare le numerose problematiche interne al paese. Nonostante le ultime rivendicazioni sindacali abbiano solo lambito il settore carbonifero, permangono diversi problemi di natura politica e strutturale. Tra i problemi più importanti del comparto carbonifero sudafricano persiste la mancanza di pianificazione e di coordinamento degli investimenti tra le miniere di proprietà privata e quelle di proprietà dello Stato. Conseguenza diretta di questa lacuna è la carenza  infrastrutturale delle ferrovie che interessano soprattutto le aree portuali. Senza un’adeguata politica di sviluppo del settore minerario la Repubblica sudafricana  continuerà a non massimizzare il proprio potenziale in termini di esportazioni,  anche a fronte del notevole incremento della domanda di energia elettrica a livello nazionale e internazionale. D’altra parte la Repubblica del Madagascar deve confrontarsi con un apparato burocratico troppo pesante e poco produttivo che insieme ad un livello infrastrutturale ancora nella sua fase embrionale rallenta il processo di sviluppo economico del paese.  Tuttavia la collaborazione tra i due paesi e le Istituzioni Finanziarie Internazionali ha sicuramente accelerato il processo di riforma interno per la predisposizione di una politica organica nei confronti del carbone, abbassando il rischio sugli investimenti nel settore. Malgrado ciò la capacità d’investimento nel comparto energetico sub sahariano non potrà prescindere dalla volontà di saper coniugare istanze nazionali ed internazionali, nel pieno rispetto del diritto al mutuo sviluppo ed alla tutela ambientale.
Fonte: AGI

Affari in vista, Londra riapre la sua ambasciata in Madagascar



Chiusa nel 2005 per motivi economici, riaprirà nei prossimi giorni l’ambasciata della Gran Bretagna in Madagascar. Lo ha annunciato il capo della diplomazia britannica Willan Hague, precisando che l’ambasciatore Timothy Smart verrà insediato ad Antananarivo entro la fine de mese e che la sede sarà pienamente operativa a marzo. L’annuncio della riapertura dell’ambasciata era già stato fatto l’anno scorso.
La decisione è stata motivata dalla prospettiva di futuri investimenti nell’isola africana e dalla volontà politica di sostenere Antananarivo in vista delle prossime elezioni. Previsto per il 2013, il voto dovrebbe segnare il ritorno a un governo democratico dopo più di tre anni di transizione sotto la guida dell’attuale uomo forte, Andry Rajoelina.
La riapertura dell’ambasciata di Londra ad Antananarivo, ha precisato Hague, “rientra nell’ambito dell’espansione della rete diplomatica del Regno Unito nelle regioni chiavi del mondo. Entro il 2015 – ha aggiunto – Londra avrà aperto fino a 11 nuove ambasciate e otto nuovi consolati e inviato 300 persone supplementari in 22 paesi con economie emergenti”.
La grande isola, anche chiamata “isola rossa”, possiede tra l’altro giacimenti di oro, pietre preziose, minerali radioattivi, idrocarburi, sale, bauxite. È il principale esportatore mondiale di vaniglia ed è nota per l’eccezionale biodiversità della sua fauna e flora.
Fonte: Atlas Quotidiano di Esteri

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                8 maggio 2013

Turista morto in Madagascar. Pare si sia trattato di un malore





Era scomparso una settimana fa, durante un'escursione nella riserva naturale di Ankarana, in Madagascar. Il corpo di Vittorio Di Gennaro, turista 69enne di Rimini, è stato ritrovato senza vita

Era scomparso una settimana fa, durante un'escursione nella riserva naturale di Ankarana, in Madagascar. Il corpo di Vittorio Di Gennaro, turista 69enne di Rimini, è stato ritrovato senza vita. L'informazione arriva da un parente. Il cadavere di Di Gennaro non presenta segni di violenza. Causa della morte, secondo le prime ipotesi degli inquirenti malgasci, potrebbe essere stato un malore. Sul cadavere sarà comunque eseguita l'autopsia. 



Il turista esperto ed appassionato di viaggi era in Madagascar con un viaggio organizzato. La moglie, Domenica Mauri, lo aveva sentito fino a lunedì scorso via sms, poi i Carabinieri di Rimini le avevano dato la notizia della scomparsa. Di Gennaro si era fermato durante un'escursione perchè si sentiva stanco. I compagni al ritorno non l'avevano più trovato. Da lì il contatto con l'ambasciata italiana e gli aggiornamenti sulle ricerche. Purtroppo la vicenda è finita in tragedia. Il corpo è stato trovato ai piedi di un albero nella riserva naturale di Ankarana, all'estremo nord dell'isola.
Una telefonata alle 8 di martedì mattina, al cellulare del nipote del riminese deceduto, Alessandro Fiorini, dall'ambasciata di Pretoria (Sudafrica) ha confermato la notizia ai familiari in Italia. "Mi hanno avvisato - dice Fiorini - del ritrovamento del corpo questa mattina. L'hanno trovato vicino ad un albero all'interno del parco naturale, ma non me ne hanno comunicata l'esatta posizione. Le autorità mi hanno detto che si esclude la morte violenta"."Le autorità del posto - continua il nipote - escludono la morte violenta perché aveva ancora con sé tutti i soldi e non vi sarebbero segni sul corpo. La causa della morte potrebbe essere stato un malore". Sul cadavere già sarebbe stata eseguita l'autopsia. "Ma è troppo presto per sapere quando la salma verrà rimpatriata", dice Fiorini.
Si è chiusa in un composto silenzio, la moglie, Domenica Mauri. Insegnante e preside del liceo scientifico Serpieri di Rimini, in questi giorni aveva tentato di raggiungere il marito al telefono, ma senza risultato. "Gli unici contatti li ho avuti con l'ambasciata italiana a Pretoria, in Sudafrica, non ho potuto parlare con gli altri italiani che erano lì con lui, perché i collegamenti telefonici sono difficili". "Le informazioni che ho, le ho avuto dall'ambasciata - dice tra le lacrime - sono stati gentili e io posso solo ringraziarli. Ora però desidero un po' di pace".
Fonte: RiminiToday » Cronaca

Riminese scomparso in Madagascar durante escursione


"Sono molto preoccupata, le ricerche finora non danno risultati. Mio marito è abituato a pagare in contanti, forse qualcuno ha visto i soldi..."


Un turista italiano, Vittorio Di Gennaro, residente a Rimini, è scomparso in Madagascar nel corso di un'escursione nella riserva naturale di Ankarana, all'estremo nord dell'isola. Lo hanno confermato i carabinieri di Rimini. L'uomo, 69 anni, residente in riviera, era partito il 21 ottobre con un gruppo organizzato dal Tour Operator di Milano 'Lombard Gate' e non se ne hanno più notizie dal 23 ottobre. Sono stati gli stessi carabinieri di Rimini, allertati dai colleghi dell'Ambasciata d'Italia a Pretoria (competente per il Madagascar), ad avvertire la moglie, Domenica Mauri. Secondo quanto riferito da un parente, Alessandro Fiorini, nel corso dell'escursione Vittorio Di Gennaro si sarebbe fermato perché stanco, ma il resto del gruppo al ritorno non lo ha più trovato. La Farnesina segue la vicenda attraverso l'Ambasciata italiana a Pretoria che è in stretto contatto con le autorità locali.
Domenica Mauri, la moglie dell'uomo che da giorni è in apprensione, all'ANSA afferma: "Sono in contatto con l'ambasciata italiana di Pretoria - ha detto - mi dicono che stanno facendo delle ricerche, ma che per ora non ci sono risultati. Io sono molto preoccupata". Vittorio Di Gennaro è un appassionato di viaggi, passione coltivata con maggiore continuità da quando (a differenza della moglie che ancora lavora e che non può sempre seguirlo) è in pensione. "Ci siamo scambiati dei messaggi - ha detto la donna - domenica dagli aeroporti di Bologna e di Parigi, poi ho avuto sempre sue notizie via sms lunedì, mi aveva detto che tutto andava per il meglio. Sapevamo che le comunicazioni erano difficili. Dopo che ho avuto la notizia dai carabinieri di Rimini, ho provato a richiamarlo ma il telefono era staccato". "A quanto mi hanno riferito - prosegue Domenica Mauri - mio marito si è fermato da solo, prima di fare un'escursione, perché era stanco. Avrebbe aspettato i suoi compagni di viaggio alla fine dell'escursione, ma non lo hanno più trovato". "Mio marito - ha continuato - è abituato a pagare con i contanti, più che con le carte di credito e qualcuno potrebbe essersi accorto che aveva con sé dei soldi".



Gli indemoniati del Madagascar




Il 90% delle persone affette da epilessia vive nei Paesi a basso e medio reddito. La maggior parte curata con pozioni

«Una delle scoperte più sconvolgenti è stato vedere che durante una crisi o, talvolta anche tra una crisi e l’altra, le persone con epilessia venivano confinate in solitudine. In alcuni casi erano legate ai polsi e alle caviglie, in genere con funi, ma qualche volta anche con catene metalliche». Così un gruppo di ricercatori francesi dell’università di Limoges, in Francia, descrive in un contributo pubblicato sulla rivista Lancet Neurology il modo in cui spesso i malati di epilessia vengono assistiti nei Paesi a basso reddito. «Questo approccio - spiegano - sembra essere adottato se il paziente è giudicato un pericolo per le altre persone o per punire la forza diabolica che risiede nel loro corpo». È questa infatti la spiegazione dell’epilessia che in molte aree del Terzo Mondo ancora viene data: una possessione diabolica.

ESORCISMO - L’assistenza fornita ai malati non può che essere conseguente: preghiere, esorcismi e, talvolta, infusi di erbe e massaggi addominali. Il medico non è un attore fondamentale. Tanto che, secondo quanto riportato dai ricercatori, il dottore passa in visita una volta al mese. Il racconto si riferisce ad alcuni campi (centri medici di fortuna gestiti per lo più da religiosi) in Madagascar. Ma la storia raccontata è la stessa di molti altri posti nel mondo. Uno studio appena pubblicato su un numero speciale della rivista Lancet ha cercato di fotografare la situazione dei pazienti epilettici nel Paesi a basso e medio reddito. E i risultati scoperchiano un problema sanitario ancora sottostimato. L’Organizzazione mondiale della sanità stima che circa 50 milioni di persone nel mondo siano affette dalla malattia. E il 90 per cento di esse si concentra nei Paesi in via di sviluppo. Una percentuale che, per i ricercatori, potrebbe essere riconducibile all’altissima diffusione di fattori di rischio almeno in parte prevenibili: traumi cranici, scarse cure neonatali, infezioni come la neurocisticercosi o l’oncocercosi. Tuttavia, le stime di cui si dispone sono tutt’altro che affidabili. «Ricavare dati credibili sull’epidemiologia dell’epilessia nei Paesi a basso e medio reddito è molto difficile. Le indagini che forniscono i dati di cui avremmo bisogno sono molto poche», ha spiegato uno degli autori dello studio, Charles Newton, dell’University of Oxford in Gran Bretagna.

TERAPIE - A rendere ancora più complicate le indagini è il fatto che «molte persone con epilessia o le loro famiglie neanche sono consapevoli del fatto di avere una malattia, che per giunta può essere controllata con i farmaci», ha aggiunto Newton. Proprio quello dell’accesso ai farmaci è il punto su cui si è più concentrata l’attenzione dei ricercatori che hanno passato al vaglio la letteratura scientifica internazionale e interpellato le autorità sanitarie dei Paesi interessati. Nonostante i trattamenti per l’epilessia siano relativamente poco costosi, sei persone su dieci, tra quelle affette dalla malattia, non godono di un trattamento appropriato. «Sfortunatamente, strutture adeguate per la diagnosi, il trattamento e la gestione dell’epilessia sono in pratica inesistenti in molte parti delle regione più povere del mondo», spiega Newton. Ma non è questa l’unica ragione dell’inadeguata assistenza sanitaria: ciò che più incide - hanno concluso i ricercatori - è lo stigma associato a questa malattia e le credenze sulla sua origine.
Antonino Michienzi
Fonte: Corriere della Sera