Per quanto riguarda gli uomini, una divinità buona ha creato
gli uomini buoni, mentre una divinità cattiva ha creato gli uomini cattivi. Se
un uomo ha un aspetto sgradevole è la prova che una divinità dall’aspetto
sgradevole l’ha creato
«È
arrivato il momento di parlare delle nostre concezioni filosofiche e religiose»
mi dice madame Elisabeth.
«Sono tutt’orecchi» le rispondo.
«In
Madagascar abbiamo delle bellissime leggende che fanno parte della nostra
cultura, e con le quali insegniamo al popolo la nostra storia e i princìpi
filosofici fondamentali. è una tradizione che risale fin dai tempi antichi: gli
anziani del villaggio, la sera, sotto il nostro tiepido cielo stellato, intorno
al fuoco, attorniati dai ragazzi e dagli adulti di tutto il villaggio, usano
narrare le storie senza tempo della creazione, parlano di Dio, dei re, degli
indovini, raccontano le leggende e l’origine dei riti. Un proverbio dice: Jamba
izay milaza fa tsy misy Zanahary, “Coloro che dicono ‘Dio non esiste’ sono
ciechi”. Tutte le nostre leggende mostrano che i malgasci credono a un Dio
creatore dell’universo. Spesso si sente la gente rafforzare il proprio discorso
invocando il nome di Dio: Aoka ny Zanahary hahatonga any ho jamba raha madainga
aho, “Che Dio mi chiuda gli occhi se mento” o all’inverso: Aoka ny Zanahary
hahatonga any ho jamba raha madainga anao, “Che Dio ti chiuda gli occhi” se si
vuole augurare del male a qualcuno. Una leggenda dice che Andriamanitra (il re
o il principe profumato) rappresenta il principio creatore maschile e
Andriananahary il principio energetico femminile. Zanahary, il loro figlio, è
il signore creatore di tutte le cose, è l’essere manifesto che racchiude in sé
il principio maschile e quello femminile».
«Proprio come negli insegnamenti vedici» intervengo.
«Infatti
c’è un detto indiano che dice: “Dio è come un fiume, alla sorgente l’acqua è
chiara e limpida, poi essa diventa sempre più torbida a mano a mano che ci si
allontana dalla sorgente”».
«Nella
tradizione religiosa delle varie tribù malgasce» riprende la maga, «c’è
comunque l’intento di mantenere l’unità dell’essere divino, di adorare un solo
Dio: questo è dovuto soprattutto alla grande influenza degli stregoni, i
sorciers, sulla popolazione. Per i malgasci Dio è Ilahy Mahery, “il
Potentissimo”, colui che tutto può. C’è un detto in proposito che dice:
Zanahary no namorona ny tongotra aman-tanana, “Dio ha creato mani e piedi”. Un
tale detto sta appunto a indicare che Dio ha creato tutto senza alcuna
eccezione.
Un’espressione
simile serve anche per indicare una colpevolezza o un fallimento eclatante, e
allora colui che è in difetto dice di sé: Saika tsy nanako intsony ny tongotro
aman-tanako, “Ho fallito di mani e di piedi”.
Parlando di un morto, i malgasci amano dire:
Niverina any amin-janahary namorona azy izy, “è andato da Dio che l’ha creato”.
Si può usare questa espressione per parlare di cose che sono misteriosamente
sparite dalla circolazione, o che si cercano e non si riesce più a trovare. Si
usa dire la stessa frase a proposito della gobba dello zebù quando questa si
avvizzisce, si ritira, quasi scompare durante la stagione secca, cioè in
inverno. Tutto è di Dio, tutto viene da Dio, anche il male. Nella nostra
religione ci sono molte altre divinità e ciascuna di esse ha un suo compito
preciso. C’è un Dio che ha creato gli uomini, Mpanao nyolana, un altro gli
animali, e un terzo l’intelligenza. Quest’ultimo è chiamato: Mpamorona ny
fisiana.
Per quanto
riguarda gli uomini, una divinità buona ha creato gli uomini buoni, mentre una
divinità cattiva ha creato gli uomini cattivi. Se un uomo ha un aspetto
sgradevole è la prova che una divinità dall’aspetto sgradevole l’ha creato: se
ad esempio qualcuno ha un’infermità, come un labbro leporino o un’altra
deformità, è segno che un dio con la stessa infermità l’ha creato.
Ci sono
infine molte leggende che attribuiscono la creazione alla mediazione dei figli
di Dio discesi sulla terra.
Una bella
leggenda narra che un figlio di Dio scese sulla terra e la trovò così bella che
vagando per valli, monti, foreste e savane, si perdette. Allora Dio intimò a
tutte le cose create sulla terra di mettersi alla ricerca del figlio perduto.
Tutti gli esseri si misero a cercarlo, a nord, a sud e a ovest, ma nessuno dei
cercatori lo trovò. Per questo tutti pensarono
che si fosse perduto all’est. Allora Dio disse: “Voi avete finora cercato mio
figlio in quei tre punti cardinali senza esito; ora fate bene attenzione alla
luce che verrà dall’est per illuminare il cammino sul quale troverete mio
figlio”. Fu così che si levò il sole splendente per illuminare tutte le cose
create.
Questa fu
la creazione del Masoandro, l’occhio del giorno, il sole, simbolo anche di
illuminazione spirituale, ed è anche la ragione fondamentale per la quale ci si
deve volgere verso est per pregare e per fare sacrifici in onore di Dio. Si
continua perciò a rivolgersi verso l’est perché non si è ancora trovato il figlio di
Dio che tutti cercano».
Madame Elisabeth fa una pausa.
Mi sorge spontanea una riflessione filosofica:
«Tutto questo si potrebbe interpretare simbolicamente come la ricerca
dell’illuminazione a cui tutti aneliamo, ma che solo alla fine, liberati da
tutti gli attaccamenti e condizionamenti della vita terrena, raggiungiamo
attraverso la fusione con Dio».
«Sì,
certo, è così» afferma madame Elisabeth. «Ma a proposito della creazione, una
splendida leggenda dice che all’origine delle cose il nostro Dio diede agli
uomini la scelta di morire come la luna, che ad ogni mese muore e ad ogni mese
rinasce, sempre così grande, sempre così bella, ma anche sempre così sola,
oppure di morire come il banano che, dopo aver portato il suo bel casco di
banane, così pieno di frutti, sprofonda nel terreno e si decompone, mentre
intorno alla pianta in putrefazione, dalle radici, risorge una fitta schiera di
nuovi getti che daranno nuove piante e nuovi frutti. Naturalmente l’uomo scelse
la sorte del banano, la sola scelta saggia, secondo la concezione della vita
dei malgasci: alla bella solitudine dell’astro essi opposero la felicità della
vita terrena, totalmente coinvolta nella catena della discendenza, con tutti
gli aspetti che questa scelta comporta: prole, vita intensa, malattie, gioie,
dolori, morte».
«La morte,
così come la possibilità di avere una prole numerosa, dipenderebbe perciò da
una scelta voluta dall’uomo?».
«Sì, senza
figli l’uomo si sarebbe sentito solo sulla terra, senza una vera ragione di
vita, senza nessuno per cui valesse la pena di lavorare e di produrre. Non ci
sarebbe stato nessuno con cui condividere tutte le cose create da Dio. Fu così
che chiese di avere figli. Zanahary allora parlò all’uomo e disse: “Molto bene,
ti avevo lasciato la scelta. Avresti potuto chiedere la vita eterna, senza
figli, ma hai deciso diversamente. Sarà dunque la morte la tua fine sulla
terra!”. Fu così che l’uomo ha rinunciato a vivere eternamente.
Il nostro
Dio ha comunque una relazione particolare con gli uomini. Alcuni detti la
mettono in evidenza: Zanahary tsy tia ratsy, “Dio non ama il male!”; Mamindra
fo ny mpanao ratsy Zanahary! “Dio ha pietà degli spiriti ribelli” e ancora:
Zanahary dia tsara, “Dio solo è buono”. Esiste una bellissima leggenda a proposito
dell’origine dei saggi, indovini, guaritori, oracoli: il primo grande
mago-indovino guaritore fu Andriamisara detto anche Mahatuty, Ilahy Mahery,
cioè il Potentissimo, il quale ricevette da Dio la sua sapienza e i suoi magici
poteri. Egli però se ne dimenticò e proprio come un Lucifero malgascio si
insuperbì pensando che questi poteri fossero una sua dote naturale. Tentò così
di tener testa al Creatore, ma Dio gli inviò, per debellare la sua superbia,
molte malattie e animali pericolosi. Inizialmente il saggio e potente indovino,
grazie a uno straordinario talismano e a un cane da guardia che Zanahary stesso
gli aveva dato tempo addietro per proteggerlo, riuscì a sventare tutti gli
attacchi, ma dovette soccombere quando alla fine Dio gli inviò Zanahary mpanome
tsiny, il Signore della colpa, rappresentato da Tanalany, il camaleonte 20.
Questo curioso animale riesce sempre a raggiungere e colpire la sua preda;
infatti una notte, mentre il mago dormiva russando a bocca aperta, il
camaleonte, non percepito né dal cane né dal potente amuleto, riuscì a
penetrargli furtivamente nello stomaco. Lì, proprio come avviene per il rimorso
che perseguita il colpevole, cominciò a rodergli il corpo e l’anima portandolo
lentamente alla morte. Sul punto di morire Mahatuty-Andriamisara disse: “Ecco,
infine Dio ce l’ha fatta contro di me! è Tanalany, il Signore della colpa che
ha avuto la meglio su di me! Io sono stato colto in difetto da Dio: è lui che
ha ragione di me ora, perché è lui che m’ha creato, e che io ho voluto sfidare!
Eccomi dunque preso in fallo da Zanahary!”. Allora egli riunì tutti i suoi
discepoli, esperti nelle arti taumaturgiche e divinatorie, i maghi neri, le
maghe dalle piccole trecce, gli stregoni senza paura, i signori delle foreste,
delle acque e delle rocce solitarie e disse loro: “Ecco la ragione per cui vi
ho fatto venire: ho sempre superato tutte le prove a cui sono stato sottoposto,
mi sono sempre difeso da tutte le malattie che mi hanno colpito, mai nessuna mi
ha messo in difficoltà, sia che venisse dal mare, dalla terra o dal cielo, ma
Tanalany il Signore della colpa, è lui che mi fa perire oggi! Chiunque di voi
pretenda di essere forte nelle arti della guarigione, di essere insuperabile
nelle arti divinatorie, nessuno può niente contro la colpa, nessuno può
evitarla! Mente colui che dice di saper guarire dal senso della colpa! Quindi
abbiate cura di rispettare Zanahary, rispettate i vostri padri e le madri, i
maggiori, i cadetti e tutte le leggi di Dio che regolano la nostra società e la
vita. Quello che sta capitando a me, Mahatuty-Andriamisara Ilahy Mahery, il
Potentissimo, al quale Dio stesso aveva confidato tutti i poteri, tutte le arti
della guarigione e della conoscenza è cosa grave! è cosa grave la mia colpa! La
mia superbia! E un secondo messaggio voglio ancora lasciarvi perché Dio è
grande e magnanimo: io non sarò sepolto sulla terra: io mi eleverò nelle alture
del cielo, io diverrò le stelle, il firmamento, ed è in me che tutti voi
vedrete il destino perché sono io che diventerò il destino degli uomini, sarò
io che ve lo mostrerò quando voi guarderete lassù in cielo le stelle. Dal cielo
infinito io vi mostrerò i giorni favorevoli, i giorni eccellenti e i giorni
nefasti, perché voi veniate a conoscenza di ciò che dona la vita e di ciò che fa
perire. Sono io che diverrò il destino del mondo!”. Questa è la storia
dell’origine delle arti divinatorie, di quelle taumaturgiche la cui origine
risale al nostro primo grande maestro Andriamisara, Ilahy Mahery, il
Potentissimo!».
«Veramente affascinante, madame Elisabeth, la
leggenda di quel primo potente mago: mi fa venire in mente ciò che il re
Salomone raccomanda a suo figlio Roboamo.Gli dice di aver ricevuto dal Signore
la sapienza e la conoscenza di tutte le cose; nonostante ciò l’amore di Dio deve
precedere la conoscenza della scienza, perché il principio e la chiave della
scienza risiedono nel timore di Dio, nel rendergli onore, nell’adorarlo con
grande costrizione di cuore e devozione e nell’invocarlo in tutte le cose che
vogliamo fare e sperare: così facendo Iddio ci condurrà nel buon cammino».
Madame
Elisabeth, con lo sguardo perso nell’infinito: «Proprio così, Roberto, dobbiamo
tutto a Dio!».
Tratto da
“I segreti della sciamana dell'Isola Rossa”
Fontehttp://www.magnanelli.it
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