giovedì 2 maggio 2013

Altro che chemioterapia. Il cancro si cura con questa pianta


È un argomento delicato e non è mia intenzione mancare di rispetto alle centinaia di migliaia di persone affette da cancro e costrette a vivere tra dolore e disperazione. Questo articolo nasce proprio per queste persone, a cui lo dedico e a cui voglio dare un po’ d’informazione che, purtroppo, non possono leggere sui giornali, perché su radio e tv o su qualsiasi altro mezzo di comunicazione è meno importante delle tette delle veline o delle ideologie politiche di Monti. Subuenobuonogood, invece, parliamo di ciò che è veramente importante e continuerò così, fino a che ce ne sarà bisogno.
Dell’ipocrisia delle case farmaceutiche e della medicina che chiamano “convenzionale”, ne ho già parlato in alcuni articoli come “I crimini delle farmaceutiche, Pillole per renderci mansueti”e “A favore dell’eutanasia”, in cui ho cercato di risvegliare la vostra consapevolezza, assopita dal concetto di idee del tipo “se lo dice il medico è buono” o “per il mal di testa, di pancia, di schiena, di denti (e così via, ndr), prendo un’aspirina piuttosto che un’altra pastiglia”.
Ricordatevi sempre che le pillole non curano nel vero senso della parola, non aiutano il corpo bensì si scagliano contro esso con forza, colpendo senza considerare l’organismo nel suo insieme. In altre parole, qualsiasi pillola che ingeriamo è un’arma contro il nostro organismo. Volete continuare a combattere contro il vostro stesso corpo? Liberi di farlo, però ricordate che quando lo colpite con l’intento di disintegrare un virus, non fate altro che indebolire e distruggere, poco a poco, voi stessi.
La chemioterapia, che chiamo in causa in questo articolo, ne è l’esempio più palese. Perché distruggere il proprio corpo per cercare di curare un cancro? È necessario per guarire? È l’unico modo di curare un cancro?
Tra gli universitari di medicina ed i medici più fondamentalisti, quelli insomma che seguono la corrente di pensiero “la medicina è una, quella convenzionale, tutto il resto è inutile e roba per stregoni o creduloni”, la risposta è sì. Perché? Perché, dicono, è la cura più forte e veloce contro il cancro, dimostrabile ed inconfutabile. Forte e veloce. Giusto, no? Perché aspettare e curare l’organismo nel suo complesso, in maniera che si rafforzi ed elimini le cellule cancerogene, invece che attaccare con una bella bomba atomica e distruggere tutto? Sembra che la guerra è la soluzione che sempre è piaciuta di più all’uomo. Quando non si sa come risolvere i problemi, si tira una bomba…
La chemioterapia è la cura più bestiale, barbara ed inutilmente aggressiva mai utilizzata: non fa nient’altro che distruggere per completo un organismo attraverso la somministrazione di farmaci tossici e dannosissimi per, nel migliore dei casi, uccidere le cellule cancerogene.
Sono sicuro che molti di voi già sanno che la chemio, non solo non è l’unica maniera di curare un cancro ma è, tristemente, la peggiore. Che poi le alternative alla chemio convenzionale siano tacciate come “terapie inefficaci” o “bufale” è solo lo specchio della strategia dell’industria medica e farmaceutica che vuole arricchirsi con la commercializzazione di farmaci.
Le case farmaceutiche desiderano che facciamo ricorso ai farmaci per curare ogni sintomo di malessere, anche il più leggero: nutrono così la paura e fomentano il timore, in modo che tutte le persone continuino a comprare medicine su medicine e ne consumino durante tutto l’arco della vita.
I farmaci “convenzionali” sono droghe pericolose. Cambiate abitudini se siete una di quelle persone che prende una pastiglia per ogni mal di testa. Svegliatevi, non vi serve alcuna pastiglia!


Dopo questa necessaria introduzione, vi presento la protagionista dell’articolo, la Guanabana, un piccolo albero con foglie verdi, brillanti e perenni, una pianta nativa del Perù e del Brasile e presente in tutte le zone tropicali che, oltre a possedere un frutto commestibile, ha un effetto citotossico sulle cellule cancerogene, cioè cura il cancro.
In fondo all’articolo ho pubblicato i risultati di uno studio  sulla Guanabana (Annona Muricata il suo nome scientifico, ndr), che dimostrano come il principio attivo contenuto nel frutto, la anonacina attacchi le cellule cancerogene nell’organismo, senza danneggiare quelle sane.
I risultati scientifici della ricerco condotta nel 2007 dai ricercatori della Universidad Nacional Mayor de San Marcos y la Universidad Peruana Cayetano Heredia, dimostrano che l’estratto etanolico delle foglie dell’Annona Muricata ha un effetto citotossico sulle cellule tumorali di tipo gastrico e polmonare. In altre parole, la Guanabana distrugge le cellule cancerogene, senza provocare danni all’organismo.
Questa non è una novità, purtroppo. Gli studi sulla Guanabana e sulle sua capacità di curare il cancro sono cominciati in Occidente nel 1996, quando fu pubblicato il primo studio che dimostra come l’estratto di Guanabana sia capace di distruggere le cellule cancerogene responsabili delcancro al colon:
Five novel mono-tetrahydrofuran ring acetogenins from the seeds of Annona muricata. 
[M. J. Rieser, Z. M. Gu, X. P. Fang, L. Zeng, K. V. Wood, J. L. McLaughlin]
Estratto: “Bioactivity-directed fractionation of the seeds of Annona muricata L. (Annonaceae) resulted in the isolation of five new compounds: cis-annonacin (1), cis-annonacin-10-one (2), cis-goniothalamicin (3), arianacin (4), and javoricin (5). Three of these (1-3) are among the first cis mono-tetrahydrofuran ring acetogenins to be reported. NMR analyses of published model synthetic compounds, prepared cyclized formal acetals, and prepared Mosher ester derivatives permitted the determinations of absolute stereochemistries. Bioassays of the pure compounds, in the brine shrimp test, for the inhibition of crown gall tumors, and in a panel of human solid tumor cell lines for cytotoxicity, evaluated relative potencies.Compound 1 was selectively cytotoxic to colon adenocarcinoma cells (HT-29) in which it was 10,000 times the potency of adriamycin”.
Considerati gli ottimi risultati di questa cura “alternativa”, che dimostrava come il principio attivo della Guanabana distruggeva solo le cellule cancerogene (citotossicità selettiva, ndr), senza danneggiare quelle sane, come fa la chemioterapia, l’industria farmaceutica ha messo in pratica la sua strategia di annichilimento di tutti gli studi che minano la credibilità di quella che è considerata la medicina convenzionale o ortodossa, come la chiamano, quella basata sulla produzione e commercializzazione dei farmaci della grandi case produttrici di medicinali.
Vi presento altri due studi, uno risalente al 1998, che dimostra l’attività dell’anonacina della Guanabana contro le cellule cancerogene responsabili del cancro  al seno ed alla prostata e uno del 2002, che presenta i risultati della cura a base di Annona Muricata contro il cancro al fegato:
Muricoreacin and murihexocin C, mono-tetrahydrofuran acetogenins, from the leaves of Annona muricata.
 [G. S. Kim, L. Zeng, F. Alali, L. L. Rogers, F. E. Wu, S. Sastrodihardjo, J. L. McLaughlin]
Estratto: “Bioactivity-directed fractionation of the leaves of Annona muricata L. (Annonaceae) resulted in the isolation of two new Annonaceous acetogenins, muricoreacin (1) and murihexocin C (2). Compounds 1 and 2 showed significant cytotoxicities among six human tumor cell lines with selectivities to the prostate adenocarcinoma (PC-3) and pancreatic carcinoma (PACA-2) cell lines”.
[Chih-Chuang Liaw, Fang-Rong Chang, Chih-Yuan Lin, Chi-Jung Chou, Hui-Fen Chiu, Ming-Jung Wu, Yang-Chang Wu]
Estratto: “Three new monotetrahydrofuran annonaceous acetogenins, muricin H (1), muricin I (2), and cis-annomontacin (3), along with five known acetogenins, annonacin, annonacinone, annomontacin, murisolin, and xylomaticin, were isolated from the seeds of Annona muricata. Additionally, two new monotetrahydrofuran annonaceous acetogenins, cis-corossolone (4) and annocatalin (5), together with four known ones, annonacin, annonacinone, solamin, and corossolone, were isolated from the leaves of this species. The structures of all new isolates were elucidated and characterized by spectral and chemical methods. These new acetogenins exhibited significant activity in in vitro cytotoxic assays against two human hepatoma cell lines, Hep G(2) and 2,2,15.Compound 5 showed a high selectivity toward the Hep 2,2,15 cell line”.
Nel 2011, poi, un altro studio che conferma le proprietà della Guanabana per combattere il cancro al seno:
[Yumin Dai, Shelly Hogan, Eva M Schmelz, Young H Ju, Corene Canning, Kequan Zhou]
Estratto: “The epidermal growth factor receptor (EGFR) is an oncogene frequently overexpressed in breast cancer (BC), and its overexpression has been associated with poor prognosis and drug resistance. EGFR is therefore a rational target for BC therapy development. This study demonstrated that a graviola fruit extract (GFE) significantly downregulated EGFR gene expression and inhibited the growth of BC cells and xenografts. GFE selectively inhibited the growth of EGFR-overexpressing human BC (MDA-MB-468) cells (IC(50) = 4.8μg/ml) but had no effect on nontumorigenic human breast epithelial cells (MCF-10A). GFE significantly downregulated EGFR mRNA expression, arrested cell cycle in the G0/G1 phase, and induced apoptosis in MDA-MB-468 cells. In the mouse xenograft model, a 5-wk dietary treatment of GFE (200 mg/kg diet)significantly reduced the protein expression of EGFR, p-EGFR, and p-ERK in MDA-MB-468 tumors by 56%, 54%, and 32.5%, respectively. Overall, dietary GFE inhibited tumor growth, as measured by wet weight, by 32% (P<0 .01="" span=""> These data showed that dietary GFE induced significant growth inhibition of MDA-MB-468 cells in vitro and in vivo through a mechanism involving the EGFR/ERK signaling pathway, suggesting that GFE may have a protective effect for women against EGFR-overexpressing BC”.
Non c’è altro da aggiungere. La natura ci dà già tutte le medicine di cui abbiamo bisogno. Purtroppo non conosciamo niente o quasi a riguardo o pensiamo siano stregonerie o bufale… siamo vittime di un perfetto lavaggio del cervello e conosciamo a memoria i nomi delle droghe fornite dalle farmaceutiche internazionali. Da parte nostra è necessaria più consapevolezza!
E da parte dei medici farmaceutici? Se medici e case farmaceutiche fossero davvero compromessi nella lotta contro il cancro e tutte le altre malattie gravi e meno gravi, se davvero lavorassero per la salute delle persone, per curare senza altri fini lucrativi, potrebbero e dovrebbero smettere di pensare alla medicina come un business e cominciare a vestire il camice con dignità, divulgando le cure della medicina naturale e offrendo le cure gratis.
Matteo Vitiello

Chi ha ragione?

E' triste vedere online centinaia di siti che propongono la Graviola come soluzione naturale al cancro, soprattutto per noi produttori di integratori naturali. E' innegabile che ci siano degli studi sulle proprieta' anti tumorali della Graviola, ma questi studi sono ancora nella prima fase e soprattutto non hanno ancora provato niente di concreto in quanto spesso i test sono stati fatti su animali. Purtroppo non esistono cure miracolose per il cancro da comprare online! Non fatevi imbrogliare dai ciarlatani alla ricerca di guadagni facili. 

Ricerche "vere" in corso sulla Graviola contro il cancro 
La Graviola e' un frutto davvero speciale perche' ha effettivamente delle proprieta' benefiche studiate e provate dalla ricerca. Per esempio si e' dimostrato che assumere la Graviola migliora il sistema immunitario. Inoltre la Graviola ha proprieta' antibatteriche, antivirali, decongestionanti, digestive, antipiretiche e antiossidanti. Alcune ricerche parlano anche di proprieta' citotossiche per le cellule tumorali - ma questo e' ancora da provare - soprattutto sull'uomo. In realta' la ricerca sulle proprieta' contro il cancro della Graviola non ha ancora dato risultati definitivi. In USA ci sono diverse univerisita' finanziate per studiare la Graviola. Una di queste universita' e' la 
Purdue University che studia la Graviola dal 1997. Le ricerche sono tantissime ed effettuate in tutto il mondo - ma e' davvero prematuro parlare di frutto con proprieta' anti tumorali!

Il tumore non si cura con un integratore alimentare a base di frutta! 
Se hai un tumore affidati ad un medico e non lasciare mai la strada della medicina tradizionale. La Graviola e' un frutto, con proprieta' benefiche. Non e' un farmaco antitumorale.


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venerdì 26 aprile 2013

Il Madagascar ritrovato di Davide Boschi



Davide Boschi ha trascorso due anni della sua vita in Madagascar per fare il servizio militare e abbiamo delle testimonianze incredibili. Una serie di foto dei suoi ricordi con le sue didascalie e successivamente pubblicheremo due dei suoi racconti racconti  che oggi fanno parte di un libro

Lavato e sbarbato per Benino. Davide Boschi all’epoca della sua avventura in Madagascar. 

Ampasimanjeva, Madagascar (1982). Sulle acque del Farony, con Père Remigio (oggi scomparso). Una piroga davvero strana per gli Antaimoro, in quanto aveva lo scafo fatto di vetro resina, anziché legno di chinino. Era più leggera di quelle tradizionali, scolpite nel tronco degli eucalipti e doveva consentire un alaggio più agevole, quindi la possibilità di non doverla per forza ormeggiare o spiaggiare lungo le rive del fiume, ma di portarsela «a casa». Don Remigio, a dispetto del suo nome, nel remare non era poi un granché. Preferivo gli Antaimoro. Decisamente.

Irondro–Manakara, (1980–1986). La grande strada doveva attraversare parte della foresta sud orientale. Si trattava della statale che avrebbe collegato il villaggio di Irondro alla cittadina di Manakara, in modo più diretto e veloce di quanto non facesse la vecchia pista colonica. Ora, credo che al suo posto ci sia rimasto un lungo e sinuoso taglio, nella terra rossa delle colline di brousse. La nuova statale distava 12 chilometri dal mio villaggio, quello di Ampasimanjeva e, a volte, occorrevano due o tre ore di Land Rover solo per raggiungerla. Se non ti piantavi prima in modo definitivo.



La strada di Ampasimanjeva. Forse i dodici chilometri più lunghi della mia vita, e gli ultimi, per tanti ammalati, feriti gravi o donne con problemi di parto, che non riuscivamo ad evacuare verso Manakara. Comunque si poteva morire tranquillamente anche a Mankara.








Mi rendo conto che, guardando queste foto, non si direbbe, ma la nostra officina, alla Fondation Medicale d’Ampasimanjeva, era un autentico avamposto della tecnologia nell’assistenza automobilistica e non solo. Buona parte delle risorse economiche e umane, venivano spese per la mobilità dell’ospedale. Tante quante se ne spendevano per i medicinali o forse anche di più. (Qui sopra, due particolari della Land Rover-amulanza: il cerchione di una ruota e l’imboccatura del serbatoio).

Anche sotto gli acquazzoni tropicali, la distribuzione degli indumenti proseguiva senza intoppi, come se la pioggia non esistesse. La gente veniva anche da lontanissimo per farsi dare qualcosa. Da tempo avevamo deciso di non regalare più nulla a vanvera, si era rivelato diseducativo e controproducente anche per noi. Il rischio era quello di passare per «distributori automatici a uffa», con l’eventualità di venire anche «scassinati». Avevamo optato per l’antica e collaudata tecnica commerciale dello scambio, quella del baratto insomma. La gente doveva portare qualche materia prima, che potesse diventare utile in qualche modo, anche solo da donare agli ultimissimi che non avevano nemmeno quella. Scoprimmo che la rafia, la paglia per intrecciare le stuoie, gli indumenti tribali e tantissimi altri accessori della vita quotidiana, erano risorse naturali di cui quasi tutti i locali disponevano. Fra le mani delle donne e dei bambini, fasci di questo vegetale che, come il riso, è parte della loro stessa vita.

Dopo un devastante attacco di malaria, che mi indicò con estrema precisione la strada per tornare alla «casa del Padre», ritornai invece a guardare il sole dei Tropici, fuori dalla mia angusta e stropicciata stanza. La bilancia per pesare il riso diceva che non superavo i 49 chili. E io non avevo ascoltato le indicazioni della malaria.

Soa, piccola ospite dell’ospedale di Ampasimajeva. Voleva diventare la mia fidanzata, e me lo disse lei. Ma oggi, qui, non si può dire, è roba da pedofili.

Loholoka, costa orientale del Madagascar (1983). Il mio studio (camera, casa ecc.) nella foresta di Loholoka. Fra gli Antaimoro, ogni tipo di stuoia ha un nome ben preciso, e un impiego altrettanto specifico. Non vanno mai usate come capita, come se fossero semplicemente «stuoie». Quella sul pavimento, senza decori, si chiama Lafika: ha la funzione di un tappeto o comunque di un piano di calpestio, non è educato dormirci sopra. Lo fanno gli ubriachi. Quella che si intravede in basso, distesa a destra, a maglie più fini e decorata di verde e rosso è invece il letto, il giaciglio sul quale coricarsi. si chiama Tsihy e possibilmente non va calpestata. Quella piccola rettangolare sotto il panno e il libro con i fogli per gli appunti, è la Fandabanana: la tavola, quella dove si appoggiano le foglie di palma ricolme di riso cotto. Nell’angolo vediamo, avvolta su se stessa, un’altra Fandambanana e due Ondanbody (cuscini per il culo), da non confondere con gli Ondandoha che sono cuscini per la testa e, in qualche modo – dicono gli Antaimoro – vi assomigliano.


Ambozontany, Fianantsoa, Plateau Central, Madagascar (1983). Nella libreria dei Gesuiti di Ambozontany. Mi impossessavo, anche furtivamente, dei libri e dei testi originali, sui quali avrei potuto studiare la lingua malgascia.



Boloky, il mio pappagallo. Quand’era ancora un «pulcino».


Ampasimanjeva (costa orientale). In Madagascar, queste grandi farfalle si chiamano Loholo che significa «spirito». Non bisogna toccarle neanche con un dito. Per questo, Charlotte, staccò il ramo sul quale il meraviglioso insetto era posato, senza sfiorarlo. Fatta la foto, tornò a riportarlo fra le fronde dalle quali lo aveva preso.

Ma quel mattino aveva
il viso dei vent’anni
senza rughe
e rabbia d’avventura…».
(Francesco Guccini)












venerdì 19 aprile 2013

«Mollo tutto e vado a vivere in Madagascar»


Una ragazza di Paladina ha realizzato il suo sogno aprendo un centro manta diving nel paese africano

Serena Benaglia, 25 anni di Paladina, ha aperto una scuola di Manta Diving nel Paese africano, dove da un anno vive col fidanzato: “Siamo in un posto bellissimo e viviamo a piedi nudi. Coraggiosi noi? No, il coraggio serve per restare in Italia ora”

“Mollo tutto e vado a vivere lontano dall’Italia”. Una frase che in molti hanno pensato almeno una volta. Un sogno che Serena Benaglia, bergamasca di 25 anni originaria di Paladina, ha realizzato da un anno in Madagascar. Scelta coraggiosa? Non dal suo punto di vista. "Molti mi vedono come una pazza coraggiosa, ma in realtà siete voi i coraggiosi a vivere in un Paese come l’Italia che oggi è privo di valori, senza prospettive di lavoro ed un futuro sempre più cupo". E riprende: "Tutti noi ci meritiamo un posto nel mondo, ma dobbiamo lottare per averlo, senza mai mollare, solo allora tutto può diventare realtà". Proprio tutto, compreso il suo sogno di aprire una scuola di Manta Diving sull’isola di Nosy Be, un paradiso terrestre, insieme al fidanzato Lele. Ma come ogni favola, anche quella di Serena ha avuto mille peripezie e difficoltà.
"Una volta diplomata decisi di lasciare la famiglia e l’Italia per un po’, in cerca di nuove esperienze e di una strada da seguire - racconta - quindi partii per l’Egitto, per lavorare in un piccolo resort a Marsa Alam, praticamente in mezzo al deserto, come operatrice turistica. Una splendida avventura terminata rapidamente che mi riportò però in Italia, ritrovandomi punto e a capo, con gli stessi dilemmi che avevo prima della partenza". Le giornate trascorrevano davanti al computer e al telefono, in attesa di una seconda chiamata, "Ancora una volta in Egitto, ma in direzione El Alamein, sul Mediterraneo". Un momento magico, interrotto però da quella violenta esplosione di un ordigno che costò la vita ad un amico pochi giorni prima del matrimonio, coinvolto in un attentato quasi sotto i suoi occhi. "Ero da sola, pietrificata, non sapevo cosa fare, mi misi a urlare e in pochi minuti la strada era sommersa di persone intorno al corpo a pregare. Pregammo tutta la notte. Quella sera capii molte cosa riguardo la vita".
Momenti di smarrimento, trascorsi sul pontile della città a riflettere, in attesa che il destino le facesse conoscere l’uomo della sua vita: "incontrai Lele, che lavorava al Diving Center del Resort - ricorda -, parlammo per ore e mi raccontò di tutti i suoi viaggi, delle sue avventure ed io sognavo ad occhi aperti e quando iniziò a parlarmi della sua grande passione per il mare e per il sub, mi si aprì un mondo". Dalla morte dell’amico a quell’indimenticabile incontro Serena cominciò a credere nel destino. "Venni trasferita in un altro resort dove, come per magia, incontrai di nuovo Lele, assunto come guida snorkeling. Iniziai subito a prendere i brevetti da subacquea. Abbiamo passato un anno indimenticabile in quella splendida Terra, ma di seguito scoppiò la guerra civile, non c’era più lavoro e gli stipendi non si facevano vedere da un bel po’". Quindi il rientro forzato in Italia, e lunghi giorni trascorsi un po’ a Paladina e un po' a Viterbo, dove viveva Lele.
"Un giorno ricevemmo una chiamata da un suo caro amico per lavorare nel suo Diving In Toscana. Per noi era una grande occasione: Lele avrebbe gestito il lavoro e sarebbe stata una grande crescita per lui, quanto a me, avrei potuto continuare a studiare per diventare istruttrice e finire i miei brevetti". Così passa un altro anno, tra studio, pratica e lavoro. Ma mancava ancora qualcosa. "Eravamo stanchi di gironzolare di qua e di là senza portarci in tasca nulla, la passione che condividevamo era troppo grande per essere sprecata, così iniziammo a parlare di trasferirci in un paese tropicale, su una spiaggia bellissima e vivere piedi nudi per tutta la vita". Un sogno che si avvera, e si materializza come per miracolo a Nosy Be, in Madagascar. "Oggi mi trovo qui, a raccontare la mia storia immersa nel mio giardino di palme e banani, mentre guardo fuori e vedo il mare. Casa mia ha un insegna con scritto “Manta Diving, il nostro sogno si é avverato". Serena e Lele acquistarono un biglietto aereo di sola andata. "Oggi è ormai più di un anno che abitiamo in Africa, non tornerei mai indietro, qui è un altro mondo".
A cura di Bergamonews.it
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Vive a Nosy Be ed ha un diving
-      Alessandra
Per uno scherzo ha lavorato con Kokoa a Nosy Be

Madagascar: tutto quello che c’è da sapere se sognate di vivere, lavorare o fare impresa in Madagascar


Madagascar, l’Africa rigogliosa ai bordi dell’Oceano Indiano.
Situata nella parte meridionale dell’Oceano Indiano e delimitata a Ovest dal Canale del Mozambico, che la separa dall’Africa, è l’isola più grande dell’Oceano Indiano: Madagascar, il paese dei lemuri e dei Baobab centenari. La natura qui è stata generosissima ed è, a tratti, ancora selvaggia: biodiversità ricchissima, siti naturali, riserve e parchi, fondali marini spettacolari, balene, lemuri, tartarughe che nuotano libere, delfini… in poche parole: un vero e proprio paradiso in terra.
Il popolo malgascio, composto da 18 etnie differenti, è conosciuto per il suo essere gentile, pacifico, molto accogliente e sempre pronto a salutare con simpatia i vasà (stranieri). In tutto il paese-isola si respira un’aria carica di una profonda cultura ancestrale, i cui riti – come quello dell’inumazione dei morti – sono tuttora praticati. E anche se d’isola si parla, le dimensioni sono quelle di un continente grande due volte l’Italia. Antica colonia francese (indipendente dal 1960), la capitale del Madagascar è Antananarivo, situata all’interno e sulle alture. L’architettura della più grande città dell’isola – attorno alla quale si estendono vaste pianure coltivate a riso – è rivelatrice del recente passato coloniale. La visita delle sue vestigia e dei suoi vivaci mercati danno l’idea del carattere della città. Delle altre cinque agglomerazioni urbane principali, tutte diverse l’una dall’altra e ricche di costumi e tradizioni sorprendenti, Antsiranana (o Diego Suarez) si trova sull’estrema punta settentrionale con la sua splendida piccola isola, mondialmente conosciuta, di Nosy Be e il parco Ankarana, rigurgitante di grotte naturali, una flora e una fauna endemiche. Antsiranana si declina in uno splendido porto e una magnifica baia.
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Belli e buoni, il mercato premia i cosmetici solidali


Progetti per il lavoro femminile e locale e rispetto ambiente

Il mercato premia la beneficenza in ambito cosmetico. I programmi di solidarietà da parte delle grandi aziende vertono sempre di più sulla valorizzazione delle comunità locali, dove vengono prodotti molti degli ingredienti utilizzati nelle formulazioni. Riguardano sia la natura, sia le popolazioni, per esempio, con l'acquisto delle materie prime a prezzi solidali e il coinvolgimento nella catena produttiva degli abitanti. Si può quasi parlare di cosmetici con un eco incentivo, una forma anche di tutela per i consumatori che in questo modo possono controllare direttamente la filiera. Tutti elementi che premiano il fatturato delle aziende ecologicamente corrette. "E' una sorta di 'adesione emotiva' - dice Alfonso Emanuele De Leon, brand manager in Italia per Aveda, un marchio storico nella cosmetica green che ha aiutato in Amazonia la tribù degli Yawanawa (da cui l'azienda si rifornisce di uriku, che usa poi per realizzare i rossetti) nella costruzione di una scuola e di un dispensario - Una ricerca dell'anno scorso ha evidenziato che l'attenzione è sempre più focalizzata sui prodotti di origine naturale e sui brand che operano con una responsabilità sociale. Quasi il 20% dei nostri consumatori condivide Aveda per la sua filosofia e la sua mission e il trend conferma che possiamo migliorare il mondo facendo business in modo sostenibile". Come se entrando in profumeria si volesse condividere anche una filosofia, un approccio al consumo. Lo zenzero blu e il katafray del Madagascar, la rosa damascena dell'Afghanistan, il burro di karité del Burkina Faso: intervenendo dove si approvigionano, le aziende possono agire nel modo più concreto. Chanel, utilizzando lo zenzero blu nei suoi prodotti, ha finanziato con l'Ong franco-malgascia L'Homme e l'Environnement il progetto Vohimana: contribuisce alla scolarizzazione dei bambini locali e impiega la popolazione nella raccolta e nella lavorazione dello zenzero, che sta diventando una fonte di reddito in alternativa a una tradizione devastante, quella di incendiare le foreste per ottenere terreno fertile. Ancora in Madagascar, l'estratto di corteccia di katafray, dalle caratteristiche idratanti, che viene mandato in Francia nei laboratori Clarins, rilancia l'economia della zona: il 5% del prezzo di vendita viene girato ai partner locali per il finanziamento di progetti di interesse collettivo. In Afghanistan Dr. Hauschka, uno dei nomi più prestigiosi della cosmetica bio, dal 2004 lega si spende per il progetto Rose per Nangarhar. L'obiettivo è quello di creare un'alternativa concreta alla coltivazione di oppio nel paese ( proviene da qui l'80% delle forniture di eroina nel mondo) incentivando la lavorazione della rosa damascena, presente in molti prodotti dell'azienda tedesca. L'emancipazione femminile è lo scopo principale della Fondazione L'Occitane, creata dal marchio francese per seguire una serie di progetti solidali, di cui molti in Burkina Faso. Degli oltre quattro milioni di euro investiti dalla Fondazione negli ultimi cinque anni, il 46% è stato utilizzato per l'alfabetizzazione e la formazione professionale delle donne che custodiscono il segreto della lavorazione tradizionale del burro di karité, uno degli ingredienti più frequenti nei cosmetici di L'Occitane.
Fonte: Ansa
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Progetto Terapisti Dentali in Madagascar


Informazioni pratiche sul volontariato attivo nel Progetto Terapisti Dentali in Madagascar
Sede: Sakalalina, villaggio rurale nella parte meridionale dell'isola, nella regione di Fianarantsoa, provincia di Ihosy. Dista dalla capitale Antananarivo circa 650 km, sulla strada nazionale RN7 percorribili in 15 ore, per poi giungere a destinazione con un fuoristrada che in due ore vi porterà sull'altopiano desertico, attraverso una pista dissestata. La parte didattica è terminata e gli allievi sono rientrati ai villaggi d’origine di Ihosy, Jangani, Fandana e Ihazolava,per cui il Volontario potrà scegliere la destinazione o farsi consigliare.
Il costo è a carico del Volontario, che se ha l’opportunità di viaggiare con le Suore contribuisce al costo del carburante con una spesa di 40 euro, altrimenti autobus di linea o taxi-brousse.
Norme comportamentali e professionali del volontario: le Associazioni patrocinanti chiedono un incontro di formazione del volontario, anche per far meglio conoscere lo spirito del Servizio ed il Codice Etico. La condivisione della giornata si svolgerà a Bordighera a cura dell'associazione Progetto Missioni onlus;  In alternativa si chiede di frequentare almeno 3 incontri dell’associazione Smilemission per conoscere i protocolli didattici.
Compiti del volontario : sostenere gli allievi e rispondere alle loro necessità e dubbi. Sarà necessario prestare cure ai pazienti che accederanno all’ambulatorio e contemporaneamente approfondire l’insegnamento. Per l'Igienista si tratterà di andar per villaggi e spiegare alla popolazione radunata davanti alla chiesa o in piazza, come lavarsi i denti e perchè farlo.
Formalità:
1) Almeno un mese prima della Missione, verrà fornito al volontario il modulo di aderente volontario ed il codice etico da compilare, firmare e far pervenire alla segreteria SmileMission onlus,Via Zorzi 7-37138 Verona.
2) Il volontario deve avere una copia del Diploma o Laurea o la certificazione della propria professionalità da presentare alle Autorità Sanitarie locali.
3) Il volontario deve versare la somma di 100 euro da pagare tramite cc bancario intestato a Smilemission onlus UNICREDIT Ag.Caprino Veronese (VR) IBAN :IT79 C 0200859330 000040326209 oppure cc postale, intestato: SMILEMISSION ONLUS Ufficio Postale di Chioggia (Venezia) :ccp :6505571 con causale: donazione liberale progetto Madagascar.
4) Ogni volontario deve avere la copertura assicurativa durante la propria missione, pertanto, per poterla attivare si deve trasmettere alla segreteria amministrativa (presso Annalisa Bonizzato: 
annalisabonizzato@virgilio.it) tutte le informazioni che possono essere utili sia per stipulare il contratto di copertura assicurativa, che per eventuali comunicazioni: Cognome e Nome/codice fiscale/luogo e data di nascita/recapitin telefonici /e-mail/indirizzo a cui spedire comunicazioni; il volontario riceverà la lettera di invito alla Missione da parte dell'ente ospitante.

Programma didattico:
sono stati redatti due programmi, uno clinico ed uno tecnico; sono state preparate dispense in francese che saranno i testi di riferimento per gli allievi.

Programmi delle partenze:
Da marzo a dicembre sono stati istruttori il dr. Pietro Barone di Isernia, il dr Furio Pucci di Roma, la d.ssa Daniela Todaro di Messina, Dr. Cirillo Gallesi di CastelGoffredo (Mn), Dr Marco Verrando di Sanremo gli Odontotecnici: Angela Topputi di Bari, Vittorio Pirrotta di Vaprio d’Adda (Mi), PierPaolo Macchi di Legnano. Ha svolto la sua missione anche l’assistente dentale Noemi Padricelli.
Ogni volontario deve restare almeno tre settimane in uno degli ambulatori/laboratori scelti tra quelli di:
Ihazolava, 90 km a sud di Antananarivo dove opera Suor Agnes(ancora da allestire ma è possibile all’odontoiatra estrarre e far otturazioni poiché vi è un dispensario presso la Missione delle Suore S.Giuseppe di Aosta. Referente: Sr. Victoria: region.sja.madaoov.mg/tel 00261(0)332992881- Direttrice: Sr Louisette:0332522087.
Ihosy dove è funzionante un ambulatorio con 2 poltrone dentistiche ed un laboratorio odontotecnico che necessita delle ultime attrezzature. Lavorano in sede Florette, come Terapista dentale e Vunzi e Josè come odontotecnici. Referente: Pere Etienne:
razafietienne@yahoo.fr. Tel 0332013478.
Jangani, villaggio a diverse ore da Ihosy,sugli altopiani . In corso di allestimento sia l’ambulatorio che il laboratorio. Lavoreranno in quella sede: Adonie,terapista e suo marito, Aina, odontotecnico.
Fandana: piccolo ospedale rurale, ad un'ora da Ihosy, con ambulatorio odontoiatrico, in via di completamento nelle attrezzature. Lavora in sede Suor Perlysèe, terapista dentale. Direttrice: Suor Dr. Viviane, referente Suor Regine 0334104822

Si invita chi è interessato a presentare al più presto, il calendario delle partenze, per ovvi motivi organizzativi e concordare con il Responsabile di Progetto: Dr Marco Verrando, tel 3487307190, mail: 
verrando.mar@alice.it, la prenotazione del volo.

Le Suore di San Giuseppe di Aosta hanno un contratto privilegiato con l'Agenzia di viaggi missionari BBC Services, che forniscono biglietti aperti per un anno, la possibilità di portare due bagagli di 23 kg, cambio data senza penale. Visitare il sito
www.bbcservices.it 

Passaporto in corso di validità con scadenza di almeno 6 mesi dalla data di rientro del viaggio.
Il visto di ingresso in Madagscar è gratis se la permanenza è di un mese e viene fatto al vostro arrivo in aereoporto. Se la permanenza è superiore ai 30 giorni è richiesta la somma di circa 140.00 ariary pari a circa 60 euro per i primi tre mesi; se si resta oltre i tre mesi bisogna contattare l'ambasciata o il consolato in Italia, fornendo dettagli sul Progetto e la lettera dell'Associazione Onlus.

Informazioni pratiche:
- Valuta: la moneta nazionale è l'Ariary ma esiste ancora il Franco malgascio. Gli euro si possono cambiare nelle banche. Le carte di credito non sono accettate; si consiglia di munirsi di denaro contante.
- Lingua: le lingue ufficiali sono il Malgascio ed il Francese.
- Fuso orario: rispetto all'Italia vi è una differenza di un ora quando è in vigore l'ora legale; di due ore quando è in vigore l'ora solare?.
- Clima: si alternano due stagioni ,quella estiva, umida da dicembre a marzo e stagione secca da aprile a novembre. Sugli altopiani centrali, nella stagione invernale(secca) la sera è fresca.
- Vaccinazioni: non sono richieste vaccinazioni obbligatorie. E' consigliata la profilassi antimalarica (Paludrin+Nivachina, i più leggeri; Malarone, il più costoso, Lariam efficace solo per 45 giorni, il più tossico). Si consiglia di munirsi di prodotti antizanzara, antibiotici intestinali e antipiretici. Importantissimo indossare abiti lunghi dal crepuscolo per evitare le punture,e spalmarsi le parti scoperte con repellenti. In altopiano sono poche le zanzare nella stagione fredda. Bere sempre bevande imbottigliate, evitare cibi crudi. Portare abiti con maniche lunghe, zanzariera, zampironi. Cappello, occhiali da sole, creme solari.

All'arrivo in aereoporto, un autista delle Suore di San Giuseppe di Aosta, porterà i volontari alla Casa madre, nel quartiere di Analamahitsy-
Attenzione al fai da te con i taxisti: hanno chiesto anche 40.000 ariary pari a 15-20 euro (vero furto). Se siete soli e per qualche motivo l’accoglienza non è presente, telefonate alle Suore e attendete il loro arrivo.
Partenza il giorno successivo con mezzi locali, bus o pulmini, che fanno pagare anche la quota bagaglio, convenienti rispetto ad un taxi che comunque diviso in tre è un costo accettabile ed è molto più comodo.
La Fides onlus che gestisce il Centro di Sanità Rurale chiede al volontario 7 euro al giorno per il vitto e l'alloggio, comunque il volontario dovunque vada è bene chieda a chi lo ospita di quantificargli le spese di vitto ed alloggio, che sono a suo carico. La risposta è variabile e l’offerta a discrezione nel caso non venisse richiesto nulla.
Formalità richieste:
Il volontario-istruttore dovrà tener aggiornato un registro clinico in ambulatorio ed un registro didattico relativo agli argomenti trattati nella Formazione permettendo a chi lo seguirà di conoscere il programma svolto. Si richiede al Volontario una Relazione finale con suggerimenti, pareri e critiche. Il volontario al rientro dalla Missione cercherà di sostenere a distanza il progetto con il reperimento di materiale utile allo svolgimento delle attività nelle varie sedi.
Associazioni Onlus coinvolte:
Progetto Missioni, Bordighera:
 info@progettomissioni.org
Fides,Milano responsabile del Centre Rural de Santè di Sakalalina: 
amici@fidesonlus.it
Smilemission,(Verona) che recluta odontoiatri ed odontotecnici volontari percorsi di formazione Info point volontari: 
giorgiogiaretti@inwind.it;tel 010.2470492; cell 349.5393738
Obiettivo: formazione di 5 dental therapist (infermieri dentali) e 5 odontotecnici scelti da centri sanitari malgasci, dove esistano ambulatori odontoiatrici senza dentista. Nel sud del Madagascar, la povertà endemica non permette alla popolazione la disponibilità economica per cure dentali; pertanto gli odontoiatri malgasci non si trasferiscono in queste zone privando di fatto dell’opportunità, meglio del diritto alle cure.
Precedenti esperienze di Smilemission in Rep.Democ.del Congo ed in Tanzania, hanno dato in tal senso ottimi risultati, fornendo ai villaggi coinvolti, personale preparato ad affrontare le urgenze, estrazioni dentali semplici, terapie di prevenzione, pulizia, conservativa e sensibilizzazione nelle scuole, mentre gli odontotecnici provvedevano alla fabbricazione di protesi dentali mobili parziali o totali.
Si è dunque iniziato nel mese di marzo 2010, il corso di formazione che ha visto ruotare 4 odontoiatri (Dr. Pietro Barone di Isernia,Dr.Furio Pucci di Roma,Dr.ssa Daniela Todaro di Messina,Dr. Cirillo Gallesi di Legnano, Dr.Marco Verrando di Sanremo)e tre odontotecnici (O.tca Angela Topputi di Bari,O.tco Vittorio Pirrotta di Milano,O.tco. Pierpaolo Macchi, Legnano).
Il programma didattico adeguato a personale locale, privo di iniziale preparazione, ha insistito sulla conoscenza dei rischi di trasmissione delle infezioni e concetti base di anatomia, igiene, fisio-patologia, anestesia e terapia conservativa, chirurgica e protesica.
Dal mese di agosto, gli allievi, tra cui due Suore malgasce di San Giuseppe di Aosta, hanno iniziato a svolgere le prime cure su pazienti e sono molto motivati e coinvolti.
A settembre, il Responsabile del Progetto, ha incontrato, ad Antananrivo, il Capo-servizio del Dipartimento bucco-dentale del Ministero della Sanità, Dr. Hery Andriamanjato ottenendo il riconoscimento di un attestato ufficiale. L’ autorità sanitaria si è impegnato entro il 15 dicembre di visitare la sede di svolgimento del corso e la preparazione degli allievi.
E’ stata anche formulata la richiesta di organizzare corsi di aggiornamento su nuove tecniche in odontoiatria da parte di Dentisti italiani per i Colleghi malgasci nella Capitale.
Il corso verrà concluso con la cooperazione di due istruttrici congolesi, Kavira e Titiane, formatesi in corsi analoghi in Congo, Nord Kivu, che assisteranno gli allievi nell’ultimo sforzo, costituendo esse l’esempio evolutivo personale offerto da simili opportunità, prova di una auto affermazione individuale che dal villaggio della foresta le ha portate ad insegnare in un altro Stato africano.
I timori e le incertezze iniziali sono state superate ed ora gli allievi iniziano a trattare i pazienti in autonomia, dimostrando entusiasmo ed interesse, gratificati dalle prime soddisfazioni.
Si ritiene necessario organizzare un corso di secondo livello per il prossimo anno, dopo aver lasciato agli allievi la possibilità di fare esperienza presso gli ambulatori diocesani di provenienza (Ihosy, Jsangani, Fandana, Sakalalina, Ihazolava).
Si invitano Odontoiatri ed Odontotecnici italiani a proporsi per un’azione di volontariato mirata a quanto sopra indicato.
Per informazioni rivolgersi alle Associazioni onlus, promotrici o scrivere al Responsabile:

verrando.mar@alice.it - cell: 3487307190