Angelica Ratti
Atolli da sogno, isole
da fine del mondo di proprietà francese «dimenticate» nel canale del Mozambico:
ora sono diventate molto ambite dai paesi africani che si affacciano
sull'Oceano davanti al Madagascar. Si chiamano Juan de Nova, Le Glorieuses
(nella foto), Europa, Bassas de India, riunite sotto l'ombrello di «Isole
sparse».
A far diventare molto
attraente questo patrimonio francese non sono soltanto le loro bellezze
naturali e le loro acque molto pescose, ma soprattutto la quantità di
idrocarburi che custodiscono sul fondo. La posta in gioco è alta. Le acque
territoriali francesi occupano più della metà della superficie del canale del
Mozambico. Più studi hanno valutato riserve petrolifere da 6 ai 12 miliardi di
barili e da 3 a 5 miliardi di gas. Il rapporto stilato nel 2010 dagli americani
definì il canale del Mozambico al pari del Mare del Nord quanto a riserve di
petrolio e gas. Dati sufficienti ad alimentare le critiche sulla giusta
fondatezza delle ricerche petrolifere che i francesi stanno effettuando in più
zone della regione. La Francia reclama la legittimità di queste esplorazioni a
1.500-2 mila metri di profondità. Di diverso avviso è il presidente del
Madagascar, Hery Rajaonarimampianina che sostiene che a nessun abitante della
sua isola vada giù il fatto che questi isolotti incontaminati con tale
ricchezza potenziale possano essere stati separati dalla grande isola prima che
questa conquistasse la sua indipendenza nel 1960. Il caso non è chiuso: i
presidenti francese e malgascio si incontreranno, per questo, il 26 luglio,
alla prossima riunione della Commissione dell'Oceano Indiano.
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Approfondimento
Le Isole sparse nell’Oceano Indiano, le cosiddette Îles éparses de l'Océan Indien, sono
colonie d’oltremare della Francia. In pochi le conoscono. Eppure sono molto
ambite e oggetto di diatriba tra l’ex potenza coloniale e l’Africa, che le
rivendica. Le loro acque sono ricche di pesce e di petrolio,
ma in gioco c’è molto altro.
Per l’Africa è, infatti, una questione di sovranità territoriale al fine di riprendersi quello che un tempo le apparteneva, prima del colonialismo.
Per l’Africa è, infatti, una questione di sovranità territoriale al fine di riprendersi quello che un tempo le apparteneva, prima del colonialismo.
Durante il Congresso
di Berlino del 1885, le grandi potenze europee si spartirono l’Africa,
suddividendola in piccoli e grandi Stati, i cui confini furono tracciati con il
righello senza rispettare le identità, le etnie e le tradizioni locali: una
separazione che tanto male ha fatto al continente nero.
Il processo di
decolonizzazione non è stato da meno al punto che ancor oggi l’Africa si lecca
le ferite e cerca di rimediare ad un passato di soprusi.
Le Isole sparse nell’Oceano Indiano sono africane. La cartina geografica lo dimostra. Le tre isole coralline (Europa, Glorioso, Juan de Nova) e l’atollo Bassas da India sono infatti sparse nel canale del Mozambico, mentre una quarta isola, Tromelin, è situata a meno di 150 km ad Est delle coste del Madagascar.
Le Isole sparse nell’Oceano Indiano sono africane. La cartina geografica lo dimostra. Le tre isole coralline (Europa, Glorioso, Juan de Nova) e l’atollo Bassas da India sono infatti sparse nel canale del Mozambico, mentre una quarta isola, Tromelin, è situata a meno di 150 km ad Est delle coste del Madagascar.
Recenti ricerche
hanno dimostrato che l’intera zona delle isole sparse è ricca di
giacimenti di petrolio e di gas. Si stimano da 6 a 12 miliardi di
barili di greggio e da 3 a 5 miliardi di m3 di riserve di gas al
largo della costa del Mozambico. In un rapporto statunitense della Geological
Survey (USGS) del 2010, si definisce il canale del Mozambico «il
prossimo Mare del nord in potenza». Campagne di esplorazione sono in corso
a largo del Madagascar, del Mozambico e nella Zona economica esclusiva (ZEE) di
Juan de Nova.
In base alla legge
francese 224/07, le cosiddette Îles éparses de l'Océan Indien ricadono sotto la
giurisdizione delle Terre australi e antartiche francesi (TAAF), di cui
costituiscono il quinto distretto. Le isole non hanno una popolazione autoctona
permanente. Dal 1973, ciascuna delle tre isole di Glorioso, Juan de Nova ed
Europa è presidiata da una quindicina di soldati francesi e da un gendarme.
Tromelin è invece la sede di un importante centro di rilevamento meteorologico,
indispensabile per la previsione dei cicloni che minacciano Madagascar, Réunion e Mauritius.
I tre Paesi, insieme alle Isole Comore e alle Seychelles, contestano la
sovranità francese sull'area.
Il Madagascar e
le Mauritius reclamano Tromelin, le Comore e
le Seychelles rivendicano l’isola di Glorioso.
In questi giorni, ad
alzare la voce contro la Francia è stato il governo di Antananarivo, che
rivendica l’isola corallina di Tromelin. Chiamata anche Île de Sable, è
conosciuta sin dal XVI secolo. Il 31 luglio 1761 vi naufragò una nave della
Compagnia francese delle Indie Orientali carica di schiavi, partita dal
Madagascar per le Mauritius. Parte dell'equipaggio di soli bianchi si salvò e
lasciò l’isola in una barca costruita con mezzi di fortuna. I sessanta schiavi superstiti
rimasero bloccati sull'isola e furono presto dimenticati. Dopo 15 anni, il 29
novembre 1776, gli otto superstiti furono recuperati dalla nave, La Dauphine,
del comandante Tromelin, in onore del quale l’isola è stata ribattezzata.
Oggi il possedimento
francese è noto per le sue acque pescose, ricche di petrolio e per
la zona economica esclusiva (ZEE) di 632.000 km2,
oltre ad essere un'importante rotta marittima. La Francia non ha, quindi,
alcuna intenzione di cederla e rimanda le rivendicazioni territoriali al
mittente, sostenendo che la sua sovranità è «in conformità con le norme
internazionali».
«La Francia è interessata a scoprire se
esistono depositi di petrolio tra 1.500 e 2.000 m di profondità, che potrebbe
portare allo sfruttamento. Il Mozambico è già al passo successivo, in fase di
esplorazione nei blocchi vicino alle sue coste», ha spiegato Pascal
Bolot, prefetto delle Terre australi e antartiche francesi. «Il fatto che possiamo scoprire ingenti
risorse naturali è una buona cosa, ma non cambia la posizione della Francia:
siamo legittimi in queste isole», ha sottolineato Bolot, ricordando che
«la sovranità francese in quest’area è
un problema costante».
Il Madagascar, che la
rivendica dal 1973, non si dà per vinto. L'ex colonia francese, indipendente
dal 26 giugno 1960, non ha digerito che il generale Charles de Gaulle abbia
firmato un decreto poche settimane prima -il 1° aprile- per il
distaccamento della grande isola e le abbia congiunte al Dipartimento
d’Oltremare. «Questa è una violazione
del principio del rispetto per l'integrità di un territorio al momento della
sua indipendenza», ha affermato in una conferenza a fine aprile Harimanana
Raniriharinosy, professore di diritto internazionale all’Università di
Antananarivo.
Il Madagascar fa inoltre
riferimento a due risoluzioni delle Nazioni Unite, quella del 1979 e quella del
1980, che ‘invitano’ la Francia ad aprire «senza indugio» i negoziati per una
«reintegrazione» di queste isole «separate arbitrariamente dal Madagascar».
Come ha più volte ricordato l’attuale Presidente, Hery
Rajaonarimampianina, durante la campagna per le elezioni presidenziali
malgasce, a fine dicembre del 2013. Una volta eletto, il capo di Stato ha
cambiato i toni, parlando di «negoziati».
Secondo l’Eliseo, «le controversie sono ormai congelate e la
questione sarà presa in esame dalla Commissione dell'Oceano Indiano (COI)».
Inoltre, il Presidente francese e il suo omologo malgascio si vedranno il 26
luglio durante il prossimo vertice della COI a Moroni. In vista del summit, il
Ministero degli Affari Esteri ha fatto sapere che la Francia è pronta a
discutere della questione «della codeterminazione».
Uno spiraglio di dialogo che non convince.
La Francia ha
ribadito pressoché la stessa cosa al Governo delle Mauritius: «I negoziati tra Port-Louis e Parigi sulla
cogestione di Tromelin, isola situata a Nord-Est del Madagascar, progrediscono
in maniera positiva», affermò a febbraio del 2010 il Ministro degli
Esteri di Mauritius, Arvin Boolell. Eppure, a distanza di
quattro anni, la questione è ancora sul tavolo delle trattative.
Dall’indipendenza
dalla Gran Bretagna, le Mauritius rivendicano l’isola di Tromelin, sostenendo
(come fa per l’Arcipelago della Chagos occupato dagli inglesi e da una base
militare statunitense) che l’isola fa parte integrante del suo territorio
nazionale e soprattutto che le sue pescosissime acque sono dentro l'immensa
Zona Economica Esclusiva (ZEE). La stessa cosa che afferma il Governo
malgascio.
Secondo il Governo di
Port-Louis, la tempistica è dalla sua, in quanto avrebbe proposto la questione
della cogestione dell'isola ai francesi per la prima volta nel 1999 alla COI,
presieduta dall'allora Presidente francese Jacques Chirac. In
seguito, è stata ripresentata nel giugno del 2008 dall’allora Presidente Nicolas
Sarkozy che, a detta delle Mauritius, avrebbe accettato la proposta di
un «Comité de Cogestion» e di una più stretta collaborazione cooperazione
economica, scientifica ed ambientale della ZEE definita diplomaticamente
nell'accordo come «zones maritimes avoisinantes».
Come dice un antico
detto latino, ‘verba volant scripta manent’.
Alle parole non sono
seguiti i fatti, e all’epoca la Francia non era a conoscenza della presenza del
petrolio. Se l’Eliseo non ha mostrato segni di cedimento, non è da meno la Gran
Bretagna. Le Mauritius hanno, infatti, una partita aperta
anche con il Governo londinese per la sovranità delle Isole Chagos. Per non
farsi mancare nulla, ne ha una anche con gli Stati Uniti, per
l’utilizzo dell'Isola di Diego Garcia come base militare. Per ora Washington
prende tempo, mentreLondra ha chiuso qualsiasi finestra di dialogo.
Atteggiamento che, per altro, ben conosce l’Argentina con le Isole Malvinas.
Dal 1965 la Gran
Bretagna viola apertamente la risoluzione dell’Onu n. 2065 che la obbliga a
negoziare le condizioni di decolonizzazione delle Isole Malvinas e la
risoluzione n. 3149 che obbliga i due Paesi ad astenersi da azioni unilaterali.
Non solo. Dal 1989 Londra infrange anche gli accordi firmati con l’ex
presidente argentino Carlos Menem, con cui gli inglesi si
impegnarono a consultarsi con Buenos Aires e a sfruttare congiuntamente le
risorse delle isole occupate dall’Impero Britannico nel biennio 1837-1838.
Anche qui, il pomo della discordia è ancora una volta l’oro nero, scoperto in
grande quantità nelle acque circostanti. Stesso atteggiamento per Gibilterra,
ricco di pesce e di petrolio. Da anni la questione infuoca i rapporti tra
Londra e Madrid, che ne rivendica la sovranità territoriale.
Come se fosse una
partita a risiko, la Gran Bretagna e la Francia continuano a sventolare le
bandiere di imperi ormai quasi del tutto tramontati, soprattutto in Africa.
Oggi come ieri, nelle isole sparse dell’Oceano Indiano risuona ancora il motto
della potenza coloniale francese: ‘Tre colori, una bandiera, un impero’.
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paesaggi estremamente
variegati, con una vegetazione e una fauna rare
Se vivesse in Brianza, Mora Norbert terrebbe,
sotto il cuscino, una pistola.
Ma essendogli capitata la ventura di nascere in Madagascar,
in camera da letto, per proteggersi, tiene la
sabbuha.
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