domenica 22 marzo 2015

Volontari in Madagascar


Mora Mora (piano piano) è il motto per indicare lo stile di vita dei malgasci, ovvero gli abitanti del Madagascar, la più grande isola del continente africano. Quattro ragazzi del villafranchese di 25 anni, Erika Pasqualetto, Luca Salaorni, Alfredo Angelillo e Matteo Cadeddu l'estate scorsa hanno deciso di fare un'esperienza di volontariato proprio in quella terra, completamente circondata dall'Oceano Indiano. «Mora Mora», spiega Erika Pasqualetto «significa vivere la vita in maniera tranquilla, non esasperando la giornata e non scandendola con orari e impegni perentori, quindi senza la frenesia del mondo occidentale».
I quattro ragazzi hanno intrapreso questa avventura per incontrare Diana Guidorizzi, anche lei di Villafranca, volontaria del Centro Missionario Diocesano di Reggio Emilia. Guidorizzi, oltre che coordinare le varie attività di volontariato del centro in Madagascar presta il proprio servizio in un ospedale psichiatrico a Manakara, sulla costa est.
Dopo aver svolto, insieme ad altri otto giovani di Reggio Emilia, la preparazione imparando le basi della cultura malgascia ed alcune parole della lingua di quel Paese, all'alba dell'otto agosto scorso hanno preso l'aereo per giungere ad Antananarivo, la capitale. La motivazione, raccontano, era quella di scoprire nuove realtà e di aiutare la popolazione locale.
«L'impatto è stato da subito forte», racconta Salaorni, «ti accorgi immediatamente di essere in un luogo con cultura e tradizioni differenti. Avevo visto questi ambienti solo in televisione o nelle foto, ma viverlo sulla propria pelle è completamente diverso. « Lascia senza parole».
I volontari, hanno messo a disposizione la loro voglia di essere utili in un carcere e in un ospedale psichiatrico. Le condizioni, raccontano, non sono buone in questi centri. Alfredo Angelillo spiega come per dormire i detenuti facciano a turno per potersi sdraiare.
«L'aspetto che più mi ha colpito», dice Erika Pasqualetto, «è il fatto che sia nell’ ospedale che nel carcere non ci sia una vera e propria assistenza. Addirittura il cibo viene portato ai pazienti e ai detenuti ogni giorno dai loro stessi parenti. Chi non ha questa possibilità deve accontentarsi di mangiare sempre manioca, un tubero tipico di quelle zone».
«La tua vita», ci tiene a precisare Angelillo, «non cambia radicalmente dopo una esperienza del genere. Tuttavia, fa apprezzare aspetti della vita quotidiana che non avrei mai notato rimanendo qui. Capisci che l'acqua corrente e la luce elettrica non sono per niente scontate quando passi giornate intere non potendo usufruirne». Raccontano come prima di farsi la doccia dovevano attingere l'acqua da un pozzo e riscaldarla sulle braci.
«Mi sono portato a casa un bagaglio di emozioni e conoscenze straordinarie anche dal punto di vista lavorativo», conclude Salaorni, «facendo l'educatore la relazione con le persone è alla base. Vedendo la semplicità con cui si creano questi rapporti, il loro modo di vivere senza dare troppo peso a tutti gli impegni tipici di una vita frenetica, che necessariamente portano a non cogliere tanti aspetti belli della vita, mi ha fatto molto riflettere».
L'isola negli ultimi mesi è stata colpita da violente alluvioni, provocando anche diversi morti. Proprio per questo motivo, altre donazioni verranno presto raccolte. Un gruppo di giovani della parrocchia di Villafranca, inoltre, raccoglie ogni sei mesi una somma di denaro da inviare in Madagascar.N.V.

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