Abbassano la frequenza cardiaca da 120 a 6
battiti al minuto. Gli scienziati: «L’obiettivo è indurre stati simili negli
esseri umani per guadagnare tempo durante gli interventi successivi a trauma
cranico e a un attacco di cuore»
L’ibernazione di un lemure potrebbe dirci di più
sui meccanismi che regolano il nostro sonno. Un nuovo studio della Duke
University pubblicato sulla rivista Plos One ha scoperto che il chirogaleo
medio (Cheirogaleus medius), primate poco conosciuto, durante la stagione di
letargo invernale trascorre giorni e giorni senza accedere alla «parte» più
profonda del sonno, quella relativa alle onde lente.
Nel torpore, condizione in cui il metabolismo si
riduce, questi lemuri possono abbassare la frequenza cardiaca da 120 a 6
battiti al minuto e rallentare significativamente la respirazione. Invece di
mantenere una temperatura corporea costante come la maggior parte dei
mammiferi, i loro corpi si scaldano e raffreddano in relazione alla temperatura
dell’aria esterna che fluttua di più di venticinque gradi ogni giorno. Per la
maggioranza dei mammiferi, un cambiamento nella temperatura corporea di più di
un paio di gradi potrebbe essere pericolosa per la vita. Ma per il chirogaleo
medio la strategia è un modo per risparmiare energia durante la lunga e secca
stagione invernale del Madagascar, periodo dell’anno in cui cibo e acqua
scarseggiano.
Il letargo dei lemuri ha mostrato periodi di
attività cerebrale coerenti con la fase del sonno nota come rapid eye movement
(REM) solo quando le temperature invernali salgono sopra i 25 gradi Celsius. I
ricercatori ritengono che comprendere i meccanismi che si nascondono dietro il
singolare letargo dei lemuri endemici del Madagascar potrebbe permettere un
giorno di indurre stati simili all’ibernazione negli esseri umani. Essere in
grado di porre gli esseri umani in «standby», riducendo temporaneamente
frequenza cardiaca e attività cerebrale, aiuterebbe a guadagnare tempo durante
gli interventi successivi ad trauma cranico e ad un attacco di cuore o a
prolungare la durata di conservazione degli organi da trapiantare.
Fonte:http://www.lastampa.it
Ti possono interessare
Nessun commento:
Posta un commento