Mi si dice: “Non parlare di cose personali nel tuo
blog!”. Ma io so che fin dagli anni Settanta circolava lo slogan: “Il personale
è politico e il politico è personale”. Cosa intendessero i “compagni”
dell’epoca con tale espressione non so, di preciso, ma io la interpreto nel
senso che No man is an island, nessun uomo è un’isola, e
tutto ciò che può interessare a un singolo essere umano, può interessare anche
a una più vasta categoria di suoi simili. Dunque, perché dare per scontato che
tre mesi ai tropici non possano avere effetti deleteri sulla salute, per
l’occidentale medio? Se tra i miei lettori ce ne dovessero essere alcuni che
hanno intenzione di affrontare questa o anche altre mete esotiche, è meglio che
siano preparati a tutto. Se si può imparare dagli errori degli altri è meglio,
no? Io so perché sono malato. Perché le mie energie si sono gradatamente
esaurite. Non ho fatto sport eccessivo, non ho fatto lavori pesanti, ma un
fattore decisivo, che mi aggredisce ogni volta che vengo in Madagascar, è lo
stress. Mi piace quindi analizzare con voi questo fenomeno, senza avere la
pretesa d’essere un rappresentante tipico della nostra razza, ma sui
generis, molto sui generis.
Anzitutto, per una persona civilizzata, che ha
interiorizzato i concetti di igiene, raccolta differenziata, affidabilità nei
rapporti interpersonali, essere catapultati nella preistoria è senza dubbio un
trauma, che pone un primo tassello allo stress susseguente. Ci si salva solo
pensando che a una data precisa la nostra macchina del tempo targata Air France
ci riporterà indietro ai tempi nostri.
Il secondo tassello, per noi animalisti, è che ci si
trova a vivere in mezzo ai macellai. Ovvero, quel gentile signore vicino di
casa, che un momento prima è stato amabile e amichevole, subito dopo torna a
casa sua, afferra le anatre e le macella. E voi siete rimasti di qua del
fragile recinto ad ascoltare impotenti lo starnazzare delle povere bestie e i
successivi colpi di coltello sulle loro carni, fatte a brani su un tagliere. I
non animalisti (e anche qui ne circolano) non solo non capiscono, ma nella
migliore delle ipotesi si mettono a ridere considerandoci ingenui ed esaltati,
mentre nella peggiore s’arrabbiano tirando in ballo i problemi più
gravi come la denutrizione infantile, adottando quella tecnica psicologica che
comunemente viene chiamata “benaltrismo”. Mentre nelle nostre città sappiamo
dove si trovino le macellerie ed evitiamo di prendere quella precisa strada,
facendo una deviazione per non passarvi davanti, qui non è possibile, giacché
ovunque si posi lo sguardo si vedono condannati a morte in attesa di
esecuzione, che attraversano la strada proprio quando passano taxi
brousse e camion a tutta velocità, aggiungendo la loro parte di stress
al quantitativo generale.
Succede raramente che polli e anatre vengano investiti,
ma solo perché polli e anatre hanno un padrone che andrebbe risarcito. I cani,
invece, nessuno si cura di non investirli. Non c’è nessun padrone da risarcire.
Anche quando l’avevo appena conosciuta, Tina non era molto d’accordo che io
dessi pane e latte ai cani vaganti. Oggi che accampa su di me il diritto di
stabilire cosa posso fare e cosa no, è molto peggiorata. Non vuole che dia da
mangiare ai cani dei vicini, magrissimi, perché dice che potrebbero avvelenare
il cane, chiamare i poliziotti per far loro constatare il decesso e accusarmi
di averglielo avvelenato. Da lì, all’estorcermi denaro, da spartire poi tra
poliziotti e vicini di casa, il passo è breve e automatico. Sembra poca cosa,
ma anche vedermi negato l’atto pratico di un minimo di semplice zoofilia,
genera una frustrazione che va ad aggiungersi allo stress generale. Anche in
questo caso, i non animalisti, fregandosene di tutto e di tutti, salvo poi
stracciarsi le vesti per “i bambini che muoiono di fame in Africa”, sono
avvantaggiati.
Il cibo. Parlatone a voce con il paramedico che funge da
padre adottivo per Odillon e Sammy, Tina mi ha riferito che secondo lui, per
rimettermi in forze, dovrei mangiare pesce. Dopo molte ore mi dice che
l’infermiere stava scherzando, cioè mi stava prendendo in giro. Sono stato il
più attento possibile ad assumere il giusto quantitativo di vitamine, considerato
che le uniche frutta disponibili in questa stagione sono arance, mandarini e
banane, oltre agli ananas. Purtroppo, come i cani sono competitori per il cibo
per i malgasci, così Odillon, Sammy e Annika sono competitori per la frutta per
me. Credete che oggi, che è domenica, ci sia frutta in casa? Non ce n’è perché
appena i bambini arrivano Tina s’incarica di metterli a proprio agio con ciò
che trova in cucina. Non che la cosa mi dia fastidio, ma oggi sta succedendo
con la frutta (mancante) ciò che normalmente mi succede con il credito
telefonico. Quando arriva il momento di dover fare una telefonata, non ho più
credito perché Tina me l’ha consumato tutto, benché lei abbia il suo cellulare.
Dunque, come si può rimediare a questi inconvenienti? Mettendo sotto chiave
frutta e telefonino?
Freeanimal
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Incontrando gli amici, al rientro dal mio primo
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