Marc
Ravalomanana rientrato e arrestato. Su di lui pende la condanna all’ergastolo
Marc
Ravalomanana,
ex presidente del Madagascar, è ritornato in patria dopo la lunga permanenza in
Sudafrica durata cinque anni. Le autorità malgasce hanno ordinato l’immediato
arresto. Su di lui grava una condanna all’ergastolo inflittagli in
absentia il 28 agosto 2009 per aver dato l’ordine di sparare sui manifestanti
durante i motti rivoluzionari che posero fine al regno del “Berlusconi
Africano”, come viene definito Ravalomanana a causa del suo
intreccio tra affari e politica. La sollevazione popolare contro l’ex
presidente (spesso definita dalla stampa occidentale colpo di stato)
rappresentò l’epilogo di una crisi politica iniziata nel gennaio 2009 quando il
principale oppositore politico, Andry Rajoelina, all’epoca sindaco
di Antananarivo (la capitale), promosse una serie di manifestazioni popolari in
protesta contro la politica ultra liberale di Ravalomanana, la svendita dei
beni nazionali a multinazionali straniere e lo stato di estrema povertà in cui
viveva la popolazione nonostante che si registrasse una crescita economica
annuale del 7%.
Il
3 febbraio il presidente dismise Rajoelina dalla carica di sindaco. Una mossa
avventata che aumentò l’indignazione e il furore popolare. Durante una
manifestazione di massa indetta il 7 febbraio 2009 il presidente ordinò alla
guardia presidenziale di sparare sulla folla uccidendo 31 persone e ferendone
200.L’atto segnò la fine di Ravalomanana. Il malcontento e le
manifestazioni giunsero alla fase rivoluzionaria e la maggioranza della
popolazione si diede come obiettivo la rimozione del presidente tramite
qualsiasi mezzo.La rivoluzione popolare in atto sgretolò rapidamente la
fedeltà delle forze armate malgasce. I soldati iniziarono a rifiutare di reprimere
i manifestanti e si unirono alle proteste anche se disarmati. La
maggioranza dello Stato Maggiore dell’esercito diramò nel marzo 2009 l’ordine
di passare dalla parte dei rivoluzionari. Il 16 marzo i soldati malgasci
occuparono il palazzo presidenziale, la TV di stato e la Banca Centrale.
Al
presidente Ravalomanana fu data la possibilità di auto esiliarsi in un Paese
terzo. Scelse il Sudafrica per via dei stretti legami d’affari personali che lo
legava a questo Paese. Il Consiglio Militare che prese le redini della
nazione dopo la fuga del presidente inizialmente dichiarò l’intenzione di
gestire direttamente una fase transitoria di 24 mesi per riscrivere la
Costituzione, risanare l’economia ed indire nuove elezioni democratiche. Una
settimana dopo il Consiglio Militare ordinò a sorpresa ai soldati di ritornare
nelle caserme e dichiarò Andry Rajoelina Presidente Ad Interim, affidandogli il
compito di gestire la fase transitoria. L’arresto del ex presidente è
stato ordinato dall’attuale Capo di Stato Hery Martial Rajonarimampiamina
Rakotoarimanana che ha assunto il potere dopo le prime elezioni democratiche
dai moti rivoluzionari, avvenute lo scorso gennaio.
Il
Presidente Hery ha voluto specificare ai media nazionali ed internazionali che
non si tratta di un vero e proprio arresto ma di un atto preventivo teso ad
assicurare la salvaguardia personale di Ravalomanana ed impedire tentativi
sovversivi da parte dei suoi sostenitori. L’esercito è stato messo in allerta
in quanto al suo interno vi sono ancora elementi fedeli al ex presidente che
nel 2013 avevano tentato un colpo di stato. Ravalomanana è attualmente guardato
a vista nella sua residenza ad Antananarivo. «Sono ritornato non per creare
dei disordini ma per contribuire al processo di riconciliazione nazionale e
alla ripresa economica del Madagascar» ha dichiarato il leader
politico alla stampa.
Secondo
le autorità malgasce, il governo non è stato ufficialmente informato
dell’arrivo del ex presidente, giunto all'aeroporto internazionale a bordo di
un aereo speciale affittato dal SADC, la Comunità Economica dell’Africa del
Sud, controllata dalla potenza regionale, il Sudafrica. La presenza di
Ravalomanana nel paese sembra destinata a riaprire la conflittualità sociale
che ha caratterizzato i cinque anni di presidenza ad interim di Rajoelina. Nelle elezioni del
gennaio 2014 il secondo candidato alla presidenza sostenuto da Ravalomanana e
dal Sudafrica, Jean-Louis Richard Robinsons, ottenne il 46%
delle preferenze al secondo turno. Una percentuale che illustra senza ombre di
dubbi il persistere della spaccatura sociale e le tensioni ancora presenti
sulla più grande isola africana, ex colonia francese. Nonostante che il governo
sia al momento estremamente cauto, la magistratura ha esortato ufficiosamente a
perseguire la condanna inflitta in contumacia per i crimini contro la
popolazione commessi durante i motti rivoluzionari del 2009.
Nato
il 12 dicembre 1949 nella località di Imerinkasinina, poco distante dalla
capitale, Ravalomanana si assicura un posto di primo piano nella imprenditoria
nazionale creando nel 1982 un impero agro alimentare dalla ditta di
famiglia Tiko che produce latticini, yogurt e succhi di
frutta. Grazie al supporto politico offerto dagli ambienti di destra contrari
alla politica socialista del presidente Ratsiraka, il giovane
imprenditore allaccia stretti legami economici con l’Agenzia Francese per lo
Sviluppo e la Banca Mondiale ottenendo 1,5 milioni di dollari di prestito per
favorire la sua azienda agroalimentare. Prestito mascherato come aiuti allo
sviluppo economico del Madagascar aggravando cosi il già insostenibile debito
estero.
Ravalomanana,
sempre grazie alla corrente di destra nazionale, riesce a siglare importanti
accordi con ditte sud africane, tedesche e americane per esportare i suoi
prodotti agroalimentari in questi mercati stranieri che fino allora non avevano
considerato il Madagascar un degno partner commerciale. La Tiko Corporation
diventa in breve tempo la più importante ditta nazionale e gran parte dei
profitti viene investita per creare un network informativo composto da una
miriade di piccole radio, TV e giornali locali. Come il nostro Silvio
Berlusconi durante gli anni Ottanta, anche Ravalomanana comprende la necessità
di monopolizzare l’informazione per favorire la sua ascesa al potere. Nel 1999
fonda il suo partito: Tiako Larivo Party basato sulla dottrina
del neo liberalismo e il culto della sua personalità. Le similitudini
con Forza Italia sono impressionanti e hanno spinto alcuni commentatori
politici africani a presupporre che il magnate malgascio abbia ricevuto servizi
di consulenza dalla Fininvest. Una ipotesi rimasta al livello di speculazione
in quanto fino ad ora i legami tra i due imprenditori-politici non sono mai
stati convalidati da prove certe e documentazione affidabile.
Ravalomanana
inizia a preoccupare il regime socialista che nel 1997 attua una serie di
manovre indirizzate a diminuire il potere economico dalla Tiko Corportation
conscio che essa rappresenta il cavallo di Troia per la scalata al potere di un
pericoloso avversario supportato direttamente dalla ex potenza coloniale, la
Francia e dai Neo Cons della Casa Bianca. Il governo di Ratsiraka,
approfittando della crisi della “mucca pazza” in Europa, impedisce per un
periodo di tempo di quasi un anno le esportazioni dei latticini della Tiko
Corporation e apre un’inchiesta su agevolazioni fiscali illecite ottenute
grazie alla corruzione di politici e alti funzionari di stato. Misure di
contenimento tardive. Ravalomanana all’epoca offre lavoro a 3.000 dipendenti ed
ha creato un indotto di 10.000 piccoli agricoltori ed allevatori. Dati
significativi per l’Isola Stato e la sua modesta economia. La Tiko Corporation
è già in grado di generare profitti per due miliardi di franchi malgasci
sufficienti per monopolizzare i media nazionali e creare altre due holding:
la Tiko Oil Products (che monopolizza la produzione di olio di
palma) e la Tiko Agri (che monopolizza la produzione
agroalimentare dell’isola).
Alla
fine degli anni Novanta, l’impero commerciale di Ravalomanana registra profitti
per 13,8 miliardi di franchi malgasci divenendo la più importante realtà
produttiva del paese. Lo sviluppo economico indirettamente creato
nell’entroterra assicurerà la base elettorale dei piccoli agricoltori ed
allevatori che diverrà il nocciolo duro dell’elettorato del Berlusconi
africano. Asceso alla carica di Sindaco della capitale nel 1999, Ravalomanana
sfrutterà l’importante carica amministrativa per rafforzare il suo impero
economico tramite ad evidenti conflitti di interesse e per iniziare la sua
scalata alla presidenza. Nel 2001 si candita alle elezioni divenendo il primo
contendente del presidente uscente Ratsiraka. Appoggiato direttamente
dalla Clinton Foundation e dalla Francia, Ravalomanana si crea la figura del
uomo politico fatto da sè, detentore di nuove idee capaci di trasformare il
Paese ed offrire il benessere alla popolazione grazie al libero mercato.
Il
suo impero mediatico lo raffigura come una novità positiva che combatte i
vecchi dinosauri della politica malgascia. Anche la Chiesa Cattolica offre il
pieno supporto a Ravalomanana che si dichiara un fervente cristiano. Nell’agosto 2000
il Berlusconi africano viene nominato vice presidente del Sinodo Cattolico
Laico di Antananarivo e giura solennemente dinnanzi alla bibbia di trasformare
il Madagascar in una nazione cristiana se otterrà la presidenza. Nonostante gli
ingenti fondi stanziati per finanziarie la sua campagna presidenziale, la
martellante campagna mediatica e la benedizione del Vaticano che riescono ad
assicurargli un netto distacco delle preferenze rispetto al presidente uscente
(Ravalomanana 46%, Ratsiraka 40%) il pupillo del neo liberalismo internazionale
non riesce ad ottenere la maggioranza del 51% in grado di evitare il secondo
turno.
Considerando
il forte supporto che ancora gode il presidente socialista e il rischio di
perdere il secondo turno, Ravalomanana accusa la Commissione Elettorale di aver
permesso gravi frodi elettorali e asserisce di aver ottenuto al primo turno il
52% dei voti. Una vera e propria fantasia che diventa realtà grazie ai media al
suo servizio.
Ravalomanana riesce ad impedire il secondo turno e a creare una crisi politica
generalizzata nel paese con manifestazioni popolari in suo sostegno. Il braccio
di ferro con il presidente Ratsiraka dura fino al 29 aprile 2002 quando lo
Stato Maggiore dell’esercito decide di mettere al potere Ravalomanana
costringendo Ratsiraka all’esilio. Durante il suo mandato (2002 – 2009)
Ravalomanana sviluppa l’agricoltura, la rete stradale dell’interno del Paese e
il sistema educativo aumentando la sua popolarità. Immediatamente inizia una
sistematica e quotidiana campagna mediatica orchestrata dal suo impero
dell’informazione tendente, ovviamente, a nascondere il processo di
privatizzazione delle industrie nazionali che comprometterà l’economia del
paese a vantaggio dell’impero Ravalomanana e delle multinazionali sud africane,
asiatiche, tedesche, francesi ed americane ad esso collegate.
La
costruzione di una formidabile rete stradale all’interno del Paese è congeniale
per diminuire i costi e i tempi di trasporto dei prodotti agricoli dai luoghi
di produzione alle fabbriche agroalimentari della Tiko e dalle miniere ai
principali porti per facilitare l’esportazione mineraria. La costruzione di
decine e decine di scuole ed ospedali risulta una ben architettata opera di
propaganda. Moderne infrastrutture totalmente equipaggiate diventano in
breve tempo delle vere e proprie cattedrali nel deserto per mancanza di
insegnanti e personale sanitario qualificati. Banca Mondiale e FMI aumentano i
prestiti al Paese, purtroppo destinati a rafforzare l’impero Tiko e a favorire
le multinazionali straniere operanti nel Paese. Il processo di neo
liberalismo distrugge l’assistenza sociale creata dal precedente regime socialista
e il potere di acquisto, mentre il franco malgascio conosce una svalutazione
mai registrata.
La
popolazione che aveva creduto nel motto elettorale pronunciato da Ravalomanana
nel 2001: «Con me diventerete tutti ricchi» è ridotta allo stremo.
Prostituzione e criminalità dilagano cosi come la fuga della mano d’ora
specializzata che emigra nei vicini Paesi africani in cerca di lavoro. La
disoccupazione (giunta al 70%) viene ufficialmente mantenuta al 22% grazie a
statistiche alterate ma accettate dalla Banca Mondiale, dal FMI e dalla SADC.
Il Madagascar si trasforma in un incubo per i suoi cittadini ma in un nuovo
Eldorado africano per le multinazionali straniere. Per facilitare la crescita
economica del 7% il FMI cancella il debito estero nel 2005. Nello stesso anno
il Madagascar è il primo Paese africano a beneficiare del Millennium
Challenge Account, un finanziamento a tassi agevolati concesso dagli Stati
Unite per stimolare le economie dei Paesi del Terzo Mondo. Nonostante questi
regali il debito estero registrato nel 2009 è già salito al 74% del PIL. La
spiegazione è semplice.
L’impero
economico Tiko continua a ricevere prestiti personali camuffati da prestiti
allo sviluppo. Stesso meccanismo truffaldino viene applicato per favorire gli
investimenti delle multinazionali straniere nel Paese.Durante il mandato
Ravalomanana viene distrutto il 58% del patrimonio forestale nazionale. Le
prime vittime sono le foreste piene di alberi pregiati che vengono abbattuti
per essere esportati sui mercati asiatici ed occidentali. Il legname
malgascio arriverà a rappresentare il 6% delle forniture mondiali della
multinazionale IKEA e il 18% delle aziende di mobili asiatiche, prime tra
tutte: Cina, Sud Corea ed Indonesia.
Per
coprire il crimine ambientale, Ravalomanana si trasforma nel 2003 in protettore
del patrimonio ambientale della sua isola e chiede, durante al Congresso
Mondiale dei parchi nazionali svoltosi a Durban, i fondi necessari per
triplicare le aree protette malgasce da 1,6 milioni a 6 milioni di ettari. I
fondi ottenuti saranno utilizzati per rafforzare la produzione agroalimentare
della Tiko Corporation che ingloba la maggior parte della superficie destinata
all’estensione dei parchi naturali. La distruzione della fauna e della flora
malgascia è ormai considerata irreversibile e ora l’attuale governo
disperatamente tenta di salvaguardare quello che resta del patrimonio forestale
del paese. L’isola era famosa fin dall’Impero Romano per essere ricoperta al
68% di foreste impenetrabili.
L’ondata
di privatizzazioni del 2002 – 2008 colpisce i colossi economici del paese che
al momento della legge neo-liberale registravano fantastici profitti dando
occupazione a centinaia di migliaia di persone. La SINPA(Società di
Interesse Nazionale Malgascia per la Produzione Agricola) e la SOMACODIS
(Società Malgascia
della Grande Distribuzione) che producevano il 14% del PIL nazionale,
vengono svendute ed acquistate da multinazionali asiatiche e sud africane di
cui la famiglia Ravalomanana detiene la quota azionaria obbligatoria del 25%.
Il paese registra un drammatico aumento della disoccupazione. Tre terzi della
mano d’ora impiegata dalle compagnie nazionali viene licenziato. La povertà
raggiunge livelli inauditi e paragonabili a quelli della Somalia e della
Repubblica Democratica del Congo, due paesi afflitti da un ventennio di
instabilità politica e guerre civili.
Il
colpo di grazia inflitto alla sopportazione della popolazione malgascia avviene
con lo scellerato accordo con la Daewoo Logistics firmato il
16 luglio 2008. Il governo Ravalomanana concede alla Daewoo l'usufrutto
del 52% delle terre coltivabili dell’isola per creare immense piantagioni di
olio di palma per la produzione di idrocarburi. Oltre a detenere il
22% delle quote azionarie all’interno della Daewoo Logistics Malgash,
Ravalomanana fa in modo che la multinazionale sud coreana affitti la
maggior parte delle terre coltivabili proprio dalla Tiko Corporation. Terre
ottenute grazie all’inganno attuato durante la conferenza di Durban e ai fondi
destinati ai parchi naturali fantasma. Quasi 600.000 contadini rischiano di
vedersi espropriati i loro piccoli appezzamenti di terra e di essere
condannati, assieme alle loro famiglie, alla fame. L’accordo non potrà
mai entrare nella fase operativa grazie alla opposizione della popolazione
malgascia e all’indignazione internazionale creata da una capillare e
indipendente informazione fornita da varie associazioni ambientaliste tra le
quali il WWF e Green Peace. Nel novembre dello
stesso anno Ravalomanana autorizza l’acquisto di un secondo areo presidenziale
che costa 60 milioni di dollari. Un acquisto fatto per compiacere il consiglio
di amministrazione della Boing. Nel 2009 Ravalomanana entra nel club dei 20
imprenditori più ricchi dell’Africa con l’indignazione generale della
popolazione che sta letteralmente morendo di fame.
Il
ritorno di Ravalomanana è destinato a ricreare forti tensioni sociali nel Paese
proprio quando l’attuale presidente Hery (una creazione di Andry Rajoelina) sta
registrando importanti successi per la rinascita economica di un paese stuprato
dalle multinazionali per circa un decennio e distrutto dall’embargo economico
decretato dopo i moti
rivoluzionari (colpo di stato
per la propaganda occidentale) del 2009. Un embargo economico contro la
politica populistica e nazionalistica di Andry Rajoelina che è durato cinque
anni ma non è riuscito ad impedire il supporto popolare dimostrato durante le
elezioni dello scorso gennaio dove la maggioranza della popolazione ha scelto
Hery, il delfino del giovane DJ ed ex sindaco di Antananarivo.
La
mossa politica a sorpresa attuata da Ravalomanana sarebbe stata incoraggiata
dal Sud Africa, Francia, Stati Uniti e Banca Mondiale con il proposito di
influenzare l’indirizzo politico e sopratutto economico dell’Amministrazione
Hery. Nonostante goda di rispetto e fiducia a livello internazionale, le
multinazionali sospettano l’attuale presidente di voler continuare la politica
nazionalista tentata da Rajoelina. Il governo si trova costretto a prendere una
difficile decisione: applicare la sentenza incarcerando a vita Ravalomanana per
i crimini commessi durante il suo tentativo di mantenere il potere contro la
volontà popolare o perdonare Ravalomanana inserendolo nel contesto politico di
riconciliazione nazionale, con il forte rischio che possa rafforzare
l’impero Tiko (attualmente gestito dalla moglie) e le relazioni internazionali
con i suoi padrini con l’obiettivo di riconquistare il potere alle prossime
elezioni e imporre nuovamente la politica neo liberale al paese.
La
popolazione malgascia, votando il candidato suggerito da Rajoelina, Hery, ha
espresso il chiaro desiderio di riconciliazione e di impegno collettivo per
ricostruire il tessuto economico a proprio vantaggio. Con questa inaspettata
interferenza da parte delle potenze straniere la popolazione rischia di
trovarsi in una situazione simile a quella del Venezuela dove gli interessi neo
liberali iniettano ingenti fondi all’opposizione garantendo il supporto
mediatico con il chiaro intento di generare caos e provocare un cambiamento di
regime ai danni della nazione ma favorevole alle esigenze delle
multinazionali.
Fonte www.lindro.it
Articoli
correlati
Appunti e
riflessioni, tra Italia e Madagascar
Perché un’azienda italiana si reca in Madagascar per mettere in piedi un
progetto agricolo in un contesto particolarmente complicato?
Definire il Madagascar un paese povero è veramente paradossale
in quanto il sottosuolo è ricco di giacimenti
Reportage politico
da Antananarivo-Madagascar
Il caso del
Madagascar
Nessun commento:
Posta un commento