Ad Antananarivo, grazie a padre Pedro, è nato un
progetto che garantisce casa e lavoro a più di tremila famiglie. Un esempio di
azione caritativa, anche per il Fondo Monetario Internazionale
Occhi
grandi e viso tondo, incorniciato in una lunga e curata barba bianca. E’ un
omone, Padre Pedro, 66 anni, missionario vincenziano: alto, mani grandi, come
il suo cuore. E grandi sono anche i risultati, i numeri che descrivono i suoi
ultimi 25 anni di attività in Madagascar. Molto più che numeri, persone: oltre
mezzo milione di donne, uomini e soprattutto bambini, che dal 1990 ad oggi
hanno beneficiato delle attività dell’associazione, tanto da diventare “buoni
amici” e dare così il nome all’associazione che ha fondato ad Anatanarivo:
Akamasoa.
“Ero
in Madagascar già da 15 anni, ero malato, debole, pensavo di non farcela a
riprendermi. Poi mi sono ritrovato nella discarica di Antananarivo. Un inferno
in cui vivevano e lavoravano centinaia di persone. Grazie a loro ho ripreso le
forze e insieme a loro ho creato questo centro”. Ad Akamasoa tutti i giorni
settemila bambini trovano un piatto di riso e patate, consumano 12 tonnellate
di riso alla settimana; sono circa 12mila a frequentare le scuole gestite dall’associazione,
con 400 insegnanti e istitutori; più di tremila famiglie vivono nei 22 villaggi
creati dall’associazione per dare una casa ai senzatetto. L’elenco
potrebbe ancora proseguire, ma Padre Pedro tiene a sottolineare soprattutto un
principio: “L’ho sempre detto a tutti loro: vi voglio troppo bene per limitarmi
a fare dell’assistenzialismo. Tutti insieme lavoriamo, solo così si può uscire
dalla povertà”. Il Fondo Monetario Internazionale ha segnalato Akamasoa quale
esempio di azione caritativa in Africa.
“Il
nostro progetto non è nato sulla carta, in un hotel a cinque stelle, ma qui,
sul campo, con la gente”. Padre Pedro guarda su, il blu del cielo è squarciato
da nuvole grigie di fumo, diossina, che arriva dalla discarica, a poche
centinaia di metri dal primo villaggio di Akamasoa. Il missionario vede
arrivare una ventina di ragazzi, con i libri sotto al braccio, si avvicina ad
una giovane: “Giselle l’ho conosciuta quando aveva due anni, era insieme a sua
madre, nella discarica. Lei non aveva scelto quella vita, così come tutti
quelli che sono costretti a lavorare fra i rifiuti. Abbiamo dato una casa e un
aiuto a lei e sua madre, ed oggi è qui, ha 18 anni, e si sta preparando ad
affrontare l’esame di maturità”. L’80 per cento dei ragazzi che studiano ad
Akamasoa, supera gli esami. La media nazionale non va oltre al 45 per cento.
Merito, impegno, lavoro, sono le parole d’ordine di padre Pedro, che non si
accontenta mai: “Dobbiamo puntare al cento per cento di promozioni!”.
Argentino,
di origine slovena, padre Pedro non ha mai accettato il fatalismo diffuso nella
cultura malgascia: “Abbiamo trovato anche molti morti, nella discarica.
Qualcuno mi ha detto: è la volontà di Dio. Ma non può essere così! Dio non
vuole che i bambini muoiano nella discarica, o che vivano nella miseria. No!
Dobbiamo ribellarci a tutto questo e combattere contro la povertà”
Una
battaglia impegnativa, che padre Pedro non combatte da solo. Insieme a lui
lavorano 450 donne e uomini malgasci. Anche in Italia è attiva un’associazione
che lo appoggia: “Amici di padre Pedro” (http://www.amicipadrepedro.org/it). Fra i vari progetti
in cui è impegnata Akamasoa, vi è anche la riforestazione di alcune regioni del
Madagascar, compresi i dintorni della capitale, e l’estrazione della pietra da
alcune cave di Antananarivo. Tutti modi per mantenersi e dare un futuro alla
Grande Isola Rossa, e alla sua gente, da “Buoni amici”: “Ad Akamasoa abbiamo
promosso la solidarietà familiare, siamo una grande famiglia”. Sorride e
allarga le sue braccia grandi padre Pedro, come per stringere a sé le centinaia
di bambini che si accalcano intorno a lui.
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