mercoledì 17 luglio 2013

L’Africa chiede buoni samaritani in politica

Un coraggioso appello lanciato dall’Assemblea dei vescovi riuniti a Kinshasa. “I governi africani sono indifferenti alle sofferenze dei loro popoli”

Si è conclusa con un forte appello ai leader politici perché si impegnino a favore delle popolazioni loro affidate e non siano spinti da interessi di parte, la 16° Assemblea plenaria delle Conferenze episcopali d’Africa e Madagascar (SECAM) che si è tenuta a Kinshasa dal 9 al 14 luglio con la partecipazione di oltre un centinaio di vescovi.
“L'Africa ha bisogno oggi di un buon samaritano in politica, in grado di ripensare l'organizzazione della società, così da promuovere il bene comune in primo luogo in campo economico perché gli imprenditori siano messi nelle condizioni di gestire la loro ricchezza non elusivamente per se stessi, ma per il benessere dei loro fratelli e sorelle, con l'orgoglio di portare un po’ di felicità a tutti, senza alcuna eccezione”, ha detto il vescovo congolese di Brazzaville, Mbuyu nell’omelia domenicale presso lo Stadio dei Martiri.
Nel Messaggio conclusivo, i pastori d'Africa e Madagascar criticano senza mezze misure il comportamento di gran parte dei leader dei governi africani, che, a loro avviso, “restano indifferenti alle sofferenze dei loro fratelli”.
I contenuti del Messaggio sono solo la conseguenze del tema eminentemente politico affrontato nella settimana di lavori, vale a dire il ruolo dei cristiani all’interno della società africana ancora oggi dilaniata da lotte intestine tra popolazioni, etnie e religioni, dove i paesi occidentali restano più spesso a guardare o, nel peggiore dei casi, attivano una sorta di neocolonialismo di ritorno con enormi proventi per la vendita di armi o sottrazione di terre da coltivare a scapito dell’alimentazione delle popolazioni. In questo contesto i vescovi si sono confrontati per cercare di capire quali vie intraprendere per giungere alla pace e ad una giustizia sociale in grado di attenuare le enormi sacche di povertà in cui vivono gli abitanti del continente nero. “La Chiesa famiglia di Dio in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”è solo l’inizio di un impegno che non deve abbassare la guardia ha detto il card. Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar e vicepresidente SECAM.
Una denuncia sulla situazione insostenibile delle popolazioni africane era venuta proprio alla vigilia dell’Assemblea dei vescovi dai direttori e segretari delle Caritas nazionali africane riuniti a Nairobi in Kenya dal 1 al 5 luglio scorsi, con un particolare riferimento alla grande emergenza umanitaria in atto nella Repubblica Centrafricana. Oltre ad assicurare la loro solidarietà i responsabili Caritas rivolgevano un appello alle istituzioni internazionali, Nazioni Unite in testa, perché intervengano con fondi e persone, e ai rispettivi vescovi per avviare collette, anche con richieste all’estero, per recuperare risorse, ma soprattutto sensibilizzare i cristiani del mondo sulle sofferenze, spesso sconosciute, dei loro fratelli.
E’ proprio l’indifferenza – quella denunciata con coraggio da papa Francesco in occasione della visita a Lampedusa – il grosso limite che sconta l’Africa nei confronti del mondo occidentale. Nigeria, Darfur, Repubblica Centrafricana, Mali, Corno d'Africa, Sud Sudan, Madagascar, Tunisia ed Egitto: le crisi si moltiplicano e la situazione umanitaria è drammatica, ma spesso nel più totale silenzio dei nostri paesi occidentali (forse Egitto a parte). In Centrafrica più di 60 mila bambini e relative famiglie soffrono denutrizione, più di 200 mila minori sono stati costretti ad abbandonare le loro case nel corso degli ultimi 6 mesi. Mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, ha segnalato come la maggior parte dei distretti sanitari abbia ormai chiuso i battenti, oltre 1 milione di bambini non potranno più frequentare la scuola e la popolazione è pressoché priva dei servizi essenziali. L’Agenzia Fides segnalava anche il grave rischio di violenze nei confronti di bambine e ragazze e il reclutamento di minori da parte di gruppi armati senza scrupoli.
Oltre ad un appello a tutti i leader politici, i vescovi denunciano in particolare la guerra che sta insanguinando la Repubblica Democratica del Congo (RDC). “Il Congo piange più di 6 milioni di vittime,  dallo scoppio del conflitto che dura da quasi 2 decenni oltre che gravissime e sistemtiche violazioni dei diritti umani, in particolare stupri”, ha sottolineato l’abate Leonard Santedi di Kinshasa che ha aggiunto “la Chiesa non può più tacere”.
A questo riguardo formulano un appello a tutti i cristiani “ad impegnarsi urgentemente nella lotta per un giusto ordine sociale mondiale dove tutti possono godere dei diritti connessi con la loro dignità umana”.
Da parte loro, i Vescovi del SECAM hanno adottato un “piano strategico quinquennale” (2013-2018”, predisposto con il contributo determinante della Conferenza episcopale del Rwanda, che prevede progetti di formazione politica ed educazione alle pratiche democratiche e al bene comune. “Siamo decisi a dare segnali forti: ora spetta ad ogni Conferenza episcopale individuare interventi specifici, responsabilizzando tutti i soggetti coinvolti”, ha detto il vicepresidente del SECAM, mons. Gabriele Mbilingi, Arcivescovo di Lubango, in Angola.
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