Un coraggioso appello lanciato dall’Assemblea dei vescovi riuniti
a Kinshasa. “I governi africani sono indifferenti alle sofferenze dei loro
popoli”
Si è conclusa con un forte appello ai leader politici perché
si impegnino a favore delle popolazioni loro affidate e non siano spinti da
interessi di parte, la 16° Assemblea plenaria delle Conferenze episcopali
d’Africa e Madagascar (SECAM) che si è tenuta a Kinshasa dal 9 al 14 luglio con
la partecipazione di oltre un centinaio di vescovi.
“L'Africa ha bisogno oggi di un buon samaritano in politica,
in grado di ripensare l'organizzazione della società, così da promuovere il
bene comune in primo luogo in campo economico perché gli imprenditori siano
messi nelle condizioni di gestire la loro ricchezza non elusivamente per se
stessi, ma per il benessere dei loro fratelli e sorelle, con l'orgoglio di
portare un po’ di felicità a tutti, senza alcuna eccezione”, ha detto il
vescovo congolese di Brazzaville, Mbuyu nell’omelia domenicale presso lo Stadio
dei Martiri.
Nel Messaggio conclusivo, i pastori d'Africa e Madagascar
criticano senza mezze misure il comportamento di gran parte dei leader dei
governi africani, che, a loro avviso, “restano indifferenti alle sofferenze dei
loro fratelli”.
I contenuti del Messaggio sono solo la conseguenze del tema
eminentemente politico affrontato nella settimana di lavori, vale a dire il
ruolo dei cristiani all’interno della società africana ancora oggi dilaniata da
lotte intestine tra popolazioni, etnie e religioni, dove i paesi occidentali
restano più spesso a guardare o, nel peggiore dei casi, attivano una sorta di
neocolonialismo di ritorno con enormi proventi per la vendita di armi o
sottrazione di terre da coltivare a scapito dell’alimentazione delle
popolazioni. In questo contesto i vescovi si sono confrontati per cercare di
capire quali vie intraprendere per giungere alla pace e ad una giustizia
sociale in grado di attenuare le enormi sacche di povertà in cui vivono gli
abitanti del continente nero. “La Chiesa famiglia di Dio in Africa al servizio
della riconciliazione, della giustizia e della pace”è solo l’inizio di un
impegno che non deve abbassare la guardia ha detto il card. Théodore Adrien
Sarr, arcivescovo di Dakar e vicepresidente SECAM.
Una denuncia sulla situazione insostenibile delle
popolazioni africane era venuta proprio alla vigilia dell’Assemblea dei vescovi
dai direttori e segretari delle Caritas nazionali africane riuniti a Nairobi in
Kenya dal 1 al 5 luglio scorsi, con un particolare riferimento alla grande
emergenza umanitaria in atto nella Repubblica Centrafricana. Oltre ad
assicurare la loro solidarietà i responsabili Caritas rivolgevano un appello
alle istituzioni internazionali, Nazioni Unite in testa, perché intervengano
con fondi e persone, e ai rispettivi vescovi per avviare collette, anche con
richieste all’estero, per recuperare risorse, ma soprattutto sensibilizzare i
cristiani del mondo sulle sofferenze, spesso sconosciute, dei loro fratelli.
E’ proprio l’indifferenza – quella denunciata con coraggio
da papa Francesco in occasione della visita a Lampedusa – il grosso limite che
sconta l’Africa nei confronti del mondo occidentale. Nigeria, Darfur,
Repubblica Centrafricana, Mali, Corno d'Africa, Sud Sudan, Madagascar, Tunisia
ed Egitto: le crisi si moltiplicano e la situazione umanitaria è drammatica, ma
spesso nel più totale silenzio dei nostri paesi occidentali (forse Egitto a
parte). In Centrafrica più di 60 mila bambini e relative famiglie soffrono
denutrizione, più di 200 mila minori sono stati costretti ad abbandonare le
loro case nel corso degli ultimi 6 mesi. Mons. Dieudonné Nzapalainga,
arcivescovo di Bangui, ha segnalato come la maggior parte dei distretti
sanitari abbia ormai chiuso i battenti, oltre 1 milione di bambini non potranno
più frequentare la scuola e la popolazione è pressoché priva dei servizi
essenziali. L’Agenzia Fides segnalava anche il grave rischio di violenze nei
confronti di bambine e ragazze e il reclutamento di minori da parte di gruppi
armati senza scrupoli.
Oltre ad un appello a tutti i leader politici, i vescovi
denunciano in particolare la guerra che sta insanguinando la Repubblica
Democratica del Congo (RDC). “Il Congo piange più di 6 milioni di vittime, dallo scoppio del conflitto che dura da quasi
2 decenni oltre che gravissime e sistemtiche violazioni dei diritti umani, in
particolare stupri”, ha sottolineato l’abate Leonard Santedi di Kinshasa che ha
aggiunto “la Chiesa non può più tacere”.
A questo riguardo formulano un appello a tutti i cristiani
“ad impegnarsi urgentemente nella lotta per un giusto ordine sociale mondiale
dove tutti possono godere dei diritti connessi con la loro dignità umana”.
Da parte loro, i Vescovi del SECAM hanno adottato un “piano
strategico quinquennale” (2013-2018”, predisposto con il contributo
determinante della Conferenza episcopale del Rwanda, che prevede progetti di
formazione politica ed educazione alle pratiche democratiche e al bene comune.
“Siamo decisi a dare segnali forti: ora spetta ad ogni Conferenza episcopale
individuare interventi specifici, responsabilizzando tutti i soggetti coinvolti”,
ha detto il vicepresidente del SECAM, mons. Gabriele Mbilingi, Arcivescovo di
Lubango, in Angola.
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