gentile
direttore,
vorrei
esprimere pubblicamente la mia personale ed incontenibile gioia delle ultime
due settimane.
Scatenata
dalla cultura della comunità.
Un piccolo
paese della provincia accoglie puntualmente a luglio il Festival Internazionale
del Folclore, voluto da un’Associazione Culturale Folcloristica che dal 1979
diffonde cultura e tradizione popolare, come riconosciuto anche dalla
Federazione Italiana Tradizioni Popolari.
A Cunardo
alla baita del Fondista anche quest’anno si è scandita la XXVIII edizione.
Grazie a
“I Tencitt” ed al sindaco/presentatore/cantante/amico/vicino/uomo (umano,
troppo umano?) – come da tutta l’amministrazione del paese.
Personalmente
quest’anno la mia gioia è raddoppiata, perché tra le nazioni ospitate c’era il
Madagascar, isola a cui son legata per ragioni diverse e molto personali.
Quindi,
godere nuovamente di quei ritmi e di quei “quadri” che ne rappresentano
tradizione e cultura è stata la gioia suprema a cui potessi ambire in questo
2013 di declino.
Mi son
ricaricata grazie a “I Tencitt” ed al Sindaco Morisi che impeccabilmente ha
condotto sei serate, (sempre sold out anche se gratuito e completato da ottima
cucina!), in un volo pindarico tra Madagascar, Brasile, Georgia, USA,
Bielorussia ed, ovviamente il paese ospitante, l’Italia.
Mi
piacerebbe, gentile direttore, che quest’uomo e la sua comunità possano
ricevere il giusto riconoscimento per la reale attività che svolgono sul
territorio.
Dal 1979.
Uno molto
semplice potrebbe essere quello di raccontare, come “controcanto” di questo
2013 ricco di delusione per la politica del non fare, una storia al contrario:
quello della comunità che riunita intorno a cultura e tradizione, continua
indefessa a lanciare il segnale di più alta integrazione e democrazia. Ed a
generare “altro”.
Purtroppo,
reputo che il grosso problema italiano sia proprio quello culturale.
Perché se
la funzione della comunicazione, quindi anche dei media ma non solo, si limita
a mostrar astio e incoerenza, vilipendi e sfregio dei diritti, sprechi e
furberie, cemento e antenne, il pubblico finisce per accettar che quella sia la
realtà.
Mentre
viviamo in un mondo fatto di persone che ancora spengono la televisione e
malgrado un festival internazionale non sia adeguatamente pubblicizzato,
raccolgono da vent’ottani l’invito a conoscere le altre culture.
Partendo
dalla propria.
Personalmente
sono sempre molto vicina a queste “comunità”, dove vedi giovani che si formano
(imparare cosa sia il lavoro di cucina e servizio dietro il bancone di una
festa popolare è impagabile!), generazioni che “collaborano” e pubblico che
riempie i luoghi predestinati ad accoglierli. Come accadrà nelle prossime
settimane grazie ad un altro gruppo che si riunisce intorno ad un obiettivo
culturale: gli Alpini e la Banda di Capolago.
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