La carta geografica dei furti che
impoveriscono le comunità locali
Un nuovo strumento interattivo sul Web per
capire come si combatte per la giustizia ambientale e l'accaparramento
delle loro ricchezze naturali sulla Terra
Terra, foreste, acqua, miniere, energia:
la competizione per le risorse più preziose del pianeta prende vita nella mappa
interattiva sulla giustizia ambientale presentata da Mani Tese, Les Amis de la Terre, CEE Bankwatch, Re: Common, CeVi eCICMA. Il planisfero online guida il
navigatore alla scoperta di alcuni tra i più importanti casi di accaparramento
di risorse da parte di investitori privati e pubblici, in concorrenza tra loro
in una corsa folle alimentata da un modello di sviluppo che si ostina a non
considerare i limiti che la natura impone alla produzione di beni e servizi.
Le cinque risorse prese in esame. La mappa è uno strumento dinamico, destinato a essere aggiornato ogni volta che le associazioni coinvolte vorranno segnalare nuovi casi. Le storie che racconta sono al tempo stesso battaglie per la tutela dell'ambiente e per la difesa dei diritti delle comunità locali, spesso espropriate dei loro mezzi di sostentamento senza essere consultate né ricevere nulla in cambio. Un simbolo e un colore diversi contraddistinguono le cinque risorse prese in esame. Basta cliccare sulle icone per scoprire le singole storie, navigare tra i file multimediali e scaricare i materiali di approfondimento. La mappa della giustizia ambientale, realizzata dai web designer Maxime Vedel e Rudy Mencé, è frutto del lavoro di ricerca delle sei organizzazioni partner del progetto "Grabbing Development: verso nuovi modelli di relazione Nord-Sud per un equo sfruttamento delle risorse naturali", cofinanziato dall'Unione Europea.
L'accaparramento generalizzato. Il fenomeno dell'accaparramento è diventato ormai generalizzato. Ad essere assorbite, accumulate e ammassate, infatti, sono tutte le risorse naturali, non solo la terra. E ciò avviene attraverso progetti molto diversi fra loro: si va dalle mega-dighe per la produzione di energia idroelettrica, come quella di El Quimbo in Colombia o di Maeshwar in India, all'estrazione di minerali e idrocarburi, come l'oro di Kumtor in Kyrgyzstan o il petrolio dell'Amazzonia in Ecuador. In altri paesi a essere oggetto del desiderio sono le terre fertili utilizzate per produrre biocarburanti. Come accade nelle piantagioni di Jatropha in Madagascar o in quelle di olio di palma in Liberia. Le foreste e la produzione di legname sono invece protagoniste nelle piantagioni di teak in Sud Sudan e nei progetti pilota per la conservazione tramite il meccanismo REDD+ in Madagascar, Mozambico e Perù.
Chi sono i "cacciatori" di risorse. Gli attori di questa vera e propria caccia alle risorse sono a loro volta molti e diversi: grandi multinazionali, piccole società, istituti finanziari e di credito, società assicurative, fondi di investimento e di sviluppo. Ma anche le istituzioni politiche nazionali e internazionali hanno un peso determinante: molte delle politiche estere dell'Unione Europea e dei suoi Stati membri creano infatti un quadro legale che invece che scoraggiare, o ancor meglio punire tali pratiche, finisce con agevolarle. A giustificare questo tipo di investimenti sarebbero gli obiettivi di crescita economica, i nuovi posti di lavoro, i redditi più elevati e i migliori servizi per le comunità locali.
L'impoverimento delle comunità locali. La mappa della giustizia ambientale, con i suoi casi di studio, dimostra che queste prospettive sono per lo più infondate o gonfiate in positivo. Al contrario, le comunità locali risultano il più delle volte impoverite, disgregate e in ultimo criminalizzate per le loro proteste contro l'esproprio di risorse. Per questi motivi, Mani Tese e i suoi partner nel progetto "Grabbing Development" chiedono all'Unione Europea e ai suoi Stati membri di agire con urgenza per ridare piena sovranità ai popoli e alle comunità locali sulle proprie risorse naturali, promuovere un modello economico e sociale rispettoso dei diritti umani e dei limiti imposti dalla natura e rendere le imprese europee pienamente responsabili, e quindi sanzionabili, per le violazioni perpetrate nei paesi più svantaggiati.
Le cinque risorse prese in esame. La mappa è uno strumento dinamico, destinato a essere aggiornato ogni volta che le associazioni coinvolte vorranno segnalare nuovi casi. Le storie che racconta sono al tempo stesso battaglie per la tutela dell'ambiente e per la difesa dei diritti delle comunità locali, spesso espropriate dei loro mezzi di sostentamento senza essere consultate né ricevere nulla in cambio. Un simbolo e un colore diversi contraddistinguono le cinque risorse prese in esame. Basta cliccare sulle icone per scoprire le singole storie, navigare tra i file multimediali e scaricare i materiali di approfondimento. La mappa della giustizia ambientale, realizzata dai web designer Maxime Vedel e Rudy Mencé, è frutto del lavoro di ricerca delle sei organizzazioni partner del progetto "Grabbing Development: verso nuovi modelli di relazione Nord-Sud per un equo sfruttamento delle risorse naturali", cofinanziato dall'Unione Europea.
L'accaparramento generalizzato. Il fenomeno dell'accaparramento è diventato ormai generalizzato. Ad essere assorbite, accumulate e ammassate, infatti, sono tutte le risorse naturali, non solo la terra. E ciò avviene attraverso progetti molto diversi fra loro: si va dalle mega-dighe per la produzione di energia idroelettrica, come quella di El Quimbo in Colombia o di Maeshwar in India, all'estrazione di minerali e idrocarburi, come l'oro di Kumtor in Kyrgyzstan o il petrolio dell'Amazzonia in Ecuador. In altri paesi a essere oggetto del desiderio sono le terre fertili utilizzate per produrre biocarburanti. Come accade nelle piantagioni di Jatropha in Madagascar o in quelle di olio di palma in Liberia. Le foreste e la produzione di legname sono invece protagoniste nelle piantagioni di teak in Sud Sudan e nei progetti pilota per la conservazione tramite il meccanismo REDD+ in Madagascar, Mozambico e Perù.
Chi sono i "cacciatori" di risorse. Gli attori di questa vera e propria caccia alle risorse sono a loro volta molti e diversi: grandi multinazionali, piccole società, istituti finanziari e di credito, società assicurative, fondi di investimento e di sviluppo. Ma anche le istituzioni politiche nazionali e internazionali hanno un peso determinante: molte delle politiche estere dell'Unione Europea e dei suoi Stati membri creano infatti un quadro legale che invece che scoraggiare, o ancor meglio punire tali pratiche, finisce con agevolarle. A giustificare questo tipo di investimenti sarebbero gli obiettivi di crescita economica, i nuovi posti di lavoro, i redditi più elevati e i migliori servizi per le comunità locali.
L'impoverimento delle comunità locali. La mappa della giustizia ambientale, con i suoi casi di studio, dimostra che queste prospettive sono per lo più infondate o gonfiate in positivo. Al contrario, le comunità locali risultano il più delle volte impoverite, disgregate e in ultimo criminalizzate per le loro proteste contro l'esproprio di risorse. Per questi motivi, Mani Tese e i suoi partner nel progetto "Grabbing Development" chiedono all'Unione Europea e ai suoi Stati membri di agire con urgenza per ridare piena sovranità ai popoli e alle comunità locali sulle proprie risorse naturali, promuovere un modello economico e sociale rispettoso dei diritti umani e dei limiti imposti dalla natura e rendere le imprese europee pienamente responsabili, e quindi sanzionabili, per le violazioni perpetrate nei paesi più svantaggiati.
Fonte: http://www.repubblica.it/
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