lunedì 31 marzo 2014

Madagascar. Ma nell'isola (più) bella

Alla scoperta di Tsarabanjina, il cui nome evoca, non a caso, la bellezza.  Per sentirsi Robinson Crusoe nell'arcipelago delle Mitsio, tra pesci pagliaccio e coralli. E fuori, lemuri e baobab


Nuotando nella notte l'acqua dell'Oceano Indiano si accende di luci, ad ogni bracciata sono scintille. Sembra di essere in un acquario di lucciole. E la debole risacca deposita sulla spiaggia di Tsarabanjina piccoli grumi fosforescenti che la fanno brillare qua e là anche senza la luna. È l'effetto del plancton, che nei mari più vivi sprigiona luminescenza. Chi ne vuole sapere di più legga cosa ne dicono gli scienziati, ma per noi è l'ennesima magia di questa piccola isola dell'arcipelago delle Mitsio, dispersa al largo delle coste settentrionali del Madagascar. La prima era stata lasciare l'inverno per poi ritrovarsi in un mondo che non conosce cappotti, a piedi scalzi in una macchia di banani, cocchi e orchidee.

Tsarabanjina in malgascio vuole dire "isola bella" e compare all'orizzonte a circa un'ora di motoscafo da Nosy Be (Isola grande) dove su uno striminzito aeroporto a ridosso del mare si atterra dopo otto ore di volo da Milano. L'impatto è africano non tanto per la temperatura, circa 30 gradi a febbraio marzo, ma per la gente che ci viene intorno. Qui anche gli agenti di polizia chiedono una piccola mancia. Lo fanno in francese, "cadeau, cadeau", che è più dolce del solito "money, money", e si accontentano anche di cinquanta centesimi. Poi in quattordici chilometri di pista in mezzo alla giungla si raggiunge il Manga Soa Lodge da cui, dopo un primo ristoro (ottimo lo stufato di zebù), si partirà per Tsarabanjina. Bisogna attendere un paio di ore perché la marea si alzi. Poi si può andare.





Bella sì, troppo bella un'isola senza un molo e che quando ancora è distante ti saluta con le braccia agitate dal benvenuto dei suoi pochi abitanti. Bello scendere dal motoscafo a piedi nudi nell'acqua arrotolandosi i pantaloni sopra il ginocchio. E poi ecco, siamo lì, su una tiepida spiaggia di polvere di corallo, circondati da un mare azzurro cristallo. Il personale del fantastico Constance Tsarabanjina Resort che ci ospita in un ambiente che loro stessi definiscono "Robinson Crusoe chic" (tanto per dire: 25 bungalow vista-mare per una capienza massima di 54 persone nell'isola intera) suggerisce, con sorrisi e succhi di frutta tropicale, il registro dei comportamenti locali: relax, pochissime formalità, pantaloncini, Tshirt, costume, porte aperte, niente tv, wifi solo al bar e alla reception (ma efficiente), atmosfera eco-friendly, rispettosa confidenza con tutti. 




Per sciogliere residue rigidità basta poi assaggiare uno o due bicchieri del fantastico rum arrangé isolano (alla vaniglia, allo zenzero, al caffè, alla cannella) e dopo vi sentirete addirittura malgasci. Seduti su uno scoglio, con gli occhi verso un tramonto che dipinge di rosso i faraglioni dei Quattro Fratelli, una piroga spinta da una vela di tele di sacco provoca suggestioni silenziose e profonde: i pescatori di chissà quale villaggio dell'arcipelago portano a riva cernie, ombrine e aragoste che due ore dopo imbandiranno la nostra tavola cucinate da Claude, lo chef malgascio. I pescatori mostrano orgogliosi le loro prede. Occhi e denti brillano nel nero della loro pelle. Il mare fa sentire potente la sua presenza.
di Emilio Radice  Repubblica
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