Un’inversione
dei dati imputata a infrastrutture carenti, assenza di un settore commerciale
organizzato e bassa produttività delle piantagioni.
In
Madagascar si è creata una situazione paradossale per cui l’importazione di
riso costa meno rispetto al consumo di riso locale.
Lo ha
sottolineato il Centro di cooperazione internazionale di ricerca agronomica per
lo sviluppo (Cirad), con sede in Francia.
Dal 2012
al 2013 sono raddoppiate le importazioni di riso, che hanno raggiunto quota
410.000 tonnellate.
Il dato e
l’analisi del suo significato economico e politico sono contenuti in uno studio
stilato dall’Osservatorio del riso del Madagascar e da istituti partner
stranieri.
Le
importazioni record vengono ricollegate a scarse piogge e alle successive
invasioni di cavallette che hanno fatto diminuire del 12% la produzione
nazionale dell’isola rispetto all’anno precedente.
Alle avversità climatiche e ambientali si
aggiungono fattori strutturali che pesano negativamente su una produzione
agricola vitale per la popolazione, tra le più grandi consumatrici di riso al
mondo con 111 chili l’anno pro capite.
Un’inversione
dei dati imputata a infrastrutture carenti, assenza di un settore commerciale
organizzato e bassa produttività delle piantagioni.
In
Madagascar si è creata una situazione paradossale per cui l’importazione di
riso costa meno rispetto al consumo di riso locale.
Lo ha
sottolineato il Centro di cooperazione internazionale di ricerca agronomica per
lo sviluppo (Cirad), con sede in Francia.
Fino agli
anni 70’ del secolo scorso la grande isola africana dell’Oceano indiano
riusciva addirittura ad esportare i suoi eccedenti di riso.
A distanza
di 40 anni i tre quarti dei malgasci che vivono e lavorano in zone agricole, le
più estese, dichiarano di non produrre quantità sufficienti per sfamare la
propria famiglia.
Ma nel
2013, anno in cui si sono svolte cruciali elezioni presidenziali e legislative,
l’incremento delle importazioni è stata una scelta del governo per mantenere
stabile e basso il livello dei prezzi sui mercati locali, quindi assicurare una
situazione di pace sociale in vista del voto.
Inoltre la
crisi del settore risicolo è da ricollegare alle successive crisi politiche ed
istituzionali che hanno ridotto ai livelli minimi gli interventi pubblici a
favore dei contadini, ma non solo.
Per non
parlare degli aiuti allo sviluppo della comunità internazionale sospesi in più
occasioni dopo colpi di Stato e cambiamenti di potere considerati nient’affatto
democratici.
E una
censura spietata, che ha sempre messo il bavaglio ai “media”, perché non si
sapesse.
E ,con le
pance vuote e il cervello in panne, sotto qualunque cielo, non può esserci, com’è noto, mai crescita né
sociale né politica per la gente comune.
Solo i
pochi ricchi, che pur ci sono, sono quelli che divengono ancora più ricchi.
E,
ovviamente, dispotici a oltranza.
http://marianna06.typepad.com/ a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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