giovedì 20 marzo 2014

Madagascar / Isola-continente di cui si parla poco

Un’inversione dei dati imputata a infrastrutture carenti, assenza di un settore commerciale organizzato e bassa produttività delle piantagioni.
In Madagascar si è creata una situazione paradossale per cui l’importazione di riso costa meno rispetto al consumo di riso locale.

Lo ha sottolineato il Centro di cooperazione internazionale di ricerca agronomica per lo sviluppo (Cirad), con sede in Francia.
Dal 2012 al 2013 sono raddoppiate le importazioni di riso, che hanno raggiunto quota 410.000 tonnellate.
Il dato e l’analisi del suo significato economico e politico sono contenuti in uno studio stilato dall’Osservatorio del riso del Madagascar e da istituti partner stranieri.
Le importazioni record vengono ricollegate a scarse piogge e alle successive invasioni di cavallette che hanno fatto diminuire del 12% la produzione nazionale dell’isola rispetto all’anno precedente.
 Alle avversità climatiche e ambientali si aggiungono fattori strutturali che pesano negativamente su una produzione agricola vitale per la popolazione, tra le più grandi consumatrici di riso al mondo con 111 chili l’anno pro capite.
Un’inversione dei dati imputata a infrastrutture carenti, assenza di un settore commerciale organizzato e bassa produttività delle piantagioni.
In Madagascar si è creata una situazione paradossale per cui l’importazione di riso costa meno rispetto al consumo di riso locale.
Lo ha sottolineato il Centro di cooperazione internazionale di ricerca agronomica per lo sviluppo (Cirad), con sede in Francia.
Fino agli anni 70’ del secolo scorso la grande isola africana dell’Oceano indiano riusciva addirittura ad esportare i suoi eccedenti di riso.
A distanza di 40 anni i tre quarti dei malgasci che vivono e lavorano in zone agricole, le più estese, dichiarano di non produrre quantità sufficienti per sfamare la propria famiglia.
Ma nel 2013, anno in cui si sono svolte cruciali elezioni presidenziali e legislative, l’incremento delle importazioni è stata una scelta del governo per mantenere stabile e basso il livello dei prezzi sui mercati locali, quindi assicurare una situazione di pace sociale in vista del voto.
Inoltre la crisi del settore risicolo è da ricollegare alle successive crisi politiche ed istituzionali che hanno ridotto ai livelli minimi gli interventi pubblici a favore dei contadini, ma non solo.
Per non parlare degli aiuti allo sviluppo della comunità internazionale sospesi in più occasioni dopo colpi di Stato e cambiamenti di potere considerati nient’affatto democratici.
E una censura spietata, che ha sempre messo il bavaglio ai “media”, perché non si sapesse.
E ,con le pance vuote e il cervello in panne, sotto qualunque cielo,  non può esserci, com’è noto, mai crescita né sociale né politica per la gente comune.
Solo i pochi ricchi, che pur ci sono, sono quelli che divengono ancora più ricchi.
E, ovviamente, dispotici a oltranza.
  http://marianna06.typepad.com/  a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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