Lavori 2013
27 marzo 2013, primo giorno a Tana, la capitale del
Madagascar e decidiamo di visitare lo Zoo pubblico; da tanto tempo c’era la
curiosità perché sapevamo che detenevano diverse tartarughe, compresa qualche
Angonoka. Come per tanti altri luoghi, il biglietto per i malgasci è bassissimo
mentre per i vasah (nome che viene dato a tutti i bianchi, ad eccezione degli
asiatici e indiani anche se di pelle bianca, questa poi non l’ho ancora
capita…), che pagano 25 volte in più. Lo zoo non è altro che gli ex giardini
della regina, molto grande, considerando che è praticamente in centro città,
con due grandi laghi e spazi immensi di verde. Le prime tartarughe che
incontriamo sono 3 belle Aldabrachelys gigantea in un grande recinto e con
molta acqua a disposizione.
Non è che ci siano molti animali, ma molto bella è la zona
coi lemuri che entrando all’interno, con una mancia i guardiani ti fanno toccare
per dargli da mangiare un po’ di miele. Vediamo un bel gruppo di Astrochelys
radiata,tenuti abbastanza male in un piccolo recinto, ma il peggio lo vediamo
all’interno del reptilario dove in una grande teca ci sono 6-7 A.radiata in
condizioni pietose,tutte con evidenti segni di malattia M.O.M., senza lampade
UVB e alimentazione sbagliata. Abbiamo parlato col custode che in un primo
momento si riteneva soddisfatto della crescita piramidizzata, evidentemente a
lui piacevano così, ma quando gli abbiamo spiegato la malattia, non era più
tanto sicuro di se, anche se sappiamo che finchè verranno tenute lì non hanno
alternative (povere bestiole). Purtroppo o forse meglio dire per fortuna, di
Astrochelys yniphora neppure l’ombra, sono state portate via da molti anni.
Il nostro viaggio prosegue verso la prima meta importante,
ed eccoci arrivati nella bella e tranquilla Mahajanga, la nostra città di
appoggio, sulla foce del fiume Betsiboka e sul mare che guarda verso il canale
del Mozambico, carichi come degli zebù e stanchi per il lungo viaggio, ci
prediamo un po’ di tempo per riorganizzare le idee e poi inizia la ricerca dei
materiali di cui era previsto l’acquisto in loco; soprattutto l’acquisto dei
materiali scolastici per i bambini. Purtroppo quest’anno la raccolta fondi è
stata più bassa dell’anno precedente e per giunta la richiesta di aiuto
arrivata è stata di 62 bambini in più e quindi ci siamo impegnati il doppio per
trovare i prodotti a prezzi più bassi ma con l’intento di accontentare tutti i
262 bambini di 3 scuole all’interno del parco di Ankarafantsika. Tutto sommato
la ricerca à dato buoni risultati e siamo riusciti a riempire un Pickup con
diversi quintali di articoli vari e zainetti. Per ultimo abbiamo acquistato dei
materiali elettrici che ci mancavano per l’installazione del sistema di allarme
nella nuova quarantena situata nel centro di riproduzione di Ampijoroa (parco
di Ankarafantsika).
Il giorno della partenza, verso il parco di riproduzione
delle Astrochelys yniphora, chiamate Angonoka dai locali, ci si sveglia di buon
ora ma l’appuntamento slitta di diverse ore per via di un guasto tecnico alla
vettura, ma questo è il Madagascar, dove gli appuntamenti non sono mai sicuri;
finalmente si parte, con la consapevolezza che già mezza giornata del primo
giorno è già persa, tra ritardi e percorso stradale. Arrivati poco prima di
mezzogiorno (speravo al massimo nelle 8 di mattina, ma ormai ho acquisito la
filosofia malgascia e non me la prendo più), iniziamo subito a testa bassa coi
lavori più duri, con un tasso di umidità e temperatura molto alto, siamo alla
fine della stagione delle piogge e il caldo/umido si fa ancora sentire, poi c’è
da considerare che siamo in mezzo ad una foresta.
Subito ci vengono a trovare alcuni lemuri Sifaka, i miei
preferiti, con il candido mantello bianco e macchie marroni, sono di
un’eleganza incredibile. Ho imparato il loro classico richiamo e rimangono un
po’ ad osservarmi, prima di partire con grandi slanci fra i rami delle piante
secolari del parco.
Il primo lavoro è l’installazione del sistema di sicurezza
nella nuova quarantena che è ormai già piena di esemplari nei 12 scompartimenti
creati .
Riconosco subito il nostro Norbert 1017 l’esemplare più grande al mondo, salvato nel 2010 dal Tarta
Club Italia, che fino a pochi mesi fa era ancora ad Antananarivo dove la sua
quarantena prevista ha subito un “incidente” di percorso; in pratica qualcuno
per errore lo ha inserito insieme ad altri esemplari, quindi la quarantena è
stata iniziata da capo, ma il suo inserimento nella zona di riproduzione è
imminente. Comunque ora qui le temperature sono molto più idonee della capitale
dove nei mesi invernali arriva anche a 7/8° C notturni anziché minime di
18/19°C della zona di origine di Soalala. Nella nuova quarantena constato
subito un nuovo problema sorto da qualche mese; l’attacco dei ratti che hanno
mangiato parte delle zampe di alcuni esemplari piccoli e purtroppo ad uno si è provveduto ad installare sotto al
carapace due piccole ruote in modo da permettergli comunque la mobilità, anche
se vederla fa veramente pena. Il personale è corso subito ai ripari,
installando una ulteriore fitta rete metallica e di sera tutti i piccoli
esemplari vengono ricoverati in grandi contenitori plastici con rete metallica
sopra. Lo stesso trattamento è riservato a tutte le circa 85 Pixys planicauda
(chiamate Kapidolo dai locali) che sono in una recinzione a fianco.
Installiamo tutti i sensori lungo la rete di recinzione che
qui è anche su tutto il sopra, poi i fari al LED, le canaline, i contatti
magnetici e tutti i cavi elettrici fino alla centrale elettronica, vero cuore
di tutto il sistema. Nel frattempo, nella zona delle deposizioni, abbiamo
installato il nuovo Data-Logger che dovrà andare nel parco di Soalala, solo per
qualche giorno in modo da rilevare un po’ di dati qui nel centro, da prendere
come spunto per l’impostazione dell’incubatrice dopo le modifiche che faremo
nei prossimi giorni. Finiti tutti i particolari ed i primi test, ci spostiamo
nella zona dove abbiamo tutte le apparecchiature elettroniche ed installiamo i
nuovi componenti per la sezione della quarantena.
Effettuiamo tutti i test di funzionalità e tutto fila
liscio; la prima parte è finita. Passiamo quindi alle modifiche sostanziali
dell’incubatrice; in pratica la “denudiamo“ tutta, lasciando solo il
contenitore e iniziamo con l’installazione del nuovo sistema di raffreddamento
formato da un compressore e due griglie che fungono da radiatori di cui una
interna che fa freddo ed una esterna che scambia il caldo, materiali che
vengono usati nei frigoriferi da hotel. Poi al momento di installare la parte
centrale interna, dove va posizionata la resistenza elettrica per la funzione
di riscaldamento, ci accorgiamo che manca questa resistenza: PANICO!!!!! La
testa inizia subito a girare a mille, forse è rimasta in città, forse in
Italia…… già pensiamo di sospendere tutto e di tornare in città per richiedere
una spedizione del pezzo, considerando che impiegherebbe quasi un mese…….
Iniziamo quindi a ispezionare tutte le borse e valigie e… miracolosamente salta
fuori, nascosta in un sacchetto, ma che mi fa fare un urlo di gioia; proprio
l’idea di dover sospendere tutto non mi andava giù. Avevo studiato per tanti
mesi tutto nei minimi particolari e non potevo ammettere una tale dimenticanza.
Ormai è quasi buio ma il morale è di nuovo alto e continuo fino
all’installazione del canale centrale con la ventilazione forzata e i due
sistemi di raffreddamento/riscaldamento poi molliamo e tutti sudati sospendiamo
i lavori con appuntamento alla mattina seguente. Purtroppo in camera niente
luce (promessa il primo giorno) e acqua a goccia nel vero senso della parola,
per cui lavarsi è veramente un’impresa, poi cena malgascia in un villaggio
vicino e poi a nanna. La mattinata trascorre veloce nell’installazione di tutte
le rifiniture dell’incubatrice come la pompa peristaltica, il sistema di
temporizzazione per diminuire il flusso dell’acqua che crea umidità all’interno
e per finire la nuova centralina elettronica. Poi iniziamo i vari test e
lasciamo l’incubatrice in funzione per stabilizzare i parametri e portarla al
limite per vedere come si comporta. Nel frattempo dissotterriamo il Data-Logger
per scaricare i dati, nella posizione delle deposizioni delle uova, per
renderci conto delle variazioni termiche ai vari orari della giornata. Dopo di
chè inizia lo studio delle 96 temperature da impostare nella nuova centralina
elettronica; 24 per giorno, con 4 programmi che imitano 4 diverse stagioni, con
ciascuna un tasso di umidità diverso. La decisione delle 96 temperature è di
grande responsabilità per noi, in quanto i risultati dipenderanno soprattutto
da questi parametri impostati; il tutto è studiato analizzando le temperature
medie mensili della zona di Mahajanga che è sul mare, quindi molto più simile
al parco di Soalala (unica zona di distribuzione naturale delle Angonoka) che
anch’esso è sul mare anche se circa 100Km più a sud, rispetto al parco di
Ankarafantsika che è all’interno e a mio parere molto diverso sia come
parametri che come caratteristiche di compattezza del suolo. Il prossimo mese
installeremo il nuovo Data-Logger nella zona di Soalala per almeno 12 mesi e
così verificheremo i parametri corretti, anche in riferimento a quelli che
impostiamo ora. Per iniziare impostiamo una prima serie di temperature anche
per testare l’incubatrice il più tempo possibile prima di inserirvi le uova.
Rimane qualche ora del pomeriggio e ne approfittiamo per iniziare a
spacchettare tutti i materiali per i bambini e inserirli tutti dentro ai 262 zainetti,
facendo attenzione a non sbagliare; per fortuna abbiamo a disposizione un
tavolo molto grande dove mettiamo meticolosamente in fila tutti gli oggetti in
modo da passare a prenderli uno per uno ed infilarli dentro a ciascun zainetto.
L’operazione, anche se siamo in quattro, si presenta molto lunga e si fa tardi
per finire. Inoltre, faccio notte fonda per decidere tutti i parametri
definitivi da impostare la mattina seguente. Di buon mattino completo la
regolazione della centralina e partiamo per la distribuzione dei doni ai
bambini delle scuole di Ambodimanga (76), Belalitra (150) e Ambalafomby (40),
per un totale di 262 alunni. Come sempre l’esperienza è toccante; vedere questi
bambini tutti sporchi ma sempre allegri e con degli occhi bellissimi e la
timidezza disarmante verso chi gli porta doni così importanti, non si può rimanere
indifferenti.
Lo sforzo fatto per rimediare i soldi, le tante difficoltà
per la ricerca dei materiali giusti e la fatica per riempire i 262 zainetti,
sono ampiamente ripagati. La prima scuola è sulla strada nazionale 4, quindi
facilmente raggiungibile, ma le altre due sono all’interno della foresta e la
strada è veramente difficile da percorrere con il fuoristrada stracarico.
Alla seconda scuola ci dicono che la strada per la terza
scuola non è praticabile e quindi arriveranno lì i bambini della scuola per
riunirsi in una unica distribuzione; ovviamente i bambini arrivano alla
spicciolata e stanchi visto che dista molti chilometri, ma il sorriso non manca
comunque. Qui finita la distribuzione, si passa ai ringraziamenti ed è
organizzata una piccola cerimonia con “buffet” malgascio con bibite calde e
biscotti vecchi,
con tutte le autorità della zona; ovviamente questo per loro
è un avvenimento che ricorderanno e parleranno a lungo. Finita la cerimonia si
riparte per il viaggio di ritorno e rimane il tempo per la modifica della
posizione dell’incubatrice che dall’ufficio in cui rimaneva molto caldo anche
di notte, viene spostata in un nuovo locale molto aerato, posto all’interno
della recinzione; in questo modo sicuramente le condizioni di lavoro con caldo
estremo saranno ridotte. Ora che l’incubatrice è a posto e lavora bene, si
procede a dissotterrare 33 uova dalla terra per posizionarle al suo interno
Rimane il tempo per scattare un po’ di foto e qualche video
e la giornata svolge nuovamente a termine, non prima di controllare le 7
piccole nate nel 2011
Nel centro, da tempo ci sono anche 18 Astrochelys radiata
provenienti da vari sequestri che sono
in procinto di partire per il centro di recupero di Ifaty, al sud del
Madagascar, sua zona di origine, in cassoni già pronti, in attesa
dell’autorizzazione delle autorità. Constatiamo anche che le cucine solari
donate nel 2012 sono utilizzate e lavorano a pieno ritmo, facendo risparmiare
tanto carbone che vuol dire meno deforestazione.
La mattina seguente si carica tutto il materiale per i
lavori di Soalala e le valigie personali e si ritorna a Mahajanga, la città di
appoggio, dove inizierà lo studio di tutti i particolari e la preparazione dei
materiali mancanti per l’ultimo lavoro che necessita di un’attenzione maniacale
in quanto in quel sito molto difficile da raggiungere, ci si trova
letteralmente fuori dal mondo ed il minimo particolare farebbe rischiare
l’annullamento e quindi il fallimento dell’ultima missione. Per questo ci
prendiamo il tempo dovuto.
Nel frattempo, in occasione della giornata mondiale
dell’ambiente (5 giugno), il Durrell ha organizzato una importante festa dei
villaggi all’interno del parco di Ankarafantsika e noi ne abbiamo approfittato
per fare qualche dono a chi si è distinto a scuola; altri zainetti pieni di
materiale scolastico.
Una brutta notizia: La direzione di Tana, del Durrell, tarda
a decidere la data della spedizione e comincio a preoccuparmi un po’, non
vorrei che saltasse nuovamente questo ultimo lavoro, come l’anno precedente. In
fine, il responsabile dei progetti in Madagascar, Lance Woolaver, mi contatta e
mi dice che dobbiamo incontrarci al centro per discutere del programma che ha
subito modifiche per via di una brutta notizia. Fin dalla spedizione 2011 nel
parco di Soalala, dove vedemmo due tipi cinesi in giacca e cravatta che ci
dissero cercavano ferro nella regione, aleggiava nell’aria una notizia
terrificante, se veramente avessero trovato il ferro, sarebbe stata la fine per
il parco e per i progetti di salvaguardia delle nostre Angonoka, unica zona del
Madagascar dove possono ancora vivere in natura, se pur in difficoltà per la
continua opera dei bracconieri. Il progetto stava andando a gonfie vele,
infatti iniziavano a trovarsi le prime nascite dagli 80 esemplari rilasciati
con radiocomando, nella zona di Baeaboaly, dove qualche anno fa erano estinte,
con 2 esemplari baby ritrovati e 10 quest’anno. Alcuni degli esemplari hanno
3-4 anni, quindi sin dai primi rilasci ci sono state riproduzioni. Questi
ritrovamenti sono la testimonianza che il progetto funziona e i rilasci
cominciano a riprodursi naturalmente. Tutte le piccole ritrovate sono poi state
rilasciate con installato un micro-radiotrasmettitore che dura circa 6 mesi,
per controllare le loro zone di permanenza. Il nostro sistema di allarme doveva
essere installato in un recinto di pre-rilascio, in quanto gli esemplari che
ogni anno vengono rilasciati (20 per anno), devono adattarsi un poco e tenerli
quindi sotto controllo, ma la notizia dei ritrovamenti aveva già fatto pensare
alla direzione di iniziare i rilasci in una nuova zona, quindi l’installazione
di un nuovo recinto che poi il Tarta Club Italia avrebbe installato i già
collaudati sistemi di allarme. Ma una agghiacciante notizia è arrivata come un
macigno; sapevamo che i cinesi avevano trovato un giacimento di ferro, ma
speravamo che fosse lontano dalle zone popolate dalle nostre Angonoka, invece
dista solo 23 Km dalla zona a maggiore densità delle 4 popolate. Inoltre,
sicuramente i cinesi cercheranno di fare un nuovo porto per esportare il ferro,
o un aeroporto (o ancora peggio entrambi) e le uniche due aree marine con
profondità di fondale per fare un nuovo porto, sono posizionate in modo tale
che una nuova strada verso la miniera le attraverserà. Entro pochi anni è
previsto l’arrivo di circa 35.000 persone da tutto il mondo, ma specialmente
cinesi, dei quali si conosce la quasi totale mancanza di rispetto verso gli
animali e la natura; questo decreterà la fine dell’area protetta e le nostre
Angonoka non avranno più una terra dove sopravvivere, probabilmente rimarranno
solo nel centro di riproduzione e nei parchi dove verranno affidate dopo i
sequestri. Lo sfruttamento di una miniera, probabilmente durerà qualche
decennio, poi alla fine in quella zona per centinaia di km rimarrà solo
deserto, in quanto la città che nascerà poi quando la materia prima finirà,
così come è nata, scomparirà, essendo in una zona remota senza altre risorse; e
la cosa più triste è che al popolo malgascio di tutta quella ricchezza non
rimarrà nulla, se non in tasca di qualche politico locale, così rimarranno
ancora poverissimi e senza risorse.
Noi nel frattempo consegniamo il nostro Data-logger al
responsabile che provvederà alla prima spedizione di inserirlo nella zona di
Soalala, per rilevare i dati di tutto l’anno, importantissimi, che serviranno
in futuro, anche se il clima in quella zona si modificherà.
Quindi quest’anno ritorniamo con l’amaro in bocca,
nonostante i buoni risultati dei lavori eseguiti; ma non vogliamo fasciarci la
testa prima del disastro. Ad ogni modo avremo contribuito a prolungare la
scomparsa della specie; chissà che non troviamo una zona dove sia possibile
rilasciarle e proteggerle, ma sarà indispensabile l’aiuto delle autorità
malgascie, chissà che le nuove elezioni imminenti, non cambino qualcosa…….
Ringraziamo l’amico e socio Maurizio Bellavista per l’aiuto
nella progettazione della nuova incubatrice.
Agostino Montalti
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