(non di
Matteo, quelli dei Promessi Sposi!)…e ci tirano il collo.
Entrare nell’Euro per l’Italia è stato
complessivamente positivo perché ha stabilizzato le finanze, ci ha imposto delle
regole, ha sottolineato i nostri limiti e ci ha obbligati a passare da una
economia dell’inflazione a quella della stabilità.
Il problema è che parte dell’Europa (non
solo l’Italia!) era molto squilibrata rispetto alla “media” centro-continentale
ovvero Germania, Francia e Benelux ed allargandosi man mano ha sì portato
avanti un positivo discorso europeista, ma non riesce ad affrontare la crisi
tanto che lo stesso concetto di “Europa” sta crollando a livello di opinione
pubblica, con punte del 68% di cittadini europei insoddisfatti della UE.
Un Euro che ha funzionato come
unificante, ma non regge in periodo di crisi anche perché aggrava e non risolve
gli squilibri.
Perdono le economie deboli che sono
obbligate però a mantenere il regime dei prezzi, dei costi e delle norme
comuni, ma non possono agire sulla leva finanziaria per rilanciarsi in tempi di
crisi.
Oggi che – diversamente dal 2002 - la
crisi “morde” dal punto di vista dell’occupazione, degli investimenti, della
concorrenza internazionale i paesi che non possono ricorrere al credito (o lo
usano male, a volte per coprire “buchi” di bilancio dello stato o delle proprie
banche, ma che però sono comunque obbligati a farlo per rigide norme
comunitarie) non possono più competere. Così chi è ricco lo è sempre di più
(Germania) e impone le regole, chi è povero va in rovina. Vale per l’Italia ma
anche per Grecia, Spagna Portogallo, Irlanda, Cipro, con le nuove nazioni
dell’Est che sono sulla nostra stessa strada:
La domanda è se un Euro concepito così ci
serva ancora, se dobbiamo passivamente subirlo a queste condizioni oppure se
non dobbiamo invece cominciare a chiedere di cambiarne almeno alcuni parametri.
Ricordate quando c’era la lira, tanti
anni fa, ed i prezzi di Palermo e del Sud erano sensibilmente inferiori a
quelli di Milano? Con l’Euro c’è stato un riallineamento al rialzo incredibile:
in Italia, Grecia, Portogallo TUTTI i prezzi si sono riallineati alla media
europea, il pane oggi costa a Lisbona come a Berlino, ma un pensionato italiano
prende un terzo degli euro tedeschi, così come un insegnante o un dipendente.
L’imprenditore sta anche peggio perché la
sua azienda non può più essere competitiva in quanto i costi di acquisto, del
lavoro, del denaro ecc. sono addirittura più alti della concorrenza europea e
quindi va fuori mercato. La conferma è nei dati: la disoccupazione tedesca è
minima, la nostra paurosa. D'altronde una impresa tedesca può ammodernarsi ed
investire, riducendo ulteriormente i costi e la nostra no…per regole fissate in
Germania!
La politica europea è uscita dalla
logica: via i dazi extra UE si importa il riso asiatico e si chiudono le risaie
a Vercelli, come le nostre imprese di trasformazione sono distrutte da nazioni
dove il costo del lavoro è 10 euro al giorno e l’esempio vale per tutti i
settori.
Questi effetti sono dovuti proprio anche
all’Euro e ad una politica monetaria assurda, non possiamo più nascondercelo.
Il New Deal americano, dopo la grande
depressione del ’29, puntò alle infrastrutture e agli investimenti per dare lavoro
e far ripartire l’economia. La stessa politica monetaria USA di oggi (dollaro
bassissimo contro l’euro) uccide le nostre esortazioni ed ha moltiplicato il
deficit federale americano, ma l’economia USA “tira”, noi siamo al blocco del
3% dai vincoli di bilancio!
Non mi piace la demagogia, ma la
concretezza: il governo italiano deve assolutamente chiedere delle
rinegoziazioni serie dei trattati, altrimenti è interesse nazionale minacciare
l’uscita da un sistema monetario impossibile e che non ci permette più di
essere competitivi.
Attenzione: anche uscendo dall’Euro ci
sarebbero moltissimi problemi, forse ci sarebbero vantaggi nel breve e rischi a
medio termine, ma non c’è dubbio che stando così le cose facciamo la fine dei
polli di Renzo (non di Matteo, quelli dei Promessi Sposi!)…e ci tirano il
collo.
Quello che spaventa è che di queste cose
non si parla mai a fondo, si urla anzichè ragionale, non si ascoltano i dubbi
che cominciano a circolare anche a livello monetario internazionale e ci
sono “tabù” che sembrano intoccabili. Uscire o rinegoziare l’Euro non significa
uscire dall’Europa: Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Danimarca ecc. sono
nazioni europee ma non usano l’Euro e se la cavano meglio di noi.
Noi
italiani tra l’altro abbiamo un grande vantaggio da far pesare sulle
trattative: siamo comunque un mercato di 60 milioni di persone che se
ricominciassero a comprare italiano, mangiare italiano, fare vacanze in Italia
e così via (magari anche tornando a pagare in valuta italiana…) avrebbero tutto
da guadagnare e rilancerebbero l’economia e l’occupazione interna. Vogliamo
ripartire con questo discorso? Credo proprio che sia necessario. Il Punto
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