"Quella
tra me e il Madagascar sembra essere una storia destinata a non finire mai. Il Madagascar mi forma e mi trasforma a
suo piacimento: quasi quattro anni fa mi ha svelato il cammino da
intraprendere, oggi mi mette alla prova come professionista e come donna".
A
parlare è Cristina, educatrice interculturale, nata nella provincia palermitana
nel 1983 ma oggi cittadina di quella parte di mondo dove la vita é più dura.
Oggi
sta affrontando una sfida ardua e avvincente: fare formazione ad altri
educatori per
mettere in rete una ventina di centri che si occupano di infanzia e attuare una
ricerca sul campo in grado di creare un data base sui minori in difficoltà
nella città di Fianarantsoa. Questi i numeri del progetto: "48 giorni
di formazione, 140 persone formate, circa 160 le persone coinvolte
direttamente, più di 2000 quelle coinvolte indirettamente, ancora sconosciuto
il numero di coloro che ne beneficeranno, 5 i mesi che mi separano dalla fine
di tutto questo, inestimabile il bagaglio che mi porterò dentro".
Ma
come é arrivata sin qui? Tutto é iniziato con il servizio civile
internazionale. "Ho deciso di farlo per realizzare
il sogno di una vita: andare in Africa, ma non da turista, io volevo vivere
l’Africa, quella vera. Poi sono arrivata in Madagascar è ho scoperto che qui di
Africa c’è ben poco. Una cultura, una lingua, una tradizione, dei colori e dei
sapori che poco hanno a che fare con quelli dell’immaginario comune ma che
rendono il Madagascar unico nel suo genere e meraviglioso e me ne sono
innamorata. Ovviamente quando sono partita speravo fortemente che questa
potesse essere la mia strada, ma nulla è scontato. E' stata una scuola
importantissima. Mi ha testato, facendomi scoprire fin dove posso spingermi e
dandomi la possibilità di andare ancora oltre. Mi ha aperto la strada su questo
mondo e fatto fare incontri che poi si sono rivelati cruciali, come quello con
Educatori senza frontiere", racconta.
Il servizio
civile nella patria dei lemuri che ospita anche i baobab più
grandi del pianeta é stata anche "un'esperienza dura
non fatta certo solo di mani che si stringono e grandi occhi che si incrociano
ma anche di frustrazione e senso di impotenza". Una scuola che chi vuole
vuole intraprendere questa strada nella vita deve fare per diventare più forte
e consapevole. "Mi é servita per affrontare con occhio
critico due mesi in Brasile, rendere più larghe le mie spalle per il complicato Honduras, essere in grado di svolgere
il ruolo di responsabile in Rwanda e infine tornare maturata e cresciuta
in questo Madagascar che ormai chiamo casa".
Ma
perché si sceglie di vivere una vita da volontario lontani dagli affetti più
cari? "Per
passione: passione per gli incontri, per le storie, per la vita. Non amo dire,
come molti, che lo faccio per aiutare il prossimo, mi sembra veramente
scontato, qualunquista e riduttivo. Chi fa quello che faccio io ovviamente è
spinto da una propensione verso l’altro, altrimenti non potrebbe farlo però sa
pure che ciò che riceve è incommensurabile su tutti i piani
dell’esistenza".
Il
testo che segue, secondo Cristina, riassume benissimo il senso dei questa
scelta. "Ogni volta che lo leggo mi viene quasi un brivido", dice.
Eccolo:
Ti ho salvato, cervello, dalla sterilità di luoghi comuni, da un
invecchiamento precoce fatto di carestie di stimoli e adattamenti popolari; ti
ho risparmiato, cervello, la digestione tortuosa di stupidaggini mascherate da
verità; ti ho voluto nutrire, cervello, di altre culture, d'altri
alfabeti, di altre sfide e sacrifici, affinché tu possa confrontare pregi e
carenze, affinché tu possa distinguere aggettivi e stereotipi, affinché tu
possa cibarti d'avventure e mondi altrui, affinché tu possa avere anche la possibilità
d'un ritorno, semmai tu lo decida, ma solo dopo averci provato.
Ti ho riempito, cuore, della nostalgia del distacco, degli amici che t'hanno abbracciato e rinforzato, dei panorami che t'hanno visto crescere e che ancora oggi fanno risuonare il tuo battito, alla vista, al respiro, al ricordo.
T'ho fatto male, cuore, quando son fuggito con la rabbia del rigetto, quando son partito con la paura dell'ignoto, quando ho chiuso gli occhi ubriaco di speranze; ma t'ho fatto bene, cuore, quando ti sei innamorato d'altri paesaggi altrove, d'altri modi di fare, pensare, essere.
E t'avrò pure illuso, cuore, cantandoti d'Eldorado inesistenti, di paradisi dove tutto era oro e civiltà, e invece no, son compromessi, guarda un po', ma son compromessi, cuore, che t'hanno ridato il sorriso.
Ti ho portato altrove, corpo, perché tu possa calpestare altre strade, inciampare per un passo maldestro, cadere, salire e correre, ma soprattutto sudare e avere la consapevolezza che per quel sudore siano maggiori le probabilità d'asciugarlo e sentirsi soddisfatti;
t'ho fatto respirare fuori, corpo, perché tu possa riempirti i polmoni di un'aria diversa, perché tu possa provare pietanze dagli aromi sconosciuti, baciare labbra straniere, ascoltare accenti inattesi, e perderti, tra scoperte silenziose ed immancabili sconfitte, per poi ritrovarti, più forte e deciso".
Ti ho riempito, cuore, della nostalgia del distacco, degli amici che t'hanno abbracciato e rinforzato, dei panorami che t'hanno visto crescere e che ancora oggi fanno risuonare il tuo battito, alla vista, al respiro, al ricordo.
T'ho fatto male, cuore, quando son fuggito con la rabbia del rigetto, quando son partito con la paura dell'ignoto, quando ho chiuso gli occhi ubriaco di speranze; ma t'ho fatto bene, cuore, quando ti sei innamorato d'altri paesaggi altrove, d'altri modi di fare, pensare, essere.
E t'avrò pure illuso, cuore, cantandoti d'Eldorado inesistenti, di paradisi dove tutto era oro e civiltà, e invece no, son compromessi, guarda un po', ma son compromessi, cuore, che t'hanno ridato il sorriso.
Ti ho portato altrove, corpo, perché tu possa calpestare altre strade, inciampare per un passo maldestro, cadere, salire e correre, ma soprattutto sudare e avere la consapevolezza che per quel sudore siano maggiori le probabilità d'asciugarlo e sentirsi soddisfatti;
t'ho fatto respirare fuori, corpo, perché tu possa riempirti i polmoni di un'aria diversa, perché tu possa provare pietanze dagli aromi sconosciuti, baciare labbra straniere, ascoltare accenti inattesi, e perderti, tra scoperte silenziose ed immancabili sconfitte, per poi ritrovarti, più forte e deciso".
Avete
i brividi anche voi? Io sì.
Fonte:www.today.it
Articoli
correlati
Nessun commento:
Posta un commento