È
sempre difficile raccontare di Jangany e della sua gente, di questi
pochi anni che hanno visto attraversare le tappe della storia con una velocità
straordinaria, nuove conoscenze,
alimentazioni, costruzioni, abitudini…
spesso in superamento di antiche tradizioni
Per
arrivarci ci vuole circa una settimana di viaggio, 11 ore di aereo, 4 giorni di
macchina sull’unica strada asfaltata del Madagascar, 8 o 10 ore di fuoristrada
nella savana sulle piste inventate dalla pioggia o dal vento. Il villaggio e la
sua savana si estendono più o meno come la Val Susa; ci vivono diverse tribù e
le più importanti sono quelle dei Bara e del Btzileo, e dei Tanjoi
circa 8000 persone. Gente che vive e muore del poco che offre la terra e
di allevamento. Pratiche svolte con metodi
preistorici ( nel ‘99 non conoscevano l’aratro, l’unica verdura
conosciuta era la Jaka, una specie di spinacio selvatico, e le mandrie sono
“guardate” ma non “accudite” dai pastori.)
L’alimento
base è il riso ma nella loro cultura non c’è la capacità di prevedere il futuro
e nella lingua non esiste il “tempo futuro”, quello che si produce si consuma e
quando ciò che si è prodotto è finito, oppure la siccità o l’uragano
compromettono i raccolti… si muore di fame.
Si viene a morire alla missione, con la rassegnazione negli occhi e nel cuore.
Non
ci sono ospedali e cure mediche se non quelle offerte dalla missione ( un
medico italiano volontario va 4 mesi all’anno e per farsi curare la gente
percorre anche 60 Km a piedi ) Sono diffusi l’alcoolismo e le malattie legate
alla carenza di igiene, malattie polmonari e la malaria è endemica.
L’opera
di padre Tonino Cogoni (missionario vincenziano) a
JANGANY nasce nel 1996; il villaggio, nel sud del Madagascar, è tra i più
poveri e il vescovo della diocesi africana chiede a padre Tonino se sia
“proprio convinto” di spingersi fino là; il villaggio, piuttosto isolato, fino
a 15 anni fa non esiste neppure sulla cartina geografica.
JANGANY (si legge Zangàni), al centro dell’altopiano dell’Horombè, nella savana, si trova in una zona soggetta a periodi di siccità e a violente e improvvise piogge tropicali, dove la vita media delle persone è di 35-40 anni, l’analfabetismo è la norma, la mortalità infantile raggiunge il 40%.
Alcuni anni fa, precisamente nel 2006, una grave siccità della durata di 9 mesi colpì il villaggio. La popolazione, provata da fame, sete e malattie si recava presso la Missione del villaggio per morire lì.
Proprio nel dicembre 2006 nasce il primo contatto fra OPERAZIONE URIBE O.N.L.U.S. e la missione, rispondendo ad un appello degli “Amici di Jangany” di Pino Torinese per la grave siccità che aveva colpito il villaggio.
Il villaggio di Jangany e la sua brousse, in un’area vasta quanto la nostra Val di Susa, contano oggi 8.000 persone, provate da carenze alimentari, sanitarie, culturali… ma che stanno vivendo uno sviluppo di grande speranza. Padre Tonino ha cercato di superare l’isolamento con la costruzione di strade e ponti per rendere il villaggio raggiungibile, si è occupato della salute e dell’alimentazione mediante l’apertura di un’infermeria, lo scavo di pozzi per l’acqua, l’introduzione di nuove colture come carote, pomodori, patate… fino ad allora assolutamente sconosciuti, l’avvio di una scuola agraria e dell’allevamento delle mucche, lo sviluppo del mercato, che attira oggi numerose persone dai villaggi vicini, la costruzione di case in mattoni e tetti in lamiera che resistono ai frequenti cicloni, la realizzazione di una pista per aeroplani ed elicotteri, l’introduzione dell’energia elettrica…
La vera leva per lo sviluppo è stata la SCUOLA grazie all’alfabetizzazione, la formazione professionale per imparare un lavoro, l’educazione alimentare e sanitaria raggiungendo capillarmente le famiglie… Scuola significa vita!
JANGANY (si legge Zangàni), al centro dell’altopiano dell’Horombè, nella savana, si trova in una zona soggetta a periodi di siccità e a violente e improvvise piogge tropicali, dove la vita media delle persone è di 35-40 anni, l’analfabetismo è la norma, la mortalità infantile raggiunge il 40%.
Alcuni anni fa, precisamente nel 2006, una grave siccità della durata di 9 mesi colpì il villaggio. La popolazione, provata da fame, sete e malattie si recava presso la Missione del villaggio per morire lì.
Proprio nel dicembre 2006 nasce il primo contatto fra OPERAZIONE URIBE O.N.L.U.S. e la missione, rispondendo ad un appello degli “Amici di Jangany” di Pino Torinese per la grave siccità che aveva colpito il villaggio.
Il villaggio di Jangany e la sua brousse, in un’area vasta quanto la nostra Val di Susa, contano oggi 8.000 persone, provate da carenze alimentari, sanitarie, culturali… ma che stanno vivendo uno sviluppo di grande speranza. Padre Tonino ha cercato di superare l’isolamento con la costruzione di strade e ponti per rendere il villaggio raggiungibile, si è occupato della salute e dell’alimentazione mediante l’apertura di un’infermeria, lo scavo di pozzi per l’acqua, l’introduzione di nuove colture come carote, pomodori, patate… fino ad allora assolutamente sconosciuti, l’avvio di una scuola agraria e dell’allevamento delle mucche, lo sviluppo del mercato, che attira oggi numerose persone dai villaggi vicini, la costruzione di case in mattoni e tetti in lamiera che resistono ai frequenti cicloni, la realizzazione di una pista per aeroplani ed elicotteri, l’introduzione dell’energia elettrica…
La vera leva per lo sviluppo è stata la SCUOLA grazie all’alfabetizzazione, la formazione professionale per imparare un lavoro, l’educazione alimentare e sanitaria raggiungendo capillarmente le famiglie… Scuola significa vita!
I bambini e i ragazzi di Jangany sono 3000 e di questi già 2000 frequentano la scuola, dove trovano oltre a una cultura essenziale per la vita, un pasto quotidiano assicurato.
Con soli 25€ un bambini può frequentare questa scuola un anno intero e trovare un pasto quotidiano garantito. Proprio questi bambini tra pochi anni avranno in mano il futuro del villaggio.
Naturale continuità all’esperienza della scuola Sainte Marie è la scuola Agraria e dell’allevamento e il sostegno di studenti universitari presso la capitale.
OPERAZIONE URIBE O.N.L.U.S ha sostenuto la missione in occasione del ciclone che ha colpito Jangany il 20 gennaio 2010 e della siccità e del passaggio delle cavallette che hanno gravemente danneggiato le risaie nel 2011. Il nostro aiuto è stato fondamentale per la sua tempestività nel periodo in cui almeno 700 bambini gravemente denutriti si sono presentati alla missione.
Due
piccole soddisfazioni:
- la prima è riferita al giorno in cui
Jangany venne illuminata per la prima volta (con la collaborazione di Solidando
onlus). Furono piantati 118 pali che attraversano ancora oggi tutto il
villaggio. La gente ha attraversato in festa il villaggio percorrendolo con
grande speranza lungo tutto il percorso tracciato dai pali. Le persone che
giungono da fuori il villaggio, spesso dicono “beati quelli di Jangany, hanno
messo testa nuova”.
- la seconda è che un paio di anni fa
(2012) gli amici Antonio, Silvio, Guido… hanno rifatto l’impianto elettrico di
tutta la zona della scuola e della missione. Si tratta dell’estensione di un
chilometro quadrato, intervento senza precedenti che ha la caratteristica di
aver portato a Jangany probabilmente l’unica situazione di impianto elettrico a
norma CEE di tutto il sud Madagascar.
ABBIAMO
CREDUTO IN UN SOGNO…
e
ne abbiamo già un altro
In
questi anni abbiamo lavorato per migliorare la qualità della vita di questo
piccolo villaggio: istruzione, cibo, strutture indispensabili, comunicazioni…
ora stiamo guardando avanti per dare a 3.200 bambini e ragazzi la possibilità
di vivere con dignità la propria vita e costruirsi il futuro con il proprio
lavoro.
Il
sogno della scolarizzazione sta per compiersi (e in parte è già compiuto): a
Jangany - sud Madagascar, regione Toliara - e nella sua brousse non si respira
più quel clima di totale ignoranza di pochi anni fa e la scolarizzazione sarà
totale nei prossimi cinque anni, in linea con il trend di iscrizioni attuale
(mancano infatti ancora 1.000 bambini/ragazzi circa, prevalentemente presenti
nella savana).
Vogliamo
ora dare una “scossa” al percorso di sviluppo del villaggio introducendo una
certa disponibilità di energia che dia la possibilità di ulteriore crescita:
-
aiuto a piccoli imprenditori;
-
potenziamento delle attività agricole e commerciali;
-
sostegno ai bisogni primari, alle attività mediche del dispensario ed educative
della scuola;
-
disponibilità della illuminazione per le case e le strade del villaggio (senza
ricorrere ai combustibili fossili sempre meno reperibili e costosi per i
cittadini di Jangany) venendo incontro alle esigenze di attività serale e a
quelle della sicurezza.
CREDIBILI
NELL’UTILIZZO DELLE RISORSE DISPONIBILI
Vogliamo
evitare uno squilibrio e uno stravolgimento dei ritmi di vita dei giovani, ma
vogliamo offrire loro la possibilità di una vita meno incerta e precaria con
l’utilizzo di un quantitativo limitato ma sufficiente di energia elettrica,
tale da garantire una “autosufficienza energetica” a un livello medio-basso,
compatibile con l’ambiente e la cultura delle persone, senza sottrarre risorse
all’ambiente e alle necessità primarie e soprattutto senza stravolgere
l’economia e i ritmi di vita di questa sperduta savana.
Insieme
con tanti amici abbiamo realizzato il sogno della scuola materna, elementare,
media, del Centro di Formazione Rurale, dell’unica scuola di informatica nel
sud Madagascar, del dispensario medico, dell’illuminazione per tre ore al
giorno del villaggio, dell’uscita dall’isolamento con la costruzione di tre
ponti che permettono i collegamenti anche durante la stagione delle piogge, lo
sviluppo del mercato, la costruzione di pozzi e di case in mattoni che
resistono ai cicloni… abbiamo potuto fare tutto questo perché abbiamo creduto
nei sogni e siamo stati credibili nell’utilizzo delle risorse disponibili.
Inoltre
tutte queste realizzazioni oggi sono gestite dagli abitanti del villaggio e
nessun bianco è indispensabile perché tutto funzioni.
I
sogni non sono illusioni, ma stimoli per progettare un futuro sostenibile per
chi oggi vive una situazione di difficoltà per noi difficilmente immaginabile.
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