Ieri al
supermercato sono stato colpito dalla quantità di bottigliette di chinotto
esposte sugli scaffali. E dire che la ritenevo una bibita sparita. L’ultima
volta che l’ho bevuto, avrò avuto otto anni. Il frutto del chinotto (Citrusaurantium, var. myrtifolia)
è un piccolo e raro agrume simile a un mandarino (ma con scorza spessa, molto
odorosa, e polpa poco succosa e amara) importato come curiosità botanica dalla
“China”, come dice il nome, secoli fa, forse nel Rinascimento. Oggi è
coltivato solo in Liguria, soprattutto nel Savonese, ma è ormai in via di
estinzione. I suoi frutti, immangiabili al naturale, sono stati utilizzati soprattutto
per produrre canditi, liquori, marmellate e mostarde. La prima bottega di
canditura fu aperta nel 1877 a Savona, dove alla fine del secolo fu fondata la
Società Cooperativa dei Chinotti. Oggi, solo la pasticceria savonese Besio
candisce ancora le scorze dei chinotti. Squisite anche le marmellate che hanno
il seducente gusto dolce-amarognolo delle marmellate di arancia amara, ma con
un aroma in più.
Da questo
già si capisce che la parte utile del frutto del chinotto, la “droga” direbbero
gli erboristi, è la scorza. Buono a sapersi per coloro che vogliono cimentarsi
avventurosamente a farsi la bibita di chinotto in casa. Questa bibita deve
essere nata, sull’esempio di tante bibite analoghe, più o meno curative e
dolci-amare prodotte dai farmacisti (una sola, però, avrebbe avuto grande
successo: la pozione “per tutti i mali”, con estratti di noce di cola e foglie
di coca, prodotta dal farmacista John Pemberton ad Atlanta, Usa, già
nell’Ottocento), agli inizi del Novecento. Quello era il periodo in cui i
severi “amari” medicinali dell’Ottocento spartano si addolcivano e diventavano
bevande blande e zuccherine. Fatto sta che la bibita di chinotto divenne negli
anni Cinquanta una tipica bevanda da “caffé” (così si chiamavano i futuri bar)
da conservare in pesanti ghiacciaie di legno zincato dove il freddo veniva dato
da grossi pezzi di ghiaccio. Famoso il marchio Chinotto Neri, con fabbrica a
Capranica (Viterbo). Poi, dopo gli anni 60, col “miracolo economico e l’entrata
nel consumismo in stile americano, allora considerato sinonimo di progresso,
già ci fu la prima sconfitta d’un prodotto italiano per la globalizzazione:
cominciò a diffondersi la Coca Cola, che ormai priva di coca era di fatto un
dolcissimo chinotto con un po’ di caffeina in più. Dopo decenni di oblio in cui
a chiedere un chinotto al bar erano solo pochi provinciali, dagli anni 90 si
assiste ad una curiosa “riscoperta”, sull'onda d'una, come dire, reazione
"nazional-popolare" alla Coca Cola, tanto che si sono formati
addirittura dei club di fans, e i supermercati più popolari oggi lo mettono in
evidenza.
Ma che
alternativa è? Sempre d'una bevanda artificiale e industriale si tratta.
Coca-Cola e chinotto pari sono. Ed entrambe si sono molto degradate nei
decenni. Coca Cola e Chinotto hanno ormai solo gli aromi, seppure, dei frutti
esotici da cui prendono nome. Infatti alcuni marchi di “chinotto”, fateci caso
leggendo l’etichetta, non hanno l’estratto di chinotto tra i componenti. Va
bene che, in fondo, visto che si tratta solo di scorze, una scorza di agrume
vale l’altra (anche come contenuti di oli essenziali), e vista la penuria di
chinotti è più che legittimo usare gli aromi delle scorze di arancia siciliana,
come oggi accade in molti casi. Inoltre, il colore della bevanda è assurdo, e
già da solo dovrebbe sconsigliarne l’acquisto: il pochissimo succo della scorza
dovrebbe essere giallastro-verdognolo e la molta acqua di diluizione
trasparente. Lo stesso per la Coca Cola. Comunque, vogliamo proprio imitare la
Coca Cola? Ecco il massiccio ricorso al colorante artificiale
"caramello", molto più economico del caramello vero (zucchero cotto).
Fatto sta che oggi le due bevande si assomigliano troppo: sono solo acqua, zucchero, conservanti, coloranti e aromi. Così tutti sono buoni a fare una bevanda. Anche noi. Anzi, noi la faremo sicuramente meglio dal punto di vista salutistico. E non ci vuole molto.
Fatto sta che oggi le due bevande si assomigliano troppo: sono solo acqua, zucchero, conservanti, coloranti e aromi. Così tutti sono buoni a fare una bevanda. Anche noi. Anzi, noi la faremo sicuramente meglio dal punto di vista salutistico. E non ci vuole molto.
Poiché a
noi appassionati di alimentazione piace "pasticciare" in cucina
sperimentando le cose più strane, visto che Coca-Cola e chinotto sono del tutto
innaturali, ma hanno formule elementari, perché non proviamo a prepararli in
casa con ingredienti sani e naturali?
Per stare
al gioco e stupire gli amici dobbiamo imitare soprattutto due cose: gusto,
aroma, colore (anche se è sbagliato, imposto dalla psicologia del marketing:
nessuno acquisterebbe una bevanda alla cola o al chinotto davvero sincere, cioè
“color sciacquatura di piatti”…
Per il
gusto serve qualcosa di amaro forte (decotto di luppolo, suggerisce un amico
birraio, io aggiungo anche caffè, così battiamo anche la Coca Cola), o
amarognolo-dolce (melassa, che è anche un buon colorante) e di dolce (zucchero
integrale scuro Muscovado o Panela). Altro colorante il caffè d’orzo o una
delle miscele di surrogati di caffè. Per il gusto è fondamentale qualcosa di
acidulo che ricordi l’arancia. La formula che propongo è una mia scelta
personale, e comprende acqua minerale molto frizzante, zucchero nero Moscovado
o Panela, melassa di canna, succo di limone o di arancia, scorza di arancia e
di limone in quantità (i famosi aromi)non trattata, caffè. E’ tutto. Mescolando
questi componenti nelle giuste proporzioni otterrete una "Coca-Cola
naturista" o un Chinotto più sano. Le proporzioni? Le ho trovate –
perfette – per un bicchiere da bibita, ma in Italia i bicchieri da bibita non
sono standardizzati e hanno le capienze più diverse. Perciò non so dirvi le
proporzioni per litro. Sperimentiamo, proviamo. Se sbagliate proporzioni potete
avere una vera schifezza, se le indovinate farete restare a bocca aperta gli
amici.
Sulle
modalità di lavorazione suggerisco per praticità di lavorare tutto a freddo,
non a caldo come fa l’industria. Con buon senso, direi di non superare le tue
tazzine di caffè per litro. La melassa è un buon colorante e insaporente
naturale, ma si scioglie con lentezza nell’acqua fredda: diluitela nel caffè in
tazzine prima che diventi freddo. Per cominciare, provate sciogliendo bene vari
cucchiai di melassa in 2 tazzine colme di caffè bollente, insieme con alcuni
cucchiai colmi di zucchero nero. Lasciar freddare. Aggiungere almeno il succo
filtrato di 1-2 arance. Infine, come facevamo da bambini a tavola, spruzzare
l’essenza aromatica della buccia di 1 arancia e di 1 limone direttamente nel
liquido (per una preparazione artigianale più seria, ovviamente non è questo il
metodo…). Versare questa mistura in una bottiglia semi-piena di acqua minerale
fredda molto gassata, contenente solo mezzo litro di acqua. E cominciare a
provare il gusto. Se troppo leggero o troppo forte, regolare l’acqua minerale o
raddoppiare i componenti di base.
Insomma,
sperimentiamo. Ricordatevi che il sapore dolce si attenua molto col freddo. Ma
impariamo anche a non dolcificare troppo le bibite: la bevanda dovrebbe
risultare amarognola (il che non è facile, lo ammetto, senza ricorrere anche al
luppolo; altrimenti dovrebbe bastare la triade caffè-melassa-orzo o cicoria,
tanto più che lo zucchero nero è meno dolce). A me una bottiglietta di mezzo
litro è venuta benissimo: molto più gustosa e sana di Coca-Cola e chinotti
vari. Aveva, però, un colore bruno medio. Buon esperimento (e fate sapere le
vostre proporzioni esatte finali per un litro).
Fonte Nico
Valerio http://alimentazione-naturale.blogspot.it
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