mercoledì 5 settembre 2012

Attilio Mombelli nato a Gaggino Faloppio nella provincia di Como, in un paesino tra Como e Varese, al confine con la Svizzera.




Fin da bambino ho “sognato di andare in Africa” … guardavo la cartina geografica  di questo continente e mi attirava quella bella chiazza gialla che a quei tempi era il Congo Belga
… pensavo che doveva essere bello un giorno poterci andare!
Poi mi sono fatto prete pensando sempre di andare in missione.
Nel 1962 la nostra Comunità ha iniziato una missione in Madagascar a Ihosy. Ho visto tanti compagni di scuola partire e ho deciso che sarei partito  anch’io per il Madagascar …
Nell’agosto del 1969,  mi sono imbarcato a Marsiglia sul “Pierre Loti” con altri due confratelli, uno dei quali aveva già passato 5 anni in Madagascar.
Ero appena stato ordinato sacerdote, non conoscevo niente dell’Italia, ma mi interessava solo il Madagascar … durante il viaggio, 25 giorni, passando dalla Città del Capo, abbiamo incominciato ad imparare un po’ di malgascio con quel confratello che  aveva già la sua esperienza… 



La lingua malgascia
C’è voluto un po’ di tempo tempo  … ho studiato il malgascio per sei mesi; mi ci sono voluti almeno 3 anni per parlare questa lingua senza dire troppi strafalcioni … Il malgascio è una lingua tanto diversa dalle nostre lingue latine; ma non è difficile; la grammatica è molto più semplice che la nostra, bisogna però imparare tutto un vocabolario diverso dal nostro … per questo devo ancora imparare 
Ma la gente, con la sua semplicità, il suo senso dell’ accoglienza e anche la sua  dolcezza mi ha aiutato ad adattarmi, anzi a “trovarmi bene”…

Dove vivi
Sono sempre stato  in Madagascar  e praticamente quasi sempre a Ihosy… non l’ho scelto io questo posto, ma mi piace e mi trovo bene, … anche se devo dire che adesso non è più la Ihosy di una volta …
Attualmente si può dire che abbiamo tutto: ospedale, farmacia, distributori di carburante, tanti negozi pieni di tutto; anche i marciapiedi sono pieni di venditori che obbligano i pedoni ad invadere le strade al punto che diventa un ‘impresa passare in macchina; ci sono anche tanti mercanti ambulanti, che su carrettini, portano le loro mercanzia nelle case  …;
ci sono militari, gendarmi e “police” che controllano tutto e di più … a loro modo; 
ci sono scuole con migliaia di bambini che regolarmente intasano le strade all’ora dell’uscita dalle classi; 
c’è la luce elettrica, addirittura arrivano le “fibre ottiche” per la comunicazione internet ,  solo che tante volte la corrente subisce  interruzioni di ore o di mezze giornate, anche  l’acqua potabile è un problema serio perché bisogna fare lunghe code di attesa per averne un secchio.

Si, può dire che abbiamo tutto o quasi, poi però tutto funziona come può, cioè poco bene, per non dire alla meno peggio!
Ma il bello è che ci siamo abituati a questo sistema e la gente se ne  va quasi tranquilla per la sua strada.
E anche se la nostra radio ogni tanto “protesta” … ma, non può fare di più! 

La radio
Si ho fatto e sto facendo anche questa esperienza …  Ho seguito due corsi di formazione per audio visivi a Lione, ho potuto formare una piccola equipe con la  quale ho fatto delle produzioni “dias-groupe” poi ci siamo permessi qualche esperienza in produzione cinematografica e nel 99, il nuovo Vescovo di Ihosy, ( con il quale avevo fatto la  formazione a Lione) , mi ha chiesto di provare anche “la radio”.
Non è stato tutto scontato, ma è una bella esperienza e sono convinto che può essere di grandissima utilità per la gente della zona in cui lavoro; non solo ne sono convinto, ma ne abbiamo anche delle prove.
Nel momento della mondializzazione che stiamo vivendo, tutti i mezzi di comunicazione moderni sono importanti e necessari anche, e direi in modo particolare, per la missione che ho scelto; che non è solo preghiera e prediche, ma anche promozione e formazione umana, sociale, culturale, morale,  politica ( senza fare politica) e  anche religiosa …    

Come si vive 
Si vive, credo, come si può vivere dal più al meno in tutte le cittadine o grossi villaggi del Madagascar.
 In tanti anni ho visto progredire e anche regredire la situazione; siamo passati tra gli alti e i bassi, ma questo dipendeva e dipende non tanto dalla situazione  qui sul posto, ma fa parte della situazione generale in cui si vive …
Il clima è mite, secco,  … i cicloni, in genere non fanno tanti danni, anzi sono desiderati per la coltura del riso.

Gli abitanti
La cittadina di Ihosy si trova ad un incrocio importante per le comunicazioni nel sud del Madagascar: si passa a Ihosy per andare a Tulear; da qui parte la strada  per Tolagnaro ( RN 13)  … che però è ancora molto “malandata”,  ma è l’unica  che si può fare ! c’era una strada che va verso Farafangana, attualmente quasi impraticabile, ma che comunque permette ancora le comunicazioni con Ivohibe e anche Iakora, sino a Begogo …
Qui si trovano tutte le etnie del Madagascar; la maggioranza però sono i Bestileo e i Merina ( Ambaniandro).
Ci sono anche delle “famiglie” di  cinesi e pachistani; pochi ormai sono i “vahaza” europei …
La maggior parte della popolazione della regione, invece, sono  i “BARA” …e qui ci sarebbero ancora tante cose da dire …

Con la gente
Mi trovo , posso dire, ci troviamo, bene con tutti; la gente ci rispetta e non solo, ci vuol bene, domanda aiuto, ma sa anche collaborare e impegnarsi quando si tratta di collaborare per qualche cosa di bene.

È tranquillo
La gente cerca e desidera la tranquillità e la sicurezza… ma la tranquillità, purtroppo, è legata a tanti fattori che non sempre si possono controllare, e che tante volte “opprimono” le persone,  per cui tanta gente non trova la sua situazione buona e tanto meno ideale. C’è ancora tanta povertà, e dove c’è povertà ci sono abusi di ogni genere.

Il lavoro
-         Mi occupo, insieme con un altro sacerdote della diocesi ed una suora, della radio “AVEC” ( che vuol dire Audio Visivi Espressione Cristiana ) collaborato da una equipe di circa 20 giovani;
-         Mi occupo, insieme ad alcune suore,  di un gruppo di giovani  - circa 90 -   tra i 15 e 25 anni che, non potendo continuare la scuola classica, imparano un lavoro manuale;
-         Mi occupo di costruzioni di scuole, di case e di chiese.
-         Faccio il prete … e non è sempre tutto è facile! 


La giornata tipo
Faccio il prete … la prima cosa è la preghiera e la Santa Messa con i confratelli alle 5,45 sino alle 7.
Dalle 7,30 alle 8 comunicazioni: mail, telefono, radio-comunicazione con i centri dove ci sono dei confratelli che non possono comunicare per telefono ;
alle 8 riunione per l’organizzazione del lavoro in radio;
9 - 12 , lavoro personale, visita ai lavori e incontri.
Preghiera, pranzo … e un po’ di siesta!
Alle 14, riprendo il lavoro personale; sovente visito dei villaggi nei dintorni di Ihosy.
18,45 preghiera, cena , telegiornale, qualche volta  un po’ di lavoro personale e poi “dodo”.

L’AIM
Personalmente ammiro il lavoro, ma soprattutto il coraggio e l’impegno con cui voi, la direzione dell’AIM, avete mantenuto un legame tra noi italiani qui in Madagascar, soprattutto nei momenti meno facili che abbiamo passato.
Ammiro la vostra discrezione e umiltà nel servire tutti i connazionali.
Grazie per tutte le informazioni che ci date  … che sovente sono le  uniche che abbiamo dell’Italia.
L’ associazione AIM ha saputo assumere e svolgere, e bene, tanti compiti e impegni burocratici che sono soprattutto di pertinenza di un Consolato.
Forse però, per un  Consolato non sarà facile mantenere quel legame di amicizia che l’AIM ci ha dato e che spero continuerà a darci, perché sono valori che non si limitano ne si racchiudono in un dovere burocratico.
Saluti cari. Grazie  P. Attilio


Carmelita Celi in Pirbay, architetto, nata a Catanzaro

Italiani nel mondo

Abita dal 1990 a Antananarivo dove gestisce un negozio “Arcadia” ha due figli e il marito è il titolare di Blueline, il più importante provider del Madagascar.
Gli studi
 Dopo gli studi liceali, mi sono iscritta alla facoltà di architettura conseguendone la laurea e successivamente ho iniziato a lavorare in diversi studi di progettazione e insegnato matematica in scuole di recupero.

  L’incontro 
Nel 1985, durante una festa, incontrai casualmente un misterioso ragazzo che lavorava come ingegnere minerario sulle piattaforme petrolifere: non avrei mai immaginato che, dopo cinque anni, sarebbe diventato mio marito. La conoscenza con questo ragazzo di origini indiane, nato a Tulear, mi fece rispolverare i vecchi libri di geografia e studiare in modo più approfondito il Madagascar, meravigliosa terra dove la flora e la fauna affascinavano il mondo intero e rivestivano, come rivestono ancora oggi, un ruolo fondamentale.

 Il matrimonio
 Dopo essermi sposata in Italia, sono arrivata, per la prima volta ad Antananarivo in Madagascar, terra vagamente conosciuta solo attraverso qualche cartolina; ovviamente le difficoltà di adattamento non sono mancate, dettate soprattutto da una lingua a me sconosciuta e dalla mancanza del mare, da sempre di fronte le finestre della mia camera.

  E allora......
 Decisi di iscrivermi ad un corso accelerato di francese e, nel giro di sei mesi, ero in grado di capire la nuova lingua ed esprimermi. Purtroppo, ancora oggi, l'accento tradisce la mia origine..... Nel 1992 e' nata Leila, oggi quasi ventenne e, due anni dopo, Karim. Non mi sono mai adattata alla povertà di questo paese, osservare i bambini che mangiano nelle spazzature o vederli per le strade mendicare mi rattrista profondamente; mi chiedo cosa hanno fatto le organizzazioni internazionali per contenere questa miseria che si diffonde drammaticamente.

 Cosa ti manca
La dolcezza della vita italiana, mi è sempre mancata, ogni scusa era valida per raggiungere Pescara, godere la spiaggia, il mare, gli arrosticini, i gustosi gelati, mia madre, i miei fratelli. Il lavoro Dopo aver eseguito alcuni studi di progettazione a Tananarive, mi resi conto che, per rientrare a Pescara con una certa frequenza e giustificare la mia lunga permanenza, dovevo indirizzarmi verso qualche nuova attività, senza sviare le mie origini, la mia identità e la mia cultura italiana. Decisi, cosi', di aprire, a Tananarive un negozio di articoli puramente italiani, in relazione alla mia formazione. Il decoro, il senso delle proporzioni, i colori, il gusto per gli oggetti raffinati, l'arte della tavola, i tappeti e l'argenteria hanno influenzato le mie scelte e da 18 anni il mio negozio, "ARCADIA", sopravvive a cambiamenti politici, climatici, economici e sociali......'

Viaggi spesso
 Ogni estate mi reco a Pescara per incrementare la merce e organizzare un container; mi reco a Murano per acquistare i meravigliosi suppellettili soffiati a bocca e, tra la burocrazia, l'imballaggio di ogni singolo articolo e il lungo trasporto fino alle coste di Tamatave, trascorrono oltre un paio di mesi di attesa. Non è semplice spiegare la realizzazione e la tecnica di questi oggetti ai miei clienti, ma riscontro in loro un certo interesse, soprattutto quando rientrano in Madagascar dopo un breve soggiorno a Venezia.
Sei felice
 Dopo 22 anni di permanenza in Madagascar, mi sento una privilegiata rispetto alle mie amiche italiane, ho conosciuto una cultura diversa, apprezzato un mondo conosciuto solo attraverso i libri di scuola, gustato nuovi cibi e rapita dal fascino di una natura estremamente rigogliosa, ho una famiglia fondata su due identità che ci hanno arricchito e, infine, un lavoro che mi diverte. Spero solo......... che un giorno il mare arrivi davanti la finestra della mia camera ! Carmelita Celi.

Creature nude tra i profumi d’Africa

Madame Chanel/Madagascar
In Madagascar, tra villaggi in cui sembra d’essere risucchiati indietro di secoli, o addirittura millenni, si scopre che la Natura nutre non solo il corpo, ma anche l’anima. Qui anche il sorriso è nudo e, come il delicato profumo di ylang-ylang, seduce con innocenza di Paola Cerana
Durante i miei viaggi non mi sono mai sentita straniera lontano da casa. E’ come se, ad ogni partenza, cambiassi non solo locazione ma anche pelle, come i camaleonti. E’ una sensazione d’appartenenza, più che di aderenza, perché mi trovo ogni volta in sintonia con l’intera sfera terrestre, cielo e firmamento compresi. Devo ammettere, però, che ci sono luoghi in cui mi sento più a casa che in altri, come quando ci s’infila un paio di scarpe così comode da non sentirle più. E il Paese che meglio calza alla mia natura è senz’altro l’Africa, perché con i suoi eccessi e le sue contraddizioni mi somiglia e, forse, anche perché qui affondano le radici di un mio lontano passato, che rispondono al ritmo di un silenzioso richiamo. Quest’armonia nei confronti dell’Africa non coinvolge solo lo spazio ma anche il tempo. Perché ci sono villaggi, laggiù, in cui sembra d’essere risucchiati indietro di secoli, anzi di millenni, e pare di ritrovarsi a vivere come probabilmente vivevano i nostri antenati, ignari di cosa potesse essere il futuro mostro della tecnologia. Nuda. E’ come ritrovarsi improvvisamente nuda, senza tutto quel superfluo che come ruggine ha col tempo incrostato abitudini e pensieri, fino a diventare un’irrinunciabile necessità. Ci siamo dimenticati di essere stati tutti creature nude in origine ma, forse, i nostri avi devono avere trasmesso nelle nostre cellule tracce profonde di sé, antichi riflessi che possono riemergere con particolare vigore in alcuni di noi.
Madagascar, quest’estate, questa sensazione di nudità, di dignitosa semplicità, è stata inebriante, proprio come i profumi delicati e pungenti dell’isola. Zenzero e cannella, vaniglia e peperoncino, ylang-ylang e caffè, cocco e papaia: queste sono le fragranze che laggiù fluttuano nell’aria e scivolano sulla pelle, lasciando addosso una mescolanza di aromi sensuali e languidi privi di ogni chimica artificiosità. Anche l’aspetto della gente sembra evocare questa diversità di sfumature aromatiche, attraverso le timbriche della carnagione, il colore degli occhi e i lineamenti del viso. Perché il popolo malgascio è un incredibile incrocio di etnie: africana, oceanica e asiatica, un intreccio di frammenti rubati qua e là a ogni cultura, riuniti insieme in un armonioso mosaico. Nei villaggi appollaiati nella foresta, ho conosciuto diverse persone non ancora corrotte dal turismo orgiastico e, forse anche per questo, istintivamente amichevoli, mai diffidenti né invadenti. Persone gentili, accoglienti, nude di pregiudizi, che vivono immerse nella Natura, confuse con essa, amalgamate ai suoi ritmi. Ogni giorno raccolgono e pescano solo ciò che è necessario, rispettando le leggi e la spontanea ciclicità della vita. E se hanno bisogno di un ‘dio’, scelgono una stella, un animale o una pianta invocando l’intercessione degli avi, perché la Natura nutre non solo il corpo ma anche l’anima. A volte le persone laggiù nemmeno si distinguono dal brulicante sottofondo vegetale che strangola le strade. Camminano con passo lento, all’ombra di banani, manghi e palme lussureggianti, con enormi cesti stracolmi sulla testa, in perfetto equilibrio come funamboli su un filo invisibile; oppure le vedi sedute sui gradini delle case, accovacciate accanto a galline, anatre e zebù, intente a cucinare, cucire, sbucciare frutti o spaccare le pietre destinate alle case dei ricchi europei. Se non fosse per i parei variopinti delle donne, i bianchi sorrisi dei bambini e qualche timido focolare acceso per cuocere la carne nemmeno ci si accorgerebbe della loro discreta presenza. Soprattutto la sera, al calare del sole, quando il buio rende ogni creatura democraticamente uguale all’altra, loro si mimetizzano, proprio come i camaleonti. Questi uomini e queste donne dalla pelle lucente, dall’aria affabile e serena, dormono per lo più in capanne senza luce artificiale, costruite con un legno ricavato da una palma particolare. L’albero del viaggiatore, lo chiamano: si tratta di una specie di enorme palma che cresce ovunque nella fitta foresta malgascia, ergendo le sue grandi foglie a ventaglio verso il cielo, come fossero lunghe braccia protese in preghiera.
La vita viene anche da lassù, dal cielo, perché, durante i mesi di pioggia, all’interno dei robusti fusti di questa monumentale palma, si accumula l’acqua che, il viaggiatore di passaggio, potrà bere durante i suoi faticosi spostamenti. Acqua e legno, dunque: il primo seme della vita, qui. Insieme a tutto ciò che la terra e il mare generosamente offrono ogni giorno. Sembra un documentario riciclato migliaia di volte, lo so. Invece è vita che si ripete ogni giorno. Esiste davvero questa realtà così diversa dalla nostra e se la tv o internet ci portano il mondo in casa, non ci portano tuttavia gli odori, i sapori, le fragranze e le emozioni che nascono dal contatto con la gente.
Durante un’escursione all’interno dell’isola, ho conosciuto una signora in particolare che non dimenticherò mai. Si chiama Madame Chanel, così almeno le piace farsi chiamare, anche per evitare a noi europei l’insidiosa pronuncia del suo nome malgascio. Madame Chanel è un capo tribù. Parla perfettamente tre lingue, malgascio, francese e il suo dialetto, uno dei diciotto diffusi sull’isola. Vive in una piccola dimora fatta di mattoni, non di legno, e questo la fa ricca, una dimora immersa in una delle tante piantagioni di ylang-ylang dell’isola. Il profumo che emana dalle piante qui è violentemente dolce, reso più sensuale dal calore del sole. La signora ha invitato in casa sua me e la mia sapiente guida per mangiare insieme il dolce di riso appena cucinato, mostrandoci con orgoglio il suo giaciglio e soprattutto la piccola televisione che un italiano residente qui le ha regalato tempo fa. Ovviamente la sua dimora non ha corrente elettrica ma a lei piace tanto guardare quella scatola nera senza vita, mentre stesa nel suo letto di paglia e cenci probabilmente scorre film immaginari nella mente. Questa signora, in gioventù, ha lavorato con Coco Chanel – ecco il motivo della scelta del nome - quando negli anni ’40 viveva qui, distillando essenza di ylang-ylang in una fabbrica ancora esistente e florida. Oggi, questa signora dal sorriso materno ha 85 anni, un’età insperabile per la gente di qui. Vive con una pensione equivalente a circa 70 euro che riceve ogni tre mesi, e anche questo è assai raro per queste parti, per ciò si sente fortunata. Ma, soprattutto, la signora vive della gentilezza di quei pochi turisti che osano avvicinarsi a lei e alla gente come lei, turisti che voltano le spalle alle spiagge languide, ai tramonti romantici, all’opulenza e all’artificiosità dei resort per addentrarsi nel cuore autentico, intricato e contraddittorio, di quest’isola profumata. E’ vero che ogni escursione può rivelarsi un’incursione, e il moderno turismo può trasformarsi in colonialismo. Inevitabilmente la mia presenza in questi villaggi e il contatto con questa gente hanno provocato delle conseguenze, cambiando qualcosa anche in loro, non solo in me. Tuttavia, credo che la gentilezza e il rispetto siano il denominatore comune a ogni rapporto umano, comprensibile al di là d’ogni linguaggio. Perché il sorriso è nudo e, un po’ come il profumo delicato di ylang-ylang, seduce con innocenza ricamando piacevoli ricordi. Quindi, se il contagio tra culture diverse è fatto innanzitutto di nudi sorrisi, non dobbiamo sentirci in colpa, né avere timore, piuttosto avremo tanto da imparare e da scambiare, in un reciproco umile arricchimento. Ciascuno di noi porta in sé un universo e nel mio, ora, insieme ai profumi d’Africa c’è anche Madame Chanel con il suo dolce di riso e il suo dolce sorriso. Prima di salutarla, le ho promesso che avrei raccontato di lei una volta a casa e le ho chiesto il permesso di mostrare la foto del suo viso, insieme a quella della sua casa. Ne è stata entusiasta e mi ha ringraziato con tanti timidi merci accompagnati da lievi assensi del capo, simili agli inchini delle geishe giapponesi. Ora sono io a ringraziare lei per avermi fatto sentire a casa in casa sua e per avermi concesso il piacere di trasformare profumi evanescenti in un piccolo racconto, che spero possa contagiare positivamente anche per chi, per caso, un giorno lo leggerà.
 Paola Cerana